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martedì 4 febbraio 2020

Pistoia. Gli studenti scrivono


DIBATTITI
Il contributo degli studenti alla ricerca
proposta dal CESVAM

1938: LE LEGGI RAZZIALI
 EBREI ED IL VALOR MILITARE
Terzo incontro della serie “storia in laboratorio” a cura     dell’istituto del Nastro azzurro

CLASSE 5B  LICEO SCIENTIFICO DELLE SCIENZE APPLICATE
ISTITUTO FILIPPO PACINI di Pistoia

Martedì 21 Gennaio abbiamo avuto la fortuna di partecipare, nella Saletta  dell'assessorato alla Cultura di Pistoia, all’incontro con lo storico Giovanni Cecini che ha avuto come tema l’atteggiamento tenuto dai due grandi regimi dittatoriali degli anni ’30 e ’40 del Novecento,  nei confronti degli ebrei e la genesi delle leggi razziali nell’Italia fascista.
   Innanzitutto è doveroso distinguere la politica nazista, che mirava all’eliminazione fisica della popolazione di origine semitica dal cosiddetto “spazio vitale”, da quella fascista, che aveva invece come obiettivo la loro esclusione dalla società e che potremmo definire “eliminazione formale”.
  Le motivazioni che spinsero Mussolini a  seguire nel ‘38 la scelta che Hitler aveva compiuto qualche anno prima con le Leggi di Norimberga di emanare le leggi razziali, furono diverse.
   In primo luogo l'Italia aveva intrapreso una campagna antisemita per dimostrare il proprio valore agli occhi del Furer a cui si era avvicinata politicamente con la nascita dell’Asse Roma-Berlino e non per un radicato odio contro i non-ariani.
  In secondo luogo la conquista dell’Etiopia aveva sollevato il problema del rapporto con le popolazioni locali e il timore del meticciato.
 In terzo luogo la creazione di una minoranza “diversa” e “inferiore” doveva esaltare maggiormente il valore e la superiorità dell’uomo italiano fascista e “ariano”.
  La follia di tutto questo emerge chiaramente se si considera che gli ebrei italiani erano pochi  e molto ben integrati e che non erano nella maggioranza antifascisti. Molti ebrei avevano partecipato alla marcia su Roma o erano nelle alte gerarchie del fascismo e occupavano ruoli importanti nell’amministrazione dello Stato e nell’esercito.
  Da documenti del tempo, sappiamo che personalità di rilievo in ambito militare appartenevano  alla “razza” ebraica (concetto privo di valore scientifico) e non agivano nel segno della stella di Davide: la loro esclusione avrebbe comportato un indebolimento dell'esercito italiano alla vigilia della II Guerra Mondiale.
  Proprio questa pazzia omicida (in senso letterale o metaforico) causò conflitti di interessi all'interno dello Stato, che però non poteva ammettere il proprio errore, pur avendolo probabilmente riconosciuto.
Altro punto inspiegabile delle leggi razziali riguardava “l'atteggiamento ebraico”,  secondo il quale un ebreo era definito tale non solo in base al sangue (ma ricordiamo che l'ebraismo è un culto religioso e non un carattere ereditario) ma anche in base a comportamenti ritenuti tipici della comunità ebraica.
L'insieme di queste scelte portò a “follie nella follia”, quali la deportazione di un vecchio   ufficiale ebreo infermo considerato un “pericolo per il regime” oppure la persecuzione di una giovane donna considerata ebrea il cui fratello gemello fu invece insignito di più onorificenze al valore militare.
Questi esempi, generalmente poco noti, che abbiamo potuto apprendere dalla relazione del Prof Cecini,  ci fanno capire l'importanza di riflettere sulla nostra storia e di approfondire andando oltre ciò che è generalmente conosciuto o diffuso. Soltanto così saremo in grado di non ripetere gli errori del passato.
 (a cura di Stefano Bernini)


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