APPROFONDIMENTI
GLI INTERVENTISTI ALLA PROVA
Pietro Nenni
di massimo coltrinari
I primi sei mesi di guerra sono il banco di
prova degli interventisti. Volta strenuamente la guerra, ottenutala, ora
dovevamo dimostrare che questa era la soluzione ai molti problemi sul tappeto.
Pietro Nenni, come Peppino Garibaldi,
repubblicano, rappresenta l’interventismo risorgimentale, che vede nella guerra
all’Austria il compimento dell’Unità nazionale. Date le dimissioni da direttore
del “Lucifero”, affidato all’amico Enrico Sternini, il 27 maggio 1915 si
arruola volontario. La sua prima destinazione
fu il 3° Reggimento artiglieria da costa. La sua classe di leva fu
richiamata il 1 giugno 1915, quindi il suo arruolamento volontario viene
dichiarato nullo su disposizione del Distretto Militare di Ravenna. Questo
significò che Pietro Nenni fece la Grande Guerra da richiamato e non da
volontario, particolare non da poco per chi
si era schierato dalla parte interventista. La sua nuova destinazione fu
il 5° Reggimento da Fortezza di stanza a Ravenna; da qui fu destinato al 1°
Reggimento pesante campale di stanza a Casale Monferrato. Il 13 giugno era a
Venezia, e pochi giorni dopo raggiunse il suo reggimento.
“Il Popolo d’Italia”, nella rubrica “i
nostri soldati” in data 4 luglio 1915 pubblicò in prima pagina la fotografia di
Pietro Nenni in uniforme da artigliere con una didascalia molto significativa:
“Fu
uno dei più giovani rivoluzionari della “settimana rossa”… Ora nasconde la
camicia rivoluzionaria sotto il cappotto grigio del volontario. Dà la sua
giovinezza ed il suo ardore alla nuova battaglia contro i barbari… A Pietro
Nenni, al nostro buon amico giovane, i nostri più vivi saluti”[1]
A Casale Monferrato segue un corso di
osservatore e goniometrista, ma il suo vivo desiderio eè di raggiungere il
fronte. In una lettera ad Enrico Sterni del 5 agosto 1915 esterna questo suo
vivo desiderio, lettera che fu pubblicata sul “Lucifero” il 14 agosto:
“Si
parte! Ecco la magnifica notizia che finalmente posso darti…Ne abbiamo avuto
l’annuncio ufficiale.. Si ride, si canta… Fra alcuni giorni sarò in prima
linea. Vedrò biancheggiare lontano Trieste. Spero di ritornare…Se il destino
dovesse volere che ciò non fosse, mille volte meglio per i miei cari piangermi
caduto che avermi a casa cadavere morale, cinico traditore, egoista
calcolatore. Più della vita l’onore. Più del pane, la dignità. E’ un nome
onorato più che un pane sicuro, che mi preme lasciare ai miei figli”[2]
Eccheggiano qui elementi che saranno poi nel
dopoguerra ripresi nello scontro politico e che poi saranno travisati per
sostenere una politica di repressione. La partenza per il fronte, però, viene
rinviata. In altri termini tempi e modi vengono stabiliti dai Comandi, senza
tener conto delle aspirazioni o desideri dei singoli. Un mese dopo, il 5
settembre 1915 un suo articolo è pubblicato sul “Lucifero”, data”Casale
Monferrato 10 Agosto” dal titolo “Fermezza e Disciplina”, che inizia in questa
maniera:
“Io spero che sarò al fronte, quando nel
Lucifero compariranno queste brevi righe. Dopo di essermi raccomandato a
generali, a ministri, a deputati, finalmente il mio ardente desiderio sta per
essere appagato. La vita di caserma non è tale da soddisfare l’alto senso di
responsabilità ch’io sento in quest’ora… Questa guerra.. era necessaria perche
fosse dimostrato al mondo che non siano un popolo di cantastorie,di figurini,
di mandolinisti e di puttane, ma un popolo forte e vigoroso, capace di superare
i più tremendi ostacoli e di accoppiare al senso squisito dell’arte, della
scienza, dell’amore la forza armata a difesa del diritto e della giustizia”[3]
Pietro Nenni viene inviato al fronte il 30
settembre 1915. Il “Lucifero” del 31 ottobre e del 21 novembre 1915 riporta le
note inviate da Nenni che descrivo, come una sorta di diario spontaneo, questi
avvenimenti:
“C…(asale)
M…(onferrato), 29 settembre 1915. Nell’ordine del giorno per domani alle ore
quindici. Finalmente gliel’abbiamo fatta. I soldati sono pieni di entusiasmo.”
“30 settembre. Si
parte. Vado verso la meta radiosa e ricordando i morti di Ancona[4]più grande sarà la voluttà della vendetta…”
“Zona di guerra 2 ottobre. Sono giunto
all’estremo limite ferroviario. Ora proseguo a piedi. Spero di trovare per via
il 31° Reggimento artiglieria da campagna che è a riposto. Pioviggina. C’è
salute, allegria, entusiasmo. Il tuono del cannone mette nel sangue il
desiderio di lotta”
“3
ottobre. Mi è destinata oggi la batteria. Vado aggregato..reggimento, batteria
“Italia”. Troverò l’onorevole De Ambris che è del medesimo reggimento, alla
batteria “Queirolo”, che è vicinissima alla mia. Che movimento qui!
“4 ottobre. Ho camminato tutto ieri quasi sempre
sotto la pioggia. E’ straordinario come ciò non dia fastidio. In territorio
austriaco ho trovato molti amici. Sono qui con Chiesa e De Ambris e spero di
vederli. Ho incontrato il… ove sono Strappa, Zio, Ferretti ecc. Stanno
benissimo. Ho visto anche Saltara. Ci siamo abbracciati. Tutti sono
allegrissimi. Ora proseguo su per i monti onde raggiungere la mia batteria.”
“5 ottobre. Sono attendato a mille metri
d’altezza. Gli austriaci si trovano a meno di due chilometri. Oggi ci hanno
dato il ben arrivati con qualche decina di granate spese inutilmente. Fra
qualche giorno grandi cose avverranno qui. Per Tolmino e Gorizia ruit ora. Salute ottima. Morale elevatissimo. Fa
freddo. Piove. Si ritorna ai tempi trogloditici
“7 ottobre Oggi sono salito per la prima
volta all’osservatorio al quale sono addetto come goniometri sta. Qui siamo a
meno di mezzo chilometro dalle linee austriache e coi cannocchiali spiamo ogni
loro azione. Da dove sono io si domina tutto il fronte al monte Nero tutto già coperto di neve. Di
qui si capisce quali dure prove abbiano a superare i nostri. Quello che stamane
ha costituito per me il record della novità è stato l’apparizione di una
aeroplano austriaco, fatto segno a nutrito fuoco delle nostre batterie
antiaeree. Abbiamo goduto lo spettacolo degli shrapnel scoppianti attorno al
nemico. Più tardi è apparso un nostro velivolo e quello austriaco e fuggito” [5]
Il “Popolo d’Italia” pubblicava in data 11
ottobre una cartolina inviata da Nenni “ ai “carissimi” redattori del giornale
e che terminava con questa frase “Questa
è la vita - - intendendo quella del militare al fronte (n.d.a) – che
vale la pena di essere vissuta. Affettuosi saluti”.[6]
Ad ottobre, quindi Pietro Nenni si trovava
sul Fronte dell’Isonzo, davanti a Gorizia e prestava servizio presso di
osservatori d’artiglieria di Quota Pelata, del “Lenzuolo Bianco”, dei “Massi
Rocciosi”, tutti posti ben noti allora e che spesso vedevano la visita
dell’allora colonnello Pietro Badoglio. In una lettera del 10 ottobre 1915 sempre
ad Enrico Sterni Pietro Nenni mostra tutta la sua soddisfazione quando conclude:
“..Inutile dirti che sto benissimo. I
soldati mi considerano, direi quasi, un fratello maggiore; i superiori
concedendomi l’onore di essere agli avamposti come goniometri sta mi dimostrano
pure il loro affetto. Di più non chiedevo, che del resto nulla vale la gioia di
essere qui a servire l’Italia”[7]
Ma la
bellezza di essere al fronte non significava che non vi era pericolo. In una
lettera a Sternini datata 22 ottobre descrive come rischiò di essere ucciso
[8]“Dal giorno 17 siamo in piena azione… Il
giorno 20 io ho dovuto attraversare, per recare ordini dall’osservatorio alla
batteria, la zona battuta dal fuoco nemico e nonostante molti shrapnel mi
scoppiassero attorno sono rimasto illeso. Non c’è posto per me al mondo di là. Del
resto le cose vanno molto bene.”
Questo suo convincimento era suffragato da
ogni suo scritto. Il 16 ottobre aveva iviato al “Ordine-Corriere Adriatico” di
Ancona diretto da Vittorio vettori un articolo dal titolo “Campo dell’Onore,
Impressioni e Ricordi” che, però fu pubblicato solo il 22-23 novembre 1915.
Nel frattempo, in Ancona, il 31 ottobre
nasce la terzogenita di Pietro Nenni, che lui volle, sottolineando il
particolare momenti che sta vivendo, chiamare Vittoria, quella che lui
auspicava fermamente all’Italia in questa guerra. Il 28 ottobre fu promosso caporale per merito
di guerra e ebbe modo di scrivere:
“La
vita senza libertà non vale la pena di essere vissuta; per la libertà
combatterono e morirono i nostri padri; per la libertà chè sì cara qui si
combatte e si muore”[9]
Nonostante tutto questo fervore patriottico, e
le buone intese che Nenni viveva, dalle autorità militari era sempre visto come
un pericoloso sovversivo, memori dei suoi trascorsi recenti, in particolar modo
la Settimana Rossa, che fu rivolta di popolo volta ad abbattere la Monarchia ed
instaurare la repubblica. Già a Casale Monferrato l’elemento di diffidenza
delle Autorità Militai era emerso, quando lo stessi Nenni scrive:
“Quando..
chiesi di essere inviato al fronte, dovetti constatare che il mio zelo appariva
sospetto alla burocrazia militare, la quale mi teneva per un pericolassimo
sovversivo e m’attribuiva chissà quali diabolici disegni. Tanto più che m’ero
messo decisamente in disgrazia rifiutando di prestare il rituale giuramento al
Re e finendo poi in carcere. Solo l’intervento di Salvatore Barzilai… valse ad
ottenermi l’autorizzazione a partire”[10]
A novembre Pietro Nenni viene segnalato dai
suoi superiori per un corso allievi ufficiali. Il disperato bisogno di
Ufficiali subalterni con un minimo di esperienza di guerra era alla base di
questa segnalazione. De resto i Comandi delle unità minori non davano peso ai
precedenti ma guardavano l’operato di servizio prestato sotto i loro occhi. E
questo giustificava ampiamente la segnalazione per il corso Ufficiali.
Giunto alla scuola, naturalmente il vaglio
diventava più severo. Immediatamente emergevano i precedenti e questo faceva si
che non si accordasse a esponenti come Nenni, e lo vedremo, anche a Mussolini,
e a tanti altri combattenti volontari interventisti l’autorizzazione a
frequentare il corso e ad avere il grado di Ufficiale. Era, peraltro, una mera
questione interna dei Comandi militari, perché non risulta che Nenni abbia
presentato mai domanda di frequentare un corso Allievi Ufficiali.
Di contro, nonostante tutta la prezza delle
idee interventiste e patriottiche, Nenni non si rendeva conto, imputando ciò
alla ottusità burocratica, che
l’Autorità Militare lo considerava un potenziale pericolo nel quadro della
disciplina e della dedizione; il fenomeno delle diserzioni, del darsi alla
macchia,della renitenza e del cercare di passare le linee e darsi prigioniero
era già abbastanza diffuso che non vi era spazio a comprensioni di sorta.
Scrive al riguardo:
“..
dovetti alle diffidenze…della burocrazia militare di essere messo alla porta e
riaccompagnato al fronte fra i carabinieri come un volgare delinquente.”[11]
Il 1915 si conclude per Pietro Nenni con la
licenza invernale, che gli permette di raggiungere Ancona il 1 gennaio 1916 e
quindi di vedere la sua terzogenita e trascorre alcuni giorni in famiglia.
IL 14-15 dicembre l’ “Ordine-Corriere
Adriatico” pubblica il secondo ed ultimo articolo che Nenni inviò nel 1915 dal
titolo “Sull’Isonzo. Impressioni e Ricordi”. Il 15 dicembre aveva mandato al “Lucifero” un articolo dal
titolo “Sulla soglia del 1916” dove tracciava un consuntivo dell’anni che stava
per terminare. Tra le righe dell’articolo svelava in maniera indiretta la
paternità del pseudonimo Cavaignac
da lui usato nei precdenti articoli e soprattutto durante la Settimana Rossa.
Questo fu immediatamente rilevato dalla Questura che immediatamente fu
segnalata al procuratore generale della Corte d’Assise di Ancona “ per l’eventuale
prosieguo della nota istruttoria a su carico”. Come si evince chiaramente Nenni era sorvegliato;
non aveva smesso la sua attività giornalistica e scriveva liberamente su un giornale
che era notoriamente contro la Monarchia ed il Governo; inoltre la sua attività
politica continua , come dimostra il fatto che spronò alla ricostruzione dei
fasci rivoluzionari interventisti che si erano sciolti con la partenza per il
fronte dei principali protagonisti: pensare che potesse avere i gradi di Ufficiale
in guerra, nonostante il suo fervente ardore patriottico, significava non conoscere
la realtà dell’Esercito.
[1]
Dusmel D., Nenni e Mussolini. Mezzo
secolo di fronte, Milano, Rizzoli, 1969, pag.56
[2]
Ibidem
[3]
Ibidem
[4]
Molto probabilmente Nenni qui si riferisce ai Caduti della Settimana Rossa
dell’anno precedente. E’ una supposizione. Potrebbe anche riferirsi ai Caduti,
furono altre 68, del 24 maggio 1915 per il bombardamento della flotta austriaca
il primo giorno di guerra. (n.d.a)
[5]
Ibidem
[6]
Ibidem
[7]
Ibidem
[8]
Ibidem
[9]
Nenni P. Pagine di Diario. Milano,
Garzanti, 1947
[10]
Ibidem
[11]
Ibidem
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