AVVISO
Riportiamo la III Parte della conferenza del Direttore del CESVAM teta il 21 settembre scorso alla Associazione bersaglieri di Roma
Il nostro Servizio Informazioni
subì l’iniziativa di quello Austriaco per i primi due anni di guerra, fino al
febbraio 1917.
Il Servizio Informativo
dell’Austria-Ungheria nel 1915 era estremamente collaudato, e vantava una
tradizione di efficienza di oltre un secolo, essendo stato creato nel 1815. A
capo di esso vi era il generale Max Ronge, capo dell’Evidenzbureau, che nelle
sue memorie[1]
scrive che alle spalle del Regio Esercito si occupavano di sabotaggio ai nostri
danni 250 persone dalla Carinzia, 248 dalla Carniola (Slovenia) e 75 dalle zone
costiere, tanto per dare un dato[2]
Oltre al sabotaggio, era attiva
la raccolta di notizie che affluivano allo Stato Maggiore Austriaco. Sono
ancora vive in Austria le polemiche sulla sconfitta di Gorizia, per noi la 6a
Battaglia dell’Isonzo. Polemiche generate dal fatto che la sconfitta fu
imputata alle carenze del Servizio Informazioni; oltre ad accuse di tradimento
di alcuni ufficiali in questo contesto si sottolineava che tutte le altre
offensive del Regio Esercito, le note battaglie dell’Isonzo, tutte, tranne la
sesta, erano state puntualmente annunciate nei dettagli al Comando Supremo
austriaco. Nella 6a Battaglia che ci portò a Gorizia, il Comando Supremo
austriaco non ebbe notizie certe e sicure; da qui l’accusa di tradimento.
Così come fu comunicato il
minuto esatto dello scoppio della mina al Col di Lana al Comando del fronte
sud-ovest, anche se questo Comando non utilizzò nel modo dovuto la notizia,
segno evidente che nelle nostre linee operavano agenti austriaci in grado di
conoscere i piani operativi e quindi comunicarli.
Chi operò contro di noi in modo
efficace fu il capitano di corvetta Rudolf Mayer, che collaborava con l’addetto
militare in Svizzera, colonnello William von Einem: per quest’ultimo
l’obiettivo principale era Milano, per Mayer organizzare sabotaggi in tutta
Italia. Durante il periodo di neutralità, dal luglio 1914 al maggio 1915 gli
Austriaci crearono una rete informativa di tutto rispetto in Italia.
“Furono esplorate le possibilità di appoggiare gli oppositori, come
cattolici e socialisti per aumentare le tensioni che si sapevano esiste nel
paese. Le venti sezioni socialiste tra italiani che lavoravano in Svizzera
costituirono un primo obiettivo con l’influenza sul foglio “L’avvenire del
lavoratore”, mentre tre agenti avevano provveduto a recapitare volantini di
propaganda contro la guerra in Italia. Questo traffico di volantini aumentò
nell’inverno 1917/1918 al punto che von Einem fu in grado di vantarsi che
qualche ordinanza dell’Esercito Italiano aveva recapitato in Italia materiale
di propaganda contro la guerra.[3]
Più interessante l’azione sulle donne socialiste, avvenute grazie ad interposta
persona (chiamato “ingegner Rasini)” nei confronti nientemeno
che di Angelica Balabanoff, nota per essere stata l’amante di Mussolini[4]
e che vantava una forte influenza sui socialisti italiani. Nella seconda metà
del 1917 arrivarono agli austriaci notizie che davano per imminente la
possibilità di una rivoluzione in Italia, favorita dalle diserzioni che le
offensive isontine causavano tra i soldati, al punto che molti soldati
avrebbero vagato armati sui monti,
embrione di una “armata repubblicana. Von Einem aveva speso 10.000 franchi
svizzeri per la Balabanoff ed altri 25.000 per due agenti per aumentare la propaganda
contro la guerra, quando il Comando Supremo di Baden gli proibì la prosecuzione
dell’operazione.”[5]
L’azione austriaca in Italia è
ancora tutta da scoprire. Vi sono nomi in codice come “Florenz” e “Nero”, che
per gli austriaci erano di primaria importanza che a tutt’oggi non sono state
scoperti, certamente di italiani. L’elenco delle azioni di sabotaggio e nutrito
e qui si riporta solo i dati principali per dare una idea di come l’azione
austriaca, ben preparata, abbia dato frutti copiosi.
Il centro di Berna, e il
dipendente centro di Zurigo, aveva preparato un piano per far saltare le
latrine di Montecitorio, il nostro Parlamento, in concomitanza di manifestazioni pacifiste e creare
destabilizzazione. Il reclutamento costante di cittadini italiani che si mettevano
al servizio austriaco fu una attività costante, come l’organizzazione di corsi
di sabotaggio, la preparazione di apparati ed ordigni utilizzando la più
recente tecnologia (famose le bacchette esplosive innestate dalla pressione
idraulica utilissime per mettere fuori uso le turbine di impianti elettrici),
l’infiltrazione sicura in Italia, generalmente a coppie, la intossicazione
generalizzata antitaliana tendente a creare le premesse di una rivoluzione
generale.
L’elenco dei successi è notevole
e rappresenta lo scotto che abbiamo pagato dal 1915 al 1917 per non aver
organizzato un Servizio Informazioni tale da contrastare quello avversario.
Fin dal tempo della neutralità
numerosi cartelli che pubblicizzavano una marca di cetrioli (forniti da una
ditta americana) scritti in lingua tedesca e con segnali misteriosi abbondano
lungo le nostre strade ferrate. I cartelli sono posizionati lungo la linee ferroviaria Bologna-Ancona-Foggia; caso strano i cartelli sono posizionati vicino
a centri abitati o a obiettivi sensibili come ponti, opere di difesa, crocevia,
fiumi e torrenti, fatti a posta per fornire punti di riferimento per
bombardamenti o di sbarchi. Vi furono parecchie segnalazioni e proteste da
parte della popolazione ed anche una interrogazione alla Camera, dell’on.
Pacetti, ma nulla di più.[6]
Il contrabbando è all’ordine del
giorno durante la neutralità Merci strategiche vengono inviate in Austria,
senza che nessuno intervenga. Tutto questo serve da un versante, per collaudare
il sistema informativo messo in campo, dall’altro per comprendere che l’Italia
era completamente sprovvista, come più volte detto, di un reale servizio di controspionaggio.
Le Marche sono uno degli
obiettivi primari dell’offensiva austriaca. Vedremo più avanti che il Servizio
Informazioni austriaco aveva preparato un piano generale di sabotaggio per
provocare la rivolta e la rivoluzione sul modello russo. Questo piano è
anticipato il primo giorno di guerra. Il 24 maggio 1915 la flotta austriaca si
presenta davanti alle coste romagnole e marchigiane, e bombarda, tra le altre
città[7],
Senigallia e soprattutto Ancona, città dichiarata “indifesa” e priva di oscuramento. Il bombardamento dura
tre ore e mezzo, ma tra la popolazione si diffonde subito il convincimento che
in città spie e traditori hanno segnalato agli austriaci gli obiettivi
sensibili da colpire. Testimoni asseriscono di aver visto segnalazioni da terra
verso il mare, anche se non si riescono a controllare queste notizie. Ne fanno
le spese i membri ell’equipaggio tedesco del piroscafo “Lemnos”, tra l’altro
colpito ed affondato in porto. Vari membri dell’equipaggio vengono malmenati
dalla folla, ed a stento i Carabinieri riescono a tradurli in caserma. Vengono
tutti arrestati e processati dal
Tribunale di Guerra di Venezia con l’accusa di spionaggio militare. Evitano la
pena di morte, e sono condannati solo il comandante Ernest Liebsiher ed il capo macchinista a dieci anni di
carcere.
L’attacco alle coste marchigiane
e romagnole non innesca la rivoluzione, come ci si riprometteva. Il sistema
austriaco di intossicazione non fu così efficiente in relazione all’obiettivo,
anche per la ferma reazione della popolazione e soprattutto per l’azione a
favore interventista ed alla guerra di coloro (repubblicani, socialisti interventisti,
ed altri) che si pensava pronti a fare la rivoluzione contro la Monarchia ed il
Governo.[8]
Ma con lo scoppio delle
ostilità, si passa al sabotaggio reale, che procura danni materiali e vittime.
A Genova un vastissimo incendio
distrugge una intera calata del porto; non si sapranno mai le cause. A Livorno
il piroscafo “Etruria” salta in aria, ed anche qui non si scopriranno mai le
cause. A Terni, sede delle acciaierie che producono armamenti, subisce gravi
danni la centrale idroelettrica (facile qui collegare la causa all’uso delle
sopradette bacchette esplosive). Il 3 luglio 1916 al Pontile Pirelli di la Spezia, un carro
ferroviario carico di proiettili navali in partenza dalla fabbrica di munizioni
di Pagliari esplode improvvisamente: vi sono 265 Caduti, tra militari e civili.
Nelle operazioni di soccorso si distingue il capitano di Corvetta Lorenzo
Gandolfo, accorso per isolare il carro esploso dagli altri carri carichi di
esplosivi e razzi. Un ulteriore scoppio di un carro isolato causa la morte dell’Ufficiale,
che verrà decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il dinamitificio di
Cengio salta in aria, ed anche qui non si riesce ad avere una spiegazione.
Le Marche sono ancora oggetto di attenzione degli Austriaci:
a Jesi un hangar dell’Aeroporto per dirigibili salta in aria: anche qui non si
riesce a conoscerne la causa, ma appare ormai evidente che è frutto dell’azione
di sabotatori che non verranno mai scoperti.
Giuseppe Lanese si è venduto
agli austriaci per denaro. Viene incaricato di far saltare il bacino
idroelettrico che alimenta le acciaierie di Terni, già oggetto di sabotaggio;
questa volta, però, si opera in grande stile. Lanese parte da Vienna con una
valigia a doppio fondo, contenente tubetti esplosivi; nostri agenti, coordinati
dal Capitano di Vascello, marchigiano, Marino Laureati, alla frontiera
sostituiscono la valigia che contiene, pero, tubetti uguali ma innocui. Arrivato
a Terni Lanese fa una passeggiata lungo il fiume Nera; getta nel fiume i
tubetti; secondo il piano la corrente dovrebbe fare il resto. Immediatamente
arrestato, viene condannato a morte dal Tribunale di Ancona. Nel corso degli
interrogatori, emerge che Lanese è responsabile del sabotaggio al dinamitificio
di Cengio, ma soprattutto fornisce indicazioni della organizzazione di Mayer in
Italia ed i suoi scopi.
Rudolf Mayer da Zurigo riesce a
coordinare i suoi agenti anche in Vaticano. Amici dell’ex. Regina Maria Sofia
(sorella di Elisabetta Imperatrice d’Austria nota con il nome di Sissi) fanno a capo
Rudolph Gerlach, bavarese, cameriere segreto di Papa Benedetto XV. Saranno
questi agenti ad ottenere altri due grandi successi: l’affondamento in porto
delle corazzate “Benetto Brin”[9] e la “Leonardo da Vinci”[10]
Ma, oltre alle corazzate, sulla
base delle indicazioni del Lanese, il pericolo più grave è il piano
terroristico che si sta organizzando in tutta Italia per provocare la rivolta e
creare una situazione come quella Russa, mentre in Svizzera si prepara una
forza militare composta da disertori italiani, pronta a passare in Italia.
Occorre correre subito ai ripari
per frenare questa minaccia. Lanese organizza una squadra da inviare in
Svizzera con il compito di scassinare la cassaforte di Rudolf Mayer ( si saprà
poi che lo stesso Mayer era informato di questa probabile azione italiana ed
aveva assicurato i suoi superiori che tutte le precauzioni erano state prese) e
impossessarsi di tutti i documenti. L’operazione viene affidata al tenente di
vascello Pompeo Aloisi, in servizio al IV Reparto Ufficio “I”, che si avvale di
due volontari di guerra il tenente Ugo Cappelletti, ed il tenente Salvatore
Brunnes, entrambi ingegneri, il sottufficiale della marina Stenos Tanzini, il
profugo triestino Remigio Frazioni e lo scassinatore di professione Natale
Papini, prelevato direttamente dalle carceri di Livorno. A quest’ultimo viene
affidato il compito di aprire la cassaforte. L’informatore è l’avv. Livio Bini,
agente doppio, ex socialista, in Svizzera per sfuggire ad una condanna per
bancarotta fraudolenta.
La squadra passa all’azione il
giorno di carnevale, il 22 febbraio 1917, un giovedì grasso per sfruttare la
confusione. In quattro ore di lavoro notturno la cassaforte viene aperta. E’ il
famoso “colpo di Zurigo”. Il bottino è veramente interessante.
I documenti chiariscono
l’origine di numerosi attentati di sabotaggio in Italia, tra cui quello alla
“Leonardo da Vinci”; vi sono i piani di sabotaggio di altre due corazzate, La
“Giulio Cesare” e la “Conte di Cavour”. Dovevano saltare in aria il 5 marzo ed
il 12 marzo 1917. Si scoprono i sabotatori della “Benedetto Brin”: caporale
Giorgio Carpi, del 25° Cavallegeri “Mantova”, il marò Achille Moschini, ed il
sottocapo Guglielmo Bartolini. Tutti condannati a morte, ma la condanna non
sarà eseguita, e liberati nel 1942 “ nel nuovo clima di amicizia con la
Germania”
Smascherato anche il gruppo di
spie austriache in vaticano. Mons. Gerlach. Viene condannato a morte in
contumacia ( mentre era riuscito a raggiunger la Germania e l’Austria e fatto
oggetti di grande attenzioni e consegna di numerose onorificenze e decorazioni)
ma che attirano sul Vaticano pesanti critiche da parte francese ed italiana
tanto che in Francia Benedetto XV è chiamato comunemente “Il Papa Boche”,
termine dispregiativo con cui i francesi chiamavano i tedeschi, ed in Italia
“Maledetto XV”.
Vengono arrestati anche tre ex onorevoli parlamentari italiani,
accusati di essere al soldo austriaco: gli ex deputati Adolfo Brunicardi,
Enrico Buonanno e Luigi Dini.
Il “Colpo di Zurigo” ottenne il
risultato sperato era finita la stagione dei sabotaggi in Italia. L’azione
italiana aveva annullato il gap esistente dall’inizio della guerra nella guerra
“dietro le quinte” tra austriaci ed italiani; questi subirono le iniziative
nemiche nel 1915 e nel 1916, ma dopo il febbraio 1917 le cose si equilibrarono
e verso la seconda metà del 1917 gli austriaci iniziarono a subire le
iniziative degli italiani.
Peraltro il “ colpo di Zurigo”
lascia aperti ancor oggi molti interrogativi a, come la sparizione di numerosi
documenti provenienti dalla cassaforte di Mayer stanno a testimoniare, che
evidentemente avrebbero compromesso personalità, uomini e situazioni che
avrebbero destabilizzato in modo serio il paese, agevolando in modo indiretto
il grande obbiettivo austriaco: far scoppiare la rivoluzione in Italia, come
già si era tentato il primo giorno di guerra con il bombardamento delle coste
marchigiane e romagnole.
“Il mancato scoppio della rivoluzione in Italiana sull’esempio russo
deluse non poco gli austriaci, i quali, però, ripresero a finanziare nel
gennaio 1918 l’attività che tendeva a favorire lo scoppio della rivoluzione in
Italia come ultima chance per la Monarchia, e a gruppi interni del partito socialista
che si facevano promotori vennero dati 2000 franchi svizzeri al mese. Questo è
confortato da un rapporto dei Carabinieri
dei primi del 1918 che ho potuto
consultare, secondo il quale il partito socialista manteneva due posizioni, una
ufficiale del “né aderire né sabotare”
l’altra di gruppi interni che si
proponevano invece l’attiva propaganda contro la guerra per il tramite di
“legioni rosse”, un dato di fatto che è ben poco noto. Secondo le fonti
austro-ungariche venne finanziato un gruppo anarchico milanese di questo tipo
che però aveva il bene placido dei vertici del partito.
Questa influenza sul morale dell’esercito operante fu sicuramente
deleteria e spiega perché Cadorna scrivesse lettere al Presidente del Consiglio
per sollecitare provvedimenti contro le attività di propaganda. Il problema
però non era riconducibile solo a questa attività, ma anche e soprattutto alla
incapacità del Comando supremo di capire come ottenere il consenso dei soldati;
peraltro la sua interpretazione dei rapporti sullo stato morale delle truppe
non vedeva questi aspetti.”[11]
[1]
Ronge M., Spionaggio, Roma, Agenzia
Informazione e Sicurezza Interna, 2017, ed. allegata a “Gnosis” Rivista
Italiana di Intelligence, 2/2017 a cura di Vincenzo Prezzolet.
[2]
Boati G., Le spie imperfette. I Servizi
Segreti Italiani da Custoza a Beirut, Milano, Rizzoli, 1987, pag. 189.
[3] Schubert P., Die Tatigkeit des k.u.k. Militar attachès in
Bern wahrend des Ersten Weltkrieges, Osnabrick, Biblio, 1980.
[4]
Angelica Balabanoff nasce a Cernicav,
Kiev nel 1869 è diviene italiana di adozione. Esponente di spicco del partito
Socialista viene esiliata in Svizzera per la sua attività politica; qui collabora
con “L’Avvenire del Lavoratore”; si trasferisce in Svezia, nel 1914/1918, poi
si trasferisce in Russia ove collabora con Lenin e Trotzkji e nel 1918/1919
diviene segretaria della III Internazionale. Ingaggiò aspre polemiche contro i
socialisti-riformisti, soprattutto nell’ambito dell’organizzazione femminile e
della lotta di emancipazione delle donne. Fu attiva nella propaganda pacifista,
continuando la lotta per la fine della guerra: partita da posizioni di rifiuto
della guerra arrivò ad attestarsi su una linea politica molto vicina a quella
dei Bolscevichi. Cfr. Galbiati M.,
Seccia G., Dizionario biografico della
Grande Guerra , Chiari (BS), Nordpress Edizioni, 2008.
[5]
Massignani A., La Grande Guerra segreta
sul mare, in Rastelli A., Massignani A., La Guerra navale 1914-1918. Un contributo
internazionale alle operazioni in Mediterraneo, Udine, Gino Rossato
Editore,, 2002
[6]
Martino L., La Grande Guerra in
Adriatico, Citta di Castello, Edizione Il Cerchio, 2014.
[7]
Vds la ricostruzione di questo episodio in Coltrinari M., Provocare la Rivoluzione. L’attacco navale austriaco alle coste
italiane. 24 maggio 1915. Ore 4.50, in “Quaderni del Nastro Azzurro”, Anno
LXXVI, Supplementi II, 2015, 2, II Semestre 2015
[8]
Martino L., La Grande Guerra in
Adriatico, cit., pag.129.
[9]
La “Benedetto Brin” salta in aria per sabotaggio alle ore 8 del 27 settembre
1915 ancorata nella rada del porto di Brindisi
[10]
La “Leonardo da Vinci” salta in aria alle 22,45
del 1 agosto1916 ancorata nel porto di Taranto.
[11]
[11]
Massignani A., La Grande Guerra segreta
sul mare, in Rastelli A., Massignani A., La Guerra navale 1914-1918. Un contributo
internazionale alle operazioni in Mediterraneo, cit., pag. 202.
Nessun commento:
Posta un commento