Un colpo di Stato è fallito in una manciata di ore nella notte fra venerdì 15 e sabato 16 luglio in Turchia: in varie parti del paese, soprattutto a Istanbul ed Ankara, si sono verificati scontri letali fra esercito e polizia. Bilancio di 290 morti e 1400 feriti; spari ed esplosioni si sono registrati anche nei pressi del Parlamento e sul ponte del Bosforo, mentre il presidente Racep Tayyp Erdogan - in volo sul paese - incitava via Facetime la popolazione a scendere in piazza contro i golpisti. Prosegue intanto quella che Erdogan ha definito la “pulizia del virus all’interno di tutte le istituzioni dello Stato”: quasi seimila gli arresti fra militari e magistrati. Che cosa ci aspetta adesso, nel commento di Marco Guidi.
Chiamatela eterogenesi dei fini. Chiamatela fortuna nel senso che le diede Machiavelli. Chiamatela come volete, ma una cosa è certa: dopo il fallimento del golpe tentato da una parte delle forze armate turche, il presidente Racep Tayyp Erdogan si trova ad essere il padrone assoluto della Turchia e, d’ora in avanti, il signore incontrastato del suo paese. Il presidente-sultano ha vinto in modo stupefacentemente rapido la prova più dura cui è stato sottoposto e ora si prepara a cogliere i frutti della sua vittoria.
Gianfranco Uber, www.gianfrancouber.eu, http://www.cartoonmovement.com.
Che il quinto golpe dell’esercito fosse destinato a fallire lo si è capito (forse temuto) abbastanza presto. Quando è apparso chiaro che non tutte le forze armate, in particolare gli alti comandi, fossero schierate con i golpisti, quando la piazza del partito di governo Akp ha risposto all’appello di Erdogan, si è capito bene che, a differenza delle altre volte, i militari non avrebbero prevalso.
Ora l’esercito cessa per sempre di svolgere la funzione di guardiano della laicità che Atatürk gli aveva assegnato. Ora i laici sono messi all’angolo della vita politica. Spinti ad agire dall’insoddisfazione per la politica estera del presidente-sultano, dall’allarme per una islamizzazione sempre più totale, dalla guerra civile in atto nel sud-est curdo, i golpisti hanno mancato il colpo.
E ne pagheranno in modo letale le conseguenze. Ora, sotto una sottile patina di democrazia, Erdogan può riformare la costituzione, mettere in un cantuccio le opposizioni, ripulire dagli oppositori forze armate, magistratura, stampa, poteri economici, tutti, insomma.
E farlo con il plauso delle cancellerie che tifavano in cuor loro per i golpisti, ma che dovevano ufficialmente schierarsi per la democrazia e per un governo eletto dal popolo.
Lasciando perdere le accuse contro Fethullah Gulen ribadite da Erdogan, possiamo parlare di un golpe assai utile, forse addirittura previsto (che dire dell’appello alla mobilitazione popolare lanciato simultaneamente e con lo stesso testo da tutte le moschee?).
Di fatto da ora la Turchia voluta nel 1923 da Atatürk è morta.
Marco Guidi è giornalista esperto di Medio Oriente e Islam, a lungo inviato di Il Messagero, in Turchia e nel mondo arabo. Dalla sua fondazione insegna alla Scuola di giornalismo dell’Università di Bologna.
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