Cerca nel blog

lunedì 5 luglio 2021

Cesare Rossi GENERALE DI BRIGATA COMANDANTE LA FANTERIA DIVISIONALE DELLA DIVISIONE “TORINO”

 APPRONDIMENTI

 Archivio A Resta

DIVISIONE A.T. “TORINO”

===========================

COMANDO DELLA FANTERIA DIVISIONALE

 

RELAZIONE sugli avvenimenti bellici svoltosi alla fronte russa, nel periodo: ottobre 1942 -gennaio 1943, ai quali ebbe a partecipare il generale di brigata Cesare ROSSI, comandante la Fanteria divisionale della “Torino.”

 

Giunto per via aerea il 22 ottobre 1942 a Millerowo (Comando 8^ Armata), fui avviato il giorno successivo a Medowo donde, dopo aver conferito con il Comandante la “Torino”, generale Roberto LERICI, mi trasferii a Ssuchoj Log. Quivi, il 25 ottobre, assunsi il comando della Fanteria divisionale in sostituzione del generale Ottorino SCHREIBER, che doveva rimpatriare,

Il periodo di circa tre mesi da me trascorso in tale carica comprende momenti diversi e successivi, che meritano una trattazione diversamente estesa e particolareggiata, in rapporto con la differente entità ed importanza degli eventi di guerra verificatisi e degli incarichi specifici da me assolti. Più precisamente:

= 25 ottobre - 22 novembre: periodo prevalentemente dedicato alla organizzazione difensiva del fronte del Don ed alla sistemazione invernale delle truppe;

= 23 novembre - 4 dicembre: formazione ed impiego di un gruppo tattico alle dirette dipendenze del Comando XXIX° C:A: germanico;

= 5 dicembre - 18 dicembre: provvedimenti adottati nell’ imminenza e con il graduale accentuarsi della grande offensiva russa;

= 19 dicembre - 28 dicembre: ripiegamento delle posizioni di riva destra del Don a Tscherkowo;

= 29 dicembre - 19 gennaio: ricovero in ospedali e rimpatrio del sottoscritto.

 

1°) = 25 ottobre - 22 novembre =

Assumendo il comando della fanteria divisionale, trovo i reparti della “Torino” schierati sulla riva destra del Don fra Monastirschina (escluso) ed il tratto antistante alla località nemica di Kasanskaia. La linea di resistenza, coincidente con la riva destra del fiume, ha uno sviluppo di circa 23 Km. suddivisi in due settori reggimentali (81° e 82° ftr.) di cui quello di destra (82°) aveva una ampiezza alquanto maggiore di quello affidato all’81° ftr.

Tale schieramento era il risultato di alcuni spostamenti e sostituzioni tra unità contigue recentemente effettuati, in confronto con le posizioni che la divisione aveva raggiunto a conclusione delle operazioni offensive dell’estate, con la conseguenza che la maggioranza dei reparti aveva dovuto cedere agli altri i  lavori di sistemazione già portati a termine, per iniziare ex novo sulle nuove posizioni quelli necessari per l'imminente stagione invernale.

Al comandante della Fanteria non venne affidato un comando di settore, ma compiti di collaborazione con il comando della divisione e di controllo sull'attuazione delle superiori disposizioni in materia di organizzazione difensiva, oltre alle normali attribuzioni organiche e disciplinari spettanti al comandante di brigata ed agli specifici incarichi che di volta in volta venivano fissati dal comando di Divisione, Quest'ultimo risiedeva in località diversa (Wakaroff) e distante circa 5 Km. dalla sede del Comando di fanteria. L’attività dei comandi e delle truppe era essenzialmente rivolta a completare e potenziare al massimo la organizzazione difensiva sulla linea di resistenza, creando postazioni per armi, osservatori, collegamenti, difese accessorie e ostacoli anticarro, comunicazioni coperte e ricoveri invernali per le truppe, fino ad ottenere (secondo le direttive impartite dal comando del XXIX° C.A. germanico, e ripetutamente confermate e personalmente controllate dal Comandante, gen. OBSTFELDHERR) una linea continua di trinceramenti ed uno schieramento ininterrotto e pressoché lineare di uomini e di armi sulla riva destra del Don.

E’ da rilevarsi che, quantunque si fossero iniziati e portati a buon punto i lavori di una organizzazione di una seconda posizione retrostante circa 10-12 Km. dal fiume, le direttive del predetto Comandante per la condotta della difesa fissavano (?) come norma tassativa che tutte le armi, tutti i mezzi e tutte le energie dovevano essere impiegati a rendere invulnerabile la riva destra del fiume e che, oltre ai fucilieri, mitraglieri, mortaisti, cannonieri, tutti gli elementi comunque dislocati sulla linea della resistenza (artiglieri, osservatori,  personale dei collegamenti, drappelli impiegati nella esecuzione di lavori, ecc,) concorsero a creare una materiale ed assoluta continuità di difensori lungo la linea stessa. Le terze compagnie fucilieri dei btg. di 1° scaglione, nonché tutte le armi di rinforzo, anziché costituire rincalzi, vennero proiettate in linea; venendosi in tal modo a stabilire una vera e propria “difesa lineare” continua, senza possibilità di sviluppo sul davanti e pressoché priva di zona di sicurezza, perché addossata al corso d’acqua, e senza profondità per mancanza di appigli tattici retrostanti e di elementi di manovra.

L’attuazione di uno schieramento di tal genere, in settori di ampiezza eccezionalmente eccedente quella normalmente difendibile dalle nostre unità divisionali, richiese una serie di provvedimenti, di lavori, di spostamenti di uomini, armi e materiali, ed una intensa attività da parte di tutti, comandi e truppe, prestata con senso di assoluta disciplina; ma - occorre affermarlo - con la troppo diffusa sensazione della sua irrazionalità e scarsa efficienza, perché decisamente ed apertamente contrastante con i dettami più elementari della nostra dottrina tattica. Comunque, il risultato di tale attività, che ebbi modo di  personalmente seguire, consigliare, controllare, recandomi quotidianamente presso i reparti in linea, fu che alla fine di novembre potevano considerarsi quasi ultimati i lavori di sistemazione invernale delle truppe e dei comandi nonché il piazzamento razionale delle armi di ogni specie lungo la linea di resistenza; portava a termine solo in parte la costruzione di reticolati, campi minati ed ostacoli vari lungo il fiume; bene avviata l’organizzazione logistica che avrebbe consentito di affrontare senza gravi preoccupazioni i rigori del clima invernale, anche nel caso che avessero raggiunta l’eccezionale crudezza dell'inverno precedente.

E’ da notare infine che, se i lavori maggiormente in sofferenza erano quelli inerenti alle difese da sistemarsi sul margine del fiume, ciò era da attribuirsi soprattutto alle offese nemiche provenienti dalla opposta riva e dalle interruzioni causate dalle frequenti azioni di pattuglie e colpi di mano che andavano sempre più spesso ripetendosi da ambo le parti con il progressivo consolidarsi del gelo sul corso d’acqua. Comunque, l’attività lavorativa ed organizzativa procedeva con instancabile alacrità, ma anche con una relativa metodicità. nella persuasione (confortata dalle informazioni diramate dagli stessi comandi germanici) che fosse pressoché da escludersi l'eventualità e la possibilità da parte del nemico di una azione offensiva invernale di grande portata.

 

2°) = 23 novembre - 4 dicembre =

Dal comando del XXIX° C.A. mi viene affidato il comando di un gruppo tattico composto da:

    CIX° btg. mitraglieri,

    XLVII° btg. bersaglieri,

    LXVII°       corazzato

    XIII° gruppo semoventi,

    III°               da 105/28.

Le unità componenti il gruppo tattico si vanno concentrando, nei giorni 23 e 24 novembre, nella zona di Frolow - settore della Divisione “Sforzesca” - , ove io stesso mi trasferisco il giorno 24. Compito del gruppo: intervenire, se necessario ed in seguito ad ordine del com. C.A., sul fronte della 7^ divisione rumena e nel punto di saldatura fra la stessa e la” Sforzesca” in caso di un cedimento determinato da un’azione a fondo del nemico.

In effetti, tale eventualità non si verificò; i reparti eseguirono vari spostamenti e concentramenti in relazione con diversi tentativi nemici, ma non vennero impegnati in combattimento. Per contro, essi ebbero ad affrontare disagi e fatiche veramente eccezionali, imposti dall’inaspirsi delle condizioni climatiche. Il XLVII°  btg, bersaglieri, ad esempio, dovette impiegare oltre otto ore per mettere in moto gli automezzi ed effettuare uno spostamento di appena 10-12 Km., ostacolato dalla neve, dalla tormenta e dalla temperatura rigidissima.

Il 3 dicembre il gruppo tattico venne sciolto ed i reparti fatti rientrare alle rispettive grandi unità.

 

3°) = 5 dicembre - 18 dicembre =

Rientrato alla mia sede di SSuchoj Log, riprendo le normali attribuzioni di comandante della Fanteria della “Torino” , mentre si vanno intensificando i sintomi di una più intensa attività nemica.

All’inizio della seconda decade di dicembre, mi viene affidato dal comando del XXIX° C.A. l’incarico di studiare, progettare, tracciare e far costruire una “linea di sbarramento” fiancheggiante sulla sinistra (fronte a nord) il settore divisionale, per l’eventualità di uno sfondamento nemico nel settore contiguo (divisione

 “Pasubio” - XXXV° C.A,).

La posizione verrebbe occupata, al momento del bisogno, da tre battaglioni e quattro gruppi di artiglieria ai miei ordini. Detta organizzazione si appoggia con la destra al nostro schieramento sul Don presso Ssuchoj Donez, e con la sinistra alle posizioni dominanti la strada Medowo-Karassejew sulle alture immediatamente a N-W di quest'ultima località; sul davanti potrà essere organizzato ad ostacolo anticarro l’avvallamento denominato “Ssuchoj Donez Schlucht” (carta 1:50.000).

I lavori erano stati picchettati ed appena iniziati quando venne ordinata la formazione di un gruppo tattico ai miei ordini, incaricato di occupare la “posizione di sbarramento”: provvedimento che non poté avere attuazione perché, con l’intensificarsi della pressione nemica nel settore del XXXV° C.A. (15-16 dicembre), i reparti a ciò destinati, man mano che giunsero in posto, vennero messi a disposizione ed impiegati dal comando del predetto corpo d’armata.

Nei giorni 17 e 18 dicembre il nemico realizza notevoli progressi nel settore della “Pasubio”, ponendo in difficile situazione la sinistra del nostro schieramento (81* ftr. - Colonn. Santini), ove viene trasferito d’urgenza l’unico battaglione disponibile (III°/82° - Magg. Mannina) con il compito di contrattaccare il nemico che ha occupato la q.162,9 (nord di Ssuchoj Donez). Al sottoscritto viene dato incarico di coordinare tale azione con un intervento totalitario delle artiglierie della divisione (tre gruppi del 52° df. più un gruppo da 149 di c.d’a.); a tal fine mi trasferisco presso il comando I* gruppo 52° (magg. Russo) insieme con il Comandante d’artiglieria divisionale (colonn. Rosati).

L’azione si protrae, con alterne vicende,fino al mattino del 19 dicembre, con perdite molto rilevanti da parte nostra, aggravate dalla rigidissima temperatura notturna che, fra l’altro, aveva irrimediabilmente bloccate le armi automatiche. In definitiva, la q. 162,9 rimane in mano del nemico, mentre anche nel settore di destra  della nostra divisione i russi, dopo una notte molto movimentata, riescono ad effettuare una irruzione nelle linee tenute dal I° btg,/82° ftr- occupando anche un osservatorio di artiglieria. Il comandante del reggimento (colonn, Di Gennaro) che era stato privato del battaglione di riserva trasferito, come precedentemente detto, nel settore dell’81°, raduna ed impiega il personale del comando di reggimento, alcuni rincalzi dei reparti in linea, artiglieri e personale dei servizi, riuscendo, verso mezzogiorno, a ristabilire completamente la situazione.

Nelle prime ore del pomeriggio il Comandante della divisione mi ordina telefonicamente di rientrare in sede.

 

4°) = 19 dicembre - 28 dicembre =

Gli avvenimenti di questo periodo, senza dubbio i più importanti e memorabili fra quelli da me vissuti al fronte russo, meritano una più estesa trattazione che, perciò, andrò esponendo giorno per giorno.

-19 dicembre: Giungendo a Ssuchoj Log, verso le ore 14, trovo il personale ed i materiali del comando e dei pochi reparti quivi dislocati già approntati per eseguire un eventuale spostamento.

Verso le ore 17,30 il comando della divisione dirama ai comandi di settore reggimentale, per fonogramma, l’ordine di ripiegamento inviandone copia, per conoscenza, al comando della Fanteria divisionale. I reparti in linea dovranno lasciare le posizioni del Don alle ore 19, muovendo su due colonne ad itinerari separati: 81° rgt. ftr. con unità varie divisionali e comando ftr. div. - 82* rgt. ftr. con unità e servizi vari e comando di divisione. A protezione del movimento verrà lasciata negli appostamenti della seconda posizione, organizzata a circa 10-12 Km. dal Don, e fino alle ore 6 del giorno 20, una compagnia per ogni battaglia ed una batteria per ogni gruppo, I reparti avrebbero dovuto raggiungere una nuova linea di schieramento sul corso del Tschir (parallelo di Meskoff).

Il movimento, di per se stesso molto complesso e da predisporsi entro termini di tempo eccezionalmente ristretti, poté essere iniziato con lodevole regolarità ed ordine, mercé l’avveduta ed energica azione esplicata dai comandanti di settore e la volenterosa cooperazione di tutti i loro dipendenti. La sua completa ed efficace attuazione doveva, peraltro, considerarsi compromessa a priori dalle insuperabili difficoltà dovute a mancanza di mezzi di trasporto adeguati a portare al seguito dei reparti quanto era loro indispensabile per vivere e combattere; e, più ancora, dai successi già realizzati dal nemico nei settori contigui e che già avevano portato le sue colonne corazzate decine di chilometri alle nostre spalle.

Il ripiegamento veniva perciò ad assumere fin dall’inizio la caratteristica di un combattimento continuo, tendente ad aprirsi la via attraverso alle colonne nemiche che ci avevano sorpassati, chiudendo il cerchio alle nostre spalle, ed a rompere l’accerchiamento ogni qualvolta, durante le inevitabili soste, la pressione nemica si stringe con il carattere di un vero e proprio assedio: Tale vicenda si protrasse per i giorni dal 20 al 25 dicembre, attraverso fatiche e sofferenze non facilmente immaginabili né descrivibili, causate, oltre che dall’implacabile azione nemica, dalla totale mancanza di cibo, dalle condizioni climatiche, dalla impossibilità di curare, ricoverare e trasportare le molte centinaia di feriti e di congelati che, in massima parte, dovettero essere abbandonati sul terreno coperto di neve e di gelo.

Per quanto riguarda la reazione nemica, devesi affermare che ben difficilmente i nostri reparti, nelle condizioni fisiche, morali e di armamento in cui vennero a trovarsi, avrebbero potuto evitare il totale annientamento senza l’appoggio delle superstiti forze corazzate germaniche che, per quanto provenienti anch’esse dalla linea del Don. erano fornite di mezzi di trasporto adeguati alle più elementari necessità logistiche e poterono, se non altro, disporre di uno scarso ma sufficiente e regolare vettovagliamento.

Alle ore 22, e dopo aver precedentemente avviato all’indietro due autocarri con due ufficiali, il poco personale, i materiali ed il carteggio del comando, mi dirigo in autovettura a Makaroff per conferire con il Comandante della Divisione.

Senonché, il mio intendimento appare ben presto inattuabile per l’eccezionale ingombro verificatisi sulle piste adducenti al paese, intasate di truppe provenienti da altre direttrici, presumibilmente già inibite dal nemico, di ogni sorta di veicoli e di automezzi che, cercando inutilmente di sorpassarsi, aggravano irreparabilmente l'ingorgo ostacolando ogni movimento nelle sue direzioni. Constatata l’impossibilità di entrare in paese ed il rischio di rimanere imbottigliato con l’autovettura, decido di avviarmi senz’altro sull’itinerario assegnato alla colonna (81°) in cui, a norma dell’ordine ricevuto, doveva inserirsi il comando della Fanteria divisionale.

A notte inoltrata raggiungo la località di Popowka.

-20 dicembre: Informato che la colonna dell'81° ftr. non giungerà a Popowka prima delle ore 8,30-9, ritengo opportuno tentare di raggiungere senz’altro nella notte la località assegnatami come sede del comando nel nuovo schieramento: il che mi viene impedito da carri armati russi che già avevano occupato gli accessi del paese di Werniakowski (sulla strada di Meskoff). Ritornato a Popowka all’alba, con l’intenzione di attendervi la colonna dell’81° ftr. con la quale tentare, se necessario, un’azione di forza, constato che anche quivi stanno affluendo reparti di ogni arma e di varie grandi unità (“Pasubio” -” Ravenna” - II° e XXXV° C.A.) che dai settori più settentrionali si sono riversati sugli itinerari della “Torino”, creando frammischiamenti ed intasamenti che compromettono seriamente la possibilità di mantenere l’organicità e la manovrabilità dei reparti. Un tentativo di sortita da me concordato con il comandante dell 81° ftr. viene frustrato dall’apparire di carri armati russi convergenti da diverse direzioni su Popowka; mentre aumenta in modo impressionante l’afflusso di reparti e di sbandati.

Nella notte affluisce sul nostro itinerario anche la colonna dell’82* ftr. con la quale trovasi anche il Comandante della “Torino” con il capo di S.M. ed alcuni ufficiali del comando: essi recano un ordine che precisa il nuovo schieramento da prendersi dalle unità germaniche in concorso con la “Pasubio” e la “Torino”. La nuova linea (che non sono in grado di precisare topograficamente per mancanza di documenti e di carte, ma che, comunque, è in zona a sud del corso del Tschir) dovrà essere tenuta fino alle ore 5 di domani

A causa del congestionamento delle piste e della neve alta fuori pista, occorrono parecchie ore per incolonnare razionalmente i reparti: soltanto verso mezzanotte può iniziarsi il movimento, che procede abbastanza ordinato da parte dei nostri battaglioni e gruppi, ma talmente lento da rendere impossibile il raggiungimento tempestivo delle posizioni stabilite (sulle quali, peraltro, eravamo già stati preceduti dal nemico).

-21 dicembre: All'alba, infatti, dalle alture a nord della strada Werkniakowski - Meskoff si pronunciano attacchi di carri armati e di fanterie russe, che tentano di avviluppare le nostre colonne sui fianchi e sul tergo, determinando episodi di panico aggravati dall'accavallarsi di automezzi che, uscendo dalle piste nel tentativo di sorpassare le truppe a piedi, affondano nelle neve rimanendovi immobilizzati o rovesciandosi. Viene organizzato nel miglior modo possibile una difesa a cerchio ed alcuni contrattacchi di drappelli di animosi che riescono a sventare la minaccia nemica, almeno per il momento.

Il comandante della Divisione affida al colonnello Santini il compito di imbastire una protezione di retroguardia ed ordina di riprendere il movimento verso sud, al seguito di una colonna germanica. Disponendo, quest’ultima, di alcuni carri armati e di artiglierie semoventi, riesce più agevole con il suo concorso, respingere i ripetuti attacchi dell’avversario, fino a raggiungere nelle prime ore della notte la località di Arbuzowskj.

-22 dicembre: Attorno all’abitato, situato in una ampia conca dominata tutt’attorno da alture, viene ben presto a stringersi l’assedio dell’avversario. Mentre il gruppo di fanteria e mezzi corazzati germanico riesce a contenere la pressione nemica, mi adopero a riordinare i nostri reparti nei quali appare indispensabile ristabilire vincoli organici, assegnare precise funzioni di comando agli ufficiali superstiti, costituendo unità di formazione con gli uomini tuttora efficienti per condizione fisiche ed armamento. In tale opera ebbi la appassionata e coraggiosa collaborazione dei mie colonnelli. Santini e Di Gennaro, e del comandante il 52° art. df., colonn. Rosati.

In poche ore, durante la notte, vengono costituiti tre grossi battaglioni (due di fanti e uno di artiglieri): ad essi i rispettivi colonnelli rivolgono fervide parole di incitamento, prospettando la ineluttabilità di una lotta da condursi fino all’estremo delle forze non soltanto per l’onore dei nostri reggimenti e dell’Armata italiana in Russia, ma benanche per aprirci una via di salvezza. In ogni caso, occorre essere fermamente decisi a vendere ben cara la vita.

Le due giornate di Arbuzowskj. (22 e 23 dicembre) costituiscono una vera epopea che onora il soldato italiano in confronto di qualunque altro combattente (la località assume, spontaneamente, nel gergo del “fante” la denominazione di “Alcazar” e Valle della morte”).

Nel frattempo e nello stesso luogo, analoga attività andava svolgendo il generale di brigata Manlio CAPIZZI, comandante la Fant. Div. della “Ravenna”, che, con un gruppo di superstiti della divisione stessa e seguendo il gruppo corazzato germanico, era venuto ad inserirsi a Popowka nella nostra colonna. Anch'egli aveva costituito, e dislocato a rincalzo delle unità tedesche schierate, alcune compagnie di formazione con ufficiali e truppe di unità varie.

Il risultato di tali provvedimenti appare evidente nella violenta ripresa del combattimento verificatosi a giorno inoltrato. Ad una azione di contrattacco intrapresa dalle unità germaniche allo scopo di allargare il cerchio dell’assalto e stroncare l’aggressività del nemico, si associano spontaneamente ed entusiasticamente i nostri reparti in formazione di fanti e artiglieri che, lanciatisi irresistibilmente contro le colonne nemiche avanzanti, le infrangono con l’impeto delle baionette e delle bombe a mano, le incalzano molto oltre le loro posizioni di partenza risalendo le alture circostanti e proseguendo l’inseguimento per parecchi chilometri, fino a che non apparve necessario arrestarli e quindi farli rientrare per non disperdere su un fronte eccessivamente esteso i nostri scarsi effettivi e ricondurli entro i limiti di una difesa efficacemente organizzata. A centinaia affluiscono i prigionieri; abbondante il bottino di armi e munizioni che vengono immediatamente utilizzate per completare l’armamento dei nostri uomini, ormai ridotto al solo fucile ed a poche bombe a mano.

L’impeto magnifico dei nostri reparti suscita l’ammirazione sincera dei camerati germanici; la brillante operazione non poteva però impedire che poco dopo l’assedio si andasse di nuovo stringendo, al punto che ad ogni istante appariva imminente ed inevitabile una irruzione nemica tale da travolgere irreparabilmente le nostre truppe esauste, torturate dal gelo, mancanti da tre giorni di qualunque vettovaglia.

Le unità germaniche e gli scheletrici reparti nostri tuttora in linea, a stento riescono a contenere la pressione nemica, che si manifesta anche con una implacabile azione di fuoco di artiglieria, mortai e “Katusche” che ininterrottamente flagellano le nostre posizioni, nettamente dominate dall’avversario. Fu durante una di tali intense azioni di fuoco che, mentre il sottoscritto accompagnato dai colonnelli Santini, Di Gennaro e Rosati, si recava in un punto ove ci aveva convocati il Comandante della “Torino”, una bomba di mortaio cade a brevissima distanza colpendo contemporaneamente tutti e tre i comandanti di reggimento: il colonnello Santini ferito al capo da una scheggia penetrata dietro l’orecchio destro; Di Gennaro, mortalmente colpito al viso ed in varie parti del colpo, muore pochi minuti dopo; Rosati, gravemente colpito ad ambedue le gambe, viene trasportato al posto di medicazione e, il giorno successivo, caricato su un autocarro, rimaneva ucciso da altro proiettile nemico. Il sottoscritto riportava una lievissima ferita alla gamba destra.

La simultanea perdita dei tre comandanti di reggimento ebbe inevitabilmente la conseguenza di rendere ancora più drastica una situazione dalla quale ormai sembrava impossibile poter uscire con i soli nostri mezzi.

Con il calare della notte il nemico intensifica i suoi tentativi di irruzione, eroicamente contenuti dalle truppe germaniche e nostre, schierate a cerchio attorno alla tragica conca di Arbuzowskj.

-23 dicembre: I comandanti di settore continuano a chiedere rinforzi, che con grande stento riusciamo ancora a togliere dai gruppi non ancora impegnati, formati da uomini completamente esausti ed in massima parte privi di munizioni. Si manifestano anche casi di alienazione mentale.

Specie da sud, il nemico stringe sempre più e spara con mitragliatrici in ogni angolo ove sono radunate truppe e sono rifugiati feriti e congelati. Si alternano attacchi e contrattacchi e violentissime azioni di fuoco, particolarmente intense dopo un infruttuoso tentativo di sortita della colonna germanica che, ottiene l’unico risultato di aumentare i vuoti nelle file degli assediati. In relazione con un riordinamento della linea di difesa, mi viene ordinato di concentrare tutte le nostre truppe superstiti in un valloncello all’estremità sud-owest della posizione. Il movimento si compie in vista del nemico e, conseguentemente con nuove sensibili perdite. Nel nuovo luogo di adunata cerco di riordinare i nostri uomini e ricostruire i reparti organici; riunisco gli ufficiali e rivolgo loro parole di incitamento: ognuno riprenda il comando dei propri uomini, li rianimi, li tenga in pugno, li convinca che non v’è altro da fare che lottare fino all'estremo piuttosto che cadere in mano del nemico. Mentre sto procedendo a tale riordinamento intervengono gli ufficiali di collegamento tedesco chiedendo di rinforzare con tutta urgenza lo schieramento con almeno mille uomini. Le mie rimostranze, perché mi si lasci completare la ripartizione del personale secondo le unità originarie di appartenenza, sono inutili: occorrono immediatamente i rinforzi in linea.

Vengono prontamente costituite 16 centurie ed immediatamente avviate parte al settore nord e parte a quello meridionale. Al generale Capizzi viene affidata la vigilanza di queste ultime, mentre io mi reco a prendere contatto con il comandante germanico del settore nord. Quivi trovo il generale Lerici, con il quale prendiamo in esame la gravità della situazione ed i suoi probabili sviluppi conclusivi.

Particolarmente tragica la situazione dei feriti e congelati!

Essi ascendono a molte centinaia; con rischio e difficoltà, sotto il frequente ripetersi di nevicate, essi vengono radunati e solo in parte ricoverati in qualche isba che l’incessante tiro delle armi nemiche non risparmia; cappellani ed ufficiali medici si adoperano per portare loro qualche conforto, ma non dispongono di alcun materiale di medicazione; alcuni vengono accatastati suoi pochi autocarri, carrettini e slitte disponibili, sui quali si accanisce il tiro nemico; in massima parte restano adagiati sulla neve allo scoperto, e muoiono assiderati. .D’altra parte, anche la possibilità di resistenza degli uomini tuttora validi appare ormai seriamente compromessa: il prolungarsi del digiuno, soprattutto, rende tutti fisicamente esausti e menomati irrimediabilmente anche nelle energie morali. Solo l’intervento estremamente energico dei comandanti, che pur risentono delle stesse privazioni e sofferenze, aggravate dalla percezione della sventura immeritatamente abbattutasi sulla nostra Armata, riesce ancora a mantenere un residuo di compattezza e di combattività nei reparti.

Con il calare della notte la situazione si fa sempre più critica per gli assediati, così da far prevedere da un momento all’altro un collasso definitivo, la distruzione o la resa. Verso le ore 22 il Comando germanico dirama gli ordini per un estremo tentativo di sortita: un gruppo di mezzi corazzati aprirà un varco in direzione sud-owest, dopo aver svolta una intensa azione di fuoco in altra direzione; altro nucleo meccanizzato rimarrà fino all’ultimo a fronteggiare il nemico e, successivamente, formerà retroguardia; le truppe italiane ancora schierate manterranno le posizioni e quindi, alle ore 24, ripiegheranno insieme con tutta la colonna dei superstiti nella direzione presa dal gruppo corazzato germanico. I pochi mezzi di trasporto ancora efficienti (agli automezzi era stata tolta la benzina in favore dei carri armati germanici) verranno utilizzati esclusivamente per portare al seguito il numero maggiore possibile di feriti e congelati.

Il tentativo riesce: il nemico, ingannato sulla vera direzione della sortita, reagisce disordinatamente con un tardivo rabbioso fuoco di tutte le sue armi che si abbatte sulle posizioni abbandonate e soprattutto sui feriti ed invalidi da noi lasciti e dei quali udiamo ancora, allontanandoci, le grida di dolore e disperazione.

-24 dicembre: Alternando la marcia a piedi con un mulo a pelo e prendendo posto saltuariamente su qualche slitta, decido quanto ancora mi resta di energie per mantenere ordine e regolarità nel modo di procedere della nostra colonna, formata di uomini esausti dalla fatica e dal digiuno (unico nutrimento, la neve!) che trovano ancora la forza di procedere nella speranza di sottrarci alla distruzione od alla cattura.

La marcia prosegue per tutta la notte e la giornata del 24, con una fermata di qualche ora a Gussew verso mezzogiorno, sempre efficacemente protetta dal gruppo corazzato germanico (merita di essere citato il nome del suo comandante: maggiore Hoffmann) che riesce abilmente ad eludere e, quando occorre, affrontare e respingere i frequenti tentativi di disturbo del nemico e qualche minaccia di partigiani. 

-25 dicembre: Dopo un’altra notte di marcia ininterrotta si giunge a Scheptuchowka. Temperatura rigidissima; vento violento e gelido. Appare indispensabile una sosta di alcune ore per dar riposo agli uomini che per la prima volta dalla sera del 19 dicembre e per quanto in misura assai limitata, riescono a procurarsi qualche genere di vettovagliamento.

Alle ore 13 si prepara l’incolonnamento per riprendere la marcia: occorre raggiungere al più presto, e prima che lo impedisca il nemico incalzante, la località di Tscherkowo, ove un presidio italo-tedesco resiste validamente all’assedio nemico e ove sarà possibile vettovagliare regolarmente. Il movimento della nostra colonna, che deve accodarsi a quella germanica, si inizia alle ore 16, quando già cala la notte. Non è possibile alcun controllo dei presenti; ma ritengo che non pochi siano rimasti addormentati nelle case. Molti altri, ripresa la marcia nel buio della notte, cadono ai margini della pista esausti ed impossibilitati a proseguire dal congelamento ai piedi e vi rimangono assiderati (la temperatura è scesa a 36° - 38° sotto lo zero). Io stesso, sfinito e tormentato da dolori artritici al ginocchio destro, cerco un po’ di riposo su una slitta; ma ben presto avverto sintomi di congelamento alla mano destra, con la quale cercavo di tenermi indosso una coperta da campo. Riprendo la marcia a piedi frizionando con la neve la mano colpita e cercando di reagire energicamente ad un senso generale di sfinimento e di sonnolenza ed a qualche sintomo di congelamento anche al piede sinistro ed alla mano sinistra.

Nelle case di un villaggio russo abbandonato si sosta qualche ora; molti dichiarano di non poter più proseguire, per quanto sia da ritenere che la meta, Tscherrkowo, non disti più di 5 o 6 Km. Vi giungiamo, infatti dopo un paio d'ore.

-26 - 27 - 28 dicembre: La località ed il presidio di Cerkowo sono assediati strettamente; inutile pensare a tentativi di sortita.

Troviamo un piccolo presidio di bersaglieri comandati dal ten. colonn. Manari (ferito a morte pochi giorni dopo), da cui riceviamo accoglienza fraterna, affettuosa assistenza ed abbondante rifornimento di viveri.

Secondo disposizioni date personalmente dal comandante della div. “Torino”, Gen. LERICI, si procede al riordinamento ed al ricovero degli uomini, alla regolare distribuzione di viveri, ad organizzare l’assistenza e la cura dei feriti e congelati. Tramite il comando delle truppe germaniche in posto, vengono richiesti al comando dell'Amir rifornimenti aerei di munizioni e di materiale sanitario.

Io stesso vengo accuratamente medicato.

L’offesa nemica si intensifica: attacchi, specialmente di notte, ed intense azioni di fuoco, di giorno e di notte. Ogni tentativo di sortita, o di far giungere rinforzi agli assediati dall’esterno, è duramente respinto.

Si inizia così una nuova epica resistenza, destinata a protrarsi fino al 15 gennaio, da parte delle truppe germaniche e dei nostri uomini comandati dal gen. Lerici, alla quale il sottoscritto non poté partecipare perché designato, con altri 13 feriti, per essere sgombrato con il primo aereo che raggiungerà Cerkowo.

= 29 dicembre - 19 gennaio =

Alle ore 9 del 29 dicembre un aereo germanico riesce ad atterrare nel campo di fortuna che un contrattacco germanico aveva consentito di includere nello spazio assediato. Viene rapidamente effettuato il carico dei 14 feriti e, nonostante la neve alta e molle e le raffiche di mitragliatrice partenti dalle vicinissime linee nemiche, l’aereo riparte regolarmente, diretto a Starobielsk (un analogo tentativo compiuto successivamente da un aereo italiano pilotato dal Gen. Pezzi e recante a bordo il ten. colonn. medico Bocchetti, si è concluso con la perdita dell’apparecchio e dell 'equipaggio).

A Starobielsk, dopo una breve sosta in un ospedale germanico prossimo al campo di atterraggio, mi reco a conferire con l’Ecc. Comandante dell’Amir e quindi vengo ricoverato, con i compagni di viaggio (colonnelli Santini e Mattiotti, ten. colonn. Mocchi, maggiori Pinto e Rosso, capitano dei CC.RR. Blundo ed alcuni militari di truppe) nell'ospedale da campo n° 827, ove rimaniamo fino al 31 dicembre. Il mattino di detto giorno, in autoambulanza, veniamo trasferiti a Voroscilofgrad nell’ospedale di riserva n° 4.

Il 3 gennaio una autoambulanza trasporta alcuni dei ricoverati (fra cui il generale Luridiana, vice comandante della “Celere”, ed il sottoscritto a Stalino, nell’ospedale di riserva n° 3.

Le cure che in questo ospedale vennero prestate ai feriti e congelati meritano di essere segnalate per la particolare diligenza ed amorevolezza. Medici, crocerossine, personale di sanità, tutti si adoperano instancabilmente perché, nonostante l’eccezionale affollamento dell’ospedale, non vengano a mancare ai ricoverati e non solo le più diligenti cure sanitarie, ma ben anche la più efficace assistenza morale (ancor più preziosa ed apprezzata, per noi, dopo le trascorse peripezie).

La sosta si protrae fino all’arrivo del primo treno-ospedale (10 gennaio): il n° 23. Il giorno 11 si fa il carico; per 24 ore il treno, bloccato dal gelo, tenta inutilmente di mettersi in moto.

Il 12 gennaio si inizia il viaggio di rimpatrio che, a causa delle difficoltà create dalle abbondanti nevicate e dal freddo intenso, non meno che per l’evidente disinteressamento delle autorità ferroviarie e dei comandi germanici, subisce frequentissime interruzioni e rallentamenti, così da impiegare quattro giorni per giungere a Leopoli.

Le tappe successive (17 gennaio: Cracovia - 18: Vienna – 19: Brennero) effettuano celermente e con regolarità, probabilmente per effetto delle energiche proteste presentate al comando militare di stazione di Leopoli. La sera del 19 gennaio sono ricoverato nell’ospedale militare di Bologna, e, il 13 febbraio, constata la resistenza del processo di congelamento a risolversi con una totale necrosi e caduta della della parte colpita, sono sottoposto alla amputazione della falange estrema del 3°, 4° e 5° dito della mano destra.

Durante la degenza  in ospedale, valendomi di alcuni appunti schematici  salvati dalla perdita totale del mio bagaglio, e molto della memoria, svolgo (?) sotto forma di diario il riassunto degli avvenimenti esposti nella presente relazione.

 

= = = = = = = = == =

 

CONSIDERAZIONI

====================

 

Espongo, a conclusione della relazione richiestami, alcune mie osservazioni ed apprezzamenti che, se non possono pretendere di trattare esaurientemente argomenti di indubbia importanza nei riguardi degli eventi verificatisi al fronte russo, né vantare il merito della originalità, in quanto già ampiamente trattati da altri reduci, possono tuttavia essere apprezzati come conferma di quanto da altri esposto, o come enunciazione di questioni meritevoli di più ampia trattazione in altra sede e da parte di organi particolarmente competenti.

-1°) = Anche al fronte russo la nostra divisione di fanteria ha posto in evidenza la sua scarsa efficienza offensiva e difensiva.

E’ inammissibile che le unità di fanteria, tutte, non siano addestrate, allenate, attrezzate, abituate per quotidiana consuetudine, a combattere insieme con i carri armati e contro i carri armati. Fin dall’inverno 1940-41 rammento di aver caldeggiato il ritorno alla divisione “ternaria” in cui il terzo reggimento fosse costituito da due battaglioni carri armati ed uno armi controcarro.

E’ del pari inconcepibile, sugli immensi campi di battaglia odierni, una fanteria che muove a 20-30 Km. al giorno (anche se con l’allenamento e con provvedimenti di ripiego tale percorso è stato spinto fino al doppio, con inevitabile menomazione delle energie residue del fante).La motorizzazione si impone in modo totalitario.

-2°) = La guerra nella steppa (che ha molte analogie con quella del deserto) richiede notoriamente larghissimo uso di automezzi.

Tuttavia, per i bisogni giornalieri delle truppe, sono indispensabili i mezzi di trasporto animali, a meno che non si possa contare su una larghissima e sempre sicura disponibilità dei carburanti. Diversamente, al primo momento di crisi, tutto si arresta : vettovagliamento, trasporto di armi di accompagnamento, traino di artiglierie, rifornimenti di ogni genere.

-3°) = Tutti sono concordi nel ritenere che lo schieramento lineare voluto dal comandante del XXIX° C.A. germanico (il quale volle che fosse abolita perfino la denominazione di “caposaldo”) e la mancanza di riserve siano stati elementi determinanti di debolezza delle nostre difese sul Don. Devesi anche dire, a tal riguardo, che qualunque dispositivo si fosse attuato, esso sarebbe stato incapace di arrestare la grande offensiva russa, stante l’ampiezza dei settori affidati alle grandi unità schierate.

-4°) = Per quanto riguarda la “Torino” è bene precisare che:

- la sera del 19 dicembre le nostre linee sul Don erano intatte;

- il ripiegamento venne iniziato regolarmente ed abilmente, eludendo la vigilanza del nemico, che non seppe contrastare lo sganciamento delle nostre truppe dalle posizioni avanzate;

.- i frammischiati e la disorganizzazione dei reparti successivamente verificatisi, sono dovuti al disordinato affluire di altre unità sugli itinerari della “Torino”. Comunque, nei nostri uomini non si verificò alcun sbandamento; essi seguirono costantemente il loro comandante: primi fra essi il comandante della divisione, generale Lerici, che guidò personalmente la colonna del primo all'ultimo giorno, dividendo con i propri soldati tutti i rischi, le sofferenza morali, le privazioni, le quasi sovrumane fatiche fisiche.

-5°) = Dannose ripercussioni ha avuto il provvedimento dell’avvicendamento. All’inizio della offensiva russa la situazione nei reparti della “Torino” era la seguente:

- nei reggimenti di fanteria, ultimata da pochi giorni lo sostituzione di quelli che avevano compiuto un anno in Russia. I reparti, pertanto, erano per la grande maggioranza composti di uomini da poco giunti dall’Italia e perciò non ancora ambientati. Ne era conseguito, nelle prime linee, un più accentuato allarmismo ed orgasmo che, specie nelle ore notturne, aveva dato luogo a diversi incidenti (militari nostri e tedeschi colpiti per errore dalle vedette)

-Nei reparti di artiglieria, genio e servizi, gli avvicendanti  attendevano ancora, con spiegabile impazienza, l'arrivo degli avvicendanti e l’ordine di partire per l’Italia.

Nel complesso, sia un caso come nell’altro, ne era derivata una inevitabile menomazione nello spirito combattivo e nella capacità di affrontare con decisione le difficili situazioni tattiche successivamente verificatesi.

Altro elemento di incompleto spirito di decisione nel combattente è stato il terrore della prigionia, suscitato da una propaganda poco opportuna circa il trattamento fatto dai russi ai prigionieri.

-6°) = L’ufficiale inferiore è mancato totalmente. Senza voler disconoscere gli episodi innumerevoli di eroismo individuale, sta di fatto che nei momenti veramente gravi pochissimi ufficiali inferiori, e nessun subalterno, ho visto assumere spontaneamente, con autorità e prestigio, il comando di un gruppo di soldati, impiegarli tenendoli in pugno, “comandarli” effettivamente (il che è stato fatto, di massima, da ufficiali superiori, colonnelli e generali). Tuttt'al più, i migliori, si sono adattati a fare il “soldato”, non il “capo”.<

Sottufficiali e graduati: zero!

-.7°) = Argomento molto spinoso: il cameratismo germanico!

Va detto senza perifrasi che il cameratismo germanico esiste fino a quando esso ha per oggetto uomini efficienti, bene armati, in grado di portare un contributo evidente ed efficace alle operazioni di guerra. In caso diverso viene totalmente a mancare qualsiasi sentimento di fratellanza, di solidarietà, e perfino di rispetto. Personalmente, ho dovuto fare le mie energiche rimostranze ad un comandante germanico per l’atteggiamento irriguardoso, per non dire offensivo, ostentato da militari tedeschi che evidentemente non tenevano in nessun conto né del mio grado (che certamente non ignoravano) né della mia età, né del contributo italiano alla loro causa. Fra soldati nostri e germanici non sono mancati episodi veramente disgustosi che, purtroppo, sono ancora frequentemente riportati e, probabilmente anche esagerati. nei racconti di molti reduci.

-8°) = Nulla di particolare debbo riferire per quanto riguarda l’organizzazione logistica, che aveva assicurato con larghezza i mezzi di ogni genere per affrontare la guerra invernale.

Circa l’armamento, so di non dire cosa nuova affermando la necessità di incrementare l’armamento anticarro. Aggiungo, infine , che, per combattere in Russia è indispensabile assicurare il funzionamento delle armi alle basse temperature- I provvedimenti adottati a tal fine, per quanto ho potuto personalmente constatare, si sono dimostrati del tutto insufficienti.

-9°) = Un’ultima constatazione, del tutto confortante, circa il morale e spirito di disciplina del nostro soldato:

Pur nelle condizioni, veramente tragiche e nelle sofferenze quasi  sovrumane affrontate dal nostro soldato nel periodo dicembre-gennaio, non si è mai verificato alcun caso, non dico di insubordinazione o ribellione, ma, neppure di insofferenza o di disciplina. Il nostro soldato è , senza alcuna riserva, uno dei migliori; egli chiede soltanto di essere ben comandato. Dal che deduco che il problema fondamentale è tuttora quello dei quadri.

 

Bologna, giugno 1943/XXI°

 

IL GENERALE DI BRIGATA

COMANDANTE LA FANTERIA DIVISIONALE

DELLA DIVISIONE “TORINO”

(Cesare ROSSI)

 

Nessun commento:

Posta un commento