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Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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giovedì 31 ottobre 2024
mercoledì 30 ottobre 2024
martedì 29 ottobre 2024
lunedì 28 ottobre 2024
Ricerche sulla crocerossina Rhoda De Bellegarde de Saint Lary
NOTIZIE CESVAM
Riceviamo la presente lettera, la pubblichiamo nella speranza che ci siano notizie in merito
Buon giorno.
domenica 27 ottobre 2024
sabato 26 ottobre 2024
Prigionia di Guerra: I piastrini di riconoscimento
venerdì 25 ottobre 2024
Propaganda di guerra - 1942 Africa Settentrionale
ARCHIVIO
giovedì 24 ottobre 2024
Alessia Biasiolo Alla origine della Cina moderna
DIBATTITI
La Lunga marcia compie novant’anni
Per sfuggire all’accerchiamento messo in atto dalle truppe del Kuomintang comandate da Chiang Kai-shek, nel 1934 l’Armata Rossa Cinese afferente al Partito Comunista iniziò una marcia per ritirarsi.
Dopo 370 giorni di cammino lungo novemilaseicento chilometri, dal 16 ottobre 1934 al 22 ottobre 1935, gli uomini in marcia, detta poi Lunga, transitarono per il Jiangxi e lo Shaanxi percorrendo oltre 12mila chilometri di altipiani, montagne, guadando fiumi, sempre combattendo all’occorrenza, fino allo sfondamento dell’accerchiamento avvenuto grazie ai 130mila soldati comandati da Mao Zedong e Zhu De.
I soviet che avevano originato il problema comunista da fronteggiare erano nati a partire dal 1927 soprattutto nelle campagne cinesi, dopo che il governo aveva abolito il Partito comunista, vietandolo a partire dalle città, dov’era effettivamente scomparso.
Mao aveva preso il controllo del Partito a partire dal gennaio 1935, soprattutto perché non pensava soltanto alla fuga, ma aveva una visione più ampia e organizzata, anche per difendersi dall’attacco giapponese che aveva approfittato dei disordini interni per penetrare in Cina dalla Corea e dalla Manciuria. Pensava quindi all’attacco al Giappone marciando sulla provincia semidesertica Shaanxi, dove avrebbe combattuto contro le truppe dell’invasore.
La marcia venne ostacolata anche dagli abitanti delle varie provincie, a volte favorevoli al comunismo e altre volte no; alcuni generali appoggiarono l’idea di Mao di dirigersi a combattere contro i giapponesi, mentre altri militari, come Zhang Guotao, si dirigevano verso i confini dell’Unione Sovietica.
A luglio le truppe di Mao riuscirono a congiungersi con quelle del soviet di Henan che stavano altrettanto fuggendo; in ottobre, molto ridotti in numero, i soldati comandati da Lin Biao arrivarono nello Shaanxi dove presero la capitale e si posero a fronteggiare i giapponesi fino al 1945 lungo la linea dello Huang he.
Il Partito Comunista Cinese dimostrò così di volere combattere i giapponesi più di quanto non lo volesse Chiang Kai-shek che venne catturato e consegnato a Mao. Questi lo liberò, anche dietro ordine di Stalin.
Alla fine della seconda guerra mondiale, Lin Biao conquistò la Cina settentrionale riuscendo a vincere la guerra civile cinese.
Grazie alla Lunga marcia, Mao diventò il capo della rivoluzione, con un grande prestigio che condivise con tutti i comandanti del gruppo.
Mao Zedong o anche Mao Tse-tung era nato nel 1893 a Shaoshan, nella provincia di Hunan, in una famiglia di contadini mediamente agiata. A quattordici anni sposò Luo Shi per ordine del padre che aveva combinato il matrimonio, anche se Mao rifiutò di sottostare al matrimonio stesso con il quale non fu mai d’accordo. Durante la rivoluzione del 1911 poté tornare a scuola dove sostenne l’attività fisica e l’azione collettiva, avvicinandosi alle idee di Bakunin e Marx, soprattutto per l’abolizione della differenza tra lavoro manuale e fisico. Dopo il diploma, viaggiò verso Pechino durante il movimento anti-imperialista del 4 maggio 1919, al seguito di Yang Changji che poi divenne suo suocero. La moglie venne poi imprigionata e uccisa nel 1930 dalle truppe di Chiang Kai-shek, a capo del Kuomintang dal 1925. Nel frattempo Mao guidò azioni collettive per i diritti dei lavoratori e si occupò dell’addestramento dei contadini.
Le sue analisi dettagliate della situazione degli agricoltori e delle loro sollevazioni sono i documenti alla base della teoria maoista. Questa influenzò i cinesi, soprattutto i giovani, e si diffusero anche nel resto del mondo. Soprattutto, a differenza delle idee di Lenin, e adattandole alla Cina, le idee di Mao erano che fossero i contadini il motore del Paese, essendo la forza lavorativa più grande.
Contribuì anche ad approfondire e migliorare, adattandole alla condizione cinese, le teorie di Marx ed Engels per creare una nuova teoria del materialismo dialettico ateo.
La classe proletaria cinese insoddisfatta era la base indispensabile per diffondere il comunismo e le idee rivoluzionarie. Mao divise i contadini in quattro classi. Alla base c’erano i proprietari terrieri che possedevano le campagne ma non le lavoravano, affidandole a lavoratori ai quali le affittavano; poi c’erano i contadini ricchi che lavoravano una parte delle proprie terre e l’altra l’affittavano; i contadini medi, invece, possedevano le terre che lavoravano per loro stessi; infine i contadini poveri erano coloro che non possedevano le terre, oppure ne possedevano troppo poche per averne un adeguato reddito e, pertanto, erano costretti a lavorare le terre di altri.
Tra le teorie che andava elaborando, di cui è difficile valutare il reale impatto sulla popolazione del Paese, Mao elaborò anche delle strategie pratiche che avevano la guerriglia come arma e il concetto di dittatura democratica del popolo come scopo.
Nel frattempo, nel marzo 1926, Chiang Kai-shek impose la legge marziale a Canton, ipotizzando una cospirazione dei signori della guerra contro di lui, sempre più potente tra le guide del Paese.
Nel luglio successivo comandò una spedizione dell’Esercito Rivoluzionario Nazionale contro i signori della guerra e per unificare la Cina sotto il Koumintang, dando inizio alla Spedizione del Nord. In questa era sostenuto dai proprietari terrieri, preoccupati dalle riforme agrarie che si stavano via via realizzando e che sostenevano Chiang Kai-shek.
Per ostacolare l’influenza di questi, il governo venne trasferito a Wuhan e quindi venne organizzata la rivolta dei lavoratori di Shanghai per rovesciare i signori della guerra del posto.
Era indispensabile agire per impedire ai comunisti di prendere il potere: Chiang Kai-shek e i suoi alleati strinsero un accordo con le triadi di Shanghai per organizzare gruppi armati per attaccare i comunisti, in principal modo lavoratori. Il Kuomintang dichiarò lo stato di emergenza.
Il 12 aprile 1927, l’Esercito Rivoluzionario Nazionale e i membri delle Triadi cinesi attuarono il massacro di Shanghai ai danni del Partito Comunista Cinese, al quale Mao scampò. Fu l’evento che segnò l’inizio della guerra civile nel Paese proprio per la frattura che si creò tra il Kuomintang, di cui Mao faceva parte come membro del Partito, e il Partito Comunista.
L’indomani il governo locale venne sciolto, con pesanti arresti dei comunisti e scontri che causarono oltre trecento morti e oltre cinquemila scomparsi. Arresti e massacri continuarono a Canton, Nanchino, Pechino. La rete delle alleanze continuava a tessersi, con coloro che osteggiavano Chiang Kai-shek e altri che lo appoggiavano.
In agosto scoppiò la rivolta di Nanchang e Mao diede vita alla sfortunata rivolta del raccolto annuale nel settembre successivo. Arrestato e condotto all’esecuzione, Mao riuscì a sfuggire e a rifugiarsi in montagna dove fondò la Repubblica Sovietica Cinese, della quale venne eletto presidente, tra il 1931 e il 1934. Poi rimosso dalla carica, Mao dovette difendersi dalle insidie sia di Chiang Kai-shek che di altri aspiranti al potere, e sarà in questo contesto che organizzerà la Lunga marcia, per sfuggire all’accerchiamento e dalle purghe che venivano organizzate dagli oppositori politici, soprattutto dai fedeli alla politica sovietica.
Le sue idee e le sue strategie venivano avversate dagli Stati Uniti e dalla stessa Unione Sovietica che vedeva in Chiang Kai-shek il garante dei propri interessi cinesi, così come lo vedevano gli americani, in quanto pensavano che potesse contrastare i giapponesi e impegnarli, liberando così le forze statunitensi nel Pacifico. L’Unione Sovietica da un lato mantenne suoi esponenti nel Kuomintang e dall’altro aiutò Mao ad impadronirsi degli armamenti giapponesi in Manciuria. Alla fine del conflitto, gli USA continuarono ad appoggiare Chiang Kai-shek nella sua volontà di guerra civile contro le truppe di Mao.
Nel febbraio 1949 l’Armata Rossa di Mao entrò a Pechino, mentre nel mese di dicembre venne presa d’assedio l’ultima città controllata dal Kuomintang. Chiang Kai-shek si rifugiò nell’isola di Taiwan. Intanto, il primo ottobre 1949, i comunisti fondarono la Repubblica Popolare Cinese di cui Mao fu presidente fino al 1959.
In occasione del compleanno di Stalin, nel 1949 Mao si recò a Mosca, dove trovò una fredda accoglienza proprio a causa dell’essere avvertito come un antagonista nel rappresentare il comunismo. Non vennero accolte le sue richiesta di restituzione di terre occupate dagli zar e, unico contentino, gli diedero un prestito di trecento milioni di dollari in cinque anni.
In occasione del primo anniversario della rivoluzione, il primo ottobre 1950, l’italiano Antonio Riva, nato a Shangai da genitori italiani lì commercianti, già decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare durante la prima guerra mondiale (“Pilota comandante di una squadriglia da caccia compì numerosi voli di guerra, non conoscendo mai ostacoli nell'adempimento del proprio dovere. Di attività non comune, sempre primo nelle più arrischiate imprese, fu costante esempio di coraggio e di audacia ai suoi dipendenti. Con serena calma, sostenne quattordici combattimenti aerei, scese a quote bassissime per mitragliare truppe nemiche, abbatté tre apparecchi nemici”, Cielo del Pasubio-Signoressa, 29 luglio 1917, 15 gennaio 1918), venne accusato con il giapponese Yamaguchi Takaichi e altri di avere lanciato una bomba (un colpo di mortaio) in Piazza Tienanmen con lo scopo di uccidere Mao, “il grande leader del nostro popolo”, oltre che di essere una spia al soldo della CIA con lo scopo di fomentare rivolte in Tibet.
Dopo un processo sommario, Riva venne condannato a morte per fucilazione e ucciso presso il Tempio del Cielo di Pechino.
La famiglia venne espulsa dalla Cina, senza alcun aiuto da parte delle autorità italiane, e costretta a lasciare il Paese in un posto di terza classe di un transatlantico. Antonio Riva era infatti rimasto un fascista convinto, quindi era un personaggio scomodo, malgrado fosse stato inviato in Cina per riorganizzare l’aviazione locale, su mandato governativo italiano che poneva il Belpaese direttamente in competizione con gli Stati Uniti.
La sua Asiatic Import Export commerciava vari prodotti, ma anche armi e soprattutto aeroplani che vendeva ai locali signori della guerra, quelli che avevano smembrato il Paese con i loro eserciti privati, la riscossione delle imposte al posto del governo centrale e il potere che riuscivano ad imporre.
In Cina, Riva aveva fondato il primo fascio già nel 1926, diventando portavoce di quella dittatura che avrà per anni un ruolo di mediazione mondiale anche in Asia.
A metà degli anni Trenta si sottoscrisse la collaborazione economico-militare tra Cina e Italia e, dopo l’invasione della Manciuria da parte del Giappone, il Paese si rese conto della vulnerabilità aerea, fatto che spinse a creare una buona e moderna aviazione militare.
Fino al 1935, la missione statunitense di fornitura di armi e addestramento dei piloti continuò, ma poi, allo scadere del contratto, cedendo alle pressioni del Giappone, non venne rinnovata. E così l’Italia poté inserirsi al suo posto, forte proprio del ruolo di mediazione che aveva svolto, e che aveva portato Galeazzo Ciano a presiedere a Shangai una commissione che aveva concluso la tregua sino-giapponese del 1932.
Venne fondata una joint venture per la produzione di aeroplani italiani in Cina che vide sempre Riva in primo piano, anche come collaboratore di quel Lordi che aveva la direzione della produzione. Mussolini non lasciò il comando a Lordi per il bombardamento aereo delle truppe comuniste che poi avranno la fuga nella Lunga marcia.
La campagna mediatica denigratoria contro l’aeronautica militare italiana divenne sempre più organizzata, in modo da impedire quel potere italiano sempre più pressante in Cina.
Il CR32 della FIAT, che si comporterà benissimo nella guerra di Spagna, vinse le sfide anche contro gli statunitensi, sia in voli che in esibizioni acrobatiche sui cieli cinesi, tacitando le voci dei suoi problemi tecnici messi in giro ad arte, e dimostrando come l’Italia fosse sempre al primo posto mondiale nella tecnologia e nell’arte del volo nei cieli.
Sarà proprio il Giappone a bombardare le fabbriche di aerei cinesi, e quindi italiani, nel 1937, fino all’accordo con il Giappone stesso che ben presto diventerà alleato dell’Italia, rendendo difficile la posizione degli italiani in Cina, visti ormai come traditori.
Antonio Riva cominciava sempre più a diventare scomodo, e ripetutamente gli venne consigliato di andarsene, ma continuava ad essere un fascista convinto e poi sostenitore della Repubblica di Salò, malgrado fosse stato radiato dall’aeronautica.
Tutto questo rende difficile rendersi conto se le accuse contro di lui e i presunti suoi complici fossero vere, oppure una montatura per eliminare appunto un personaggio scomodo. Zhao Ming dichiarerà decenni dopo che era tutta una farsa, utile per la montatura antiamericana, ma non ci sono documenti certi e dichiarazioni ufficiali in proposito.
La collettivizzazione forzata avviata da Mao in Cina durò fino al 1958, con il controllo dei prezzi che ridusse la forte inflazione imperante; promosse anche la semplificazione della scrittura in modo da aumentare il livello di alfabetizzazione del Paese e l’industrializzazione ebbe forte impulso.
A fronte di un forte incremento del PIL, la Cina vide un periodo di terrore che riguardava soprattutto i medi e piccoli proprietari terrieri che spesso vennero sterminati, anche fisicamente. Mao conteggiava in 800mila i contadini uccisi, ma sembra si sia trattato di alcuni milioni.
Forte del suo potere e certo dell’appoggio dei cittadini, Mao avviò una campagna detta poi dei cento fiori, con la quale promosse le diverse opinioni, per dare atto della sua apertura alle eventuali contestazioni. Risultò che molti cinesi contestavano la sua politica e ne mettevano in discussione la leadership, tanto da portare il governo a bloccare la campagna e a chiudersi in un forte nazionalismo.
Le libertà basilari non venivano di fatto riconosciute, in quanto la politica maoista volta a sentire e tenere conto del parere di tutti, condusse anche a contestazioni della linea di governo o del partito comunista, con conseguenti persecuzioni.
Mao elaborò quindi una politica di sviluppo economico alternativo a quella sovietica, con il “grande balzo in avanti” che, invece di coinvolgere l’industria pesante, riguardava soprattutto l’agricoltura, vera spina dorsale del Paese. Questa doveva essere collettivizzata a favore di una maggiore meccanizzazione che avrebbe liberato forza lavoro per l’industria, ma si ridusse ad essere volano per la fame dilagante che causò migliaia e migliaia di morti.
L’Unione Sovietica di Chruscev ritirò il suo appoggio e si aprì una crisi che indusse i leader del partito a pensare che l’epoca di Mao fosse conclusa. In quel periodo avvenne la prima pubblicazione, da parte dell’Esercito Popolare di Liberazione, del famoso “Libretto rosso”, distribuito per la prima volta nel 1963 e poi ai soldati nel 1965.
Con la fine del grande balzo in avanti, che pare sia costato la vita ufficialmente a 14milioni di persone, soprattutto per la scarsità di generi alimentari che venivano utilizzati per le forniture all’Unione Sovietica in cambio di tecnologia (tanto che la Cina mise a punto la bomba atomica con il primo esperimento nel 1964), il periodo maoista si dava per definitivamente concluso.
Mao, che già aveva lasciato la presidenza del Paese, organizzò la grande rivoluzione culturale nel 1966 scavalcando la gerarchia del partito e affidando il potere alle Guardie rosse che potevano anche formare i propri tribunali. Questa rivoluzione ebbe un forte impatto sul Paese, ma venne dichiarata chiusa nel 1969 dallo stesso Mao, per timore che prendesse troppo potere.
Mao scelse in Lin Bao il proprio successore, ma questi tentò un colpo di Stato nel 1971, fallito per la sua morte in un incidente aereo, tanto che il vecchio leader cominciò sempre più a non fidarsi dei seguaci.
Mao morì nel settembre del 1976, lasciando in Cina la lotta per il potere che vide da una parte la Banda dei Quattro, compresa la sua vedova, che voleva proseguire la politica di mobilitazione rivoluzionaria, mentre dall’altra coloro che volevano tornare alla pianificazione centralizzata di stampo sovietico e i riformatori guidati da Deng Xiaoping, teso soprattutto a togliere l’ideologia come fonte della politica economica.
La Banda dei Quattro venne arrestata e il governo andò alla fine a Deng Xiaoping che introdusse in Cina riforme economiche su modello occidentale.
Alessia Biasiolo, CESVAM, vicepresidente della Federazione di Ancona
mercoledì 23 ottobre 2024
Progetto 2022/2 Costruzione dell'Albo d'oro dei Decorati
NOTIZIE CEVSVAM
Si riportano le componenti della Barra Orizzontale della Struttura del Data Base dedicato
ai Decorati Italiani sia al Valore Militare che al Valore di Forza Armata
info: albododoro@istitutonastroazzurro.org
Bollettino Notizie |
Contenuto Riporta la Pubblicazione del Bollettino Infocesvam-Annesso. La pubblicazione è iniziata nel mese di Gennaio 2023 ed è stata bimestrale per il 2023. Dal 2024 e mensile Come se fosse un Twitter Massimo 144 battute Scopo : Rappresenta nella sua descrizione la Storia della costruzione dell’Albo d’oro |
Sito Na e Piattaforma Cesvam |
Contenuto: rinvia in tempo reale al Sito del Nastro Azzurro e della Piattaforma CESVAM Scopo: dare contezza di quello che fa l’Istituto ed il CESVAM |
Operatori e Ricercatori |
Contenuto: Responsabili per provincia. riporta le biografie in tre righe di tutti gli utenti che costruiscono l’Albo d’Oro Scopo: dare la paternità ad ogni inserimento per provincia. Dare il nome all’autore dell’eventuale Albo doro su Carta. Avere chi risponde ad eventuali questi |
Fonti e Bibliografia |
Contenuto: Riporta tutti i volumi editi ed i documenti (no albo d’oro) a cui si è attinto per avere i dati dei Decorati e il contesto in cui la decorazione è stata data Scopo: dare ulteriori informazioni al ricercatore per ricerche e studi |
Legislazione Albo d’Oro |
Contenuto: tutte le leggi che afferiscono la concessione della decorazione. Collegamento gratuito con il sito www.normaattiva.itin cui si trova la legislazione esistente relativo alla concessione della Decorazione Scopo dare ulteriori informazioni al ricercatore per ricerche e studi e contezza della norma giuridica |
Link di Riferimento |
Contenuti: tutti i link che si ritengo utili relativi ai Decorati. Spiegazione della consistenza dei Data Base Scopo. Espandere ulteriormente le possibilta di questo sito. Utilizzare per eventuale confronto/correzione dei dati |
Chi Siamo - Contatti |
Contenuto Descrizione del Istituto del nastro Azzurro e del Cesvam. Indicazione dei Percorsi di Ricerca. Scopo: Coltivare la collaborazione con eventuali ricercatori. |
martedì 22 ottobre 2024
22 ottobre 1968 - Inizia l'avventura del Corso Montello, 150° Accademia Militare
NOTIZIE CESVAM
Il 22 ottobre 1968 iniziava l'avventura del Corso Montello 150° dell'Accademia Militare di Modena. Una avventura che ancora continua, nel ricordo delle belle cose fatte, dei nostro compagni che sono andate avanti, nelle tante, tante delusioni ed amarezze che abbiamo raccolto, nello spirito di quei giorni che senza calcoli, ci lanciavano in una avventura con spensieratezza, gioia di vivere e allegria, che ancora oggi, su quella grande onda, ci aiuta a vivere un quotidiano che in tutta sincerità non invidiamo alle nuove generazioni.
Un riverbero di tutto questo sta in www.150corsomontello.com
lunedì 21 ottobre 2024
domenica 20 ottobre 2024
Rivista QUADERNI N. 3 del 2024 Luglio Settembre 2024
NOTIZIE CESVAM
Numero dedicato nella sua apertura alla Sentenza della Corte di Cassazione, terzo grado di giudizio, in merito alla vicenda di Redipuglia. Grazie a Laura Ferretti, avvocato e socia della Federazione Provinciale di Pordenone, è stato messo un punto fermo su andazzi che cozzano contro lo spirito statutario dell’Istituto. Come sottolineato nell’editoriale del Presidente, si invitano tutti i Soci dell’Istituto ad una riflessione su “che cosa fa e deve fare” l’Istituto del Nastro Azzurro”, anche con una lettura attenta della Sentenza della massima Corte di giudizio.
Approfondimenti dedica spazio alla vicende della Divisione “Emilia” ed ad un episodio della “battaglia in porto” della guerra marittima della Prima guerra mondiale con la ricostruzione dell’affondamento, da parte di sabotatori italiani al soldo degli austriaci, della corazzata “Leonardo da Vinci”. Dibattiti porta due contributi di “alumni” dei Master, uno dedicato alla triste vicenda della dittatura militare in Argentina degli anni ‘80 del secolo scorso, vicenda quando mai emblematica in tema di libertà e cultura e l’altro alle vicende a Polcenico (Pordenone) della formazione partigiana “Ciro Menotti”, così come Archivio porta il contributo della neolaureata Elda Franchi su un tema veramente originale: potere e violenza di Stato, con approfondimenti sui Laogai cinesi e la loro funzione. Nonostante la linea che questa rivista ha sempre adottato di non pubblicare articoli già pubblicati, si fa un eccezione, in Musei, Archivi e Biblioteche, con la pubblicazione di un contributo di Alessandro Gentili dedicato alla figura del Maggiore Infelisi ed al recupero della sua memoria. Nel centenario della morte di Giacomo Matteotti, due contributi, uno di ricostruzione della nota vicenda dell’assassinio politico, eccezione nella storia parlamentare italiana, di Alessia Biasiolo, mentre Stefano Bodini ci pone alla attenzione l’ultimo scritto edito di Giacomo Matteotti, che si spera pubblicare nei CESVAM Papers nella sua integrità, che riporta in diverse pagine le violenze che si perpetuarono nel 1924 nell’ambito del confronto politico del tempo, preludio alla dittatura.
Nella seconda parte della Rivista, Una Finestra sul mondo ci apre alla questione dei BRICS, mentre Geografia delle Prossime Sfide cii porta nel mondo latino-americano e e sue dinamiche di caoslandia e colpi di stato, nel caso in ispecie, la Bolivia; infine una scheda su le sanzioni che la UE ha imposto alla Russia in conseguenza alla aggressione alla Ucraina.
Nelle consuete rubriche, segnalato l’inizio dell’anno accademico universitario e l’attività che si programma per la maggiore diffusione, oltre l’approccio associativo ludico-rievocativo, dei Master con i risvolti non solo di diffusione culturale ma anche economico-finanziari; altra attività posto in evidenza, la ricerche, già inizia un anno fa, della individuazione di materiale materico afferente la Storia dell’Istituto del Nastro Azzurro. Infine il rinvio alle filiere attivate nella rete, che ampliano la capacità di diffusione del CESVAM, che vede in nuce lo studio di nuove iniziative.
Infine da segnalare la edizione del N.2 del 2024, (N. 32 della Rivista Aprile Giugno 2024) di QUADERNI in versione “elettronica” completa che è in corso a titolo gratuito nell’ambito della campagna di abbonamento 2024 - 2025
I Copertina: Fotografia del Sacrario Militare di Redipuglia
IV Copertina: Locandina Master in Politica Militare Comparata. Dal 1960 ad oggi
sabato 19 ottobre 2024
A proposito di Vittoria Mutilata: una sconfitta tutta italiana
La capacita tutta italiana di spostare la colpa su altri invece di affrontare la questione con un attento esame autocritico, porta alla creazione dei falsi miti autogiustificativi. E’ il caso della Vittoria Mutilata. Le Grandi potenze. Soprattutto la Francia ci hanno negato i frutti della vittoria non riconoscendo la nostra sovranità su Fiume e la Dalmazia ai danni della Serbia, ovvero della Jugoslavia.
Certamente la Francia all’indomani della Vittoria adottò una politiche che pose le basi della sua sconfitta nel 1940, non fu certo comprensiva alle aspirazioni italiane e questo va messo in bilancio.
Ma la vera ragione per cui non ottenemmo nulla a Wersailles alla conferenza di pace fu la sprovvedutezza e la miopia dei nostri rappresentanti politici, in particolare Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino. Per la prima volta, come abbiamo scritto nei post precedenti, l’Italia era ammessa al cerchi magico delle Potenze Mondiali e sul tappeto vi erano problemi di ordine mondiale. Un approccio planetario, di grande respiro, lasciando in secondo piano la questione di Fiume e della Dalmazia, avrebbe dato prestigio e considerazione all’Italia. Conseguentemente avrebbe ottenuto qualche cosa in più in termini di risarcimento dei danni di guerra, nella ripartizione delle colonie ex tedesche, di concessioni e agevolazioni su aree di ricerca per il petrolio ed altre materie strategiche. Conquista la fiducia di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, si poteva affrontare la questione di Fiume e della Dalmazia. L’atteggiamento adottato dai nostri rappresentanti, non sorretti da un apparato diplomatico degno di questo nome portò ad una contrapposizione sterile, che sfociò nella poco dignitosa e sterile decisione di abbandonare la Conferenza, per poi ritornarci per sentirci dire che cosa gli altri avevano deciso.
La Vittoria Mutilata di dannunziana memoria è la sconfitta politico-diplomatica frutto di politici non all’altezza della situazione e di un apparato diplomatico insufficiente. Vinta la guerra, fu persa la pace, con tutte le conseguenze negative che si ebbero.
venerdì 18 ottobre 2024
giovedì 17 ottobre 2024
Sfere di influenza
APPROFONDIMENTI
LA LEADERSHIP NEL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
R. E. Lee
Sergio Benedetto Sabetta
“ … l’afasia strategico – concettuale che in questo frangente connota le grandi democrazie occidentali ne accresce l’incoerenza e ne mina la credibilità, anche- ed è forse il problema maggiore – agli occhi dei loro cittadini … In questa confusione strategica, che l’America condivide con gran parte degli alleati europei, si insinua la deglobalizzazione. Gli attori che ne sono protagonisti, … ,non rigettano l’armamentario economico – industriale offerto loro dall’Occidente come strumento di benessere e potenza. Ne indirizzano però i mezzi ad altri fini, ad altri interessi. Sulla scorta di agende non più < occidentali>.” ( 44- 45, F. Maronta, L’incidente dell’Occidente, in “ Fine della guerra, Limes 4/2024).
Nella confusione e scontro in atto vi è un ritagliarsi di sfere di influenza, in cui nell’Occidente in termini strategici vi sono interessi divergenti, a cui si affiancano una carenza sia numerica che culturale nell’identificarsi con la Nazione e culturalmente nell’Occidente in senso stretto, oltre ad una stanchezza psicologica nel porsi quale centro di riferimento.
Si ottiene quindi una deglobalizzazione a seguito del ripiegarsi in sé degli USA, dove alla crisi demografica si affianca una crisi identitaria, favorita dagli spostamenti di popolazione a seguito della modifica dei rapporti demografici, peraltro sfruttata in termini di “ pressione” dalle potenze in lotta.
A questo si affianca, nell’individualismo esasperato favorito nell’attuale modello economico e dall’uso dei social, un abbassamento della qualità favorito, in particolare per l’Italia, dall’uscita all’estero dei giovani culturalmente più preparati e meglio finalizzati.
Nella mancata identificazione con la Nazione e con la relativa cultura viene a perdersi la coesione sociale, occorreranno decenni per riempire il vuoto e dare una finalità sociale alle nuove generazioni.
Una finalità necessaria anche all’agire diplomatico, se si vogliono evitare guerre senza fine e scontri civili, una mancata finalità sovrapposta ad una mancata capacità di impegno come rilevato tanto in Italia che in Germania o Francia. ( Editoriale, 7 -32 , in “Fine della guerra”, Limes 4/2024)
Vi è anche un errore prospettico dovuto alla mancata contestualizzazione della nostra storia, a cui si affianca la cancellazione dei nostri valori portanti secondo una visione dell’eterno presente e dell’imposizione di un “politicamente corretto” che impedisce il contraddittorio ( F. Rampini, Suicidio occidentale, Mondadori 2021).
Si può pertanto osservare che le problematiche del cambiamento che investono le organizzazioni coinvolgono oltre che la variabile strutturale quella relativa alla costruzione di una cultura diretta allo sviluppo dei sentimenti di fedeltà e impegno verso l’organizzazione, ma vi una terza problematica più propriamente individuale che è la riduzione dell’ansia dei singoli per il cambiamento, nonché per le loro conseguenti prospettive.
I rapporti tra le persone sono determinati dalle aspettative che ciascuno si crea nel relazionare con gli altri, ma queste aspettative sono anche il frutto di precise politiche organizzative pianificate o confuse che siano.
Hirschman individua tre reazioni in una politica di cambiamento, l’abbandono dell’organizzazione, la protesta per l’insoddisfazione organizzativa e la fedeltà passiva indipendentemente dalle prospettive future.
Le prime due acquistano alternativamente rilevanza in funzione della possibilità o meno di un ricollocamento, infatti l’uscita dall’organizzazione sarà favorita da una dinamicità nel ricollocamento mentre in caso di rigidità prevale la protesta interna.
La crescita della possibilità di uscita genera un indebolimento del senso di appartenenza che può trasformarsi in precarietà e insicurezza, dando voce a proteste distruttive fino a sciogliere completamente l’identificazione con l’organizzazione.
Acquista pertanto rilevanza la politica gestionale e la vision che essa esprime nel determinare l’organizzazione e la sua cultura, creando nuovi rapporti tra i soggetti coinvolti.
L’importanza della cultura è fondamentale nel determinare il fallimento o il successo di un’organizzazione quale parte non scritta dell’organizzazione stessa (Daft) in quanto favorisce la capacità di attrarre ma soprattutto motivare le risorse umane migliori.
Considerare il tessuto relazionale centrale per la fidelizzazione valutando anche gli aspetti etici e relazioni, oltre che puramente emozionali, comporta uno sforzo ed una capacità gestionale del tutto nuova per gli aspetti finora considerati.
Il posizionare un’organizzazione in un rapporto con l’intera dimensione umana e non solo con una porzione rappresentata dalla sua finalità crea meccanismi di coinvolgimento molto complessi, in cui prevalgono nell’organizzazione le capacità umane di gestire la complessità e la sfaccettatura dei rapporti espressi e inespressi.
Il cambiamento che viene ad investire la cultura dell’organizzazione se da un lato deve risolvere i problemi concreti, dall’altro crea ansietà si che devono intervenire delle azioni volte a ridurre l’ansietà promuovendo nuova sicurezza nel fare emergere i nuovi valori su cui motivare le persone.
Interviene l’importanza della circolarità delle informazioni le quali possono attivare forme di negoziazione e mediazione per rendere evidenti tutte le alternative possibili.
Nel realizzare il cambiamento occorre il sostegno della dirigenza che sponsorizzi lo stesso mettendo a disposizione le risorse necessarie ed elaborando piani per un cambiamento incrementale oltre le inevitabili resistenze (Daft). La nuova vision dovrà riguardare non solo l’organizzazione e le finalità strategiche ma anche la cultura che sta alla base dell’agire, creando modelli di riferimento.
L’importanza della vision è fondamentale nel creare una tensione al cambiamento condivisa da tutti in modo da ridurre, nel tentativo di perseguire i nuovi obiettivi, l’ansia derivante dal cambiamento per il venire meno delle certezze conseguenti ai precedenti rapporti e valori.
Deve essere una condivisione progettuale che supera la scissione tra obiettivi chiari perseguiti e l’organizzazione con tutte le persone che in essa convivono.
Questa vision si risolve operativamente in una serie di traguardi di varia complessità da raggiungere secondo tempistiche predeterminate, costituenti nell’insieme la nuova frontiera dell’organizzazione.
La definizione della vision deve nascere da una piena comprensione del contesto ambientale in cui l’azione vive e interagisce con i fattori frenanti che intervengono.
Prima dell’aspetto propositivo della vision deve essere chiarito l’aspetto investigativo della mission, in altre parole occorre chiarire:
Chi siamo;
Dove siamo;
Dove andiamo;
solo successivamente si potrà definire la vision con:
Dove andare o dobbiamo andare;
Come fare.
Maggiore è la precisione dell’individuazione di ciò che si è, maggiore sarà la possibilità di definire un obiettivo effettivamente raggiungibile evitando percorsi dispersivi, così come altrettanto importante è l’individuazione dei fattori esterni che influenzano l’organizzazione nonché la loro rilevanza.
Solo nel momento in cui viene individuata la direzione futura e debitamente corretta la precedente inerziale, si può progettare una adeguata strategia.
Il processo di formazione della vision non è lineare ma cresce per progressive approssimazioni spiraliformi, la visione culturale che sta alla base del processo può interpretare negativamente il cambiamento come rischio o piuttosto come opportunità di crescita, sviluppando una cultura capace di fondere e unire anziché separare.
Si passa da semplici risposte ai problemi (problem solving), allo sforzo di riformulare i problemi secondo nuovi punti di vista (problem setting).
Il contesto economico in cui operano le organizzazioni in generale, è caratterizzato da una progressiva accelerazione del cambiamento, da strette interconnessioni tra elementi una volta ritenuti indipendenti e dal prevalere di elementi immateriali quali conoscenze e relazioni sugli aspetti fisici, questo comporta che il cardine del processo di cambiamento risulta essere la comunicazione ed il Know How delle persone.
I modelli organizzativi che prevalgono sono quelli a rete strategicamente flessibili, autorganizzativi, in cui si instaura un circolo virtuoso fondato sulla comunicazione e la learning organization.
Ma l’elaborazione di una vision richiede una forte leadership che comunque gestisca il cambiamento superando gelosie e resistenze, nonché invidie che pongano veti incrociati bloccando l’emergere di nuove figure più adatte alla nuova strategia, interviene nuovamente il richiamo al fattore culturale.
Un qualsiasi cambiamento scatena gelosie e rabbia, gelosie per i presunti o reali altrui successi e rabbia per la paura della perdita di qualcosa ritenuto prezioso, quale il posto di lavoro, le risorse esistenti o più semplicemente il controllo sull’attività da svolgere (Florence Stone).
In questi momenti acquista ancor più rilevanza l’influenza esercitata dalla leadership che può rivelarsi patogena o salutare misurandosi con se stessa e con i sistemi di valore individuali e dell’organizzazione, nel creare una vision deve motivare con comportamenti costanti e coerenti al nuovo orizzonte indicato, sapendo che il linguaggio informale è altrettanto incisivo del linguaggio formalizzato.
La responsabilità del ruolo deve indurre alla pacatezza nelle decisioni, che sebbene rapide non devono assumere una forma nevrotica, ma soprattutto deve mancare l’approccio “mercenario” di colui che gestisce guadagnando e preparandosi ad uscire dal gioco di squadra, dando l’idea del capitano che si prepari ad abbandonare la nave.
Le qualità che caratterizzano una leadership equilibrata tesa al futuro sono la consapevolezza visionaria, la sensibilità multiculturale, la intuizione, il senso del rischio, l’autocoscienza il tutto deve creare un clima organizzativo che incoraggi un senso di orgoglio e determinazione integrando e trasformando, avendo sempre attenzione al collegamento tra i valori dell’organizzazione e quelli del cambiamento in atto.
La forza d’animo e la decisione nel forzare una situazione sfavorevole creando nuove prospettive, non deve indurre a perdere il rispetto verso i collaboratori, senza superbia né eccessiva confidenza che sfoci verso una stucchevole bonomia o un’irritante paternalismo.
Un esempio particolarmente illuminante di una tale leadership la si può ricavare dalla condotta di Robert Edward Lee il quale nell’assumere il comando militare delle forze confederate nella primavera del 1862, in un momento in cui la Confederazione era stretta da ogni dove dagli eserciti Unionisti riuscì a ribaltare la situazione fino a minacciare la stessa capitale nemica Washington, obbligando sulla difensiva forze superiori e dando respiro ad una situazione di fatto già compromessa.
La Grande Unità di cui nel giugno 1862 assunse il comando divenne la celebre “Armata della Virginia Settentrionale”, un insieme formidabile, una fusione in un solo blocco di uomini, veterani di decine di scontri, guidata da capi abili e prestigiosi collegati da un rispetto ed una stima reciproca e profonda con i propri uomini.
Bibliografia
AA. VV. , Una certa idea di Italia, Limes 2/2024; Fine della Guerra, Limes 4/2024; La Germania senza qualità, Limes 6/2024;
F. Cardini, La deriva dell?Occidente, Laterza 2023;
R.L. Daft, Organizzazione Aziendale, Apogeo 2001;
J.P. Kotter, Guidare il cambiamento, rinnovamento e leadership, Etas 1998;
C. Battistoni, Il vantaggio competitivo della complessità, www.complexlab.it;
C. Mazzucchelli, Organizzazioni e complessità, www.complexlab.IT;
A cura di M. Francione e G. Gianfrante, Il Potere. Intervista a Cesare Romiti, in “E.& M.”, 31-39, 1/2007;
V. Perrone, Maschere da manager, in “E &N.”, 9-15, 1/2007;
A. Mintzberg, Portare il management al safari delle strategie; J. Neal, Camminare sul filo … senza cadere; F.Stone, Gestire la rabbia della forza lavoro, in “L’azienda globale”. Vol. 1, Boroli Editore 2006;
R. Luraghi, Storia della Guerra Civile Americana, Rizzoli, 1999.
mercoledì 16 ottobre 2024
Italia: la sua geopolitica vicina
UNA FINESTRA SUL MONDO
Carta: Fonte LIMES Rivista Italiana di Geopolitica
L'Italia ha tre aree di intervento geopolitico: i Balcani, la Libia e il LIbano.
I Balcani sostanzialmente sono in equilibrio e la presenza italiana è compensata dal fatto che ormai l'area è stabilizzata. I Governi locali guardano più alla Germania che all'Italia e l'Euro rappresenta un forte punto di ancoraggio
Dalla LIbia, nonostante tutta la buona volontà siamo stati estromessi dai Russi in Tripolitania e dai Turchi in Cirenaica. Dal Fezza e zone meridionali praticamente ci siamo ritirati da soli
In LIbano abbiamo forze consistenti di interposizione, a livello di Brigata rinforzata sotto l'egida dell'ONU (UNIFIL). L'azione di Israele mette in discussione la nostra presenza. In pratica ci chiede di andarcene. La Russia domina la Siria ed abbiamo alle spalle gli oltre 70.000 schiti di Hetzbollath dipendenti dall'Iran. In pratica la nostra presenza è estremamente condizionata e in prospettiva di medio termine la nostra influenza tednerà a ridursi sempre più
martedì 15 ottobre 2024
1940 - La propaganda
lunedì 14 ottobre 2024
Prospettive - La difficoltà di vivere il presente Brescia
DIBATTITI
Il Nastro Azzurro compie cent’anni.
Considerazioni sul presente per costruire il futuro
“Non poteva mancare in una pubblicazione come questa la voce del Sindaco della città. Non solo perché anche il gonfalone di Brescia si fregia di una medaglia d’oro a ricordo delle eroiche Dieci giornate, di una croce al merito di guerra per le sofferenze subite nella prima guerra mondiale e di una medaglia d’argento al valor militare per la lotta di liberazione sostenuta dal 1943 al 1945, ma perché tutte le medaglie che sono andate a fregiare il petto di tanti bresciani appartengono, simbolicamente, alla comunità che il comune capoluogo può rappresentare.
Il compiacimento profondo e sincero che desidero esprimere su queste pagine riguarda tutti i bresciani: da quelli nati in città a quelli vissuti alle pendici delle Alpi, dagli abitanti della pianura a quelli delle valli e dei laghi, ad essi va oggi il mio ringraziamento che si estende a tutti, ai viventi come ai Caduti, a coloro che ebbero la più alta delle onorificenze come a quelli che si poterono fregiare della croce di guerra.
Perché in ogni caso la loro presenza ideale, oggi, attraverso queste pagine, ha il valore di un esempio irripetibile. E poiché quest’esempio ci viene riproposto per la passione e l’abnegazione e il sentimento d’amor patrio di pochi entusiasti, desidero esprimere anche a loro il ringraziamento della gente bresciana.
Oggi in particolare c’è bisogno di tutto questo. Oggi, di fronte al dissolversi delle idealità e soprattutto davanti alla constatazione della perdita di una coscienza della dignità umana, della libertà, della giustizia, della democrazia la riproposta di un sacrificio, di una capacità di lotta e di dedizione significa senza alcun dubbio un invito a riprendere la strada che già condusse l’Italia dalla sottomissione allo straniero fino all’autonomia e all’unità. Troppo spesso si dimentica il valore della Patria e ciò che ad essa è intimamente connesso. Dimenticarlo significa perdere il senso della comunità e quindi, in una certa misura, anche il senso dell’appartenenza ad un popolo, ad una nazione di cui dobbiamo invece sentire sempre di più il legame e la discendenza.
[…] Da queste pagine ognuno potrà trarre motivo di conforto e, ad un tempo, di speranza. Conforto per quanti ritroveranno in esse il ricordo di un padre, di un fratello, di un congiunto, speranza per coloro che ancora credono nella capacità dell’uomo di restituire alla società i valori autentici e irrinunciabili che sempre hanno costituito l’essenza della civiltà. Di questi valori i decorati furono e sono l’espressione viva. Rendere loro omaggio significa rendere omaggio alla comunità bresciana che in essi si rispecchia e si riconosce.
Nei loro profili, nella descrizione del gesto in cui si concretò il loro eroismo, possiamo ben leggere oggi l’anima forte, lo spirito retto, il coraggio che hanno sempre guidato la nostra storia e guidano oggi la nostra giusta aspirazione ad un mondo migliore”.
Scrive queste note per la prefazione allo “Albo d’oro dei decorati al Valor Militare di Brescia e Provincia” il sindaco di Brescia Bruno Boni nel febbraio del 1973, cinquant’anni fa. Parole che non sono cadute nel vuoto ma che, soprattutto, sono ancora attuali, oggi che l’Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al Valor Militare che ha realizzato l’Albo festeggia e commemora i cent’anni. Ancora oggi è attuale chiedersi il significato del sacrificio per la Patria, variamente compiuto fino al gesto estremo del sacrificio della vita. E davanti alle molteplici scene di guerra e guerriglia che ci arrivano da molte parti del mondo, la domanda su cosa e come faremo noi per la difesa del nostro Paese, della nostra cultura e tradizione, di noi stessi, non è così vana o così desueta come potremmo pensare. O come potevamo pensare soltanto poco prima di una escalation di distruzione che sembra riappropriarsi pericolosamente dell’essere umano ogni dove, ciclicamente. Oggi che la società è cambiata, c’è ancora posto per capire cos’è dedicarsi alla Patria, senza tergiversare e senza pensare che ci sia qualcun altro a doverlo fare?
Sono passati cinque decenni da quando Bruno Boni, sindaco di Brescia per quasi ventisette anni, affermava che si stavano dissolvendo le idealità ed oggi ce lo dobbiamo chiedere ancora, non tanto come giudizio pessimistico sul presente, ma come presa di coscienza di dove fare andare la strada che continuiamo a costruire giorno per giorno.
La scelta di celebrare un centenario dedicandosi alle storie dei decorati al Valor Militare, ad esempio, è un modo per onorare la memoria di chi ci ha preceduto e per assicurare che quanto è stato fatto, e quanto è stato scritto, non va mai perduto, fino a quando ci sarà una frase, una parola che incuriosirà, che stupirà, che farà sorgere la domanda “perché ha fatto questo?”. Ripercorrere le motivazioni delle decorazioni, infatti, è una scoperta e una riscoperta della Storia. Per me che ho sempre amato lasciare la parola ai protagonisti, andando a cercare le biografie delle vite delle persone comuni, aprire l’Albo d’oro dei decorati al Valor Militare, e quello di Brescia e Provincia è particolarmente corposo, è un lasciare centinaia e centinaia di persone rivivere attimi, paure, speranze, desideri che tutto quello che stavano vivendo avesse un senso e permettesse ai posteri di continuare a vivere.
“Commemorare i propri Caduti non significa in nessun modo evadere dal presente per rifugiarsi nel passato: significa invece chiarire i valori, riscoprire presenza, che sono attuali in ogni memento, ma soprattutto ai nostri giorni”, scriveva nella sua prefazione all’Albo d’oro di Brescia il professor Sandro Fontana, all’epoca assessore alla Cultura della Regione Lombardia. “Questi caduti […] hanno cementato, con il loro sacrificio, l’unificazione della società italiana e la sua continuità storica: i valori in cui essi hanno creduto si collocano alle fondamenta dello Stato italiano”.
Ecco, cent’anni dopo siamo qui, ci siamo, a spolverare medaglie e monumenti per farli sembrare odierni e dare loro quel ruolo di insegnanti in una società che non reputo così distratta come si vuole far credere tra un’opinione superficiale e l’altra. Alla fine, chiusi nei libri o nelle coscienze, ci sono i sentimenti profondi che legano le generazioni le une alle altre e che regalano le stupefacenti capacità dell’umanità tutta.
Infatti, anche noi dell’Istituto del Nastro Azzurro siamo coglitori del testimone del Regio Viglietto del 26 marzo 1833 con il quale il re Carlo Alberto istituiva la Medaglia d’Oro e la Medaglia d’Argento al Valor Militare, motivo per il quale si volle fondare l’Istituto proprio il 26 marzo di quel 1923 di cent’anni fa.
Alessia Biasiolo, CESVAM
Vicepresidente della Federazione di Ancona
domenica 13 ottobre 2024
Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941) Etiopia XI Parte La Fauna
SCENARI, REGIONI, QUADRANTI
Progetto Prigionia 2021/1
LA FAUNA. La fauna etiopica è ricca specialmente nella regione meridionale dei laghi e nel bacino dell'Omo. L'ippopotamo vive numeroso in tutti i fiumi della Somalia, gli elefanti si riscontrano in grandi branchi nel bacino dell'Omo, nell'altipiano del Tertale, sul Giuba e sull'alto Uebi Scebeli. Il leone è comune nella Somalia, al pari de leopardo. Numerose sono le antilopi e le gazzelle, frequente lo zibetto; uccelli dai colori vivaci e dalle piume ricercate, come i marabù, le aigrettes, gli struzzi, arricchiscono il territorio. Nelle acque dolci dei fiumi specie nel territorio dei Sidama, dei Borana, ecc. abbonda anche il coccodrillo; in numero considerevole sono le testuggini, le lucertole, ecc1
1Manetti C., Caratteri geografici dei territori dell’Impero e Storia delle loro Esplorazioni, in Sillano T., L’Impero (A.O.I.). Studi e Documenti, Roma, La Rassegna Italiana, 1937 pag. 85-93
sabato 12 ottobre 2024
L’Italia e la Conferenza di Wersailles: L’obiettivo strategico ignorato
Le potenze vincitrici della prima Guerra mondiale sono sostanzialmente quattro: la Francia, la Gran Bretagna gli Stati Unti e l’Italia. Teoricamente alla Conferenza per la pace indetta a Wersailles partecipavano tutte e quattro su un piano di parità. Dovevano decidere come riorganizzare il sistema mondo ridisegnando i nuovi equilibri, modificando quelli che erano stati disegnati nel 1815 a Vienna dopo la sconfitta napoleonica.
L’Italia ebbe la sua grande occasione storica di dimostrare di essere una Grande Potenza.
In realtà l’Italia in termini di requisiti per essere definita tale, ne aveva uno solo: la popolazione, ovvero la forza lavoro produttiva. Militarmente aveva una industria ipersviluppata per via della partecipazione alla Grande Guerra, ma sul piano politico le altre potenze avevano sempre considerato il fronte italiano un fronte secondario, e per giunta la condotta italiana non certo brillante avendo avuto fasi alterne e in certi momenti anche tragiche. Sil piano industriale generale, compresa l’industria degli armamenti, agli aspetti positivi si contrapponeva il grave problema della totale dipendenza dai capitali statunitensi, sia per i crediti esistenti che per la sussistenza generale, come ad esempio la importazione di grano di cui l’Italia era totalmente dipendente dall’estero. L’approvigionamento delle materie prime strategiche era tale che l’Italia dipendenva dai mercati internazionali e da un mondo che era uscito sconvolto dalla prima guerra mondiale. Ovvero non aveva certezza lacuna. Da un momento all’altro l’Italia poteva crollare e finire nel caos senza che potesse opporre qualsiasi azione. Alla Confrenza di Wersailles questo era noto a tutti, meno che ai nostri rappresentanti sia politici che diplomatici che invece si sentivano i padroni del mondo, al centro di ogni decisione globale.1 Il vero obiettivo che dovevano perseguire era quello di avere un area da dove attingere le materie strategiche primarie per tenere in piedi l’industria nazionale e dare quindi stabilità ad una economia che era sempre sull’orlo del fallimento.
Sopratutto petrolio e carbone dovevano essere approvvigionati da aree sotto il controllo diretto italiano, in qualsiasi parte del mondo. Non avendo chiaro questo obiettivo strategico primario, i nostri rappresentanti andarono a Wersailles perseguendo obiettivi secondari, perdendo ogni credibilità e peso specifico e avviandosi ad una sconfitta diplomatica che fu la genesi di tante amare tragedie del primo dopoguerra
1Wenster R.A., Una speranza rinviata. L’espansione industriale italiana ed il problema del petrolio dopo la prima guerra mondiale, in Storia contemporanea, Anno XI, Aprile 1980, n. 2 . Bologna, Società Editrice Il Mulino, 1980, pag219 e segg.