- Prof. Roberto reali, Consiglio nazionale delle Ricerche, su: l'alimetazione della popolazione ilitare e civile
- Cap. Marco Pascali, vicepresidente della Associazione nazionale del Fante, Roma su: necessità quotidiane di una Vita al fronte
- Gen. Dott. Massimo Coltrinari, direttore del CESVAM su: il Servizio Informazioni durante la Grande Guerra.
Si riporta l'inizio dell'intervento del Direttore del CESVAM.
Il
Servizio Informazioni Militari e la sindrome delle spie
Il periodo di neutralità che va dall’agosto 1914 al
maggio 1915 fu utilizzato dai nostri futuri nemici, Austria e Germania, per
tessere una rete di informatori collaboratori e spie in tutto il Paese.
Sfruttando la componente neutralista e cattolica, che manifestava aperte
simpatie per la non guerra, per la neutralità e per coloro che erano stati
alleati e, formalmente, lo erano ancora, ovvero la Germania e l’Austria, in
Italia vi erano molte persone già disposte ad aiutare gli Imperi Centrali.
L’Organo preposto a contrastare questa attività era la Sezione Controspionaggio
e polizia militare dell’Ufficio “I” (Informazioni).
La raccolta delle informazioni non era stata
abbastanza curata dalla sua costituzione in poi dal Regio Esercito.[1] Si
dovette arrivare al 1900[2] per
avere un organo dedicato alle informazioni: l’Ufficio “I” del Corpo di Stato
Maggiore, retto dal colonnello SM De Chaurand de Saint Eustache. Non era molto
considerato e svolse la sua attività fa indifferenza e stenti.[3] Nel
1902 fu assunto dal col. Garoni, che gestì il caso “Ercolessi”.[4] Nel
1905 divenne Capo Ufficio il colonnello SM Silvio Negri che lo tenne fino al
settembre 1912, che lo cedette al colonnello di fanteria Rosolino Poggi
In pratica l'Italia entrò in guerra senza un servizio informazioni efficiente e all'altezza della situazione.
[1]
Ci si avvaleva di “informatori mobili”, personaggi che risedevano in territorio
straniero e quando potevano venivano a riferire in Italia ad alcuni ufficiali
incaricati appositamente dello Stato Maggiore. Con costoro era proibito
comunicare per iscritto. Per il resto ci si serviva dei Regi Consolati e di Italiani residenti di buona volontà,
oltre che degli Addetti Militari presso le Regie Ambasciate. Cfr. Marchetti O.,
Il Servizio Informazioni dell’Esercito
Italiano nella Grande Guerra, Roma, Ministero della Guerra, Corpo di Stato
Maggiore, Ufficio Storico, Tipografia Regionale 1937-XV.
[2]
L’Austria Ungheria aveva un Ufficio Informazioni dal 1800, ovvero da un secolo
prima. Cfr. Max Ronge, Generalmajor, “Kriegs
und Industrie-Spionage”, citato da Marchetti O., ibidem.
[3]
Scrive Marchetti, da cui trarreremo le maggiori informazioni e note per questo
paragrafo, “Sconosciuto alla grande
maggioranza degli Ufficiali, allora e poi, terrore e ribrezzo dei profani, per
cui esso significava “spie” nel peggiore senso della parola, oggetto forse di
compatimento da parte dei competenti, alleati e nemici, l’Ufficio 2I” visse
quasi sempre una vita stentata, che non giustificava la sua costituzione.”
Marchetti O., Il Servizio Informazioni
dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra, cit., pag. 14 e segg.
[4][4]
Era questi n capitano dell’Esercito che con sua moglie ed altri che fornivano
informazioni all’estero. Il processo ebbe vastissima eco, ed il cap. Ercolessi
fu condannato a 5 anni e 5 mesi, la massima pena prevista per tradimento in
tempo di pace. Fu un caso, che aiuto il controspionaggio se il Ronge ebbe a
scrivere che “….. fece desistere dai loro
propositi in Italia coloro che avevano intenzione di esercitare lo spionaggio,
ciò che ostacolò il sevizio informazioni offensivo (austriaco) proprio quando
occorreva verificare le fortificazioni al confine orientale” Marchetti O., Il Servizio Informazioni dell’Esercito
Italiano nella Grande Guerra, cit., pag. 18.
Nessun commento:
Posta un commento