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martedì 25 giugno 2019

Richiesta di Informazioni, Don Alcide Lazzeri

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Medaglia d'Argento al Valor Militare Don Alcide Lazzeri


Don Alcide Lazzeri

Il Presidente della Federazione del Nastro Azzurro di Arezzo Siena chiede informazioni riguardo la Medaglia d'Argento al Valor MIlitare a Don Alcide Lazzari con questa email:
"Sono a chiedere il Vostro aiuto ,sabato prossimo a Civitella in Val di Chiana (AR) Comune decorato di MOVC e nostro Socio Benemerito avrà inizio la causa di Beatificazione del Parroco Don Alcide Lazzeri  già Cappellano Militare in Libia e nella Grande Guerra, trucidato dai Tedeschi nel 1945 durante la strage di Civitella, in Federazione risultava Decorato di MAVM con la seguente motivazione:
Don Alcide Lazzeri
Nato a Chitignano (Arezzo) Cappellano Capo 
Medaglia d'argento al Valor Militare
«Non esitava, nel corso di una feroce rappresaglia nemica, ad offrirsi eroicamente a salvezza dei centocinquanta ostaggi catturati ed in procinto di essere passati per le armi. La sua nobile offerta veniva però respinta ed anche egli cadeva ucciso insieme ai suoi parrocchiani. Fulgido esempio di coraggiosa dedizione e di sublime altruismo spinto fino all'estremo sacrificio».
Civitella in Val di Chiana, 29 giugno 1945 ma non riusciamo a trovare nessun riscontro della decorazione al Valor MIlitare mentre la Decorazione della MOVC ci sono riscontri:
LAZZERI DON ALCIDE   Medaglia d’Oro al Valor Civile  

«Parroco del Comune, non esitava, nel corso di una feroce e indiscriminata rappresaglia nemica, ad offrirsi eroicamente a salvezza di 150 ostaggi catturati ed in procinto di essere passati per le armi. La sua  nobile offerta veniva però respinta ed anch'egli cadeva ucciso insieme ai suoi  parrocchiani. Fulgido esempio di corag­giosa dedizione e di sublime altruismo spinto fino all'e­stremo sacrificio».  
Civitella della Chiana giugno 1944


I fatti del 29 giugno ’44. Civitella
L’antefatto
La sera del 18 giugno 1944, domenica, nove soldati tedeschi, forse paracadutisti della divisione “Hermann Göring”, si avvicinano ad una casa colonica in località Madonna presso Civitella. Dopo aver ordinato la cena e mangiato, si diressero verso il Dopolavoro del paese, sedendosi ad un tavolo, le armi appoggiate a terra. Un gruppo di partigiani, saputo che nel paese giravano dei tedeschi, decise di tentarne il disarmo. Verso le 21, essi entrano nel locale armati. Qui le versioni divergono: chi dice che i partigiani aprirono subito il fuoco, chi invece propende per una intimazione di resa, a cui i tedeschi avrebbero reagito. In ogni caso, ci fu un conflitto a fuoco e tre tedeschi cadono a terra. Uno di essi, illeso, invece riusciva a fuggire. Nel Dopolavoro la confusione era al massimo, i civili scappavano da ogni parte e qualcuno era stato anche ferito. Dei tedeschi, due erano morti e uno e ferito.
Verso le 23 della notte, alla casa colonica della Madonna, arriva un tedesco che porta sulle spalle un compagno ferito. E’ lo stesso del Dopolavoro, che viene lavato e curato, finché i suoi compagni lo portano via su un camion. Al paese, intanto, quando spunta l’alba, la popolazione scappa terrorizzata dalla rappresaglia. Nel frattempo, l’arciprete don Alcide Lazzeri, saputo dell’accaduto, decide di far lavare i due morti tedeschi rimasti nel Dopolavoro, ed organizza loro il funerale con le poche donne che è riuscito a trovare. Ma dei tedeschi ancora nessuna traccia. Il 20 giugno arriva un militare germanico, forse un medico, ad esaminare i due cadaveri che ancora giacciono nel locale di ritrovo. Assieme ad una interprete, egli ascolta don Lazzeri che rammenta le fasi dell’attacco e dichiara che i civili sono estranei a quanto accaduto. L’ufficiale accetta, come segno di buona volontà, che i due soldati siano sepolti nel locale cimitero, e così avviene, con la partecipazione di un picchetto militare tedesco. Ma ancora le intenzioni dei soldati non sono chiare, e i paesani hanno paura a tornare. Dopo una serie di indagini, i tedeschi vanno via. Anzi, qualcuno dice ai civitellini di stare tranquilli, perché non ci saranno rappresaglie. Ma invece, la mattina del 29 giugno 1944, quando anche per la festa di San Pietro e Paolo, molti sono rientrati, unità della divisione paracadutisti corazzati “Hermann Göring”, a cui si affiancano altri militari, pare ci siano stati anche degli italiani, circonda il paese all’alba. Tutti gli uomini vengono strappati alle case e portati sulla piazza del paese, tra essi anche don Lazzeri che offre la sua vita in cambio di quella dei civili. Non viene ascoltato: sarà ucciso con un colpo alla nuca come tutti gli altri 149 i morti, tra cui due sacerdoti. Poi, i corpi vengono gettati nelle case a cui i tedeschi hanno dato fuoco.
L’ampiezza dell’operazione e il numero di compagnie coinvolte nei fatti di Civitella non permette di stabilire con esattezza l’ora, ma tutti i testimoni sopravvissuti concordano nell’aver individuato l’arrivo dei soldati tedeschi intorno alle 5,30 del mattino, quando le famiglie si preparavano ad andare alla messa nel giorno di Pietro e Paolo.
Tra gli intenti dell’operazione vi era sicuramente anche quello di rallentare l’avanzata delle truppe Alleate, nel momento in cui si stava costruendo negli Appennini la Linea Gotica a difesa dell’Italia settentrionale.
I primi ad essere uccisi furono gli abitanti delle frazioni intorno al paese.
Le case di Palazzina, Querciola, Maestà Tonda furono perquisite dai soldati tedeschi e in ognuna furono uccisi uomini, donne e ragazzi, che erano rimasti a casa. A Civitella i militari entrarono da Porta Senese, percorrendo le strade del paese e spingendo in direzione della chiesa parrocchiale coloro che venivano catturati lungo il loro tragitto. I soldati tedeschi giunsero poi presso la Casa di Riposo e qui uccisero otto ospiti che si trovavano al suo interno.
Giunti alla chiesa, dove erano riuniti gli abitanti, trovarono la porta chiusa. Il parroco don Alcide Lazzeri, comprendendo con ogni probabilità cosa stava accadendo, aveva benedetto la popolazione facendola chiudere dentro l’edificio. I soldati lanciarono una bomba a mano per aprile la porta e trascinarono fuori gli abitanti che si erano rinchiusi sperando di salvarsi. Sembra che allora proprio don Alcide abbia gridato: «Sono io il responsabile di quanto è accaduto, uccidete me».
Il tentativo fu inutile. Gli uomini furono portati a lato della chiesa a gruppi di cinque, e uccisi. Lo stesso don Lazzeri morì nell’eccidio. Dopo le esecuzioni, i soldati tedeschi continuarono a cercare e uccidere gli abitanti rimasti dentro le abitazioni. In ultimo, incendiarono le case di Civitella, provocando la morte anche di coloro che avevano tentato di salvarsi nascondendosi nelle cantine o nelle soffitte. Solo pochi uomini riuscirono a sfuggire al massacro.
contattare : federazione.arezzo@istitutonastroazzurro.org
                   centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org

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