DIBATTITI
Maria Luisa Suprani Querzoli
Cesare
Pettorelli Lalatta: una voce inascoltata
Ricordare la figura del Generale Cesare Pettorelli
Lalatta[1]
permette di considerarne una costante che contrassegnò la sua esperienza nella
Grande Guerra e che ebbe inoltre ripercussioni sulle sorti stesse del
conflitto.
Proveniente da una famiglia di ferventi
patrioti[2],
entrò volontario nel Regio Esercito in giovanissima età ed ebbe in seguito modo
di perfezionare la conoscenza di diverse lingue presso l’Ambasciata italiana a
Berlino. Allo scoppio della guerra, le abilità maturate gli permisero di
ricavare elementi di rara efficacia dai prigionieri[3].
Nonostante il ruolo di sostanziale rilievo ricoperto nel Servizio Informazioni e, soprattutto, l’apporto potenzialmente determinante sulle sorti
della guerra, la portata dei riscontri ricevuti fu pressoché nulla rispetto
alla validità del suo operato.
Le anticipazioni
dettagliate circa la Strafexpedition non vennero valutate dal
Capo di Stato Maggiore in ragione della loro attendibilità: fra i probabili motivi,
possono essere ipotizzati i dissidi gravi sorti, per il modus operandi peculiare dell’Ufficio Informazioni della I Armata (presso
cui Pettorelli Lalatta era in forze), fra quest’ultimo e alcuni alti Comandi, tra i quali compariva una
delle figure più influenti del Comando Supremo, l’allora Tenente Colonnello Ugo
Cavallero[4].
Pettorelli Lalatta fu protagonista di un
altro episodio, noto come Sogno di Carzano, occorso a breve distanza dalla XII Battaglia
dell’Isonzo: «[n]ella notte fra il 18 e il 19 settembre
1917, a Carzano, sul fronte del Trentino, fu incredibilmente perduta una grande
occasione di irrompere di sorpresa nelle linee austriache, di conquistare
d’impeto Trento e di minacciare quindi alle spalle tutto lo schieramento
nemico, con conseguenze importantissime e forse decisive per le sorti della
guerra»[5]. L’apporto del Maggiore Pettorelli Lalatta fu
determinante nella costruzione di un disegno acutissimo e ponderato nei minimi
dettagli. L’efficacia del piano venne però completamente vanificata da
lentezze burocratiche, farragini e dalla scelta di figure inadeguate al compito.
Le sue memorie circa quell’episodio, pubblicate a guerra conclusa,
furono censurate dal regime fascista e le copie sequestrate del libro vennero
distrutte da un bombardamento alleato durante la Seconda Guerra Mondiale[6].
Nel 1967 egli decise di ridare alle stampe la sua testimonianza:
[p]oi, mi
sono deciso a farlo, superando ogni residua incertezza, perché mi è sembrato
che sull’argomento si sia voluto stendere un falsamente pietoso velo di
silenzio e perché la verità – per quanto spiacevole – va sempre detta. […]
Cadorna emerge nell’episodio come il personaggio – chiave, in quanto egli, il
comandante supremo, accettò con entusiasmo il piano nel suo sviluppo
strategico, dimostrando di avere completa fiducia nella sua riuscita, e preparò
anche, con la consueta larghezza di vedute, i mezzi necessari per l’attuazione.
Però, come spesso accade, per fatalità, non solo non volle invadere nello
studio dei particolari i compiti degli esecutori operativi del piano, ma non
intervenne neppure, quando si era ancora in tempo, per correggere disposizioni
in assoluta discordanza con le finalità e gli obiettivi meno immediati
dell’azione. È, quindi, nell’interesse della storia, quella vera, che ristampo
oggi il libro distrutto: perché, tolti pochi italiani, e tutti del nostro
Servizio Informazioni, gli attori di quell’episodio sono da anni scomparsi e,
di conseguenza, tutta la documentazione annessa vuole unicamente conservare il
proprio valore storico, non di polemica spicciola.[7]
Il
Generale Cesare Pettorelli Lalatta riposa nel cimitero di Carzano.
[1] Cesare
Pettorelli Lalatta Finzi, Milano, 6 giugno 1884 – Roma, 29 marzo 1969.
[2]
«A
mia madre Agnese Finzi, mantovana e dello stesso ceppo del grande patriota
Giuseppe», dedica in C. Pettorelli Lalatta, L’occasione perduta. Carzano 1917,
Milano: Mursia, 1917.
[3]
A. Vento, In silenzio gioite e soffrite.
Storia dei servizi segreti italiani dal Risorgimento alla Guerra Fredda,
Milano: Il Saggiatore, 2010, cfr. p. 129. Pettorelli Lalatta introdusse per
primo «l’attività
di infiltrare i suoi fiduciari, per lo più boemi o italiani dalla perfetta
conoscenza del tedesco in divisa nemica tra i prigionieri austroungarici» (ivi,
p. 130). Inoltre, azioni più rischiose vennero
organizzate dietro le linee nemiche (cfr. ibidem).
[4]
Ibidem.
[5]
C. Pettorelli Lalatta, L’occasione
perduta. Carzano 1917, cit., aletta anteriore della sovraccoperta.
[6] Ivi, Prefazione
a cura dell’Autore, p. 7.
[7] Ivi, Prefazione
a cura dell’Autore, p. 8.
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