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mercoledì 12 giugno 2019

La figura del Leader

DIBATTITI
    Contributo alla conoscenza della formazione 
 della leaderschip nel contesto sociale



Il potere di un uomo

di
Valentina Trogu*






La storia di ogni nazione è caratterizzata da un alternarsi di personaggi  sulla scena politica e militare che sono stati chiamati, più o meno legittimamente, a prendere decisioni  per un intero popolo. Nomi come Juan Peron, George Washington, Winston Churchill, Adolf Hitler, Josif Stalin, Joshua Wong, Abraham Lincoln risuoneranno per sempre nelle pagine dei libri di storia perché hanno segnato, nel bene o nel male, il corso della storia mondiale e ciò che l’umanità è oggi dipende, in gran parte, dalle azioni del passato. Singoli uomini sono riusciti a rivestire ruoli fondamentali, dimostrandosi una guida sicura o una figura di terrore per il proprio popolo. Qualunque merito o demerito possano vantare, caratteristica comune è stata la capacità di assumere un ruolo di potere, di influenzare le persone al punto tale da incidere sulle azioni, i pensieri e gli atteggiamenti dei dominati. Per riuscire a capire come un singolo individuo possa determinare la storia di una nazione occorre approfondire il concetto di potere. Una delle definizioni  che meglio racchiudono il significato di potere è stata fornita da Max Weber.  Il potere, secondo il noto sociologo tedesco, è la capacità di un attore sociale di controllare – alle volte attraverso l’uso della forza -  il comportamento degli altri attori, anche senza il loro consenso, condizionando le loro decisioni. Per raggiungere questo controllo vengono attuate strategie differenti che i leader utilizzano, più o meno consapevolmente, per influenzare gli altri. John French e Bertram Raven  sono riusciti ad identificare cinque forme di potere sociale partendo proprio dalle risorse che i singoli hanno a disposizione. Una prima forma identifica nel potere da ricompensa la capacità o l’opportunità di promettere oppure erogare ricompense, non necessariamente materiali. Si crea un vincolo tra chi ha il potere e chi lo subisce. Il dominante deve dimostrare di avere le competenze per dare soddisfazione al dominato; quest’ultimo attende una ricompensa come unica cosa che conta per superare la propria sofferenza. Dando un’accezione negativa a questo potere si passa ad una seconda forma individuata da French e Raven, il potere coercitivo. Attraverso punizioni o minacce di punizioni fisiche o simboliche, chi detiene il coercitive power ottiene ciò che desidera dal dominato. Non riesce, però, a fare cambiare atteggiamento o mentalità e deve esercitare una sorveglianza continua per mantenere intatta la sua autorità.
Alcuni leader raggiungono una posizione di potere perché detengono specifiche competenze che vengono riconosciute ed apprezzate. La credibilità e la fiducia sono elementi essenziali che dovranno perdurare nel tempo per mantenere una relazione stabile tra chi influenza e chi viene influenzato. Il rischio è vedere venir meno il potere da competenza anche a causa di un solo singolo errore. Un’ulteriore risorsa identificata da French e Raven come essenziale per determinare il potere sociale è il potere dell’informazione. E’ la capacità di influenzare e manipolare gli altri ricorrendo all’uso di argomentazioni logiche o informazioni funzionali alla persuasione dell’interlocutore. Questo non significa che il soggetto dotato di potere sociale sia realmente esperto di ciò che sta dicendo ma ha l’abilità di sembrare tale. Possiede la capacità di scegliere tra tante l’informazione adatta ad influenzare l’altro. Mostrandosi competente ed informato, poi, un soggetto riuscirà facilmente ad esercitare il potere di riferimento diventando un punto di riferimento per chi sta intorno. Maggiore sarà l’identificazione che riuscirà ad ottenere maggiore sarà il potere esercitato. L’ultima forma di potere sociale si basa sulla legittimazione data da valori, leggi e norme interiorizzate. Il potere legittimo non ha bisogno di offrire ricompense, minacciare punizioni o mostrare competenze per essere riconosciuto. Il diritto e l’autorità vengono date in quanto appartenenti ad una data cultura o società, ad una specifica struttura sociale o a determinati ruoli sociali.
Un leader, per essere tale, può avere tutte o alcune delle forme di potere presentate ma non saranno sufficienti se non verranno accompagnate da un personalità forte e da un carattere determinato e risoluto che consentirà di attuare ulteriori strategie di persuasione e di strumentalizzazione. Weber definiva questi tratti con un solo termine, carisma. Il leader carismatico è una guida per il popolo, un eroe la cui parola non viene messa in discussione e la cui volontà è sempre seguita. Si potrebbe aggiungere “nel bene e nel male”, ma bisogna dar atto al sociologo tedesco di aver dato una definizione che sostiene la tesi per cui un singolo può arrivare al potere solo se in possesso del carisma necessario, visto come “una forza che crea la storia e la sua carica rivoluzionaria rifonda le identità altrui; il fascino del carisma abbaglia le coscienze e le rinnova”.
Gran parte della storia, dunque, è stata scritta da personaggi dotati di carisma che, almeno per un periodo di tempo, sono riusciti ad indirizzare interi popoli verso la loro personale linea di condotta, giusta o sbagliata che fosse. Nelle manipolazioni messe in atto si possono identificare delle tecniche di condizionamento che consentono ad un solo individuo di farsi ascoltare da migliaia di persone. L’abile stratega inizia il suo percorso di manipolazione consentendo all’altro di conoscerlo ed utilizzando una comunicazione studiata in modo tale da dire ciò che l’interlocutore desidera ascoltare. Nelle strategie militari la comunicazione svolge un ruolo fondamentale. Pensiamo per un momento alle strategie di propaganda durante il periodo nazista e all’importanza che hanno avuto nella determinazione del sostegno da parte della popolazione alla guerra e alle persecuzioni. Una campagna costruita in ogni piccolo dettaglio ha fatto sì che un uomo, Adolf Hitler, sia stato riconosciuto dalle masse come un leader con il diritto di guidare la nazione in quel particolare periodo storico. E’ possibile riscontrare nei discorsi propagandistici volti ad impressionare la massa e alla creazione di una solida identità nazionale un elemento strategico chiave, l’utilizzo dell’immagine del nemico. Un “noi” costituito da istanze morali e caratterizzato da un comportamento eroico si contrappone all’immagine degli “altri”, diabolici e ingannatori. Sullo stereotipo del nemico come il diverso da combattere si sono costruite molte guerre e tante altre se ne costruiscono ancora oggi sulla base non di serie ragioni di difesa ma di pregiudizi, di mancanza di comunicazione, di una visione dicotomica del mondo, della paura dell’estraneo e della de-umanizzazione dell’altro.

* Dottoressa, Ricercatrice CESVAM


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