ARCHIVIO
IL COLERA IN TRINCEA 1915
Pagine dal diario di guerra del S.Ten Medico Primo Dondero
Non
si era ancora concluso il primo anno di guerra che un nuovo nemico, più
terribile degli austro-ungarici si abbattè sulle truppe al fronte: l'epidemia
di colera, malattia endemica in molte regioni, specialmente al sud dell'Italia,
che le disumane condizioni di vita e le precarie condizioni igieniche della
trincea rinfocolarono inevitabilmente.
Dapprima
si presentò con pochi casi sporadici, ma poi esplose con virulenza
incontenibile. La situazione di guerra rendeva impossibile trasportare via i
colpiti che pativano e morivano in mezzo ai compagni ancora immuni.
Non
si potevano neppure seppellire i morti. Alcune fonti orali hanno raccontato che
i soldati si limitavano a trascinare fuori i cadaveri dei soldati morti per
colera, perchè venissero disintegrati dalle granate. E ad ogni colpo di
artiglieria un fetore nauseabondo si spandeva per la trincea, ammorbando l'aria
stessa che i soldati respiravano.
Questo
avveniva sia nelle trincee italiane sia in quelle austriache, poichè nessuno fu
immune dall'epidemia. Un reduce del 93° Fanteria ha raccontato: "Mi
trovavo col mio Reggimento nell'alto Isonzo a Santa Lucia di Tolmino. Fui
colpito da colera e, divorato dalla febbre e dalla sete, marcai visita. Il
tenente medico mi firmò la "bassa di passaggio" (termine militare che
indicava l'autorizzazione a lasciare il posto di combattimento) per raggiungere
la più vicina infermeria nelle retrovie.
Però
dovevo recarmici da solo e con le mie sole forze e per di più dovevo transitare
per una passerella sull'Isonzo che di giorno era sempre sotto il tiro dei
cecchini. Indebolito dalla dissenteria e dalla febbre mi avviai, malfermo sulle
gambe, avvolto così male che non mi importava neppure di essere colpito.
Ricordo una strofetta di soldati che cantavamo talvolta per scaramanzia:
A destra dell'Isonzo ci sta una passerella
se vuoi la morte certa devi passar per quella
Sentii
lo schiocco di qualche sparo, ma non fui colpito. Appena dall'altra parte mi
fermarono i carabinieri per controllare la mia bassa di passaggio. La mostrai,
ma loro non mi credevano; pensavano che fosse falsa e non credevano neppure che io stessi così
male. Sospettavano che io fossi un disertore. Col telefono da campo chiamarono
il mio comando di compagnia ed ebbero la conferma. Giuro che se non mi avessero
lasciato passare, mi sarei messo a sparare a costo di essere fucilato sul
posto.
Stavo
così tanto male ed ero così disperato da ritenere di non aver più niente da perdere.
Mentre telefonavano avevo già imbracciato il fucile e non avrei esitato a
sparare se non mi lasciavano passare. Mi lasciarono passare. Raggiunsi
l'infermeria stremato. Mi abbattei su un mucchio di paglia sotto una tenda.
Vidi lì accanto un secchio pieno di acqua. Non ricordo se era sporca o pulita,
ma ricordo che la bevvi tutta. Tutto il secchio fino in fondo, come fanno i
buoi nel pieno dell'estate. Passò un ufficiale medico e mi diede delle
compresse: forse era chinino. Dormii sulla paglia per un tempo interminabile.
Quando mi svegliai stavo già meglio."
(Fonte
orale Rinaldo F., classe 1894 – 93° Fanteria Brigata "Messina").
Ma
ecco dei brani significativi dal diario di guerra del tenente medico Primo
Dondero della Sezione di Sanità aggregata al 33° Fanteria in linea tra Oslavia
e il Sabotino:
"8
agosto 1915 – Ho saputo che in un ospedaletto di Quisca è morto di colera un
soldato.
9
agosto 1915 – Mi hanno segnalato due casi di colera a Fleana.
16
agosto 1915 – Dall'Ufficio sanità arrivano notizie allarmanti di colera. Presso
la Brigata "Re" si sono verificati casi gravi con decessi. Scendo a Dobra per
disinfettare gli accantonamenti del nostro Reggimento.
5
settembre 1915 – Ho visitato due colerosi e li ho isolati a Dobra. Chiedo
insistentemente mezzi per arginare il male che va dilagando.
8
settembre 1915 – A Dobra ho 16 colerosi del 34° che faccio isolare al
Lazzaretto. Scende un camion dal Podgora pieno di colerosi. I soldati sono in
atteggiamento scomposto. Si lamentano. Vomitano. Chiedono acqua.
9
settembre 1915 – Finalmente arriva calce e qualche cassa di limoni. E intanto
gli shrapnells non ci danno tregua. Ho praticato 14 iniezioni anticoleriche ai
soldati del Quartier Generale.
8
ottobre 1915 – L'acqua viene potabilizzata con sostanze chimiche, ma a Dobra il
colera aumenta.
4
novembre 1915 – Si combatte sul Podgora e si resiste ad un contrattacco nemico
ad Oslavia. È un rovescio continuo di acqua che scroscia e turbina col vento.
La truppa è lacera, scalza e nuda nel fango: è macerata dal freddo e
dall'umidità. Il colera aumenta in modo spaventoso. I colerosi scendono
barcollando dalla Sella di Doll e dal Sabotino, povere ombre grondanti acqua e
fango, qualcuno coperto con un telo da tenda; sono trascinati dai compagni.
Appena giunti cadono come fulminati. I soldati divorati dalla sete bevono acqua
terribile, quasi del fango. Le trincee sono colme d'acqua che arriva spesso al
ginocchio. Un'acqua che raccoglie tutte le immondizie ed anche le feci dei
colerosi".
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