DIBATTITI
Il contributo degli studenti alla ricerca
proposta dal CESVAM
1938: LE LEGGI RAZZIALI
EBREI ED IL
VALOR MILITARE
Terzo incontro della serie “storia in laboratorio” a
cura dell’istituto del Nastro azzurro
CLASSE 5B LICEO SCIENTIFICO DELLE SCIENZE APPLICATE
ISTITUTO FILIPPO PACINI di Pistoia
Martedì 21
Gennaio abbiamo avuto la fortuna di partecipare, nella Saletta dell'assessorato alla Cultura di Pistoia,
all’incontro con lo storico Giovanni Cecini che ha avuto come tema
l’atteggiamento tenuto dai due grandi regimi dittatoriali degli anni ’30 e ’40
del Novecento, nei confronti degli ebrei
e la genesi delle leggi razziali nell’Italia fascista.
Innanzitutto è doveroso distinguere la
politica nazista, che mirava all’eliminazione fisica della popolazione di
origine semitica dal cosiddetto “spazio vitale”, da quella fascista, che aveva
invece come obiettivo la loro esclusione dalla società e che potremmo definire
“eliminazione formale”.
Le motivazioni che spinsero Mussolini a seguire nel ‘38 la scelta che Hitler aveva
compiuto qualche anno prima con le Leggi di Norimberga di emanare le leggi
razziali, furono diverse.
In primo luogo l'Italia aveva intrapreso una
campagna antisemita per dimostrare il proprio valore agli occhi del Furer a cui
si era avvicinata politicamente con la nascita dell’Asse Roma-Berlino e non per
un radicato odio contro i non-ariani.
In secondo luogo la conquista dell’Etiopia
aveva sollevato il problema del rapporto con le popolazioni locali e il timore
del meticciato.
In terzo luogo la creazione di una minoranza
“diversa” e “inferiore” doveva esaltare maggiormente il valore e la superiorità
dell’uomo italiano fascista e “ariano”.
La follia di tutto questo emerge chiaramente
se si considera che gli ebrei italiani erano pochi e molto ben integrati e che non erano nella
maggioranza antifascisti. Molti ebrei avevano partecipato alla marcia su Roma o
erano nelle alte gerarchie del fascismo e occupavano ruoli importanti
nell’amministrazione dello Stato e nell’esercito.
Da documenti del tempo, sappiamo che
personalità di rilievo in ambito militare appartenevano alla “razza” ebraica (concetto privo di
valore scientifico) e non agivano nel segno della stella di Davide: la loro
esclusione avrebbe comportato un indebolimento dell'esercito italiano alla
vigilia della II Guerra Mondiale.
Proprio questa pazzia omicida (in senso
letterale o metaforico) causò conflitti di interessi all'interno dello Stato,
che però non poteva ammettere il proprio errore, pur avendolo probabilmente
riconosciuto.
Altro punto
inspiegabile delle leggi razziali riguardava “l'atteggiamento ebraico”, secondo il quale un ebreo era definito tale
non solo in base al sangue (ma ricordiamo che l'ebraismo è un culto religioso e
non un carattere ereditario) ma anche in base a comportamenti ritenuti tipici
della comunità ebraica.
L'insieme
di queste scelte portò a “follie nella follia”, quali la deportazione di un
vecchio ufficiale ebreo infermo
considerato un “pericolo per il regime” oppure la persecuzione di una giovane
donna considerata ebrea il cui fratello gemello fu invece insignito di più
onorificenze al valore militare.
Questi
esempi, generalmente poco noti, che abbiamo potuto apprendere dalla relazione
del Prof Cecini, ci fanno capire
l'importanza di riflettere sulla nostra storia e di approfondire andando oltre
ciò che è generalmente conosciuto o diffuso. Soltanto così saremo in grado di
non ripetere gli errori del passato.
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