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mercoledì 5 febbraio 2020

LIbia: all'indomani di Berlino

UNA FINESTRA SUL MONDO
Considerazioni sul momento geopolitico libico
e il ruolo dell'Italia 




Perchè l'Italia dovrebbe sostenere attivamente Al-Serraji in Libia?


Dott. Matteo Menegazzo


La guerra che infiamma la Libia dal 2011 ormai, in diversi stadi di intensità, sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti nel panorama nord-africano. Il recente abbandono del tavolo di pace da parte di Haftar, instaurato e fortemente voluto dalla Turchia di Erdogan, segna una svolta molto importante nei rapporti che il bel paese intrattiene con il vicino a sud, dal'altra parte della Sicilia.

Ma perchè dovrebbe preoccupare molto il governo e lo stato intero questa situazione. Iniziamo col ricordarci che la Libia è il primo paese africano per riserve petrolifere, ed è il 4° partner per esportazione di petrolio e gas naturale dell'Italia. L'Eni, controllata dal ministero dell'economia e delle finanze, ha moltissimi interessi nel paese nord-africano, poiché detiene le concessioni che le permettono di essere il primo produttore internazionale in Libia, ricordiamo i terminal di Wafa e Bahr Essalam, che trasportano il gas attraverso il condotto Greenstream fino a Gela in Sicilia.

Ora il pericolo che Haftar entri a Tripoli è molto alto e questo avrebbe ripercussioni significative sulle relazioni che il nostro paese intrattiene con i vari attori nel campo libico. Assumendo che per Haftar sia comunque molto difficile prendere la capitale, visto che sono ormai tre anni che le sue milizie sono ferme nei dintorni della capitale, dovrebbe preoccuparci il fatto che il Generale abbia abbandonato i colloqui a Mosca, nella casa del suo più grande sponsor internazionale, ovvero Vladimir Putin.

Da un lato potrebbe sembrare una mossa un po' azzardata, dall'altra mostrerebbe sicurezza nel poter rovesciare le sorti della battaglia intorno a Tripoli, proprio ora che sono arrivati i rinforzi dal Sultano. Bisogna ricordare che Erdogan e le sue mire neo-imperialiste sono da tenere sott'occhio e dovrebbe far alzare il sopracciglio ai nostri governanti, poiché la nostra proiezione è sempre e comunque rivolta verso la Libia, poiché sono troppi gli interessi economici che abbiamo in questo paese.

Quali sono le possibili soluzioni? Quantomeno per ridurre l’attuale impasse la politica estera italiana dell'ultimo cruciale anno passato.
Visto che la il mero pragmatismo diplomatico multilaterale ha fallito, sarebbe ora di considerare veramente un approccio più dinamico, considerando soprattutto il ruolo che potremmo avere.

L'opzione più forte e sicura in questo momento sarebbe l'istituzione di un green line in stile Libano, dove avremmo la possibilità, in accordo con le altre potenze in gioco, di salvare lo status quo e giocare d'anticipo sulla guerra di conquista di Haftar, il quale ha capito, con questa accelerazione, che il tempo stringe e sta diventando un ora o mai più. Poichè non rischierebbe la faccia con la comunità internazionale, oltre che con i suoi sponsor.

Oppure, potremmo giocare d'affondo, e supportare i nostri proxy. Ricordiamo che la Libia ha circa 140 tribù e quasi 300 milizie all'attivo, non tutte sono contente di supportare Haftar, tanto meno vorrebbero stare sotto di lui e tra queste figura Misurata, la città tribù con cui più abbiamo legato e che conta più uomini, armi e mezzi di qualsiasi altra milizia. Dovremmo supportare militarmente, in termini di mezzi e addestramento questa milizia per giocare un ruolo veramente attivo in Libia e diventare l'ago della bilancia in questo conflitto?




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