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mercoledì 16 novembre 2022

Sergio Benedetto Sabetta. La Proiezione storica in Italia. Il Potere e l'Elite

 APPROFONDIMENTI




IL  POTERE  E  L’ELITE

                                                    La proiezione storica in Italia                 

Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio  Benedetto  Sabetta

 

 

            Carl J. Friedrich considera il potere sia quale possesso che come rapporto e in quest’ultimo caso si fonda sulla previsione delle reazioni altrui, nell’accentuare il carattere relazionale del potere cresce la dimensione probabilistica (Dahl) dovuta alla pluralità dei soggetti coinvolti e alla variabilità delle questioni, vi è pertanto una pluralità di élite le quali concorrono al controllo delle risorse economiche e all’occupazione dei vertici istituzionali.

Il gruppo dirigente difficilmente è compatto, esso risulta essere eterogeneo e parzialmente strutturato, cambiando la sua composizione al cambiare dei problemi e delle decisioni (Modello pluralista – elitista).

            Il potere, secondo Etrioni, si può manifestare in termini coercitivi, remunerativi – utilitaristici e normativo – simbolici, nella prima ipotesi si ha un consenso imposto e quindi alienato, nella seconda un consenso calcolato di tipo remunerativo, nella terza vi è un simbolismo dal forte coinvolgimento sociale.

Accanto ad un potere  diffuso secondo una teatralità, vi è il potere politico che per essere effettivo ha bisogno di una precisa localizzazione decisionale e legittimazione (Parsons), il controllo delle risorse deve essere inoltre affiancato da uno squilibrio fra le relazioni di scambio (Emerson – Blau) che permetta il controllo nella distribuzione dei benefici.

            L’esistenza di una molteplicità di gruppi di interesse fa sì che la conflittualità sia settorializzata e il ricambio frammentato (Dahrendorf), emerge ancor più l’importanza dell’aspetto simbolico che spiega lo scarto tra effettivo operare politico e l’immagine proiettata (Edelman).

 Ne consegue che la realtà della vita pubblica in un mondo simbolico si concentra per ciascun soggetto secondo le sue necessità solo su uno dei suoi vari aspetti, in una possibile sconnessione tra simboli e realtà effettuale che il potere tende a mascherare deformando la realtà, in un rapporto di manipolazione tra le élite e la massa in cui viene ad inserirsi l’operato dei gruppi organizzati, circostanza che comporta una consumazione continua di simboli.

            Il concentrare l’attenzione sulla ineguale distribuzione delle risorse oppure sulla visione relazionale del potere, conduce a due possibili scenari : quello dei gruppi di veto reciproci di Riesman  e quello di una élite compatta nel difendere i propri interessi propria di Mills, quest’ultimo ritiene essere i contrasti e conflitti individuati da Riesman propri di un livello intermedio del potere, riservando solo al vertice la compattezza nella tutela degli interessi.

 Truman sottolinea che la democraticità è assicurata comunque proprio dalla continua contrattazione tra gruppi di interesse, che nel bilanciarsi tra loro impediscano la concentrazione di una eccessiva influenza, l’appartenenza a gruppi e associazioni diverse degli stessi individui facilita ulteriormente la dialettica democratica.

            Il crescere delle aspettative e contemporaneamente della complessità determina una frustrazione che favorisce il proliferare dei gruppi, i quali non sono altro che l’espressione di interessi minacciati, la stessa macchina organizzativa di partito non è che un potenziale gruppo di pressione nella distribuzione delle risorse e dei vantaggi (Key).

Emerge la rilevanza dell’organizzazione nel conseguire i risultati desiderati,  il rapporto tra gruppi di pressione e partiti possono quindi risolversi o in una influenza, se non un controllo del partito mediante il condizionamento del finanziamento, o al contrario un’emanazione degli stessi partiti per una mobilitazione ideologica (Sola).

            Vi è il passaggio negli anni Ottanta da un’organizzazione gerarchica ad una a “rete” secondo una fisionomia di networks, all’interno dei quali predominano tuttavia delle oligarchie decisionali che definiscono ed attuano le politiche.

Si crea quella che Jordan e Adams definiscono “triangoli di ferro”, dove i tecnici dell’agire con i burocrati e i membri delle commissioni acquistano una irresponsabilità dovuta alla competenza esclusiva posseduta, finendo per agire sulla formazione dell’agenda dei problemi, una struttura accentratasi e perfezionatasi con l’introduzione e la diffusione dell’informatica.

            Nella formazione e gestione del potere occorre considerare che le caratteristiche sociali e storiche delle comunità urbane si sono evolute in senso differente secondo tre linee che si rifanno geograficamente all’età Carolingia e al successivo periodo del X secolo, ad un’area comunale e frammentata al Centro-Nord vi è un’area strettamente gerarchico - feudale nel Sud di matrice longobardo-bizantina.

Sulle evoluzioni delle due aree si sovrappone e si affianca l’area papale - cattolica erede del Basso Impero Romano e delle lotte con Bisanzio, vi è il recupero e il riuso di un antico istituto romano, la “commendatio”, con cui i clienti si sottoponevano ad un potente nel Tardo Impero.

            La “commendatio” evolve nel Mediterraneo secondo due direttrici, da una parte verso un tipo di società commerciale, ma dall’altra parte, in particolare in ambiente ecclesiastico, nelle lettere dette “commendatizie” con le quali si raccomandava, ossia si voleva “commendare”, un postulante bisognoso da parte di un potente.

Nel Tardo Medioevo vi fu un ulteriore evoluzione in ambiente ecclesiastico, vedasi la figura dell’abate commendatario, anche nell’ambiente laico con la “constitutio de feudis” che garantisce l’inamovibilità dei benefici  si ebbe il radicarsi di una nuova forma laica di “commendatio”.

            Il rifarsi all’Europa carolingia nelle sue modalità di articolazione, favorisce il grandioso processo di incastellamento che ne conseguì nella fase successiva, in particolare nell’Italia, in mancanza del consolidarsi di nuovi poteri centrali, che ebbe come conseguenza ultima la disarticolazione della struttura pubblica e la non corrispondenza all’effettività degli “honores”.

Fino ad arrivare alla concezione privatistica, quale assegnazione in via esclusiva e privata dei poteri pubblici, conseguenza ultima di una concezione del potere pubblico che si esprimeva in armonia con il vocabolario del diritto privato.

            Il vincolo vassallatico, nel definire nuovamente la commendatio del basso Impero, crea vaste clientele secondo una visione privata del potere pubblico, tanto che si parla di allodialità del potere, forme e mentalità che si estendono fino ai nostri giorni, considerando che il potere ha bisogno della memoria.

Infatti una costante della forza culturale e istituzionale della Chiesa Cattolica è proprio il culto della memoria, la scrittura è la fonte della trasmissione del potere nel tempo come l’estetica ne è la proiezione in termini emozionali.

            Estetica ed etica sono un binomio inscindibile, come già osservato dai greci, e per tale via diventano funzionali al potere, Dufrenne  afferma essere arte e politica due istituzioni del sistema sociale necessariamente collegate all’ideologia, in quanto esprimono e giustificano il sistema, in un rapporto di subordinazione dell’estetica alla politica.

 Per Sourian un’idea morale ben difficilmente può affermarsi con il solo ragionamento senza uno slancio emotivo, tanto che Guyon paragona l’emozione morale ad una emozione estetica, in un rapporto diretto tra essere e realtà esterna che trasforma l’estetica in una forma di conoscenza, in uno strettissimo rapporto con la morale (Lalo).

            Essendo l’emozione estetica un aspetto fisiologico della realtà della vita, essa è di per sé parte di un’azione-emozione artistica e in quanto tale quest’ultima è essenzialmente sociale (Guyan), pertanto etica, estetica ed arte fanno parte di una visione del potere di una qualsiasi élite.

 Proiezione di una propria visione ideologica del mondo, ma anche elemento teatrale e al contempo comunicativo di un proprio potere non solo fisico ma anche emozionale, in modo che il soggetto pensante si identifichi con l’oggetto pensato e per tale via con il potere che lo ha ideato e diffuso, quello che Basch definisce in una espressione come “simbolismo simpatico”, nel confluire degli elementi “sensibili”, intellettuali o “formali” e “associati”.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

·        Manesco A., Arte e politica nell’ultimo Dufrenne, Clued, 1979;

·        Souriau E., La couronne d’herbes, Parigi, U.G.E., 1975;

·        Dewey J., Arte come esperienza, La Nuova Italia, 1966;

·        Mukarovsky J., Il significato dell’estetica, Einaudi, 1973;

·        Aron R., L politica, la guerra e la storia, Il Mulino, 1992;


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