APPRONDIMENTI
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DIVISIONE A.T.
“TORINO”
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COMANDO DELLA FANTERIA DIVISIONALE
RELAZIONE sugli avvenimenti
bellici svoltosi alla fronte russa, nel periodo: ottobre 1942 -gennaio 1943, ai
quali ebbe a partecipare il generale di brigata Cesare ROSSI, comandante la
Fanteria divisionale della “Torino.”
Giunto per via aerea il 22 ottobre 1942
a Millerowo (Comando 8^ Armata), fui avviato il giorno successivo a Medowo
donde, dopo aver conferito con il Comandante la “Torino”, generale Roberto
LERICI, mi trasferii a Ssuchoj Log. Quivi, il 25 ottobre, assunsi il comando
della Fanteria divisionale in sostituzione del generale Ottorino SCHREIBER, che
doveva rimpatriare,
Il periodo di circa tre mesi da me
trascorso in tale carica comprende momenti diversi e successivi, che meritano
una trattazione diversamente estesa e particolareggiata, in rapporto con la
differente entità ed importanza degli eventi di guerra verificatisi e degli
incarichi specifici da me assolti. Più precisamente:
= 25 ottobre - 22 novembre: periodo
prevalentemente dedicato alla organizzazione difensiva del fronte del Don ed
alla sistemazione invernale delle truppe;
= 23 novembre - 4 dicembre: formazione
ed impiego di un gruppo tattico alle dirette dipendenze del Comando XXIX° C:A:
germanico;
= 5 dicembre - 18 dicembre:
provvedimenti adottati nell’ imminenza e con il graduale accentuarsi della
grande offensiva russa;
= 19 dicembre - 28 dicembre:
ripiegamento delle posizioni di riva destra del Don a Tscherkowo;
= 29 dicembre - 19 gennaio: ricovero in
ospedali e rimpatrio del sottoscritto.
1°) = 25 ottobre - 22 novembre =
Assumendo il comando della fanteria
divisionale, trovo i reparti della “Torino” schierati sulla riva destra del Don
fra Monastirschina (escluso) ed il tratto antistante alla località nemica di
Kasanskaia. La linea di resistenza, coincidente con la riva destra del fiume,
ha uno sviluppo di circa 23 Km. suddivisi in due settori reggimentali (81° e
82° ftr.) di cui quello di destra (82°) aveva una ampiezza alquanto maggiore di
quello affidato all’81° ftr.
Tale schieramento era il risultato di
alcuni spostamenti e sostituzioni tra unità contigue recentemente effettuati,
in confronto con le posizioni che la divisione aveva raggiunto a conclusione
delle operazioni offensive dell’estate, con la conseguenza che la maggioranza
dei reparti aveva dovuto cedere agli altri i
lavori di sistemazione già portati a termine, per iniziare ex novo sulle
nuove posizioni quelli necessari per l'imminente stagione invernale.
Al comandante della Fanteria non venne
affidato un comando di settore, ma compiti di collaborazione con il comando della
divisione e di controllo sull'attuazione delle superiori disposizioni in
materia di organizzazione difensiva, oltre alle normali attribuzioni organiche
e disciplinari spettanti al comandante di brigata ed agli specifici incarichi
che di volta in volta venivano fissati dal comando di Divisione, Quest'ultimo
risiedeva in località diversa (Wakaroff) e distante circa 5 Km. dalla sede del
Comando di fanteria. L’attività dei comandi e delle truppe era essenzialmente
rivolta a completare e potenziare al massimo la organizzazione difensiva sulla
linea di resistenza, creando postazioni per armi, osservatori, collegamenti,
difese accessorie e ostacoli anticarro, comunicazioni coperte e ricoveri
invernali per le truppe, fino ad ottenere (secondo le direttive impartite dal
comando del XXIX° C.A. germanico, e ripetutamente confermate e personalmente
controllate dal Comandante, gen. OBSTFELDHERR) una linea continua di
trinceramenti ed uno schieramento ininterrotto e pressoché lineare di uomini e
di armi sulla riva destra del Don.
E’ da rilevarsi che, quantunque si
fossero iniziati e portati a buon punto i lavori di una organizzazione di una
seconda posizione retrostante circa 10-12 Km. dal fiume, le direttive del
predetto Comandante per la condotta della difesa fissavano (?) come norma
tassativa che tutte le armi, tutti i mezzi e tutte le energie dovevano essere
impiegati a rendere invulnerabile la riva destra del fiume e che, oltre ai
fucilieri, mitraglieri, mortaisti, cannonieri, tutti gli elementi comunque
dislocati sulla linea della resistenza (artiglieri, osservatori,
personale dei collegamenti, drappelli impiegati nella esecuzione di lavori,
ecc,) concorsero a creare una materiale ed assoluta continuità di difensori
lungo la linea stessa. Le terze compagnie fucilieri dei btg. di 1° scaglione,
nonché tutte le armi di rinforzo, anziché costituire rincalzi, vennero
proiettate in linea; venendosi in tal modo a stabilire una vera e propria
“difesa lineare” continua, senza possibilità di sviluppo sul davanti e
pressoché priva di zona di sicurezza, perché addossata al corso d’acqua, e
senza profondità per mancanza di appigli tattici retrostanti e di elementi di
manovra.
L’attuazione di uno schieramento di tal
genere, in settori di ampiezza eccezionalmente eccedente quella normalmente
difendibile dalle nostre unità divisionali, richiese una serie di
provvedimenti, di lavori, di spostamenti di uomini, armi e materiali, ed una
intensa attività da parte di tutti, comandi e truppe, prestata con senso di
assoluta disciplina; ma - occorre affermarlo - con la troppo diffusa sensazione
della sua irrazionalità e scarsa efficienza, perché decisamente ed apertamente
contrastante con i dettami più elementari della nostra dottrina tattica.
Comunque, il risultato di tale attività, che ebbi modo di personalmente
seguire, consigliare, controllare, recandomi quotidianamente presso i reparti
in linea, fu che alla fine di novembre potevano considerarsi quasi ultimati i
lavori di sistemazione invernale delle truppe e dei comandi nonché il piazzamento
razionale delle armi di ogni specie lungo la linea di resistenza; portava a
termine solo in parte la costruzione di reticolati, campi minati ed ostacoli
vari lungo il fiume; bene avviata l’organizzazione logistica che avrebbe
consentito di affrontare senza gravi preoccupazioni i rigori del clima
invernale, anche nel caso che avessero raggiunta l’eccezionale crudezza
dell'inverno precedente.
E’ da notare infine che, se i lavori
maggiormente in sofferenza erano quelli inerenti alle difese da sistemarsi sul
margine del fiume, ciò era da attribuirsi soprattutto alle offese nemiche
provenienti dalla opposta riva e dalle interruzioni causate dalle frequenti
azioni di pattuglie e colpi di mano che andavano sempre più spesso ripetendosi
da ambo le parti con il progressivo consolidarsi del gelo sul corso d’acqua.
Comunque, l’attività lavorativa ed organizzativa procedeva con instancabile
alacrità, ma anche con una relativa metodicità. nella persuasione (confortata
dalle informazioni diramate dagli stessi comandi germanici) che fosse pressoché
da escludersi l'eventualità e la possibilità da parte del nemico di una azione
offensiva invernale di grande portata.
2°) = 23 novembre - 4 dicembre =
Dal comando del XXIX° C.A. mi viene
affidato il comando di un gruppo tattico composto da:
• CIX° btg. mitraglieri,
• XLVII° btg. bersaglieri,
• LXVII° “ corazzato
• XIII° gruppo semoventi,
• III° “ da 105/28.
Le unità componenti il gruppo tattico si
vanno concentrando, nei giorni 23 e 24 novembre, nella zona di Frolow - settore
della Divisione “Sforzesca” - , ove io stesso mi trasferisco il giorno 24.
Compito del gruppo: intervenire, se necessario ed in seguito ad ordine del com.
C.A., sul fronte della 7^ divisione rumena e nel punto di saldatura fra la
stessa e la” Sforzesca” in caso di un cedimento determinato da un’azione a
fondo del nemico.
In effetti, tale eventualità non si
verificò; i reparti eseguirono vari spostamenti e concentramenti in relazione
con diversi tentativi nemici, ma non vennero impegnati in combattimento. Per
contro, essi ebbero ad affrontare disagi e fatiche veramente eccezionali,
imposti dall’inaspirsi delle condizioni climatiche. Il XLVII° btg,
bersaglieri, ad esempio, dovette impiegare oltre otto ore per mettere in moto
gli automezzi ed effettuare uno spostamento di appena 10-12 Km., ostacolato
dalla neve, dalla tormenta e dalla temperatura rigidissima.
Il 3 dicembre il gruppo tattico venne
sciolto ed i reparti fatti rientrare alle rispettive grandi unità.
3°) = 5 dicembre - 18 dicembre =
Rientrato alla mia sede di SSuchoj Log,
riprendo le normali attribuzioni di comandante della Fanteria della “Torino” ,
mentre si vanno intensificando i sintomi di una più intensa attività nemica.
All’inizio della seconda decade di
dicembre, mi viene affidato dal comando del XXIX° C.A. l’incarico di studiare,
progettare, tracciare e far costruire una “linea di sbarramento” fiancheggiante
sulla sinistra (fronte a nord) il settore divisionale, per l’eventualità di uno
sfondamento nemico nel settore contiguo (divisione
“Pasubio” - XXXV° C.A,).
La posizione verrebbe occupata, al
momento del bisogno, da tre battaglioni e quattro gruppi di artiglieria ai miei
ordini. Detta organizzazione si appoggia con la destra al nostro schieramento
sul Don presso Ssuchoj Donez, e con la sinistra alle posizioni dominanti la
strada Medowo-Karassejew sulle alture immediatamente a N-W di quest'ultima
località; sul davanti potrà essere organizzato ad ostacolo anticarro
l’avvallamento denominato “Ssuchoj Donez Schlucht” (carta 1:50.000).
I lavori erano stati picchettati ed
appena iniziati quando venne ordinata la formazione di un gruppo tattico ai
miei ordini, incaricato di occupare la “posizione di sbarramento”:
provvedimento che non poté avere attuazione perché, con l’intensificarsi della pressione
nemica nel settore del XXXV° C.A. (15-16 dicembre), i reparti a ciò destinati,
man mano che giunsero in posto, vennero messi a disposizione ed impiegati dal
comando del predetto corpo d’armata.
Nei giorni 17 e 18 dicembre il nemico
realizza notevoli progressi nel settore della “Pasubio”, ponendo in difficile
situazione la sinistra del nostro schieramento (81* ftr. - Colonn. Santini),
ove viene trasferito d’urgenza l’unico battaglione disponibile (III°/82° -
Magg. Mannina) con il compito di contrattaccare il nemico che ha occupato la
q.162,9 (nord di Ssuchoj Donez). Al sottoscritto viene dato incarico di
coordinare tale azione con un intervento totalitario delle artiglierie della
divisione (tre gruppi del 52° df. più un gruppo da 149 di c.d’a.); a tal fine
mi trasferisco presso il comando I* gruppo 52° (magg. Russo) insieme con il
Comandante d’artiglieria divisionale (colonn. Rosati).
L’azione si protrae, con alterne
vicende,fino al mattino del 19 dicembre, con perdite molto rilevanti da parte
nostra, aggravate dalla rigidissima temperatura notturna che, fra l’altro,
aveva irrimediabilmente bloccate le armi automatiche. In definitiva, la q.
162,9 rimane in mano del nemico, mentre anche nel settore di destra della
nostra divisione i russi, dopo una notte molto movimentata, riescono ad
effettuare una irruzione nelle linee tenute dal I° btg,/82° ftr- occupando
anche un osservatorio di artiglieria. Il comandante del reggimento (colonn, Di
Gennaro) che era stato privato del battaglione di riserva trasferito, come
precedentemente detto, nel settore dell’81°, raduna ed impiega il personale del
comando di reggimento, alcuni rincalzi dei reparti in linea, artiglieri e
personale dei servizi, riuscendo, verso mezzogiorno, a ristabilire
completamente la situazione.
Nelle prime ore del pomeriggio il
Comandante della divisione mi ordina telefonicamente di rientrare in sede.
4°) = 19 dicembre - 28 dicembre =
Gli avvenimenti di questo periodo, senza
dubbio i più importanti e memorabili fra quelli da me vissuti al fronte russo,
meritano una più estesa trattazione che, perciò, andrò esponendo giorno per
giorno.
-19 dicembre: Giungendo a Ssuchoj Log, verso le ore 14, trovo il personale ed
i materiali del comando e dei pochi reparti quivi dislocati già approntati per
eseguire un eventuale spostamento.
Verso le ore 17,30 il comando della
divisione dirama ai comandi di settore reggimentale, per fonogramma, l’ordine
di ripiegamento inviandone copia, per conoscenza, al comando della Fanteria
divisionale. I reparti in linea dovranno lasciare le posizioni del Don alle ore
19, muovendo su due colonne ad itinerari separati: 81° rgt. ftr. con unità
varie divisionali e comando ftr. div. - 82* rgt. ftr. con unità e servizi vari
e comando di divisione. A protezione del movimento verrà lasciata negli
appostamenti della seconda posizione, organizzata a circa 10-12 Km. dal Don, e
fino alle ore 6 del giorno 20, una compagnia per ogni battaglia ed una batteria
per ogni gruppo, I reparti avrebbero dovuto raggiungere una nuova linea di
schieramento sul corso del Tschir (parallelo di Meskoff).
Il movimento, di per se stesso molto
complesso e da predisporsi entro termini di tempo eccezionalmente ristretti,
poté essere iniziato con lodevole regolarità ed ordine, mercé l’avveduta ed
energica azione esplicata dai comandanti di settore e la volenterosa
cooperazione di tutti i loro dipendenti. La sua completa ed efficace attuazione
doveva, peraltro, considerarsi compromessa a priori dalle insuperabili
difficoltà dovute a mancanza di mezzi di trasporto adeguati a portare al
seguito dei reparti quanto era loro indispensabile per vivere e combattere; e,
più ancora, dai successi già realizzati dal nemico nei settori contigui e che
già avevano portato le sue colonne corazzate decine di chilometri alle nostre spalle.
Il ripiegamento veniva perciò ad
assumere fin dall’inizio la caratteristica di un combattimento continuo,
tendente ad aprirsi la via attraverso alle colonne nemiche che ci avevano
sorpassati, chiudendo il cerchio alle nostre spalle, ed a rompere l’accerchiamento
ogni qualvolta, durante le inevitabili soste, la pressione nemica si stringe
con il carattere di un vero e proprio assedio: Tale vicenda si protrasse per i
giorni dal 20 al 25 dicembre, attraverso fatiche e sofferenze non facilmente
immaginabili né descrivibili, causate, oltre che dall’implacabile azione
nemica, dalla totale mancanza di cibo, dalle condizioni climatiche, dalla
impossibilità di curare, ricoverare e trasportare le molte centinaia di feriti
e di congelati che, in massima parte, dovettero essere abbandonati sul terreno
coperto di neve e di gelo.
Per quanto riguarda la reazione nemica,
devesi affermare che ben difficilmente i nostri reparti, nelle condizioni
fisiche, morali e di armamento in cui vennero a trovarsi, avrebbero potuto
evitare il totale annientamento senza l’appoggio delle superstiti forze
corazzate germaniche che, per quanto provenienti anch’esse dalla linea del Don.
erano fornite di mezzi di trasporto adeguati alle più elementari necessità
logistiche e poterono, se non altro, disporre di uno scarso ma sufficiente e
regolare vettovagliamento.
Alle ore 22, e dopo aver precedentemente
avviato all’indietro due autocarri con due ufficiali, il poco personale, i
materiali ed il carteggio del comando, mi dirigo in autovettura a Makaroff per
conferire con il Comandante della Divisione.
Senonché, il mio intendimento appare ben
presto inattuabile per l’eccezionale ingombro verificatisi sulle piste
adducenti al paese, intasate di truppe provenienti da altre direttrici,
presumibilmente già inibite dal nemico, di ogni sorta di veicoli e di automezzi
che, cercando inutilmente di sorpassarsi, aggravano irreparabilmente l'ingorgo
ostacolando ogni movimento nelle sue direzioni. Constatata l’impossibilità di
entrare in paese ed il rischio di rimanere imbottigliato con l’autovettura,
decido di avviarmi senz’altro sull’itinerario assegnato alla colonna (81°) in
cui, a norma dell’ordine ricevuto, doveva inserirsi il comando della Fanteria
divisionale.
A notte inoltrata raggiungo la località
di Popowka.
-20 dicembre: Informato che la colonna dell'81° ftr. non giungerà a Popowka
prima delle ore 8,30-9, ritengo opportuno tentare di raggiungere senz’altro
nella notte la località assegnatami come sede del comando nel nuovo
schieramento: il che mi viene impedito da carri armati russi che già avevano
occupato gli accessi del paese di Werniakowski (sulla strada di Meskoff).
Ritornato a Popowka all’alba, con l’intenzione di attendervi la colonna
dell’81° ftr. con la quale tentare, se necessario, un’azione di forza, constato
che anche quivi stanno affluendo reparti di ogni arma e di varie grandi unità
(“Pasubio” -” Ravenna” - II° e XXXV° C.A.) che dai settori più settentrionali
si sono riversati sugli itinerari della “Torino”, creando frammischiamenti ed intasamenti
che compromettono seriamente la possibilità di mantenere l’organicità e la
manovrabilità dei reparti. Un tentativo di sortita da me concordato con il
comandante dell 81° ftr. viene frustrato dall’apparire di carri armati russi
convergenti da diverse direzioni su Popowka; mentre aumenta in modo
impressionante l’afflusso di reparti e di sbandati.
Nella notte affluisce sul nostro
itinerario anche la colonna dell’82* ftr. con la quale trovasi anche il
Comandante della “Torino” con il capo di S.M. ed alcuni ufficiali del comando:
essi recano un ordine che precisa il nuovo schieramento da prendersi dalle
unità germaniche in concorso con la “Pasubio” e la “Torino”. La nuova linea
(che non sono in grado di precisare topograficamente per mancanza di documenti
e di carte, ma che, comunque, è in zona a sud del corso del Tschir) dovrà
essere tenuta fino alle ore 5 di domani
A causa del congestionamento delle piste
e della neve alta fuori pista, occorrono parecchie ore per incolonnare
razionalmente i reparti: soltanto verso mezzanotte può iniziarsi il movimento,
che procede abbastanza ordinato da parte dei nostri battaglioni e gruppi, ma
talmente lento da rendere impossibile il raggiungimento tempestivo delle
posizioni stabilite (sulle quali, peraltro, eravamo già stati preceduti dal
nemico).
-21 dicembre: All'alba, infatti,
dalle alture a nord della strada Werkniakowski - Meskoff si pronunciano
attacchi di carri armati e di fanterie russe, che tentano di avviluppare le
nostre colonne sui fianchi e sul tergo, determinando episodi di panico
aggravati dall'accavallarsi di automezzi che, uscendo dalle piste nel tentativo
di sorpassare le truppe a piedi, affondano nelle neve rimanendovi immobilizzati
o rovesciandosi. Viene organizzato nel miglior modo possibile una difesa a
cerchio ed alcuni contrattacchi di drappelli di animosi che riescono a sventare
la minaccia nemica, almeno per il momento.
Il comandante della Divisione affida al
colonnello Santini il compito di imbastire una protezione di retroguardia ed
ordina di riprendere il movimento verso sud, al seguito di una colonna
germanica. Disponendo, quest’ultima, di alcuni carri armati e di artiglierie
semoventi, riesce più agevole con il suo concorso, respingere i ripetuti
attacchi dell’avversario, fino a raggiungere nelle prime ore della notte la
località di Arbuzowskj.
-22 dicembre: Attorno
all’abitato, situato in una ampia conca dominata tutt’attorno da alture, viene
ben presto a stringersi l’assedio dell’avversario. Mentre il gruppo di fanteria
e mezzi corazzati germanico riesce a contenere la pressione nemica, mi adopero
a riordinare i nostri reparti nei quali appare indispensabile ristabilire
vincoli organici, assegnare precise funzioni di comando agli ufficiali
superstiti, costituendo unità di formazione con gli uomini tuttora efficienti
per condizione fisiche ed armamento. In tale opera ebbi la appassionata e
coraggiosa collaborazione dei mie colonnelli. Santini e Di Gennaro, e del
comandante il 52° art. df., colonn. Rosati.
In poche ore, durante la notte, vengono
costituiti tre grossi battaglioni (due di fanti e uno di artiglieri): ad essi i
rispettivi colonnelli rivolgono fervide parole di incitamento, prospettando la
ineluttabilità di una lotta da condursi fino all’estremo delle forze non
soltanto per l’onore dei nostri reggimenti e dell’Armata italiana in Russia, ma
benanche per aprirci una via di salvezza. In ogni caso, occorre essere
fermamente decisi a vendere ben cara la vita.
Le due giornate di Arbuzowskj. (22 e 23
dicembre) costituiscono una vera epopea che onora il soldato italiano in
confronto di qualunque altro combattente (la località assume, spontaneamente,
nel gergo del “fante” la denominazione di “Alcazar” e Valle della morte”).
Nel frattempo e nello stesso luogo,
analoga attività andava svolgendo il generale di brigata Manlio CAPIZZI,
comandante la Fant. Div. della “Ravenna”, che, con un gruppo di superstiti
della divisione stessa e seguendo il gruppo corazzato germanico, era venuto ad
inserirsi a Popowka nella nostra colonna. Anch'egli aveva costituito, e
dislocato a rincalzo delle unità tedesche schierate, alcune compagnie di
formazione con ufficiali e truppe di unità varie.
Il risultato di tali provvedimenti
appare evidente nella violenta ripresa del combattimento verificatosi a giorno
inoltrato. Ad una azione di contrattacco intrapresa dalle unità germaniche allo
scopo di allargare il cerchio dell’assalto e stroncare l’aggressività del
nemico, si associano spontaneamente ed entusiasticamente i nostri reparti in
formazione di fanti e artiglieri che, lanciatisi irresistibilmente contro le
colonne nemiche avanzanti, le infrangono con l’impeto delle baionette e delle
bombe a mano, le incalzano molto oltre le loro posizioni di partenza risalendo
le alture circostanti e proseguendo l’inseguimento per parecchi chilometri,
fino a che non apparve necessario arrestarli e quindi farli rientrare per non
disperdere su un fronte eccessivamente esteso i nostri scarsi effettivi e
ricondurli entro i limiti di una difesa efficacemente organizzata. A centinaia
affluiscono i prigionieri; abbondante il bottino di armi e munizioni che
vengono immediatamente utilizzate per completare l’armamento dei nostri uomini,
ormai ridotto al solo fucile ed a poche bombe a mano.
L’impeto magnifico dei nostri reparti
suscita l’ammirazione sincera dei camerati germanici; la brillante operazione
non poteva però impedire che poco dopo l’assedio si andasse di nuovo
stringendo, al punto che ad ogni istante appariva imminente ed inevitabile una
irruzione nemica tale da travolgere irreparabilmente le nostre truppe esauste,
torturate dal gelo, mancanti da tre giorni di qualunque vettovaglia.
Le unità germaniche e gli scheletrici
reparti nostri tuttora in linea, a stento riescono a contenere la pressione
nemica, che si manifesta anche con una implacabile azione di fuoco di
artiglieria, mortai e “Katusche” che ininterrottamente flagellano le nostre
posizioni, nettamente dominate dall’avversario. Fu durante una di tali intense
azioni di fuoco che, mentre il sottoscritto accompagnato dai colonnelli Santini,
Di Gennaro e Rosati, si recava in un punto ove ci aveva convocati il Comandante
della “Torino”, una bomba di mortaio cade a brevissima distanza colpendo
contemporaneamente tutti e tre i comandanti di reggimento: il colonnello
Santini ferito al capo da una scheggia penetrata dietro l’orecchio destro; Di
Gennaro, mortalmente colpito al viso ed in varie parti del colpo, muore pochi
minuti dopo; Rosati, gravemente colpito ad ambedue le gambe, viene trasportato
al posto di medicazione e, il giorno successivo, caricato su un autocarro,
rimaneva ucciso da altro proiettile nemico. Il sottoscritto riportava una
lievissima ferita alla gamba destra.
La simultanea perdita dei tre comandanti
di reggimento ebbe inevitabilmente la conseguenza di rendere ancora più
drastica una situazione dalla quale ormai sembrava impossibile poter uscire con
i soli nostri mezzi.
Con il calare della notte il nemico
intensifica i suoi tentativi di irruzione, eroicamente contenuti dalle truppe
germaniche e nostre, schierate a cerchio attorno alla tragica conca di
Arbuzowskj.
-23 dicembre: I comandanti di
settore continuano a chiedere rinforzi, che con grande stento riusciamo ancora
a togliere dai gruppi non ancora impegnati, formati da uomini completamente
esausti ed in massima parte privi di munizioni. Si manifestano anche casi di
alienazione mentale.
Specie da sud, il nemico stringe sempre
più e spara con mitragliatrici in ogni angolo ove sono radunate truppe e sono
rifugiati feriti e congelati. Si alternano attacchi e contrattacchi e
violentissime azioni di fuoco, particolarmente intense dopo un infruttuoso
tentativo di sortita della colonna germanica che, ottiene l’unico risultato di
aumentare i vuoti nelle file degli assediati. In relazione con un riordinamento
della linea di difesa, mi viene ordinato di concentrare tutte le nostre truppe
superstiti in un valloncello all’estremità sud-owest della posizione. Il
movimento si compie in vista del nemico e, conseguentemente con nuove sensibili
perdite. Nel nuovo luogo di adunata cerco di riordinare i nostri uomini e
ricostruire i reparti organici; riunisco gli ufficiali e rivolgo loro parole di
incitamento: ognuno riprenda il comando dei propri uomini, li rianimi, li tenga
in pugno, li convinca che non v’è altro da fare che lottare fino all'estremo
piuttosto che cadere in mano del nemico. Mentre sto procedendo a tale
riordinamento intervengono gli ufficiali di collegamento tedesco chiedendo di
rinforzare con tutta urgenza lo schieramento con almeno mille uomini. Le mie
rimostranze, perché mi si lasci completare la ripartizione del personale
secondo le unità originarie di appartenenza, sono inutili: occorrono
immediatamente i rinforzi in linea.
Vengono prontamente costituite 16
centurie ed immediatamente avviate parte al settore nord e parte a quello
meridionale. Al generale Capizzi viene affidata la vigilanza di queste ultime,
mentre io mi reco a prendere contatto con il comandante germanico del settore
nord. Quivi trovo il generale Lerici, con il quale prendiamo in esame la
gravità della situazione ed i suoi probabili sviluppi conclusivi.
Particolarmente tragica la situazione
dei feriti e congelati!
Essi ascendono a molte centinaia; con
rischio e difficoltà, sotto il frequente ripetersi di nevicate, essi vengono
radunati e solo in parte ricoverati in qualche isba che l’incessante tiro delle
armi nemiche non risparmia; cappellani ed ufficiali medici si adoperano per
portare loro qualche conforto, ma non dispongono di alcun materiale di
medicazione; alcuni vengono accatastati suoi pochi autocarri, carrettini e
slitte disponibili, sui quali si accanisce il tiro nemico; in massima parte
restano adagiati sulla neve allo scoperto, e muoiono assiderati. .D’altra
parte, anche la possibilità di resistenza degli uomini tuttora validi appare
ormai seriamente compromessa: il prolungarsi del digiuno, soprattutto, rende
tutti fisicamente esausti e menomati irrimediabilmente anche nelle energie
morali. Solo l’intervento estremamente energico dei comandanti, che pur
risentono delle stesse privazioni e sofferenze, aggravate dalla percezione
della sventura immeritatamente abbattutasi sulla nostra Armata, riesce ancora a
mantenere un residuo di compattezza e di combattività nei reparti.
Con il calare della notte la situazione
si fa sempre più critica per gli assediati, così da far prevedere da un momento
all’altro un collasso definitivo, la distruzione o la resa. Verso le ore 22 il
Comando germanico dirama gli ordini per un estremo tentativo di sortita: un
gruppo di mezzi corazzati aprirà un varco in direzione sud-owest, dopo aver
svolta una intensa azione di fuoco in altra direzione; altro nucleo
meccanizzato rimarrà fino all’ultimo a fronteggiare il nemico e,
successivamente, formerà retroguardia; le truppe italiane ancora schierate
manterranno le posizioni e quindi, alle ore 24, ripiegheranno insieme con tutta
la colonna dei superstiti nella direzione presa dal gruppo corazzato germanico.
I pochi mezzi di trasporto ancora efficienti (agli automezzi era stata tolta la
benzina in favore dei carri armati germanici) verranno utilizzati
esclusivamente per portare al seguito il numero maggiore possibile di feriti e
congelati.
Il tentativo riesce: il nemico,
ingannato sulla vera direzione della sortita, reagisce disordinatamente con un
tardivo rabbioso fuoco di tutte le sue armi che si abbatte sulle posizioni
abbandonate e soprattutto sui feriti ed invalidi da noi lasciti e dei quali
udiamo ancora, allontanandoci, le grida di dolore e disperazione.
-24 dicembre: Alternando la
marcia a piedi con un mulo a pelo e prendendo posto saltuariamente su qualche
slitta, decido quanto ancora mi resta di energie per mantenere ordine e
regolarità nel modo di procedere della nostra colonna, formata di uomini
esausti dalla fatica e dal digiuno (unico nutrimento, la neve!) che trovano ancora
la forza di procedere nella speranza di sottrarci alla distruzione od alla
cattura.
La marcia prosegue per tutta la notte e
la giornata del 24, con una fermata di qualche ora a Gussew verso mezzogiorno,
sempre efficacemente protetta dal gruppo corazzato germanico (merita di essere
citato il nome del suo comandante: maggiore Hoffmann) che riesce abilmente ad
eludere e, quando occorre, affrontare e respingere i frequenti tentativi di
disturbo del nemico e qualche minaccia di partigiani.
-25 dicembre: Dopo
un’altra notte di marcia ininterrotta si giunge a Scheptuchowka. Temperatura
rigidissima; vento violento e gelido. Appare indispensabile una sosta di alcune
ore per dar riposo agli uomini che per la prima volta dalla sera del 19
dicembre e per quanto in misura assai limitata, riescono a procurarsi qualche
genere di vettovagliamento.
Alle ore 13 si prepara l’incolonnamento
per riprendere la marcia: occorre raggiungere al più presto, e prima che lo
impedisca il nemico incalzante, la località di Tscherkowo, ove un presidio
italo-tedesco resiste validamente all’assedio nemico e ove sarà possibile
vettovagliare regolarmente. Il movimento della nostra colonna, che deve
accodarsi a quella germanica, si inizia alle ore 16, quando già cala la notte.
Non è possibile alcun controllo dei presenti; ma ritengo che non pochi siano
rimasti addormentati nelle case. Molti altri, ripresa la marcia nel buio della
notte, cadono ai margini della pista esausti ed impossibilitati a proseguire
dal congelamento ai piedi e vi rimangono assiderati (la temperatura è scesa a
36° - 38° sotto lo zero). Io stesso, sfinito e tormentato da dolori artritici
al ginocchio destro, cerco un po’ di riposo su una slitta; ma ben presto
avverto sintomi di congelamento alla mano destra, con la quale cercavo di
tenermi indosso una coperta da campo. Riprendo la marcia a piedi frizionando
con la neve la mano colpita e cercando di reagire energicamente ad un senso
generale di sfinimento e di sonnolenza ed a qualche sintomo di congelamento
anche al piede sinistro ed alla mano sinistra.
Nelle case di un villaggio russo
abbandonato si sosta qualche ora; molti dichiarano di non poter più proseguire,
per quanto sia da ritenere che la meta, Tscherrkowo, non disti più di 5 o 6 Km.
Vi giungiamo, infatti dopo un paio d'ore.
-26 - 27 - 28 dicembre: La
località ed il presidio di Cerkowo sono assediati strettamente; inutile pensare
a tentativi di sortita.
Troviamo un piccolo presidio di
bersaglieri comandati dal ten. colonn. Manari (ferito a morte pochi giorni
dopo), da cui riceviamo accoglienza fraterna, affettuosa assistenza ed
abbondante rifornimento di viveri.
Secondo disposizioni date personalmente
dal comandante della div. “Torino”, Gen. LERICI, si procede al riordinamento ed
al ricovero degli uomini, alla regolare distribuzione di viveri, ad organizzare
l’assistenza e la cura dei feriti e congelati. Tramite il comando delle truppe
germaniche in posto, vengono richiesti al comando dell'Amir rifornimenti aerei
di munizioni e di materiale sanitario.
Io stesso vengo accuratamente medicato.
L’offesa nemica si intensifica:
attacchi, specialmente di notte, ed intense azioni di fuoco, di giorno e di
notte. Ogni tentativo di sortita, o di far giungere rinforzi agli assediati
dall’esterno, è duramente respinto.
Si inizia così una nuova epica
resistenza, destinata a protrarsi fino al 15 gennaio, da parte delle truppe
germaniche e dei nostri uomini comandati dal gen. Lerici, alla quale il
sottoscritto non poté partecipare perché designato, con altri 13 feriti, per
essere sgombrato con il primo aereo che raggiungerà Cerkowo.
= 29 dicembre - 19 gennaio =
Alle ore 9 del 29 dicembre un aereo
germanico riesce ad atterrare nel campo di fortuna che un contrattacco
germanico aveva consentito di includere nello spazio assediato. Viene rapidamente
effettuato il carico dei 14 feriti e, nonostante la neve alta e molle e le
raffiche di mitragliatrice partenti dalle vicinissime linee nemiche, l’aereo
riparte regolarmente, diretto a Starobielsk (un analogo tentativo compiuto
successivamente da un aereo italiano pilotato dal Gen. Pezzi e recante a bordo
il ten. colonn. medico Bocchetti, si è concluso con la perdita dell’apparecchio
e dell 'equipaggio).
A Starobielsk, dopo una breve sosta in
un ospedale germanico prossimo al campo di atterraggio, mi reco a conferire con
l’Ecc. Comandante dell’Amir e quindi vengo ricoverato, con i compagni di
viaggio (colonnelli Santini e Mattiotti, ten. colonn. Mocchi, maggiori Pinto e
Rosso, capitano dei CC.RR. Blundo ed alcuni militari di truppe) nell'ospedale
da campo n° 827, ove rimaniamo fino al 31 dicembre. Il mattino di detto giorno,
in autoambulanza, veniamo trasferiti a Voroscilofgrad nell’ospedale di riserva
n° 4.
Il 3 gennaio una autoambulanza trasporta
alcuni dei ricoverati (fra cui il generale Luridiana, vice comandante della
“Celere”, ed il sottoscritto a Stalino, nell’ospedale di riserva n° 3.
Le cure che in questo ospedale vennero
prestate ai feriti e congelati meritano di essere segnalate per la particolare
diligenza ed amorevolezza. Medici, crocerossine, personale di sanità, tutti si
adoperano instancabilmente perché, nonostante l’eccezionale affollamento
dell’ospedale, non vengano a mancare ai ricoverati e non solo le più diligenti
cure sanitarie, ma ben anche la più efficace assistenza morale (ancor più
preziosa ed apprezzata, per noi, dopo le trascorse peripezie).
La sosta si protrae fino all’arrivo del
primo treno-ospedale (10 gennaio): il n° 23. Il giorno 11 si fa il carico; per
24 ore il treno, bloccato dal gelo, tenta inutilmente di mettersi in moto.
Il 12 gennaio si inizia il viaggio di
rimpatrio che, a causa delle difficoltà create dalle abbondanti nevicate e dal
freddo intenso, non meno che per l’evidente disinteressamento delle autorità
ferroviarie e dei comandi germanici, subisce frequentissime interruzioni e
rallentamenti, così da impiegare quattro giorni per giungere a Leopoli.
Le tappe successive (17 gennaio:
Cracovia - 18: Vienna – 19: Brennero) effettuano celermente e con regolarità,
probabilmente per effetto delle energiche proteste presentate al comando
militare di stazione di Leopoli. La sera del 19 gennaio sono ricoverato
nell’ospedale militare di Bologna, e, il 13 febbraio, constata la resistenza
del processo di congelamento a risolversi con una totale necrosi e caduta della
della parte colpita, sono sottoposto alla amputazione della falange estrema del
3°, 4° e 5° dito della mano destra.
Durante la degenza in ospedale, valendomi di alcuni appunti
schematici salvati dalla perdita totale
del mio bagaglio, e molto della memoria, svolgo (?) sotto forma di diario il
riassunto degli avvenimenti esposti nella presente relazione.
= = = = = = = = == =
CONSIDERAZIONI
====================
Espongo, a conclusione della relazione
richiestami, alcune mie osservazioni ed apprezzamenti che, se non possono
pretendere di trattare esaurientemente argomenti di indubbia importanza nei
riguardi degli eventi verificatisi al fronte russo, né vantare il merito della
originalità, in quanto già ampiamente trattati da altri reduci, possono
tuttavia essere apprezzati come conferma di quanto da altri esposto, o come
enunciazione di questioni meritevoli di più ampia trattazione in altra sede e
da parte di organi particolarmente competenti.
-1°) = Anche al fronte russo la nostra
divisione di fanteria ha posto in evidenza la sua scarsa efficienza offensiva e
difensiva.
E’ inammissibile che le unità di
fanteria, tutte, non siano addestrate, allenate, attrezzate, abituate per
quotidiana consuetudine, a combattere insieme con i carri armati e contro i
carri armati. Fin dall’inverno 1940-41 rammento di aver caldeggiato il ritorno
alla divisione “ternaria” in cui il terzo reggimento fosse costituito da due
battaglioni carri armati ed uno armi controcarro.
E’ del pari inconcepibile, sugli immensi
campi di battaglia odierni, una fanteria che muove a 20-30 Km. al giorno (anche
se con l’allenamento e con provvedimenti di ripiego tale percorso è stato
spinto fino al doppio, con inevitabile menomazione delle energie residue del
fante).La motorizzazione si impone in modo totalitario.
-2°) = La guerra nella steppa (che ha
molte analogie con quella del deserto) richiede notoriamente larghissimo uso di
automezzi.
Tuttavia, per i bisogni giornalieri
delle truppe, sono indispensabili i mezzi di trasporto animali, a meno che non
si possa contare su una larghissima e sempre sicura disponibilità dei
carburanti. Diversamente, al primo momento di crisi, tutto si arresta :
vettovagliamento, trasporto di armi di accompagnamento, traino di artiglierie,
rifornimenti di ogni genere.
-3°) = Tutti sono concordi nel ritenere
che lo schieramento lineare voluto dal comandante del XXIX° C.A. germanico (il
quale volle che fosse abolita perfino la denominazione di “caposaldo”) e la
mancanza di riserve siano stati elementi determinanti di debolezza delle nostre
difese sul Don. Devesi anche dire, a tal riguardo, che qualunque dispositivo si
fosse attuato, esso sarebbe stato incapace di arrestare la grande offensiva
russa, stante l’ampiezza dei settori affidati alle grandi unità schierate.
-4°) = Per quanto riguarda la “Torino” è
bene precisare che:
- la sera del 19 dicembre le nostre
linee sul Don erano intatte;
- il ripiegamento venne iniziato
regolarmente ed abilmente, eludendo la vigilanza del nemico, che non seppe
contrastare lo sganciamento delle nostre truppe dalle posizioni avanzate;
.- i frammischiati e la
disorganizzazione dei reparti successivamente verificatisi, sono dovuti al
disordinato affluire di altre unità sugli itinerari della “Torino”. Comunque,
nei nostri uomini non si verificò alcun sbandamento; essi seguirono
costantemente il loro comandante: primi fra essi il comandante della divisione,
generale Lerici, che guidò personalmente la colonna del primo all'ultimo
giorno, dividendo con i propri soldati tutti i rischi, le sofferenza morali, le
privazioni, le quasi sovrumane fatiche fisiche.
-5°) = Dannose ripercussioni ha avuto il
provvedimento dell’avvicendamento. All’inizio della offensiva russa la
situazione nei reparti della “Torino” era la seguente:
- nei reggimenti di fanteria, ultimata
da pochi giorni lo sostituzione di quelli che avevano compiuto un anno in
Russia. I reparti, pertanto, erano per la grande maggioranza composti di uomini
da poco giunti dall’Italia e perciò non ancora ambientati. Ne era conseguito,
nelle prime linee, un più accentuato allarmismo ed orgasmo che, specie nelle
ore notturne, aveva dato luogo a diversi incidenti (militari nostri e tedeschi
colpiti per errore dalle vedette)
-Nei reparti di artiglieria, genio e
servizi, gli avvicendanti attendevano
ancora, con spiegabile impazienza, l'arrivo degli avvicendanti e l’ordine di
partire per l’Italia.
Nel complesso, sia un caso come
nell’altro, ne era derivata una inevitabile menomazione nello spirito
combattivo e nella capacità di affrontare con decisione le difficili situazioni
tattiche successivamente verificatesi.
Altro elemento di incompleto spirito di
decisione nel combattente è stato il terrore della prigionia, suscitato da una
propaganda poco opportuna circa il trattamento fatto dai russi ai prigionieri.
-6°) = L’ufficiale inferiore è mancato
totalmente. Senza voler disconoscere gli episodi innumerevoli di eroismo
individuale, sta di fatto che nei momenti veramente gravi pochissimi ufficiali
inferiori, e nessun subalterno, ho visto assumere spontaneamente, con autorità
e prestigio, il comando di un gruppo di soldati, impiegarli tenendoli in pugno,
“comandarli” effettivamente (il che è stato fatto, di massima, da ufficiali
superiori, colonnelli e generali). Tuttt'al più, i migliori, si sono adattati a
fare il “soldato”, non il “capo”.<
Sottufficiali e graduati: zero!
-.7°) = Argomento molto spinoso: il
cameratismo germanico!
Va detto senza perifrasi che il
cameratismo germanico esiste fino a quando esso ha per oggetto uomini
efficienti, bene armati, in grado di portare un contributo evidente ed efficace
alle operazioni di guerra. In caso diverso viene totalmente a mancare qualsiasi
sentimento di fratellanza, di solidarietà, e perfino di rispetto.
Personalmente, ho dovuto fare le mie energiche rimostranze ad un comandante germanico
per l’atteggiamento irriguardoso, per non dire offensivo, ostentato da militari
tedeschi che evidentemente non tenevano in nessun conto né del mio grado (che
certamente non ignoravano) né della mia età, né del contributo italiano alla
loro causa. Fra soldati nostri e germanici non sono mancati episodi veramente
disgustosi che, purtroppo, sono ancora frequentemente riportati e,
probabilmente anche esagerati. nei racconti di molti reduci.
-8°) = Nulla di particolare debbo
riferire per quanto riguarda l’organizzazione logistica, che aveva assicurato
con larghezza i mezzi di ogni genere per affrontare la guerra invernale.
Circa l’armamento, so di non dire cosa
nuova affermando la necessità di incrementare l’armamento anticarro. Aggiungo,
infine , che, per combattere in Russia è indispensabile assicurare il
funzionamento delle armi alle basse temperature- I provvedimenti adottati a tal
fine, per quanto ho potuto personalmente constatare, si sono dimostrati del
tutto insufficienti.
-9°) = Un’ultima constatazione, del
tutto confortante, circa il morale e spirito di disciplina del nostro soldato:
Pur nelle condizioni, veramente tragiche
e nelle sofferenze quasi sovrumane affrontate dal nostro soldato nel
periodo dicembre-gennaio, non si è mai verificato alcun caso, non dico di
insubordinazione o ribellione, ma, neppure di insofferenza o di disciplina. Il
nostro soldato è , senza alcuna riserva, uno dei migliori; egli chiede soltanto
di essere ben comandato. Dal che deduco che il problema fondamentale è
tuttora quello dei quadri.
Bologna, giugno 1943/XXI°
IL GENERALE DI BRIGATA
COMANDANTE LA FANTERIA DIVISIONALE
DELLA DIVISIONE “TORINO”
(Cesare ROSSI)
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