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martedì 30 luglio 2024

Editoriale Luglio 2024

 

Mese dedicato alla impostazione del secondo semestre accademico questo di luglio che si chiude in questi giorni. Impostazione delle linee guida delle attività dei Master. Primo passo l'analisi e la raccolta di quanto seminato nel semestre concluso, che ha dato buoni frutti. Almeno 7 elementi estremamente validi sono saliti a bordo della nostra navicella con le loro idee e la loro voglia di fare. Tutti sotto i trenta anni, e questa è una bella soddisfazione, Per gli argomenti, fermo restando la totale chiusura degli argomenti di attualità e di cronaca, come nel solco della tradizione CESVAM, stanno avendo interesse quelli dedicati all'80° della Guerra di Liberazione che sono propedeutici a quelli del prossimo anno. Altri si possono indicare  in quelli dedicati alla Prima Guerra Mondiale ed alla Prigionia di Guerra, che stanno avendo particolare successo. 

Il tema del Valore Militare, sempre centrale, sta avendo un particolare sviluppo con la conclusione degli export di provincia dell'Albo d'Oro Nazionale, con le prime indicazioni statistiche per provincie. In questo particolare settore iniziano, come da previsione, offerte di collaborazione che hanno tutte però il carattere non scientifico e metodologico; alcune poi maschero una carenza sostanziale di approccio, essendo tentativi di buona volontà a carattere locale,

Interessanti sono alcuni aspetti di iniziativa esterna, che presentano sviluppi molto concreti a costi irrisori, ma proposti da persone provenienti dal mondo militare che rifiutano totalmente l'associazionismo militare e il conseguente approccio alle tematiche storiche; alcuni poi detestano eventi e cerimonie come l'associazionismo li propone, nel ricordo di un passato in caserma non ceto esaltante. Il CESVAM è in grado di superare queste pregiudiziali e quindi avere la possibilità di collaborare con questi colleghi dalla indubbia capacità.

Massimo Coltrinari


lunedì 29 luglio 2024

Copertina Luglio 2024

                                                     




QUADERNI ON LINE


La divulgazione dei Valori del Nastro Azzurro è costante



                                                  Anno LXXXV, Supplemento on line, VII, 2024, n. 101

                                                                                Luglio  2024

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domenica 28 luglio 2024

Archivio Aldo Resta. 6° Reggimento Bersaglieri. Relazione del ciclo operativo 22 gennaio - 22 febbraio 1943 XXI

 ARCHIVIO

6° REGGIMENTO BERSAGLIERI

“…e vincere bisogna!”

COMANDO

OGGETTO: relazione del ciclo operativo 22 gennaio – 22 febbraio 1943. XXI.

AL COMANDO DEL II CORPO D’ARMATA

E per conoscenza:

AL COMANDO DELLA 3^ DIVISIONE CELERE

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

 


Il 6 ° bersaglieri, concentratosi a Korssuni il 9 gennaio dopo il ciclo operativo fra Don e Donez, aveva iniziato il riordinamento organizzando per ordine del comando 3^ divisione Celere le proprie forze nella seguente formazione:

-   un comando di rgt. con cp. comando;

-   un btg. bersaglieri su due cp.  fucilieri, una compagnia mitraglieri e una cp. armi di accompagnamento (un pl. cannoni da 47/32 + un pl.  mortai da 81).

Il giorno      21 gennaio giungeva ordine che tutte le forze disponibili dalla divisione Celere presenti a Korssuni dovevano costituire un reggimento di formazione agli ordini del Colonnello CARLONI e passare alle dipendenze del Comandante la divisione “Sforzesca” per partecipare alla organizzazione difensiva ed eventuale difesa della piazza di Rikowo.

Il giorno successivo si costituiva un bgt. di formazione   il quale in aggiunta al 6° bersaglieri, incorporava due battaglioni a piedi di formazione del 120° artiglieria. Inoltre sarebbe dovuto giungere a far parte del reggimento un btg. di bersaglieri di formazione  comandato dal capitano COSENTINO in movimento da Woroschilowgrad su Gorlowka.

Il 23 mattina il comando di divisione "Celere" partiva con le forze rimanenti per la sua destinazione, lasciando al reggimento un totale complessivo di circa 100 automezzi di cui 18 inefficienti e intrasportabili.

In ottemperanza agli ordini ricevuti fin dal giorno 22 dal comandante la div. “Sforzesca” il colonello CARLONI assumeva il comando del settore sud orientale della difesa di Rikowo con un battaglione (il 1° del 120° artiglieria) in servizio di vigilanza lungo la linea ferroviaria Rikowo­Korssuni, un altro battaglione (il II del 120° artiglieria) in riserva a Rikowo munito di automezzi per eventuali spostamenti, un terzo btg. (6° bersaglieri) in riserva a Korssuni col compito, di vigilanza sugli sbocchi sud e ovest dell’abitato e di pattugliamento a circa 40 km.; attorno alla piazzaforte di Rikowo.

Il btg. bersaglieri Cosentino veniva temporaneamente fermato a Gorlowka (villaggio Carlo Marx) ed il suo comandante assumeva il compito di comando del settore nord-ovest della piazza di Rikowo.

Il giorno 3 febbraio il col. CARLONI per ordine dal comando II Corpo assumeva il comando della piazza di Rikowo in sostituzione del comandante   della “Sforzesca” in partenza. Alle sue dipendenze aveva le seguenti forze: reggimento di formazione Carloni (6° bersaglieri), compreso il btg. Cosentino - XIX gr. art. c.a. -   II gr. 17° art.

L’armamento totale, in seguito alle operazioni di riordinamento era il seguente:

-   reggimento di formazione 6° bersaglieri (compreso il btg. Cosentino): fucili mitragliatori 35 - mitragliatrici 20 - mitragliere da 20 m/m n.3 - cannoni da 47/32 n. 2 – mortai da 81 n.3;

-   XIX gruppo Artiglieria contraerea:

cannoni da 75/40 n .5 - mitragliatrici contraeree n. 4;

-   Il gruppo 17°   artiglieria:

obici da 75/18 n .5 -  mitragliere da 20 m/m n.4 - mitragliatrici n.2.

Armamento   individuale al completo.

Dotazione di munizioni sufficiente per combattimenti di non lunga durata.

La sera del giorno 3 l’Eccellenza comandante del II C.A. comunicava al col. CARLONI che nella notte dal 3 al 4 sarebbe venuto a cessare il servizio di difesa della piazzaforte di Rikowo e dalle ore   6 del giorno 4 sarebbe stato assunto dalle truppe germaniche. La colonna doveva concentrarsi a Korssuni e ripartire il successivo giorno 5 per raggiungere in tre tappe Dnjepropetrowk.

Durante il tragitto la colonna avrebbe dovuto assicurare la protezione dell’itinerario contro eventuali incursioni di truppe motorizzate russe segnalate      in provenienza da nord. Per tale scopo fin dalla sera del giorno 3 veniva distaccata a 10 km.  a nord di Grischino una cp. del I° gruppo 120° art. rinforzata e con un obice da 75/18 e con una mitragliera da 20 m/m.

Il giorno 5 le proibitive condizioni atmosferiche impedivano il movimento della colonna; esso però fu attuato il giorno 6, superando notevoli difficoltà.

La notte del 6 al 7 la colonna sostava a Sselidowka. Il mattino successivo veniva compiuta la seconda tappa con soste a Pawlograd, dove veniva attuata una sosta per deficienza di carburante.

Per le vicende operative svoltesi a nord nei pressi di Losowaja e nei pressi di Grischino si delineava il giorno 8 la minaccia alle vie di comunicazione lungo le quali si stava svolgendo lo sgombero della divisione “Ravenna” e di truppe germaniche della 6^ Armata. Il giorno 9 successivo tale minaccia si concretava con la puntata di carri su Grischino e con l’attacco in forze su Losowaja che impegnava e metterà in crisi una debole divisione di formazione germanica.

Il col. CARLONI resosi conto della situazione e constatato che per la esistente crisi di effettivi delle truppe germaniche le due   vie di comunicazione per   Dnjepropetrosk   e   per ****

sabato 27 luglio 2024

Temi di Laurea Riflessioni sulla Grande Guerra Bibliografia II

 NOTIZIE CESVAM





MASSIMO COLTRINARI, GIANCARLO RAMACCIA, DIZIONARIO MINIMO DELLA GRANDE GUERRA. 1914. L’ANNO FATALE. L’alterazione degli equilibri europei e l’esclusione dell’Italia, Roma, Società Editrice Nuova Cultura – Università Sapienza, Collana I Libri del Nastro Azzurro, Pag. 210, ISBN 978 88 3365 049 4, Euro 20, Vol. 1

 

Compendio 1914, dopo l’introduzione in cui sono analizzate le cause remote e prossime che portarono alla Grande Guerra, in un quadro geopolitico del mondo e l’Europa in quell’ultimo anno di pace, analizza le dottrine ed i procedimenti di impiego, la mobilitazione ed i piani di operazione  dei principali eserciti coinvolti, passa ad analizzare i vari fronti, occidentale, orientale e balcanico, oltre a quello in mare e nelle colonie che si sono formati per effetto delle dichiarazioni di guerra che si sono succedute ad effetto domino. Infine un capitolo dedicato all’Italia, che si ritrovò quasi di sorpresa senza alleati e senza amici in una neutralità che per tutto il restante anno fu quasi paralizzante la politica italiani, prima che il Paese fosse chiamato a scegliere tra neutralità ed intervento e la politica e l’opinione pubblica si fronteggiasse tra neutralisti e interventisti.

 

Il volume è acquistabile in tutte le librerie. Oppure

Presso la Casa Editrice, (Società Editrice Nuova Cultura attraverso la email:

ordini@nuovacultua.it o il sito: www.nuovacultura.it/ collane scientifiche)

Presso la Segreteria dell’Istituto del Nastro Azzurro (segrreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org)

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venerdì 26 luglio 2024

Le mutazioni al vertice militare italiano 1943-1944 Da Messe a Cadorna

 DIBATTITI
Progetto 2024/1



1

 

Il vertice militare italiano ebbe una evoluzione degna di nota, in vista della organizzazione postbellica delle Forze Armate. Oltre a due casi di stretta natura politica che preannunciavano i nuovi equilibri politici in Italia, vi fu il passaggio di comando dal Maresciallo Messe al generale Cadorna, comandate del Corpo Volontari della Libertà, mentre sul piano operativo si assisteva alla entra in linea del Gruppi di Combattimento.

 

I due casi politici sotto linearono la dipendenza ancora completa dagli Alleati delle Forze Armate italiane, dove tenevano banco il predominio degli Alleati ed i loro interessi. Ai primi di gennaio 1945 il Governo Tito chiese in modo formale e perentorio che l’ex Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Mario Roatta, venisse processato come criminale di guerra; altrettanto aveva avanzato la medesima accusa nei confronti del generale Taddeo Orlando, già ministro della Guerra, che aveva svolto l’incarico di Comandante dell’Arma dei Carabinieri. Questa accuse facevano sorgere un problema molto difficile per gli Alleati. Da un lato avevano dato il pieno appoggio a Tito nella speranza di averlo dalla propria parte, nel quadro della politica balcanica, soprattutto britannica. Tito aveva ripagato questo sostegno, con il quale era divenuto l’assoluto padrone della Jugoslavia, lasciando l’isola di Lissa, presidiata da truppe britanniche ed aveva raggiunto il maresciallo sovietico Tolbukin in Romania, pregando di inviare reparti dell’Armata Rossa a liberare Belgrado. Era una aperta ammissione che il comunista Tito sceglieva per il dopoguerra il campo non occidentale. Un processo a Roatta, che era stato anche capo del SIM, il servizio Informazioni Italiano, e che era in possesso di importanti documenti su Cherchill e la politica inglese nei Balcani, significava mettere in mostra elementi che avrebbero portato discredito a Londra e in generale agli Alleati

 

La soluzione fu trovata con un espediente. Il 4 marzo 1945 il generale Roatta fuggì, o fu fatto fuggire, dall’Ospedale Militare dove era ricoverato sotto sorveglianza. Dalla vicenda Roatta emergeva una chiara linea politica. Gli Alleati mantenevano ed esercitavano in Italia il potere di veto sulle decisioni delle autorità italiane, pur essendo l’Italia cobelligerante, sulla scia dell’armistizio “lungo”. E questo doveva essere tenuto presente quando gli interessi italiani erano n contrasto con quelli alleati. A conferma di questo assunto si ha il caso del gen. Berardi, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Berardi dal novembre 1943 aveva sempre con decisione difeso le posizioni italiane, soprattutto quando era in gioco il prestigio ed il valore del Regio Esercito. Inoltre Berardi riusciva antipatico, se non proprio inviso a numerosi politici italiani. E’ credibile che a deciderne l’allontanamento dalla carica di Capo di Stato Maggiore siano stati gli Alleati, e che ai nostri uomini di governo più d’uno dei quali fu sicuramente ben lieto di ottemperare. La sostituzione del gen. Berardi era accompagnata in parallelo dal ridimensionamento delle attribuzioni del Capo di Stato Maggiore Generale, in un quadro di reale ridimensionamento del potere politico che i vertici militari avevano. Era in iniziato il dopoguerra, in cui la componente militare fu via via estromessa da ogni decisione politica. La sostituzione di Berardi aveva per gli Alleati un preciso significato: togliere dalla scena un personaggio che avrebbe potuto, dopo il Maresciallo Messe, rivendicare il coordinamento dell’attività operativa dei Gruppi di Combattimento non solo per la carica ricoperta, ma anche per l’azione appassionata e concreta svolta per l’approntamento di quelle Unità.[1] E’ significativo che a sostituire Berardi fu chiamato un generale di brigata, Ercole Ronco, il quale essendo per grado o per anzianità di grado inferiore ai comandanti dei Gruppi, non avrebbe potuto pretendere di sovraintendere all’impiego in combattimento delle Unità italiane. Dietro la versione ufficiale, che non ha alcun significato, vi era ben preciso l’interesse alleato, soprattutto britannico di minimizzare la reale portata del concorso operativo italiano

Ed evitare che ne derivasse un nuovo prestigio alle Forze Armate italiane che avevano dato prova di valore militare. Questa decisa presa di posizione era funzionale agli interessi britannici, che in ogni settore volevano oltre che minimizzare svalutare l'apporto italiano alla fase finale della guerra in Italia. Un atteggiamento che trovava d’accordo molti esponenti dei nascenti politici italiani e che si è riverberato nella nostra opinione pubblica, la quale ignora questo apporto, che vedremo più avanti.

 Nel solco di questa politica non si poteva non arrivare all’avvicendamento del Capo di Stato Maggiore  Generale.

 Il 6 gennaio 1945 il Maresciallo Messe aveva consegnato al gen. Alexander

der una nota con le principali questioni concernenti l’Esercito italiano e le relazioni con i patrioti e le forze della Resistenza. In questa nota prospettava la necessità di una revisione del sistema di controllo attuato dagli Alleati nell’interesse di una sempre più efficace collaborazione, anche per dare più prestigio e dignità ai comandi intermedi e minori interessati; le opportunità di riunione sotto un unico comando italiano tutti i Gruppi di Combattimento che in quel gennaio 1945 si accingevano ad entrare in linea. Questo era un altro punto della politica svalutativa e minimizzatrice britannica. Non vi era intenzione di creare corpi di armata italiani, ne tantomeno una armata italiana; i singoli Gruppi di Combattimento, che erano a livello divisione, sarebbero stati impiegati nell’ambito dei corpi d’armata alleati. Infine la nota si concludeva con la richiesta di assorbire nell’esercito i partigiani mantenendoli uniti nelle bande di appartenenza per non disperdere i legami morali stabiliti durante i mesi della guerriglia. Nei mesi successivi il Maresciallo Messe svolse un’ampia azione volta a sottolineare la fattiva e determinate partecipazione delle Forze Armate alla fase finale della guerra con numeri che oggettivamente sostenevano la sua posizione. In realtà era una azione destinata a cadere nel vuoto in quanto sia i nostri governanti sia gli alleati, con i britanni in testa, avevano tutto l’interesse, per diverse ragioni, a sminuire l’apporto, sia operativo che logistico, delle Forze Armate.

Il 17 aprile 1945 Messe, ritenuto ormai esaurito il suo compito, annuncia le dimissioni da Capo di Stato Maggiore Generale. Nominato nel novembre del 1943, scelti ottimi collaboratori, come Berardi, Utili e tanti altri, Messe riesce a svolgere un’azione ardua e efficace per avere unità da combattimento italiane in linea. In modo diametralmente opposto a quello che farà Graziani nella Repubblica Sociale Italian, riesce a tenere ben salda l’unità di comando, impedisce la formazione di formazioni di combattimento fuori dalla autorità del Regio Esercito, assorbe con costanza e intelligenza tutte le bande di partigiani che via via vengono raggiunte con l’avanzata verso nord, portando nelle fila dell’esercito il loro spirito di guerriglia e di innovazione, tiene fuori dalla compagnie militare ogni interferenza politica, riuscendo a portare tutti gli italiani, e non le varie parti, sotto un'unica bandiera. In pratica disegna i cardini fondamentali sulle quali sarà costruito l’Esercito italiano della Repubblica, che è giunto fino ai nostri giorni. Il 5 maggio 1945 fu nominato Capo di Stato Maggiore Generale, il gen. Cadorna, comandante del Corpo Volontari della Libertà.

 



[1] Loi S., I rapporti fra alleati ed italiani nella cobelligeranza, Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1986, pag. 118 e segg.

giovedì 25 luglio 2024

Temi di Laurea. Riflessioni sulla Grande Guerra - Bibliografia

 NOTIZIE CESVAM





MASSIMO COLTRINARI, GIANCARLO RAMACCIA, DIZIONARIO MINIMO DELLA GRANDE GUERRA. 1914. L’ANNO FATALE. L’alterazione degli equilibri europei e l’esclusione dell’Italia, Roma, Società Editrice Nuova Cultura – Università Sapienza, Collana I Libri del Nastro Azzurro, Pag. 210, ISBN da assegnare, Euro 20, Vol. 2

GLOSSARIO 1914

 

 Glossario  1914. La sua articolazione è data dalla raccolta di lemmi in quattro grandi comparti: quelli riferiti direttamente all’Italia, agli Imperi Centrali (Germania ed Austria-Ungheria e loro alleati) all’Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia e loro alleati) ed ai Paesi neutrali. All’interno di ogni comparto è stata adottata una ulteriore articolazione  che prevede quattro parti: generale e terminologica, personaggi e protagonisti, luoghi, battaglie ed unità, ed uniformi gradi, armi, mezzi ed equipaggiamenti. Il Glossario non si presenta in questa forma in quanto sarebbe di difficile consultazione, ma si è ritenuto presentarlo nella tradizione elencazione alfabetica.

Il Glossario  1914 è stato, quindi,  concepito come sostegno ed integrazione del Compendio 1914 e degli altri compendi del Dizionario. Riporta i principali lemmi riferiti al primo anno di guerra, accanto a quei lemmi che si è ritenuto, non avendo un riferimento temporale, inserirli ad integrazione di questo Glossario al fine di darle una specifica autonomia e configurazione. 

 

Questo volume, Glossario 1914, è parte integrante del Dizionario minimo della Grande Guerra che si compone di cinque volumi (compendi) e di altrettanti volumi (glossari) dedicati ad ogni anno del conflitto (1914, 1915, 1916, 1917, 1918) in cui nei primi si descrivono gli avvenimenti dell’anno considerato e nei secondi i lemmi di pertinenza. IlDizionario, completato da un volume dedicato agli indici ed uno dedicato ai percorsi di studio e di ricerca, vuole essere uno strumento per porre in grado il lettore, ovvero lo studente, in grado di costruire una mappa logica, e quindi, una di mappa di ricerca che, permettendo di accedere con metodo alla rete informatica ed ai motori di ricerca, lo possa aiutare a comprendere, approfondire, ampliare e perfezionare la propria conoscenza della Grande Guerra.

 

 

Il volume è acquistabile in tutte le librerie. Oppure

Presso la Casa Editrice, (Società Editrice Nuova Cultura attraverso la email:

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mercoledì 24 luglio 2024

I Precedenti del colonialismo tedesco in Africa

 UNA FINESTRA SUL MONDO

Lo sterminio degli Herrero

Africa del sudovest 1904

 

Gli Herrero, una popolazione di non più di 80.000 individui che viveva ai confini dell’attuale Namidia, ebbe il non poco piacevole privilegio di essere oggetto  del primo genocidio del secolo breve e di inaugurare il lavoro forzato e subire un trattamento violento e degradante in un campi di concentramento.

Come per scherzo del destino chi commise questo primo sterminio furono i Tedeschi, allora potenza colonia in quella che era chiamata l’Africa del Sud Ovest.

Gli Ferrero erano una popolazione pacifica, ed il loro capo firmò varie trattai in cui cedeva ai coloni tedeschi appezzamenti di territorio su appezzamenti; ma i tedeschi non hanno nei loro programmi coloniali di spartire con gli ferrero le terre, ma di accaparrarsele tutte.

Dalla iniziale disponibilità di Ferrero sono spinti alla rivolta e la sommossa scoppia nel 1904. E’ l’occasione peri tedeschi di passare all’azione. Disprezzando intimamente gli ferrero i tedeschi trasformano quello che poteva essere uno scontro coloniale in uno scontro razziale.

L’11 agosto 1904 nella battaglia di Hamakari-Waterberg l’esercito tedesco non solo sconfigge gli Herrero in armi uccidendo 5-6000 combattenti, ma passa all’azione eliminando sistematicamente quelli che sono al seguito iccidendone altri 20-30 mila. Lo scopo con cui si opera è chiaro: annientare la popolazione indigena rappresentata dagli Herrero.

Ha capo delle forze tedesche operanti vi è il gen. Lothar von Trotha il quale non ha scrupoli: vuole lo sterminio di tutti gli Herrero[1]

Questa posizione di von Trotha non è però condivisa dall’Amministratore civile della Colonia, Theodor von Leutwein, che considera questa azione del tutto assurda, oltre che inattuabile, dal punti di vista economico, in quanto la Colonia ha bisogno delle braccia degli indigeni.

Inizia un braccio di ferro tra il potere militare e quello civile e la questione arriva fino a Berlino, attraverso il Capo di Stato Maggiore dell’esercito tedesco von Schlieffen, che la sottopone al Kaiser.

Guglielmo II prende le parti di von Trotha e, mentre von Leutwein da le dimissioni, si avvia lo sterminio sistematico. Gli Ferrero non hanno possibilità di sopravvivenza se non prendere la via del deserto, il Kalahari, per raggiungere le colonie inglesi o portoghesi. Ma i tedeschi li prevengono ed avvelenano tutti i pozzi d’acqua situati lungo il tragitto. Il Kalahari ucciderà circa 30.000 Herrero.

All’inizio del 1905 von Trotha può constare che la rivolta degli ferrero è sedata. Rimangono poco più di circa 12000 Herrero, qualche migliaio alla macchia il resto rifugiati nelle colonie inglesi.

La Germania Guglielmina non è la Germania nazista e l’ordine di sterminio è ritirato alla fine del 1905.

Ma questa soluzione appare agli occhi dei militari tedeschi e soprattutto di von Schlieffen  come una sconfitta in quanto erano rimasti vivi un numero troppo elevato di Herrero; soprattutto ci si preoccupa di quelli che hanno trovato rifugio nelle coline inglesi, che potrebbero da vita ad una guerriglia che si vuole evitare. Vi è anche la necessità di manodopera nella colonia tedesca ( anche in questo caso i tedeschi avendo bisogno di manodopera, non si fermano davanti allo sterminio, così come nella seconda guerra mondiale); inoltre l’immagine della Germania da tutta questa vicenda ne esce oscurata.

 Da qui la decisione del cancelliere von Bulow di tentare di por fine alla guerra con gli Ferrero e cercare di convincere i sopravissuti a ritornare in Patria.

La questione è posta di nuovo alla attenzione di Guglielmo II e dopo tre settimane di discussione si decide di por fine alla politica di sterminio fino ad allora attuata e di passare alla politica della schiavitù.

Questa politica consiste nel fatto che nella Colonia ogni Herrero che si fosse costituito alla autorità non doveva essere più ucciso, ma considerato come “internato”.[2] Doveva essere ristretto in un luogo controllato e sicuro (campo di concentramento) doveva essere marchiato con le lettere GH (che stavano a significare ‘Herrero catturato”) e doveva lavorare forzatamente per l’economia della Colonia al costo più basso possibile per la Colona stessa; non poteva accampare ne godere di diritti, inoltre non potevano ripopolare le terre degli avi (che erano diventate terre dell’Impero). Come si può ben notare vi è tutta l’architettura dell’internamento di guerra.

Ancora più interessante è il fatto che nelle carte amministrative intercorse tra Berlino e la Colonia, un telegramma della cancelleria in data 14 gennaio 1905, appare per la prima volta il termine Konzentrationlager 

Dopo le esperienze degli spagnoli (1899) e degli inglesi nella guerra Boera, i tedeschi che già adottano il binomio Konzentrationlager ( campo di concentramento) e filo spinato, perfezionano il sistema integrandolo con il lavoro forzato. Per la prima volta, siamo nel 1905, il campo di concentramento con filo spinato e il lavoro forzato sono associati in una unica entità fuori di un contesto militare.

Questo trinomio nella sua attuazione serve per sbarazzarsi dei “diversi” non attraverso i genocidio come voluto da von Trotha, ma attraverso l’eliminazione degli internati attraverso il lavoro fisico. Da qui le durissime condizioni di trattamento all’interno dei campi. Le fonti tedesche, sempre precise  al riguardo attestano che le autorità coloniali tedesche internarono 10632 donne e bambini e 4137 uomini. Di questi 7862 morirono entro un anno dall’internamento a causa delle durissime condizioni di trattamento.

I campi di concentramento sono a Luderitz, Swakopmund e Karabib. Il lavoro è finalizzato alle grandi opere delle Colonia, come la costruzione della linea ferroviaria Luderitz-Keetmanschoop

Ancora più sconcertante è il fatto che dagli Archivi tedeschi i registri, che riportano le cause dei decessi, attestano che si siano fatti sugli internati ferrero esperimenti medici. Il dottor C. Krieger Hinck nella sua tesi di dottorato,menziona l’invio alle Università di Breslavia e di Berlino di collezioni di crani di Herrero, debitamente ripuliti con pezzi di vetro dagli internati stessi. Inoltre numerosi cadaveri di Ferrero furono inviati in Germania per essere sezionati.

 Nel 1908 questa politica attirerà gli strali delle opposizioni parlamentari tedesche ed i campi vengono smantellati . I sopravissuti non sono autorizzati a ritornare nei territori di origine ma vengono smistati nelle diverse fattorie con al collo una placca (identificazione del diverso) recante un numero di matricola.

Nel 1911 I tedeschi recensiscono gli Herrero mescolandoli anche ad altre etnie consimili. Né risultano circa 15.130

 

In base a quanto detto sopra si può quindi dire che in poco più di sette anni l’80% degli Herrero è stato sterminato. Ma gli storici possono ben asserire che nel 1911 gli Ferrero hanno cessato di essere una popolazione o una tribù, quindi sono stati sterminati[3]

 

Rimane l’ultimo dato da porre all’attenzione del lettore. Il primo commissario imperiale della Colonia d’Africa del Sudovest fu un certo dottor Heinrich Goring. Suo figlio Herman Goering fu l’iniziatore del sistema concentrazionario nazista. Due domante: Esiste un collegamento tra padre e Figlio? Ma quello che è successo in Germania dal 1933 al 1945 è solo colpa del “pazzo” Adolf Hitler?  



[1] Che si tratti di pulizia etnica se non proprio di sterminio, risulta da questo Vernichtungsbefehl (ordine di sterminio), che si riporta integralmente: “Io, generale di corpo d’armata dell’esercito tedesco, indirizzo questa lettera al popolo Herero. Gli Herero non sono più considerati sudditi tedeschi. Hanno ucciso, derubato e mutilato delle orecchie e di altri parti del corpo i soldati feriti e ora rifiutano di continuare a lottare per pura vigliaccheria. Io ho da dire loro solo questo:chiunque ci consegnerà un ferrero riceverà 1000 marchi, chi mi consegnerà Samuel Macero ( il capo della rivolta) riceverà 5000 marchi. Gli Herero dovranno lasciare il paese, altrimenti li costringerò a farlo con le armi. Qualsiasi Herero scoperto nei confini del territorio tedesco, armato o disarmato, con o senza bestiame, sarà ucciso. Non tollero neppure la presenza di donne e bambini, che devono partire o morire. Questa è la mia decisone per il popolo Herero

[2] Il termine qui è utilizzato secondo l’attuale concezione. Non poteva essere considerato “prigioniero”  anche se questo fu il termine utilizzato, perché la situazione degli ferrero nel 1905 si attaglia perfettamente a quella del “diverso” che rappresenta un pericolo per lo Stato e quindi va ristretto nelle sue libertà.

[3] Questo contributo è la sintesi di un saggio dedicato allo sterminio degli Herrero che spero possa essere pubblicato sulla nuova serie dei “Quaderni” dell’ANEI, a cui si rimanda. Per un ulteriore documentazione sugli ferrero qui si possono citare le seguenti opere. Bley H., South Africa under German Rule, London, Heinemann, 1971; Bridgman J., The revolt of the Hereros, Berkeley, University of California Press, 1981, Lindqvist S., Sterminate quelle bestie, Milano, Ponte alle Grazie, 2000.

 

 

 

 


martedì 23 luglio 2024

Temi di Laurea, Riflessioni sulla Grande Guerra 1914

 DIBATTITI


Tema: Riflessioni sulla Grande Guerra

 

 

1.    La posizione internazionale dell’Italia. La Triplice Alleanza.

a. Una alleanza obbligata e non scelta

b. Genesi e sviluppi quinquennali. Rinnovo del 1888. Piani operativi: attacco alla Francia. Truppe Italiane sul Reno

c. Rinnovo 1891 . Senza entusiasmo come   nel 1892 e 1901.

d. Il Rinnovo del 1906 e del 1912. La convenzione militare del 1914 ( Marzo)

2.    Germania. Le implicazioni militari della Triplice alleanza alla fine del 1912.

a.    I piani operativi di guerra della Germania

b.   IL potenziale militare italiano come valutato dai tedeschi

c.    Il Piano operativo tedesco e l’apporto italiano

d.   Le operazioni in Mediterraneo. La flotta austro-ungarica e quella italiana contro quella britannica e francese

e.    La Convenzione del 194 e le aspettative tedeschi

3.   L’atteggiamento dell’Austria verso l’Italia all’interno della Triplice Alleanza

a.    1907 -1908. Prima ipotesi della guerra preventiva.

b.   1909 . Seconda Ipotesi di guerra preventiva

c.    1910-1911  Terza ipotesi di guerra preventiva

d.   1912  Quarta Ipotesi di guerra preventiva

4.   Perché la Convenzione Militare del 1914 non fu applicata da parte tedesca e da parte italiana nel giugno 1914. (Guerra alla Francia)

5.   Perché l’Italia non attaccò l’Austria nel 1914. La scelta della Neutralità. (Rovesciamento delle Alleanze)

6.   La difesa di un confine non minacciato: il confine orientale

a.    Il Piano di difesa di Ricotti Magnani 1870-1885

b.   Il piano di difesa di Enrico Cosenza 1885 -1889

c.    Il Piano di difesa di Tancredi Saletta 1889-1909

d.   Il Piano Cadorna del 1914 -1915

Testo di Riferimento

 

Massimo Coltrinari, Riflessioni sulla Grande Guerra. Verso la Guerra . Ne alleati ne amici ., Roma Università Sapienza, Casa Editrice Nuova Cultura, 2022 Capitolo I.

 

 

 


lunedì 22 luglio 2024

L'avanzata verso nord del fronte alleato Luglio 1944 Documento

 

Comando del II Corpo Polacco

Ufficio Operazioni

22 luglio 1944, ore 13,15

 

Ordine particolare per il Comandante del Corpo Italiano di Liberazione

 

Reparti distaccati de Corpo Polacco stanno combattendo per la conquista del crinale Ostra (334475) – Madriola (375565)

Dopo aver raggiunto il fiume Misa ambedue i reparti  distaccati, nel caso il nemico intenda fare resistenza, si sistemeranno a difesa assicurando il possesso dei propri punti di osservazione chiudendo le direzioni principali nonchè mantenendo il contatto col nemico ed eseguendo ricognizioni a mezzo pattuglie. Il movimento continua nel caso il nemico si allontani

 

Compito del Corpo Italiano di Liberazione

Raggiungere il fiume Misa nel tratto di competenza tra il limite con il Corpo Polacco e C. Monteforte (235420) dove, in caso si debba riscontrare resistenza da parte del nemico, occorre organizzarsi in difensiva assicurando il possesso dei punti di osservazione e chiudendo le direzioni principali. Con pattuglie eseguire ricognizioni e mantenere il contatto con il nemico. Il movimento continua nel caso il nemico si debba allontanare

 

Il Comandante il II Corpo Polacco

Gen. Di Div. Anders




domenica 21 luglio 2024

Tema di Laurea Le Guerre Afgane Bibliografia

 NOTIZIE CESVAM


BIBLIOGRAFIA

-     The New American Cyclopœdia, vol. I, 1858;

-     O. Baratieri, L’Afghanistan, Estratto dalla Nuova Antologia, 15 dicembre 1879, 15 gennaio, 15 febbraio 1880, Roma 1880, Tipografia Barbera (SME – Biblioteca Militare Centrale);

-     C. Bertacchi, L’Afganistan nel conflitto eventuale tra l’Inghilterra e la Russia – bozzetti geografici, Torino 1880, Tipografia Editrice G. Candeletti (SME – Biblioteca Militare Centrale);

-     A. Forbes, The Afghan wars 1839-42 and 1878-80, Broadway 1892, New York Charles Scribner's Sons 743-745;

-     George Macaulay Trevelyan, O.M.-British history in the nineteenth century and after(1782-1919), London-New York-Toronto,1952, Longmans Green and Co.;

-     L. Dupree, Afghanistan, Karachi 1997, Oxford University Press;

-     G. Orfei, Le invasioni dell’Afghanistan da Alessandro Magno a Bush, Roma 2002, Fazi Editore (SME – Biblioteca Militare Centrale);

-     F. Clements, Conflict in Afghanistan: a historical encyclopaedia, 2003, Published by ABC-CLIO;

-     P. Hopkirk, Il Grande Gioco- I servizi segreti in Asia Centrale, Milano 2004, Adelphi Edizioni;

-     Karl E. Meyer, La polvere dell’Impero - il “Grande Gioco” in Asia centrale, Milano, 2004, Corbaccio;

-     M. Herbert, Counterflows to Colonialism: Indian Traveller and Settler in Britain 1600-1857, Delhi 2004, Orient Blackswan;

-     M. Guerrini, Afghanistan: profilo storico di una cultura, Roma 2006, Casa editrice Jouvence.

 

SITI INTERNET CONSULTATI:

-     http://www.afghanwars.org;

-     http://www.national-army-museum.ac.uk/;

-     http://www.iprom.co.uk/archives/caithness/sgtmcadie.htm;

-     http://www.bellica.it/armi_individuali2.html;

-     hhtp://www.docstoc.com/docs/6458360/thirdangloafghanwar/;

-     http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/09/28/afghanistan-quella-prima-volta-in-cui-gli.html;

-     www.indhistory.com/afghan-war-1.html;

-     www.1.somerset.gov.uk/archivies/sli/1afghan.htm;

-     www.britishbattles.com/first-afghan-war/kabul-gandamak.htm;

-     http://www.mlwerke.de/me/me14/me14_073.htm.