DIBATTITI
Contributo alla conoscenza della formazione
della leaderschip nel contesto sociale
Il
potere di un uomo
di
Valentina
Trogu*
La storia di ogni nazione è
caratterizzata da un alternarsi di personaggi sulla scena politica e militare che sono stati
chiamati, più o meno legittimamente, a prendere decisioni per un intero popolo. Nomi come Juan Peron, George
Washington, Winston Churchill, Adolf Hitler, Josif Stalin, Joshua Wong, Abraham
Lincoln risuoneranno per sempre nelle pagine dei libri di storia perché hanno
segnato, nel bene o nel male, il corso della storia mondiale e ciò che
l’umanità è oggi dipende, in gran parte, dalle azioni del passato. Singoli
uomini sono riusciti a rivestire ruoli fondamentali, dimostrandosi una guida
sicura o una figura di terrore per il proprio popolo. Qualunque merito o
demerito possano vantare, caratteristica comune è stata la capacità di assumere
un ruolo di potere, di influenzare le persone al punto tale da incidere sulle
azioni, i pensieri e gli atteggiamenti dei dominati. Per riuscire a capire come
un singolo individuo possa determinare la storia di una nazione occorre
approfondire il concetto di potere. Una delle definizioni che meglio racchiudono il significato di potere
è stata fornita da Max Weber. Il potere,
secondo il noto sociologo tedesco, è la capacità di un attore sociale di
controllare – alle volte attraverso l’uso della forza - il comportamento degli altri attori, anche
senza il loro consenso, condizionando le loro decisioni. Per raggiungere questo
controllo vengono attuate strategie differenti che i leader utilizzano, più o
meno consapevolmente, per influenzare gli altri. John French e Bertram Raven sono riusciti ad identificare cinque forme di
potere sociale partendo proprio dalle risorse che i singoli hanno a
disposizione. Una prima forma identifica nel potere da ricompensa la capacità o l’opportunità di promettere
oppure erogare ricompense, non necessariamente materiali. Si crea un vincolo
tra chi ha il potere e chi lo subisce. Il dominante deve dimostrare di avere le
competenze per dare soddisfazione al dominato; quest’ultimo attende una
ricompensa come unica cosa che conta per superare la propria sofferenza. Dando
un’accezione negativa a questo potere si passa ad una seconda forma individuata
da French e Raven, il potere coercitivo.
Attraverso punizioni o minacce di punizioni fisiche o simboliche, chi detiene
il coercitive power ottiene ciò che
desidera dal dominato. Non riesce, però, a fare cambiare atteggiamento o
mentalità e deve esercitare una sorveglianza continua per mantenere intatta la
sua autorità.
Alcuni leader raggiungono una posizione
di potere perché detengono specifiche competenze che vengono riconosciute ed
apprezzate. La credibilità e la fiducia sono elementi essenziali che dovranno
perdurare nel tempo per mantenere una relazione stabile tra chi influenza e chi
viene influenzato. Il rischio è vedere venir meno il potere da competenza anche a causa di un solo singolo errore. Un’ulteriore
risorsa identificata da French e Raven come essenziale per determinare il
potere sociale è il potere
dell’informazione. E’ la capacità di influenzare e manipolare gli altri
ricorrendo all’uso di argomentazioni logiche o informazioni funzionali alla
persuasione dell’interlocutore. Questo non significa che il soggetto dotato di
potere sociale sia realmente esperto di ciò che sta dicendo ma ha l’abilità di
sembrare tale. Possiede la capacità di scegliere tra tante l’informazione
adatta ad influenzare l’altro. Mostrandosi competente ed informato, poi, un
soggetto riuscirà facilmente ad esercitare il potere di riferimento diventando un punto di riferimento per chi
sta intorno. Maggiore sarà l’identificazione che riuscirà ad ottenere maggiore
sarà il potere esercitato. L’ultima forma di potere sociale si basa sulla
legittimazione data da valori, leggi e norme interiorizzate. Il potere legittimo non ha bisogno di
offrire ricompense, minacciare punizioni o mostrare competenze per essere
riconosciuto. Il diritto e l’autorità vengono date in quanto appartenenti ad
una data cultura o società, ad una specifica struttura sociale o a determinati
ruoli sociali.
Gran parte della storia, dunque, è
stata scritta da personaggi dotati di carisma che, almeno per un periodo di
tempo, sono riusciti ad indirizzare interi popoli verso la loro personale linea
di condotta, giusta o sbagliata che fosse. Nelle manipolazioni messe in atto si
possono identificare delle tecniche di condizionamento che consentono ad un
solo individuo di farsi ascoltare da migliaia di persone. L’abile stratega
inizia il suo percorso di manipolazione consentendo all’altro di conoscerlo ed
utilizzando una comunicazione studiata in modo tale da dire ciò che
l’interlocutore desidera ascoltare. Nelle strategie militari la comunicazione svolge
un ruolo fondamentale. Pensiamo per un momento alle strategie di propaganda
durante il periodo nazista e all’importanza che hanno avuto nella
determinazione del sostegno da parte della popolazione alla guerra e alle
persecuzioni. Una campagna costruita in ogni piccolo dettaglio ha fatto sì che
un uomo, Adolf Hitler, sia stato riconosciuto dalle masse come un leader con il
diritto di guidare la nazione in quel particolare periodo storico. E’ possibile
riscontrare nei discorsi propagandistici volti ad impressionare la massa e alla
creazione di una solida identità nazionale un elemento strategico chiave,
l’utilizzo dell’immagine del nemico. Un “noi” costituito da istanze morali e
caratterizzato da un comportamento eroico si contrappone all’immagine degli
“altri”, diabolici e ingannatori. Sullo stereotipo del nemico come il diverso
da combattere si sono costruite molte guerre e tante altre se ne costruiscono
ancora oggi sulla base non di serie ragioni di difesa ma di pregiudizi, di
mancanza di comunicazione, di una visione dicotomica del mondo, della paura
dell’estraneo e della de-umanizzazione dell’altro.
* Dottoressa, Ricercatrice CESVAM
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