Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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sabato 30 settembre 2017
venerdì 29 settembre 2017
Copertina Settembre 2017
QUADERNI ON LINE
Fronte Dolomitico. Dal Lagazuoi alle Tofane
Anno LXXVIII, Supplemento on line, VII, 2017, n. 222
Luglio Agosto Settembre 2017
www.valoremilitare.blogspot.com
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giovedì 28 settembre 2017
Editoriale. Settembre 2017
Il 25 settembre 2014 veniva costituito il CESVAM. Sono passati tre anni è qualche passo è stato fatto. Rlleggere gli Indici di Quaderni On Line da una idea del ritmo delle realizzazioni che il Centro ha realizzato.
Se uno sguardo al passato confrota, uno sguardo al futuro rende sereni e tranquilli in quanto le strutture del CESVAM in modo compassato si solidificano. Questo mese di settembre è stato dedicato a questa funzione, con la decisione di non pubblicare post per i primi 20 giorni del mese. E' stato constatato che l'accesso alla piattaforma informatica per tutto l'Istituto è ormai obsoleto e quindi va rinnovato. E quindi ci si è messi al lavoro per aggiornare questo aspetto.
Ma l'attenzione massima e tutte le energie sono state dedicate alla realizzazione dei Progetti concordati con il Ministero della Difesa, in particolare, il IL DIZIONARIO MINIMO DELLA GRANDE GUERRA e il DIZIONARIO MINIMO DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE. Uno sforzo editoriale di tutto rispetto che si finalizzerà, almeno il primo nella giornata del Decorato del 2018 ed il secondo nell'autunno del prossimo anno, in occasione della data anniversaria della crisi armistiziale.
in questo quadro giova ricordare che proprio da oggi inizia lo STAGE del Dr. Alessio Pecce presso il CESVAM per la realizzazione di finalizzazione editng ed informatica di questi progetti, della durata di sei mesi, secondo quanto organizzato e stabilito per i giovani dalla Regione Lazio. Questo comporta che il CESVAM sarà operativo tutti i giorni dalle 13,30 alle 16,30, erò su appuntamento o invito, dal Lunedi al Giovedi, presso la Sede Nazionale dell'Istituto a Roma.
Il prossimo mese ci sarà il Congresso Nazionale. Quaderni On Line seguirà questo momento fondamentale dell'Istituto con tutto il rispetto e passione che esso merita.
Il Direttore
Massimo Coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
per contatti generali: segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org.
Se uno sguardo al passato confrota, uno sguardo al futuro rende sereni e tranquilli in quanto le strutture del CESVAM in modo compassato si solidificano. Questo mese di settembre è stato dedicato a questa funzione, con la decisione di non pubblicare post per i primi 20 giorni del mese. E' stato constatato che l'accesso alla piattaforma informatica per tutto l'Istituto è ormai obsoleto e quindi va rinnovato. E quindi ci si è messi al lavoro per aggiornare questo aspetto.
Ma l'attenzione massima e tutte le energie sono state dedicate alla realizzazione dei Progetti concordati con il Ministero della Difesa, in particolare, il IL DIZIONARIO MINIMO DELLA GRANDE GUERRA e il DIZIONARIO MINIMO DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE. Uno sforzo editoriale di tutto rispetto che si finalizzerà, almeno il primo nella giornata del Decorato del 2018 ed il secondo nell'autunno del prossimo anno, in occasione della data anniversaria della crisi armistiziale.
in questo quadro giova ricordare che proprio da oggi inizia lo STAGE del Dr. Alessio Pecce presso il CESVAM per la realizzazione di finalizzazione editng ed informatica di questi progetti, della durata di sei mesi, secondo quanto organizzato e stabilito per i giovani dalla Regione Lazio. Questo comporta che il CESVAM sarà operativo tutti i giorni dalle 13,30 alle 16,30, erò su appuntamento o invito, dal Lunedi al Giovedi, presso la Sede Nazionale dell'Istituto a Roma.
Il prossimo mese ci sarà il Congresso Nazionale. Quaderni On Line seguirà questo momento fondamentale dell'Istituto con tutto il rispetto e passione che esso merita.
Il Direttore
Massimo Coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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mercoledì 27 settembre 2017
Progetti Difesa 2017
DIBATTITI
Con il mese di settembre è terminata la stesura del Dizionario Minimo della Grane Guerra. Dal 1 ottobre inizia la fase di revisione e di editing per la pubblicazione die volumi. Il Dr. Alessio Pecce, titolare di uno stage dal 1 ottobre 2017 per sei mesi presso il CESVAM sarà il curatore materiale di questa edizione.
Con il mese di settembre è terminata la stesura del Dizionario Minimo della Grane Guerra. Dal 1 ottobre inizia la fase di revisione e di editing per la pubblicazione die volumi. Il Dr. Alessio Pecce, titolare di uno stage dal 1 ottobre 2017 per sei mesi presso il CESVAM sarà il curatore materiale di questa edizione.
martedì 26 settembre 2017
Mario Sironi, una ricerca in itinere
DIBATTITI
Dal mese di giugno è in corso una ricerca su Mario Sironi tendente a conoscere la sua vita militare durante la Grande Guerra; in particolare il genere di decorazioni di cui è stato insignito.
Mario Sironi nasce a Sassari nel 1885, quindi ha 30 anni quando scoppia la Grande Guerra. Si arruola volontario nel Battaglione Volontari Ciclisti ed Automobilisti di Milano e con questo battaglione parte per il Fronte. Insieme a lui vi sono la gran parte dei Futuristi, tra cui Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Anselmo Bucci, Carlo Erba, Carlo Piatti, Luigi Russolo, ed altri. Poi passa agli Alpini e nel 1918 è nella redazione del giornale di Trincea, Il Montello
SIRONI risulta avere il numero di Matricola 95661, serie del ruolo 18, Stato di Servizio.
Brevetto n. 5622 per la concessione della croce al merito di guerra.
In modo urgente necessita conoscere la motivazione della croce di guerra al valor militare che, sembra, sia sta concessa il 1 dicembre 1918.
Il CESVAM prenderà contatto con la Federazione Provinciale di Sarri per conoscere se esiste una pubblicazione dei Decorati della Provincia di Se se sì, se esiste la descrizione della motivazione.
Indirizzare le risposte a:
segreteriagenerale@istitutonastro azzurro.org
oppure a centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.com
Il Direttore, Massimo Coltrinari
Dal mese di giugno è in corso una ricerca su Mario Sironi tendente a conoscere la sua vita militare durante la Grande Guerra; in particolare il genere di decorazioni di cui è stato insignito.
Mario Sironi nasce a Sassari nel 1885, quindi ha 30 anni quando scoppia la Grande Guerra. Si arruola volontario nel Battaglione Volontari Ciclisti ed Automobilisti di Milano e con questo battaglione parte per il Fronte. Insieme a lui vi sono la gran parte dei Futuristi, tra cui Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Anselmo Bucci, Carlo Erba, Carlo Piatti, Luigi Russolo, ed altri. Poi passa agli Alpini e nel 1918 è nella redazione del giornale di Trincea, Il Montello
SIRONI risulta avere il numero di Matricola 95661, serie del ruolo 18, Stato di Servizio.
Brevetto n. 5622 per la concessione della croce al merito di guerra.
In modo urgente necessita conoscere la motivazione della croce di guerra al valor militare che, sembra, sia sta concessa il 1 dicembre 1918.
Il CESVAM prenderà contatto con la Federazione Provinciale di Sarri per conoscere se esiste una pubblicazione dei Decorati della Provincia di Se se sì, se esiste la descrizione della motivazione.
Indirizzare le risposte a:
segreteriagenerale@istitutonastro azzurro.org
oppure a centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.com
Il Direttore, Massimo Coltrinari
lunedì 25 settembre 2017
domenica 24 settembre 2017
sabato 23 settembre 2017
Il Servizio Informazioni Austriaco e i sabotaggi in Italia 1915-1917
AVVISO
Riportiamo la III Parte della conferenza del Direttore del CESVAM teta il 21 settembre scorso alla Associazione bersaglieri di Roma
Il nostro Servizio Informazioni
subì l’iniziativa di quello Austriaco per i primi due anni di guerra, fino al
febbraio 1917.
Il Servizio Informativo
dell’Austria-Ungheria nel 1915 era estremamente collaudato, e vantava una
tradizione di efficienza di oltre un secolo, essendo stato creato nel 1815. A
capo di esso vi era il generale Max Ronge, capo dell’Evidenzbureau, che nelle
sue memorie[1]
scrive che alle spalle del Regio Esercito si occupavano di sabotaggio ai nostri
danni 250 persone dalla Carinzia, 248 dalla Carniola (Slovenia) e 75 dalle zone
costiere, tanto per dare un dato[2]
Oltre al sabotaggio, era attiva
la raccolta di notizie che affluivano allo Stato Maggiore Austriaco. Sono
ancora vive in Austria le polemiche sulla sconfitta di Gorizia, per noi la 6a
Battaglia dell’Isonzo. Polemiche generate dal fatto che la sconfitta fu
imputata alle carenze del Servizio Informazioni; oltre ad accuse di tradimento
di alcuni ufficiali in questo contesto si sottolineava che tutte le altre
offensive del Regio Esercito, le note battaglie dell’Isonzo, tutte, tranne la
sesta, erano state puntualmente annunciate nei dettagli al Comando Supremo
austriaco. Nella 6a Battaglia che ci portò a Gorizia, il Comando Supremo
austriaco non ebbe notizie certe e sicure; da qui l’accusa di tradimento.
Così come fu comunicato il
minuto esatto dello scoppio della mina al Col di Lana al Comando del fronte
sud-ovest, anche se questo Comando non utilizzò nel modo dovuto la notizia,
segno evidente che nelle nostre linee operavano agenti austriaci in grado di
conoscere i piani operativi e quindi comunicarli.
Chi operò contro di noi in modo
efficace fu il capitano di corvetta Rudolf Mayer, che collaborava con l’addetto
militare in Svizzera, colonnello William von Einem: per quest’ultimo
l’obiettivo principale era Milano, per Mayer organizzare sabotaggi in tutta
Italia. Durante il periodo di neutralità, dal luglio 1914 al maggio 1915 gli
Austriaci crearono una rete informativa di tutto rispetto in Italia.
“Furono esplorate le possibilità di appoggiare gli oppositori, come
cattolici e socialisti per aumentare le tensioni che si sapevano esiste nel
paese. Le venti sezioni socialiste tra italiani che lavoravano in Svizzera
costituirono un primo obiettivo con l’influenza sul foglio “L’avvenire del
lavoratore”, mentre tre agenti avevano provveduto a recapitare volantini di
propaganda contro la guerra in Italia. Questo traffico di volantini aumentò
nell’inverno 1917/1918 al punto che von Einem fu in grado di vantarsi che
qualche ordinanza dell’Esercito Italiano aveva recapitato in Italia materiale
di propaganda contro la guerra.[3]
Più interessante l’azione sulle donne socialiste, avvenute grazie ad interposta
persona (chiamato “ingegner Rasini)” nei confronti nientemeno
che di Angelica Balabanoff, nota per essere stata l’amante di Mussolini[4]
e che vantava una forte influenza sui socialisti italiani. Nella seconda metà
del 1917 arrivarono agli austriaci notizie che davano per imminente la
possibilità di una rivoluzione in Italia, favorita dalle diserzioni che le
offensive isontine causavano tra i soldati, al punto che molti soldati
avrebbero vagato armati sui monti,
embrione di una “armata repubblicana. Von Einem aveva speso 10.000 franchi
svizzeri per la Balabanoff ed altri 25.000 per due agenti per aumentare la propaganda
contro la guerra, quando il Comando Supremo di Baden gli proibì la prosecuzione
dell’operazione.”[5]
L’azione austriaca in Italia è
ancora tutta da scoprire. Vi sono nomi in codice come “Florenz” e “Nero”, che
per gli austriaci erano di primaria importanza che a tutt’oggi non sono state
scoperti, certamente di italiani. L’elenco delle azioni di sabotaggio e nutrito
e qui si riporta solo i dati principali per dare una idea di come l’azione
austriaca, ben preparata, abbia dato frutti copiosi.
Il centro di Berna, e il
dipendente centro di Zurigo, aveva preparato un piano per far saltare le
latrine di Montecitorio, il nostro Parlamento, in concomitanza di manifestazioni pacifiste e creare
destabilizzazione. Il reclutamento costante di cittadini italiani che si mettevano
al servizio austriaco fu una attività costante, come l’organizzazione di corsi
di sabotaggio, la preparazione di apparati ed ordigni utilizzando la più
recente tecnologia (famose le bacchette esplosive innestate dalla pressione
idraulica utilissime per mettere fuori uso le turbine di impianti elettrici),
l’infiltrazione sicura in Italia, generalmente a coppie, la intossicazione
generalizzata antitaliana tendente a creare le premesse di una rivoluzione
generale.
L’elenco dei successi è notevole
e rappresenta lo scotto che abbiamo pagato dal 1915 al 1917 per non aver
organizzato un Servizio Informazioni tale da contrastare quello avversario.
Fin dal tempo della neutralità
numerosi cartelli che pubblicizzavano una marca di cetrioli (forniti da una
ditta americana) scritti in lingua tedesca e con segnali misteriosi abbondano
lungo le nostre strade ferrate. I cartelli sono posizionati lungo la linee ferroviaria Bologna-Ancona-Foggia; caso strano i cartelli sono posizionati vicino
a centri abitati o a obiettivi sensibili come ponti, opere di difesa, crocevia,
fiumi e torrenti, fatti a posta per fornire punti di riferimento per
bombardamenti o di sbarchi. Vi furono parecchie segnalazioni e proteste da
parte della popolazione ed anche una interrogazione alla Camera, dell’on.
Pacetti, ma nulla di più.[6]
Il contrabbando è all’ordine del
giorno durante la neutralità Merci strategiche vengono inviate in Austria,
senza che nessuno intervenga. Tutto questo serve da un versante, per collaudare
il sistema informativo messo in campo, dall’altro per comprendere che l’Italia
era completamente sprovvista, come più volte detto, di un reale servizio di controspionaggio.
Le Marche sono uno degli
obiettivi primari dell’offensiva austriaca. Vedremo più avanti che il Servizio
Informazioni austriaco aveva preparato un piano generale di sabotaggio per
provocare la rivolta e la rivoluzione sul modello russo. Questo piano è
anticipato il primo giorno di guerra. Il 24 maggio 1915 la flotta austriaca si
presenta davanti alle coste romagnole e marchigiane, e bombarda, tra le altre
città[7],
Senigallia e soprattutto Ancona, città dichiarata “indifesa” e priva di oscuramento. Il bombardamento dura
tre ore e mezzo, ma tra la popolazione si diffonde subito il convincimento che
in città spie e traditori hanno segnalato agli austriaci gli obiettivi
sensibili da colpire. Testimoni asseriscono di aver visto segnalazioni da terra
verso il mare, anche se non si riescono a controllare queste notizie. Ne fanno
le spese i membri ell’equipaggio tedesco del piroscafo “Lemnos”, tra l’altro
colpito ed affondato in porto. Vari membri dell’equipaggio vengono malmenati
dalla folla, ed a stento i Carabinieri riescono a tradurli in caserma. Vengono
tutti arrestati e processati dal
Tribunale di Guerra di Venezia con l’accusa di spionaggio militare. Evitano la
pena di morte, e sono condannati solo il comandante Ernest Liebsiher ed il capo macchinista a dieci anni di
carcere.
L’attacco alle coste marchigiane
e romagnole non innesca la rivoluzione, come ci si riprometteva. Il sistema
austriaco di intossicazione non fu così efficiente in relazione all’obiettivo,
anche per la ferma reazione della popolazione e soprattutto per l’azione a
favore interventista ed alla guerra di coloro (repubblicani, socialisti interventisti,
ed altri) che si pensava pronti a fare la rivoluzione contro la Monarchia ed il
Governo.[8]
Ma con lo scoppio delle
ostilità, si passa al sabotaggio reale, che procura danni materiali e vittime.
A Genova un vastissimo incendio
distrugge una intera calata del porto; non si sapranno mai le cause. A Livorno
il piroscafo “Etruria” salta in aria, ed anche qui non si scopriranno mai le
cause. A Terni, sede delle acciaierie che producono armamenti, subisce gravi
danni la centrale idroelettrica (facile qui collegare la causa all’uso delle
sopradette bacchette esplosive). Il 3 luglio 1916 al Pontile Pirelli di la Spezia, un carro
ferroviario carico di proiettili navali in partenza dalla fabbrica di munizioni
di Pagliari esplode improvvisamente: vi sono 265 Caduti, tra militari e civili.
Nelle operazioni di soccorso si distingue il capitano di Corvetta Lorenzo
Gandolfo, accorso per isolare il carro esploso dagli altri carri carichi di
esplosivi e razzi. Un ulteriore scoppio di un carro isolato causa la morte dell’Ufficiale,
che verrà decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il dinamitificio di
Cengio salta in aria, ed anche qui non si riesce ad avere una spiegazione.
Le Marche sono ancora oggetto di attenzione degli Austriaci:
a Jesi un hangar dell’Aeroporto per dirigibili salta in aria: anche qui non si
riesce a conoscerne la causa, ma appare ormai evidente che è frutto dell’azione
di sabotatori che non verranno mai scoperti.
Giuseppe Lanese si è venduto
agli austriaci per denaro. Viene incaricato di far saltare il bacino
idroelettrico che alimenta le acciaierie di Terni, già oggetto di sabotaggio;
questa volta, però, si opera in grande stile. Lanese parte da Vienna con una
valigia a doppio fondo, contenente tubetti esplosivi; nostri agenti, coordinati
dal Capitano di Vascello, marchigiano, Marino Laureati, alla frontiera
sostituiscono la valigia che contiene, pero, tubetti uguali ma innocui. Arrivato
a Terni Lanese fa una passeggiata lungo il fiume Nera; getta nel fiume i
tubetti; secondo il piano la corrente dovrebbe fare il resto. Immediatamente
arrestato, viene condannato a morte dal Tribunale di Ancona. Nel corso degli
interrogatori, emerge che Lanese è responsabile del sabotaggio al dinamitificio
di Cengio, ma soprattutto fornisce indicazioni della organizzazione di Mayer in
Italia ed i suoi scopi.
Rudolf Mayer da Zurigo riesce a
coordinare i suoi agenti anche in Vaticano. Amici dell’ex. Regina Maria Sofia
(sorella di Elisabetta Imperatrice d’Austria nota con il nome di Sissi) fanno a capo
Rudolph Gerlach, bavarese, cameriere segreto di Papa Benedetto XV. Saranno
questi agenti ad ottenere altri due grandi successi: l’affondamento in porto
delle corazzate “Benetto Brin”[9] e la “Leonardo da Vinci”[10]
Ma, oltre alle corazzate, sulla
base delle indicazioni del Lanese, il pericolo più grave è il piano
terroristico che si sta organizzando in tutta Italia per provocare la rivolta e
creare una situazione come quella Russa, mentre in Svizzera si prepara una
forza militare composta da disertori italiani, pronta a passare in Italia.
Occorre correre subito ai ripari
per frenare questa minaccia. Lanese organizza una squadra da inviare in
Svizzera con il compito di scassinare la cassaforte di Rudolf Mayer ( si saprà
poi che lo stesso Mayer era informato di questa probabile azione italiana ed
aveva assicurato i suoi superiori che tutte le precauzioni erano state prese) e
impossessarsi di tutti i documenti. L’operazione viene affidata al tenente di
vascello Pompeo Aloisi, in servizio al IV Reparto Ufficio “I”, che si avvale di
due volontari di guerra il tenente Ugo Cappelletti, ed il tenente Salvatore
Brunnes, entrambi ingegneri, il sottufficiale della marina Stenos Tanzini, il
profugo triestino Remigio Frazioni e lo scassinatore di professione Natale
Papini, prelevato direttamente dalle carceri di Livorno. A quest’ultimo viene
affidato il compito di aprire la cassaforte. L’informatore è l’avv. Livio Bini,
agente doppio, ex socialista, in Svizzera per sfuggire ad una condanna per
bancarotta fraudolenta.
La squadra passa all’azione il
giorno di carnevale, il 22 febbraio 1917, un giovedì grasso per sfruttare la
confusione. In quattro ore di lavoro notturno la cassaforte viene aperta. E’ il
famoso “colpo di Zurigo”. Il bottino è veramente interessante.
I documenti chiariscono
l’origine di numerosi attentati di sabotaggio in Italia, tra cui quello alla
“Leonardo da Vinci”; vi sono i piani di sabotaggio di altre due corazzate, La
“Giulio Cesare” e la “Conte di Cavour”. Dovevano saltare in aria il 5 marzo ed
il 12 marzo 1917. Si scoprono i sabotatori della “Benedetto Brin”: caporale
Giorgio Carpi, del 25° Cavallegeri “Mantova”, il marò Achille Moschini, ed il
sottocapo Guglielmo Bartolini. Tutti condannati a morte, ma la condanna non
sarà eseguita, e liberati nel 1942 “ nel nuovo clima di amicizia con la
Germania”
Smascherato anche il gruppo di
spie austriache in vaticano. Mons. Gerlach. Viene condannato a morte in
contumacia ( mentre era riuscito a raggiunger la Germania e l’Austria e fatto
oggetti di grande attenzioni e consegna di numerose onorificenze e decorazioni)
ma che attirano sul Vaticano pesanti critiche da parte francese ed italiana
tanto che in Francia Benedetto XV è chiamato comunemente “Il Papa Boche”,
termine dispregiativo con cui i francesi chiamavano i tedeschi, ed in Italia
“Maledetto XV”.
Vengono arrestati anche tre ex onorevoli parlamentari italiani,
accusati di essere al soldo austriaco: gli ex deputati Adolfo Brunicardi,
Enrico Buonanno e Luigi Dini.
Il “Colpo di Zurigo” ottenne il
risultato sperato era finita la stagione dei sabotaggi in Italia. L’azione
italiana aveva annullato il gap esistente dall’inizio della guerra nella guerra
“dietro le quinte” tra austriaci ed italiani; questi subirono le iniziative
nemiche nel 1915 e nel 1916, ma dopo il febbraio 1917 le cose si equilibrarono
e verso la seconda metà del 1917 gli austriaci iniziarono a subire le
iniziative degli italiani.
Peraltro il “ colpo di Zurigo”
lascia aperti ancor oggi molti interrogativi a, come la sparizione di numerosi
documenti provenienti dalla cassaforte di Mayer stanno a testimoniare, che
evidentemente avrebbero compromesso personalità, uomini e situazioni che
avrebbero destabilizzato in modo serio il paese, agevolando in modo indiretto
il grande obbiettivo austriaco: far scoppiare la rivoluzione in Italia, come
già si era tentato il primo giorno di guerra con il bombardamento delle coste
marchigiane e romagnole.
“Il mancato scoppio della rivoluzione in Italiana sull’esempio russo
deluse non poco gli austriaci, i quali, però, ripresero a finanziare nel
gennaio 1918 l’attività che tendeva a favorire lo scoppio della rivoluzione in
Italia come ultima chance per la Monarchia, e a gruppi interni del partito socialista
che si facevano promotori vennero dati 2000 franchi svizzeri al mese. Questo è
confortato da un rapporto dei Carabinieri
dei primi del 1918 che ho potuto
consultare, secondo il quale il partito socialista manteneva due posizioni, una
ufficiale del “né aderire né sabotare”
l’altra di gruppi interni che si
proponevano invece l’attiva propaganda contro la guerra per il tramite di
“legioni rosse”, un dato di fatto che è ben poco noto. Secondo le fonti
austro-ungariche venne finanziato un gruppo anarchico milanese di questo tipo
che però aveva il bene placido dei vertici del partito.
Questa influenza sul morale dell’esercito operante fu sicuramente
deleteria e spiega perché Cadorna scrivesse lettere al Presidente del Consiglio
per sollecitare provvedimenti contro le attività di propaganda. Il problema
però non era riconducibile solo a questa attività, ma anche e soprattutto alla
incapacità del Comando supremo di capire come ottenere il consenso dei soldati;
peraltro la sua interpretazione dei rapporti sullo stato morale delle truppe
non vedeva questi aspetti.”[11]
[1]
Ronge M., Spionaggio, Roma, Agenzia
Informazione e Sicurezza Interna, 2017, ed. allegata a “Gnosis” Rivista
Italiana di Intelligence, 2/2017 a cura di Vincenzo Prezzolet.
[2]
Boati G., Le spie imperfette. I Servizi
Segreti Italiani da Custoza a Beirut, Milano, Rizzoli, 1987, pag. 189.
[3] Schubert P., Die Tatigkeit des k.u.k. Militar attachès in
Bern wahrend des Ersten Weltkrieges, Osnabrick, Biblio, 1980.
[4]
Angelica Balabanoff nasce a Cernicav,
Kiev nel 1869 è diviene italiana di adozione. Esponente di spicco del partito
Socialista viene esiliata in Svizzera per la sua attività politica; qui collabora
con “L’Avvenire del Lavoratore”; si trasferisce in Svezia, nel 1914/1918, poi
si trasferisce in Russia ove collabora con Lenin e Trotzkji e nel 1918/1919
diviene segretaria della III Internazionale. Ingaggiò aspre polemiche contro i
socialisti-riformisti, soprattutto nell’ambito dell’organizzazione femminile e
della lotta di emancipazione delle donne. Fu attiva nella propaganda pacifista,
continuando la lotta per la fine della guerra: partita da posizioni di rifiuto
della guerra arrivò ad attestarsi su una linea politica molto vicina a quella
dei Bolscevichi. Cfr. Galbiati M.,
Seccia G., Dizionario biografico della
Grande Guerra , Chiari (BS), Nordpress Edizioni, 2008.
[5]
Massignani A., La Grande Guerra segreta
sul mare, in Rastelli A., Massignani A., La Guerra navale 1914-1918. Un contributo
internazionale alle operazioni in Mediterraneo, Udine, Gino Rossato
Editore,, 2002
[6]
Martino L., La Grande Guerra in
Adriatico, Citta di Castello, Edizione Il Cerchio, 2014.
[7]
Vds la ricostruzione di questo episodio in Coltrinari M., Provocare la Rivoluzione. L’attacco navale austriaco alle coste
italiane. 24 maggio 1915. Ore 4.50, in “Quaderni del Nastro Azzurro”, Anno
LXXVI, Supplementi II, 2015, 2, II Semestre 2015
[8]
Martino L., La Grande Guerra in
Adriatico, cit., pag.129.
[9]
La “Benedetto Brin” salta in aria per sabotaggio alle ore 8 del 27 settembre
1915 ancorata nella rada del porto di Brindisi
[10]
La “Leonardo da Vinci” salta in aria alle 22,45
del 1 agosto1916 ancorata nel porto di Taranto.
[11]
[11]
Massignani A., La Grande Guerra segreta
sul mare, in Rastelli A., Massignani A., La Guerra navale 1914-1918. Un contributo
internazionale alle operazioni in Mediterraneo, cit., pag. 202.
venerdì 22 settembre 2017
Il Servizio Informazioni nella Grande Guerra
NOTIZIE CESVAM
Si è tenuta ieri alla sede della Ass. Bersaglieri di Roma la preannunciata conferenza del Direttore del CESVAM sul tema "Il Servizio Informazioni nella Grande Guerra". In attesa di pubblicare il resoconto, riportiamo la II parte ( nel post del 20 settembre 2017 è stata portata la I parte) della predetta conferenza.
Tullio Marchetti, lil creatore del servizio Informazioni
La data che segna il riassetto del Servizio
Informazioni può essere considerata quella del 19 aprile 1915. Il gen. Cadorna
istituisce alla frontiera orientale alcuni uffici distaccati preposti alla
raccolta di informazioni. In tutto ne istituisce sette, rispettivamente a
Milano, Brescia, Verona, Belluno, Tolmezzo, Udine e Palmanova. Di questi, tre
dovevano gravitare sul fronte giuli-carnico, tre sul fronte trentino ed uno su
quello svizzero. L’organico di questi uffici era, inizialmente, di 5 o 6
persone, delle quali due erano “informatori”, che operavano a ridosso delle
prime liee; uno era addetto allo spionaggio i quanto tale, ed i rimanenti si
occupavano del vaglio delle notizie e del funzionamento dell’ufficio. Al
momento della dichiarazione di guerra, questi uffici diverranno gli Uffici “I”
(informazioni) delle Armate Operanti.
All’entrata in guerra tutto lo Stato Maggior dell’Esercito si
trasforma in Comando Supremo e si trasferisce in zona di operazioni, con sede a
Udine. L’Ufficio “I” del Comando Supremo si trasferisce a Treviso, e trova sede
nel Convento dei Carmelitani Scalzi, a fine maggio poi si sposta ad Udine
presso l’Arcivescovado. Il suo ordinamento era il seguente:
. Capo Ufficio: 1 Colonello di SM
. Segreteria 2 Capitani applicati
1a Sezione informazioni ( con competenza sul fronte
carnico-giulio)
.. 1 Ten.
Col. di SM, 2 Cap. di SM o in servizio di SM ed 1 Cap. degli Alpini
2a Sezione informazioni ( con competenze sul fronte
trentino-tirolese)
.. 1 Magg.
di SM, 2 Cap. di SM, 2 Cap. di Fanteria
3a Sezione controspionaggio e polizia militare
.. 2 Cap.
dei carabinieri
4a Sezione Cifra
.. 11
ufficiali, di cui 4 richiamati dal congedo
Traduttori ed interpreti:
.. 4 per la
lingua tedesca, 1 per il serbo-croato, 1 per il russo, 1 per lo sloveno, 1 per
i dialetti dell’Istria e della Dalmazia. Tutti gli interpreti sono Ufficiali
richiamati.
Questa organizzazione può essere chiamata “Il Grande
Servizio Informazioni”, in quanto spaziava su tutto il fronte.
Accanto a questa, vi era l’organizzazione sopra
detta, degli Uffici Informazioni che con la dichiarazione di guerra divennero
gli Uffici “I” delle Armate, che si può definire il “Piccolo Servizio
Informazioni”. Con la guerra si potè dire che il “Grande” S.I. si dimostrò in molti casi poco sicuro e
superficiale; spesso ci si perdeva in chiacchiere o in racconti “da caffè”
senza alcun controllo incrociato delle notizie, anche perché poco sostenuto dagli
addetti militari all’estero che fornivano informazioni tardive e generiche. Il
personale era stato reclutato un po’ dovunque, con criteri diversi e ci si
accorse che in qualche caso alcuni informatori servivano contemporaneamente due
o più padroni Il “Piccolo S.I, quello delle Armate, si rilevò molto più sicuro,
preciso, veritiero, in quanto era composto da personale motivato,
selezionato controllato, che operava
anche al di là delle linee e spesso in profondità.
“Al momento
della entrata in guerra gli Uffici Informazioni si occupavano soltanto di
obiettivi militari immediati quali: l’identificazione delle unità nemiche, la
loro consistenza, l’armamento, le comunicazioni, ma giunsero a redigere
anche planimetrie aggiornate dei
territori oltre le linee di confine. Riuscire in ciò fu un notevole risultato
ma molto mancava ancora. Non si era ancora attrezzati per carpire al nemico i
suoi piani strategici e soltanto in seguito l’interesse si pose anche sulle
relazioni della situazione politica ed economica, sul morale delle truppe,
sull’effetto della propaganda e su altre notizie in un primo tempo ritenute
poco importanti.”[1]
L’attività funzionale del S.I. del Comando Supremo
si sintetizzava nella preparazione da parte delle Sezioni Informazioni dei cosiddetti
“promemoria urgenti” che venivano consegnati direttamente al Capo reparto
Operazioni ed all’Ufficio Situazioni di Guerra; vi era poi la edizione di
notiziari periodi, e notiziari riassuntivi che venivano distribuiti secondo
determinati criteri.
L’attività funzionale dell’Ufficio “I” delle Armate
si basava sulla attività sul terreno dell’Agente, il quale si rapportava con
l’Ufficiale di Collegamento, che coordinava vari agenti, e che era in contatto
diretto con la postazione (Ufficio “I” delle Armate).
Questi si collegavano e rapportavano con la
“Centrale” (Ufficio “I” del Comando Supremo, che operava secondo le sue
competenze facendo giungere le notizie per l’utilizzo all’Ufficio Situazioni ed
Operazioni di Guerra.
Gli Uffici “I” sia del Comando Supremo che delle
Armate svolgevano attività offensiva informativa nei confronti del nemico. Poco
o nulla era stato creato, sia al loro interno che nel resto del paese in merito
alla attività difensiva informativa, ovvero in merito al controspionaggio:
“ Il
Controspionaggio era ancora deficiente. Non si era ancora riusciti a costruire
un’organizzazione capace di ostacolare l’opera del nemico che già faceva opera
di intossicazione e spargeva notizie erronee sul nostro ambiente politico e
militare, Non si compì alcuna azione di sabotaggio ai danni degli
austro-ungarici benché ci si potesse avvalere di persone fidate in territorio
nemico. Mancava il giusto approccio, imputabile alle mancanze ed ai ritardi
accumulati in tempo di pace. L’azione di propaganda patriottica si compirà solo
nell’ultimo anno del conflitto”[2]
Chi fu
veramente il creatore e l’uomo decisivo del Servizio informazioni nella Grande
Guerra fu Tullio Marchetti.[3]
Trentino di nascita nel 1905 gli fu affidata la sorveglianza del Trentino. Era
membro della S.A.T:, Società Alpinisti Trentino la più importante istituzione
patriottica italiana d’oltreconfine, che gli permise di tenere contatti con
tantissime persone votate alla causa italiana che non aspettavano altro che
servire l’Italia. Fu assegnato all’Ufficio “I” della 1a Armata e diresse i
centri di Brescia e di Verona, e dal 1916 ebbe anche la responsabilità
dell’Ufficio “I” della 6a Armata.
Marchetti operò sempre con estrema efficienza, e questo lo portò in urto
con i responsabili dell’Ufficio “I” del Comando Supremo. Grazie a superiori di
lunghe e larghe vedute, potè operare a tutto tondo attivando una rete in
Svizzera, in Germania ed in Austria che fornì importantissime notizie.
In Trentino riuscì a stabilire una rete basata sia
sulle sue conoscenze, ma soprattutto di persone che volevano servire l’Italia.
Di Questa rete facevano parte
“.. il prof.
Ramponi, il rag. Albertini nella Valle di Sole e di Non; i fratelli Damiano e Cesare
Vis nelle Valli di Ledro, Giudicarie e Sabbia; il dott. Poli nella zona di Arco
e Riva; il barone Fiorio nella conca di Loppio, Mori e Riva; l’avv. Piscel a
Rovereto; il colonello Santucci a Telve Vasugana; il barone Buffa a Carzano.
Poi ricordiamo Trapmann, Battisti,
Scotoni, Colpi, Larcher, solo per citare alcuni fra i tanti suoi collaboratori.
Se questi facevano parte di quello che
Marchetti chiamava “servizio perferico”
il suo fiore all’occhiello risultò essere il suo “servizio estero Fino al 20
giugno 1915 in Svizzera non esisteva alcun organo di informazione veramente efficiente.
Per questo il Marchetti provvide alla costituzione di una struttura estera
mirante anzitutto a prevenire le mosse del nemico e a mettere al sicuro
l’Armata da eventuali suoi attacchi. Ad organizzare e a dirigere il Centro fu
chiamato il barone Silvio da Prato, già suddito austriaco con padre trentino e
madre svizzera. Egli, il 6 maggio del 1915 a Zrigo intraprese la sua avventura
che continuò fino al dicembre 1915. A Lui facevano riferimento Giovanni
Giovinnazzi, ex contorllore della Finanza austriaca a Glurn in Valle Venosta e
Luigia Zeni insediata accortamente ad Innsbruck,
all’Hotel Union il 22 maggio alla vigilia dell’inizio delle ostilità”[4]
Come appare evidente, Cesare Battisti faceva parte
della organizzazione di Tullio Marchetti. La sua attività a favore dell’Italia
poteva essere meglio sfruttata con incarichi in seno al Servizio Informazioni.
In realtà battisti molto si adoperò per fornire informazioni al Comando
Supremo, comprese monografie dettagliate delle zone di operazioni in territorio
austriaco, e tantissime altre informazioni. Non fu data a lui attenzione e
preferì arruolarsi in reparti combattenti, come semplice tenente, precisamente
nel Battaglione alpini “Vicenza”, come comandante della compagnia di marcia,
insieme a Fabio Filzi, al comando della quale partecipò, inquadrato nella
Brigata “Ancona” alle operazioni per la conquista di Monte Corno e Monte
Trappola, in cui cadde prigioniero.[5]
Nonostante la precisa disposizione del Comando
Supremo che prescriveva che ogni Ufficio “I” di Armata svolgesse i suoi compiti
nell’ambito della Armata, grazie alla lungimiranza del gen. Brusati, comandante
l’Armata, Tullio Marchetti riuscì’ “ a
potenziare la rete in Austria ed in Germania. Fu mandato in Svizzera Dario Cominolli,
un commerciante di legnami che, protetto da questa sua attività, aprì uno studio
nel quale si incontravano Aquilino Vasco, Lea Dalmaso (coinvolta nello scasso
della cassaforte del Consolato austriaco a Zurigo) e quindi Giovanni Barbera,
il Grandi, il Granello, il Ramponi, il Mengoni ed altri trentini”
Marchetti aveva, quindi, istituito oltre ad un
servizio “periferico”, anche un servizio estero, di pochi elementi ma erano irredentisti
trentini, attivi e fidati. Erano dislocati a Innsbruck, Zernetz e a Zurigo e i
risultati furono sempre degni di nota.
[1]Tarolli V., Spionaggio
e Propaganda. Il Ruolo del Servizio Informazioni dell’esercito nella Guerra
1915-1918, Chiari ( BS) Nordpress Edizioni, 2001, pag. 17 e segg.
[2]
Ibidem, pag. 18
[3]
Da non confondere con Odoardo Marchetti
divenuto capo del S.I. nel 1917, fu assai stimato sia da Cadorna sia da Diaz. Ambedue i Capi di Stato Maggiore
ebbero bisogno di lui e gli affidarono incarichi segretissimi e delicati. Il
Sottocapo di SM, Badoglio, chiamava Tullio Marchetti il “papà degli informatori.
Ibidem , pag. 24
[4]
Ibidem
[5]
Vds il capitolo Libro 1016 Le Marche
giovedì 21 settembre 2017
Conferenza su: Il servizio informazioni militari nella Grande Guerra
- Prof. Roberto reali, Consiglio nazionale delle Ricerche, su: l'alimetazione della popolazione ilitare e civile
- Cap. Marco Pascali, vicepresidente della Associazione nazionale del Fante, Roma su: necessità quotidiane di una Vita al fronte
- Gen. Dott. Massimo Coltrinari, direttore del CESVAM su: il Servizio Informazioni durante la Grande Guerra.
Si riporta l'inizio dell'intervento del Direttore del CESVAM.
Il
Servizio Informazioni Militari e la sindrome delle spie
Il periodo di neutralità che va dall’agosto 1914 al
maggio 1915 fu utilizzato dai nostri futuri nemici, Austria e Germania, per
tessere una rete di informatori collaboratori e spie in tutto il Paese.
Sfruttando la componente neutralista e cattolica, che manifestava aperte
simpatie per la non guerra, per la neutralità e per coloro che erano stati
alleati e, formalmente, lo erano ancora, ovvero la Germania e l’Austria, in
Italia vi erano molte persone già disposte ad aiutare gli Imperi Centrali.
L’Organo preposto a contrastare questa attività era la Sezione Controspionaggio
e polizia militare dell’Ufficio “I” (Informazioni).
La raccolta delle informazioni non era stata
abbastanza curata dalla sua costituzione in poi dal Regio Esercito.[1] Si
dovette arrivare al 1900[2] per
avere un organo dedicato alle informazioni: l’Ufficio “I” del Corpo di Stato
Maggiore, retto dal colonnello SM De Chaurand de Saint Eustache. Non era molto
considerato e svolse la sua attività fa indifferenza e stenti.[3] Nel
1902 fu assunto dal col. Garoni, che gestì il caso “Ercolessi”.[4] Nel
1905 divenne Capo Ufficio il colonnello SM Silvio Negri che lo tenne fino al
settembre 1912, che lo cedette al colonnello di fanteria Rosolino Poggi
In pratica l'Italia entrò in guerra senza un servizio informazioni efficiente e all'altezza della situazione.
[1]
Ci si avvaleva di “informatori mobili”, personaggi che risedevano in territorio
straniero e quando potevano venivano a riferire in Italia ad alcuni ufficiali
incaricati appositamente dello Stato Maggiore. Con costoro era proibito
comunicare per iscritto. Per il resto ci si serviva dei Regi Consolati e di Italiani residenti di buona volontà,
oltre che degli Addetti Militari presso le Regie Ambasciate. Cfr. Marchetti O.,
Il Servizio Informazioni dell’Esercito
Italiano nella Grande Guerra, Roma, Ministero della Guerra, Corpo di Stato
Maggiore, Ufficio Storico, Tipografia Regionale 1937-XV.
[2]
L’Austria Ungheria aveva un Ufficio Informazioni dal 1800, ovvero da un secolo
prima. Cfr. Max Ronge, Generalmajor, “Kriegs
und Industrie-Spionage”, citato da Marchetti O., ibidem.
[3]
Scrive Marchetti, da cui trarreremo le maggiori informazioni e note per questo
paragrafo, “Sconosciuto alla grande
maggioranza degli Ufficiali, allora e poi, terrore e ribrezzo dei profani, per
cui esso significava “spie” nel peggiore senso della parola, oggetto forse di
compatimento da parte dei competenti, alleati e nemici, l’Ufficio 2I” visse
quasi sempre una vita stentata, che non giustificava la sua costituzione.”
Marchetti O., Il Servizio Informazioni
dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra, cit., pag. 14 e segg.
[4][4]
Era questi n capitano dell’Esercito che con sua moglie ed altri che fornivano
informazioni all’estero. Il processo ebbe vastissima eco, ed il cap. Ercolessi
fu condannato a 5 anni e 5 mesi, la massima pena prevista per tradimento in
tempo di pace. Fu un caso, che aiuto il controspionaggio se il Ronge ebbe a
scrivere che “….. fece desistere dai loro
propositi in Italia coloro che avevano intenzione di esercitare lo spionaggio,
ciò che ostacolò il sevizio informazioni offensivo (austriaco) proprio quando
occorreva verificare le fortificazioni al confine orientale” Marchetti O., Il Servizio Informazioni dell’Esercito
Italiano nella Grande Guerra, cit., pag. 18.
mercoledì 20 settembre 2017
20 settembre 1870 20 settembre 2017
DIBATTITI
Ricorre la data anniversaria dell'entrata dell'Esercito Italiano a Roma. Secondo la tradizione, rappresenta il momento finale della unificazione italiana iniziata nel 1848. In realtà si aprivano nuovi problemi e nuove situazioni, soprattutto i rapporti con la Francia, che non saranno più quelli di prima ed ancora oggi hanno riverberi negativi. I successivi 50 anni della Storia d'Italia saranno marcati da questa data, che rappresenta uno delle date fondamentali del nostro processo unitario.
martedì 19 settembre 2017
Dopo le Vacanze
NOTIZIE CESVAM
Nel fare gli auguri a tutti i Gennaro che conosciamo, e salutare Napoli, dove si terrà il Congresso Nazionale di metà ottobre, si riprende la pubblicazione in video dei post di "Quaderno On Line" da domani 20 settembre, anniversario della presa di Roma, il 20 settembre 1870.
massimo coltrinari, direttore
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