Al termine della IX battaglia dell'Isonzo nel giugno 1917 vi erano tutti i presupposti, avvalorati dalle fonti austriache, che una ulteriore offensiva italiana avrebbe portato al collasso la monarchia danubiana, quindi alla fine della guerra. La strategia di logoramento di Cadorna si stava rilevando vincente e quindi queste considerazioni portano anche a rivalutare la figura, oggi presentata molto negativa dalla storiografia dominante, di questo generale.
Cadorna chiedeva agli Alleati sostegno alle offensive italiane che
ormai potevano dare frutti strategici copiosi. Il 24 giugno 1917 a Parigi si
tenne una importanze conferenza che fu seguita da quella di Londra del 7-8
agosto a Londra. La posizione italiana, delineata dal Cadorna, era chiara.
Occorreva che, se i tedeschi avessero prelevato divisioni dal fronte francese
ed inviate su quello italiano, gli Alleati dovevano inviarne altrettante in
Italia. In questo caso ottenne l’assicurazione dei Francesi. Cadorna era sempre
più convinto d insistè presso gli Alleati che una offensiva lanciata sulla
fronte italiana poteva portare al collasso dell’esercito austriaco. Le
condizioni del successo erano chiare e le espose in modo sintetico agli
Alleati: 1. La Russia si doveva impegnare ad attaccare in Galizia per evitare
che gli Austroungarici portassero divisioni da quel fronte a quello italiano;
2. Sul fronte occidentale i franco-inglsi dovevano attaccare per „fissare“ le
forze tedesche a quel fronte. 3. Inviare in Italia dieci divisioni con relativi
supporti e artiglieria, forze ritenute indispensabili per poter conseguire il
successo.
Dopo gli esiti della XI Battaglia dell’Isonzo i presupposti per
l’attuazione di questo disegno vi erano tutti. Il 25 agosto 1917 l’Ufficio
operazioni del Comando Supremo Austroungarico presentava un promenoria che da
un verso è l’origine della XII Battaglia dell’Isonzo, dall’altro da ampiamente
ragione a Cadorna che la situazione era ormai maura per una offensiva finale
vittoriosa:
“Ancorchè l’11 Battaglia dell’Isonzo non sia
finita è permesso sperare che, ancora per questa volta gli Italiani non
raggiungono il loro obiettivomilitare: Trieste. Si può anche sperare che noi
potremo recuperare, almeno in parte, il terreno perduto. Ma se si vuole
eliminare radicalmente di non poter ad un certo momentotener testa al nemico, è
indispensabile passare all’offensiva poichè questa sola può conseguire il
risultato cercato.“[1]
La zona dove si doveva sviluppare l’offensiva era l’Isonzo ed in
particlare verso Tolmino-Plezzo con direttrice Cividale in quando era una zona
ricca di comunicazioni e quindi la rottura del fronte era più agevole. Era una
soluzione pressochè obbligata in quanto le condizioni meteorologiche, con l’inverno
alle porte, impediva ogni azione nel Trentino. Il calcolo delle forze
disponibili era presto fatto: gli Italiani disponevano di circa 40 divisioni; l’Austria
né aveva a disposizione circa 20 e quindi era giocoforza richiedere l’aiuto allo alleato
germanico. Ancora una volta, come alla vigilia della offensiva nel Trentino nel
1916, l’Austria non ha le forze necessarie per attaccare con probabilità di
successo; questa volta, come si vedrà, non si lanceranno alla ventura da soli e
per noi saranno giorni tristi e tragici.
Il giudizio che gli Austriaci danno del Regio Esercito è di rispetto e
considerazione, lusinghiero per noi Italiani.
“In questi due anni il nemico si
era trasformato radicalmente. Forse, a quest’ora aveva già superato lo zenit
della saldezza interiore.. eppure rimaneva un fatto inoppugnabile, che aveva
imparato a morire, che aveva fatto l’abitudine alle perdite più cruente e che
bastava la più vaga speranza di un successo per renderlo addirittura temerario…
L’artigliera italiana, oltre ad essere forte per il numero e la potenza die calibri
sapeva fare un uso ben diverso , adesso, delle munizioni, non le sprecava più
senza scopoe senza risparmio come nelle prime battaglie. Il suo tiro era
diventato micidiale, colpiva tutti i punti immaginabili…E poi c’erano gli aviatori
italiani, assai più numerosi die nostri e con apparecchi infinitamente migliori
dei nostri a disposizione. Coraggiosi fino a sfiorare l’incoscienza, avevano
già procurato grossi dispiaceri alla imperial regia armata dell’Isonzo. Per
tutta questa srie di motivi, il Comando dell’Armata dell'Isonzo nutriva serie
preoccupazioni nell’imminenza della nuova offensiva.“[2]
Nell'agosto 1917 una maggiore comprensione degli Alleati, sopratutto degli Inglesi ed un Governo più deciso avrebbe potuto riscrivere completamente la Storia. Quello che temevano gli austriaci e le loro paure avrebbe dovuto essere meglio valutato dai nostri responsabili. A volte guardare oltre la siepe si può trovare elelenti di decisione che superano le nostre debolezze e le nostre criticità.
Massimo Coltrinari
centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
[1]
Montanari M., Politica
e strategia in cento anni di guerre italiane. Tomo II. La Grande Guerra., Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore
dell’Esercito, Ufficio Storico, 2000, pag. 494
[2]
Weber F., Da Monte Nero a Caporetto,, pag. 337-338.
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