DIBATTITI
Quando la URSS comunicò nel settembre 1945, dopo aver restituito circa 20.000 soldati italiani prigionieri, di cui 10830 già dell'ARMIR ed il resto liberati dai campi di internamento tedeschi durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso occidente, in Italia scoppiarono violentissime polemiche in relazione al fatto che in base a tutte le stime dovevano essere restituiti circa 80.000 prigionieri. Si accusava Mosca di voler trattenere come lavoratori circa 70.000 soldati italiani oppure, cosa mai detta ufficialmente ma pensata da molti, gli Italiani potevano essere stati tutti soppressi come era stato fatto con i Polacchi alle fosse di Katyn. La nostra ambasciata a Mosca, la prima aperta dopo l'ARmistizio lungo del 29 settembre 1943, ed in piena cobelligeranza nel 1944, era in prima fila per avere conoscenza esatta della situazione dei prigionieri. Si riporta un documento tratto dall' Arichivo Resta.
Prot. N. 545
Pol./C/18/D
OGGETTO: Prigionieri di Guerra in Russia.
Per opportuna e riservata
conoscenza di V.E. si trascrive quanto ha testè riferito al nostro Ministero
degli Affari Esteri l’ambasciatore d’Italia a Mosca circa la questione dei
nostri prigionieri di guerra in territorio sovietico:
“Dalla data della mia
assunzione a Mosca ho ripetutamente prospettato verbalmente e per iscritto alle
Autorità sovietiche ogni aspetto del problema, sottolineando la viva
aspettativa del popolo italiano e caldeggiando l’accoglimento delle nostre
ripetute richieste. I miei reiterati passi non hanno fino ad ora avuto altro
risultato che la nota concessione dello scambio della corrispondenza fra i
prigionieri e le loro rispettive famiglie.
Non mancherò di
insistere, per quanto non mi faccia eccessive illusioni sul loro accoglimento.
Mie molteplici insistenze
per avere anche soltanto informazioni e precisazioni circa il numero e le
condizioni deli italiani comunque venuti sotto l’Autorità sovietica, a seguito
degli ultimi avvenimenti bellici, hanno avuto fino ad ora invariabilmente
risposta che “si attendono informazioni dalle competenti Autorità”.
Effettivamente data la
rapida avanzata sovietica e lo stato dei territori liberati, una certa
confusione è inevitabile. Ho poi anche l’impressione che il coordinamento tra
il Commissariato degli Affari e le Autorità militari sulla questione in genere
non sia perfetto.
Elemento principale resta
però la volontà sempre marcata di queste Autorità di farci comprendere
attraverso una forma estremamente cortese che tutto quello che esse potranno
fare in favore dei nostri connazionali non è un nostro diritto ma una loro generosa
concessione. A questo atteggiamento, motivato in genere dalla concezione della
nostra posizione come quella di una colpevole della guerra che deve
riguadagnarsi il perdono, si aggiungono certe reticenze per la fluidità della
situazione politica italiana cui non è estraneo il constatato scarso valore
rappresentativo dei partiti politici al Governo in mancanza di suffragi
elettorali e l’incognita della liberazione dell’Italia settentrionale. Di qui
proviene forse l’idea sull’opportunità di rimandare la soluzione generale di
principio a un momento più opportuno. Per queste complesse ragioni spero V.E.
possa comprendere, come, nonostante le mie continue pressioni, tutte queste
questioni non possono avanzare né essere risolte se non nel quadro e nella misura
che da questo Governo sono ritenute opportune per considerazioni di carattere
generale”.
L’ALTO COMMISSARIO
NOTIZIE CESVAM
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