APPROFONDIMENTI
I RAPPORTI
DI PADRE GIOVANNI
MINOZZI E PADRE GIOVANNI SEMERIA
CON I CAPPELLANI
MILITARI E I PRETI SOLDATI*
Massimo Squillaci
«Io avevo notato, fin dal principio della guerra, un
distacco netto tra i Cappellani e i loro confratelli in sacerdozio rimasti semplici
preti e adibiti a servizi umili, non di rado assai bassi e faticosi»[1].
Anche Padre Giovanni Minozzi, pertanto, aveva avvertito
subito la delicata situazione in cui si trovavano i Preti soldati rispetto ai
Cappellani militari. Questi ultimi erano dei graduati e per lo più, tranne non
poche eccezioni, non vivevano le vicende belliche in prima linea; mentre i
Preti soldati erano a contatto diretto con gli altri militi e ne condividevano pericoli
e disagi. Se questo da una parte fece nascere un maggior senso di solidarietà[2],
rispetto a quello che i soldati provavano per i Cappellani, dall’altra, però,
la parità di grado comportava che spesso non venissero trattati con molto
rispetto da parte degli altri commilitoni, specialmente da quelli privi di
sentimenti religiosi.
Ed il sacerdote abruzzese, tra i vari compiti che si
prefisse di raggiungere nella sua permanenza al fronte, vi fu anche quello di
sollecitare la più larga solidarietà e collaborazione tra coloro che in
definitiva erano «confratelli in sacerdozio». Perché, come più volte ebbe a
dire, il fine ultimo era quello dell’assistenza spirituale, morale e materiale
ai soldati e, pertanto, non potevano ammettersi dissidi e incomprensioni tra
coloro che a questa santa cura dovevano dedicarsi.
* Si riporta una anteprima del saggio di Massimo Squillaci, che sarà pubblicato sul prossimo numero dei "Quaderni"
[1]
Giovanni Minozzi, Ricordi di guerra,
Tipografia Orfanotrofio Maschile, Amatrice 1956, vol. 1, pag. 626.
[2]
«Si tenga […] presente che molti preti-soldati […] erano di estrazione
popolare, spesso contadina come buona parte dell’esercito, e anche
semianalfabeti, al pari di tanti semplici soldati» (Roberto Morozzo della
Rocca, La fede e la guerra. Cappellani
militari e preti soldati 1915, 1919, Gaspari Editore 2015, pag. 95, dal
quale sono tratte diverse citazioni del presente articolo).
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