in progress
Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
Cerca nel blog
venerdì 30 settembre 2022
giovedì 29 settembre 2022
Editoriale Settembre 2022
Nel solco di quanto scrivemmo lo scorso marzo nell'editoriale dedicato a quel mese, e poi in quello di Aprile, di Maggio di Giugno. di Luglio, di Agosto e adesso di Settembre si è in grado di affermare che la pianificazione predisposta ad inizio anno è stata rispettata in tema di completamento di ricerche nel quadro dei Progetti in essere. In questo mese è uscito il settimo volume dall'inizio anno, un volume inserito nel quadro del Progetto "Gli Ordinamenti del Regio Esercito predisposti tra le due guerre 1919-1939". Con questo volume si realizza la pubblicazione degli quattro volumi dedicati a questa ricerca. (vds www.stroiainlaboratorio.blogspot.com)
Il titolo del volume è: "Un ventennio di preparazione ed una conclusione amara". "1919-1939. DOCUMENTI", Volume I - Tomo II Roma-Viterbo, per i tipi della Società Editrice Archeo Ares - Si riporta il testo della I V di Copertina, del volume:
.Il presente volume nel quadro del tema generale “Le riforme
militari tra il 1919 ed il 1939.” tratta
e descrive la evoluzione degli
ordinamenti militari italiani tra le due guerre mondiali, via via che si sono
succeduti in un ventenni di accelerate e
susseguenti riforme dello strumento militare italiano.
Ci si inserisce neil dibattito che va avanti dagli anni del
secondo dopoguerra in merito all’adozione della divisone binaria, per la
fanteria, e delle divisioni “celeri”. Un dibattito veramente interessante che
il presente volume ed il prossimo sicuramente ravviveranno. E quindi entrambi i
volumi rappresentano una fonte di titoli per le tesi del Master in Storia
Militare Contemporanea, di cui i volumi sono integrati nell’offerta didattica.
E questo è valido non solo per la seconda guerra mondiale, ma anche per le
guerre precedenti il 1940, compresa quella in Etiopia e l’intervento a sostegno
a Franco, in Spagna.
Il volume tratta anche aspetti particolari con l’ordinamento
delle Truppe Coloniali e della Guardia alla Frontiera. Per le prime vi era il
retaggio dell’Italia umbertina, mentre per la seconda un Corpo di recentissima
formazione che doveva difendere le frontiere, soprattutto quelle
settentrionali, sulle
Giovanni Riccardo
Baldelli, Socio
della Federazione di Ancona dell’Istituto del Nastro Azzurro. E’ docente al
Master di 1° Liv. in Storia Militare Contemporanea dal 1796 al 1960 attivato
presso la Università degli Studi N. Cusano Telematica Roma.
In Copertina: Cartolina
postale militare dedicata all’Armata del Po. (Collezione dell’Autore)
mercoledì 28 settembre 2022
Copertina Settembre 2022
Anno LXXXIII, Supplemento on line, IX , 2022, n. 80
2022
martedì 27 settembre 2022
Storia Militare
Caporetto e la
resistenza del forte di Monte Festa
Ten cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta
Nel 1917 le opere del forte di Monte Festa erano ancora armate a
differenza di molte altre fortificazioni di confine, esse consistevano in 4
pezzi da 149 mm in cupola corazzata con 2.600 granate, altri 4 pezzi da 149 mm
G aventi a disposizione 300 granate in barbetta, una sezione antiaerea da 75 mm
con 400 colpi in cupola d’acciaio, mentre vi era una assoluta carenza di mezzi
per la difesa ravvicinata.
Il presidio
era costituito da 2 tenenti dell’8° Reggimento artiglieria da fortezza, 1
tenente del 3°Reggimento artiglieria da fortezza, 2 tenenti medici, 2
marescialli, 120 soldati dell’8° compagnia dell’8° Reggimento da fortezza, 30
della 4 sez., antiaerea, 20 del 150° battaglione della Milizia Territoriale, 5
eliografisti e 2 telefonisti, con 34 quintali di gallette e 9.000 scatolette di
carne.
Il 26
ottobre il Comando Supremo aveva dato ordine telegrafico di ripiegamento
indicandone le modalità, ma disponendo la resistenza ad oltranza per il forte
di Monte Festa.
Il 27
ottobre giunse al forte il Capitano Noel Winderling con l’ordine preciso di
organizzare la difesa, ordine ribadito alla sera dal Comando d’artiglieria del
XII Corpo d’Armata, Gen. Sacchero.
Dal 26 al 29
ottobre, sotto bufere di neve e pioggia che imperversavano sulla zona, si
procedette a rendere operativi i pezzi e alla preparazione dei dati di tiro
relativi agli obiettivi acquisiti organizzando gli osservatori di forcella
Amariana e Monte San Simone.
Le
artiglierie del forte entrarono in azione alle 10,50 del 30 ottobre, investendo
con il loro fuoco le avanguardie nemiche sul Tagliamento, i tiri si basarono
sui dati teorici essendovi nebbia nella valle, furono inquadrati il ponte sul
Fella, il ponte di Tolmezzo, la stretta di Sompave, La Maina e la stazione per
la Carnia.
Nel
frattempo le Divisioni 26^, 36^ e 63^ nel loro ripiegamento si posero ai
fianchi e dietro al forte, il comando della 63° divisione si installò ad Alesso
e prese immediato contatto con il comando del forte, il quale a sua volta
rinnovò le richieste di mezzi al Comando di Corpo d’Armata già formulate il 27
ottobre.
Il 31
ottobre il tempo migliora e i tiri vengono rettificati, tutti i pezzi da 149 mm
e 75 mm sono in azione, ma la visuale è limitata dai monti circostanti e le
linee telefoniche sono interrotte, si procede con staffette ed eliografo quando
si dissolve la nebbia.
Il 1
novembre l’osservatorio di forcella Amariana cadeva in mano agli austriaci,
rimanendo solo l’osservatorio di San Simeone, continuano i tiri di
interdizione, in particolare verso Tolmezzo dove fu respinta una colonna nemica
di circa 300 uomini.
Il 2
novembre gli austriaci e i tedeschi iniziano a forzare il Tagliamento gettando
un ponte nei pressi di Amaro, immediatamente dal forte si risponde con i tiri
di interdizione che bloccano la prosecuzione dei lavori. Alle 9,30 dello stesso
giorno arriva un messaggio dal comando della 63° Divisione con il quale si
avverte di un imminente attacco nei pressi del ponte Braulis, appoggiato dall’artiglieria
posta nei dintorni di Osoppo, che tuttavia non si trova nella visuale
dell’osservatorio o del forte, si tenta pertanto uno sbarramento con tiri
indiretti.
Con l’invio
di due tenenti di artiglieria a rinforzo del forte, viene comunicato il
probabile arretramento della 63^ divisione verso San Francesco, mentre gli
austro tedeschi la notte del 3 novembre riprendono i lavori sul fiume Fella, la
zona viene pesantemente battuta anche
per coprire il ripiegamento della divisione.
Un ultimo
rinforzo arrivò nella notte dal 3 al 4 novembre dalla 63^ divisione, un
aspirante ufficiale con 25 soldati del 280° Reggimento, che furono
immediatamente impegnati nel rafforzamento delle difese di prossimità.
Nel
frattempo, mentre veniva battuto il passaggio sul Fella, cessavano tutte le
comunicazioni telefoniche con il riuscito ripiegamento delle tre divisioni
italiane e il conseguente completo accerchiamento del forte, il quale
cominciava ad essere a sua volta battuto dall’artiglieria nemica.
Il
successivo 5 novembre vi fu un aumento del volume di fuoco dell’artiglieria
nemica, mentre cominciavano a scarseggiare le munizioni per i pezzi del forte.
Nella notte
il nemico attaccò la batteria da 75 mm con la 5^ compagnia della 92^ divisione
e un battaglione del reggimento Pappitz, Jagerdivision, l’attacco fu respinto
con la sola mitragliatrice in dotazione al forte.
Alle 9 del 6
novembre si rinnovò l’attacco da varie posizioni che raggiunsero un angolo
morto non battuto, l’unica mitragliatrice si inceppò e si giunse a far rotolare
per il pendio tutto quello che si trovava, mentre gli uomini si spostavano da
un posto all’altro per creare nel nemico la sensazione di una forte presenza
numerica.
Nel mezzo
dello scontro fu issata bandiera bianca da un gruppo di attaccanti con la
richiesta di parlamentare, condotti bendati dal capitano Winderling gli
offrirono la possibilità di una resa onorevole.
Offerta una
lauta colazione ai parlamentari, anche per fare credere una abbondanza di
viveri in realtà ormai scarseggianti, il comandante radunò un consiglio di
guerra nel quale propose di rompere l’accerchiamento con i soli uomini che
volontariamente l’avessero seguito, sciogliendo gli altri dal giuramento.
L’ambasceria
fu rimandata indietro con il rifiuto scritto alla resa in busta sigillata per
acquisire tempo, mentre si preparavano le cariche da fare brillare per
distruggere i pezzi da 149 mm sia in cupola che su piazzola, oltre ai restanti
depositi.
Fu aperto
contemporaneamente il fuoco per consumare gli ultimi colpi, di cui uno colpì un
deposito munizioni a Tolmezzo, quindi fu dato fuoco alle micce e gli otturatori
dei 75 mm gettati nei dirupi, una colonna di circa 100 uomini, metà del
presidio, di dispose a scendere verso la zona paludosa di Somplago per forzare
il blocco nemico.
Purtroppo
l’avvicinamento avvenne verso il paese di Somplago deviando dalle paludi e
colonne nemiche si posero di traverso, iniziando un fuoco di fucileria, fu
ordinato di piegare verso sud, disperdendosi.
Solo il cap.
Winderling, con il ten. Tomei, il maresciallo Federzoni, un sergente e tre
soldati riuscirono a sfuggire alla cattura, finché presso il paese di Claut, in
un casolare lasciarono le divise e nascosero il carteggio del forte, recuperato
nel dopoguerra, proseguendo la fuga.
Lungo la
strada tra i paese di Cimolais ed Erto furono catturati il sergente, il
maresciallo e i due soldati, mentre dopo venti giorni di marcia solo
Winderling, il Ten. Tomei e il soldato Leon arrivarono ad Aganna dietro le
linee austriache, dove per altri venti giorni cercarono di attraversare le
linee finché vennero catturati il 15 dicembre.
La
resistenza del forte sul monte Festa fu
citata sia dal Comando Supremo italiano nei bollettini dell’8 novembre e del 9
novembre 1917, che dal gen. Hordt e dal Capo di Stato Maggiore dell’esercito
austro-ungarico, generale Artur Arz von Strassenburg, meritando al cap. Winderling
la medaglia d’argento al valor militare nel 1922.
Questa
battaglia la si può considerare l’ultima resistenza riuscita in fortezza della
storia militare italiana.
Tratto da “I Forti
della Grande Guerra”, di Leonardo Malatesta, P. Macchione Ed., 2015.
lunedì 26 settembre 2022
Riunione CESVAM - Riunione Collegio dei Redattori Rivista QUADERNI
NOTIZIE CESVAM
Venerdi 23 settembre 2022 si è tenuta:
1. Riunione CESVAM . Centro Studi sul Valore Militare
Erano presenti di persona, il Direttore, L'amm. Cersare Cicca, Il gen Luigi Marsibilio, il Gen Antonio Trogu. Con presenza a distanza, Col. Osvaldo Biribicchi, Dott. Roberto Olevano, Ten. Col. Giovanni Riccardo Battelli
Argogmenti:
a. Rapporti con l'Università Cusano. Aggiornamento Master
b. Progetti. Situazione Generale. Il gen. Trogu è designato come esecutore del Progetto Libano
c. Albo d'Oro Nazionale. Illustrato il progetto presentato
E' stato stabilito che la prossima riunione s terrà il 7 ottobre 2022 sempre con inizio alle 10 e fine alle 12.30
E' Stato inoltre deciso che il 21 Ottobre 2022 si presenterà il primo volume dedicato alla Russia, a Roma.
2. Riunione Rivista QUADERNI
Presenti il Collegio dei Redattori ( sia in presenza che a distanza)
E' stato deciso di cooptare nel Collegio l'Amm. Cesare Ciocca. L'Amm. Cesare Ciocca ha accettato
SI è constatato che il n. 3 della Rivista QUADERNI è in distribuzione alla data odierna. E' stato raggiunto l'obiettivo di far uscire la rivista prima della scadenza del trimestre
TERMINE ULTIMO DI PRESENTAZIONE DEL MATERIALE PER IL N. 4/22: 15 OTTOBRE PV
Al termine il Direttore ha aggiornato via cell il Presidente Nazionale dei contenuti della Riunione
domenica 25 settembre 2022
Il ruolo dell’O.N.U. nelle crisi internazionali II Parte
GEOPOLITICA DELLEPROSSIME SFIDE
Sergio Benedetto Sabetta
Gli organi intorno ai quali ruota l’attività di gestione delle crisi sono il Consiglio di Sicurezza, che ha competenza limitata al mantenimento della pace, ma in questo settore dispone di poteri assai ampi in particolare per quanto concerne le sanzioni e l’uso della forza contro gli stati colpevoli di aggressione o minaccia alla pace.
Accanto al Consiglio vi è l’Assemblea generale, in cui tutti gli Stati sono rappresentati ed hanno uguale peso nelle votazioni, essa ha una sfera di competenza illimitata, potendosi occupare di qualsiasi questione che rientri nei fini statutari (art. 10), tuttavia in concreto i suoi poteri non sono affatto estesi, riducendosi al potere di effettuare studi, emanare raccomandazioni e promuovere accordi fra gli Stati membri.
Infine vi è il Segretario generale a cui fa capo un vasto apparato burocratico; nominato dall’Assemblea su proposta del Consiglio di Sicurezza, adempie le funzioni che gli sono affidate dallo stesso Consiglio, dall’Assemblea e dagli altri organi delle Nazioni Unite. Occorre premettere che a differenza delle Società delle Nazioni, nell’ambito della quale vigeva il principio dell’unanimità in omaggio alla regola mutuata dalla vecchia prassi delle conferenze internazionali posta a garanzia della sovranità statale, il sistema statutario accolto per le votazioni in seno agli organi delle Nazioni Unite è quello maggioritario.
Il sistema maggioritario, combinandosi con la regola per cui ad ogni Stato spetta un voto indipendentemente dalla sua importanza politica ed economica, è stato oggetto di proposte di temperamento a causa ammissione all’ONU, a partire dagli anni ’60, di un rilevante numero di Stati di piccole dimensioni. Il mantenimento del principio maggioritario ha finito per introdurre come contemperamento la prassi del consensus, per cui vengono approvate senza una votazione formale quelle delibere il cui contenuto è stato preventivamente concordato fuori dalle riunioni ufficiali.
Gli Stati che avanzano riserve o si dissociano totalmente lo possono fare presente al Presidente dell’organo nel momento dell’approvazione, si deve comunque rilevare che questa pratica contribuisce a dare alle risoluzioni contenuti tanto più vaghi quanto più importanti sono le questioni sul tappeto, segno dell’incapacità delle maggioranze di prevalere sulle minoranze-
Un forte temperamento al principio maggioritario si ha in seno al Consiglio di sicurezza dove i membri permanenti possono esercitare il diritto di veto, si tratta di eccezione di non poco conto se si considera che il Consiglio è l’unico organo in grado di vincolare gli altri Stati-
L’art. 27 della Carta testualmente recita: “1. Ogni membro del Consiglio di Sicurezza dispone di un voto. 2. Le decisioni del Consiglio di Sicurezza su questioni di procedura sono prese con un voto favorevole di 9 membri. 3. Le decisioni del Consiglio di Sicurezza su ogni altra questione sono prese con un voto favorevole di 9 membri, nei quali siano compresi i voti dei membri permanenti; tuttavia nelle decisioni previste dal cap. VI e dal par. 3 dell’art. 52, un membro che sia parte di una controversia deve astenersi dal voto”. Poiché il dovere di astensione non riguarda le delibere relative a misure coercitive contro gli Stati colpevoli di aggressione (cap. VII) e quelle relative all’espulsione dall’Organizzazione (art. 6), sussiste per tutte queste delibere il diritto di veto anche se chi ne è titolare è coinvolto in prima persona, ne consegue l’impossibilità per il Consiglio di agire con misure coercitive contro un membro permanente o di proporne l’espulsione.
A temperamento del diritto di veto si è introdotta la prassi della validità delle delibere prese con l’astensione di uno o più membri permanenti o con la non partecipazione al momento del voto, va notato che questi temperamenti appena descritti hanno consentito al Consiglio di operare ma la mancanza di adesione da parte di tutte le Grandi Potenze rende intrinsecamente deboli queste risoluzioni, senza dubbio si è rilevata una utopia la perfetta intesa trai membri permanenti, ma è anche vero che nell’attuale struttura solo una tale intesa può garantirne il funzionamento.
Sul piano normativo, lo Statuto delle Nazioni Unite segna, rispetto al Covenant della Società delle Nazioni, due notevoli passi avanti: 1. è la maggiore portata dell’obbligo di non ricorrere alla violenza, 2. è la maggiore istituzionalizzazione dell’azione preventiva-repressiva della violazione di questo obbligo; spetterà comunque al Consiglio di Sicurezza la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
Le competenze del Consiglio sono disciplinate nei cap. VI (art. 33 e segg.) e VII (art. 39 e segg.), il cap. VI tratta prevalentemente dell’esercizio della funzione conciliativa quando la controversia sia suscettibile i mettere in pericolo la pace e la sicurezza internazionale, nel capitolo successivo si tratta delle azioni a tutela della pace quando questa risulti violata o comunque minacciata.
Accertata l’esistenza di una minaccia alla pace, di una sua violazione o di un atto di aggressione (art. 39), il Consiglio può decretare contro lo Statro aggressore misure sanzionatorie ma non implicanti l’uso della forza, come l’interruzione parziale o totale delle comunicazioni e delle relazioni economiche da parte degli altri Stati (art. 41), ma può intraprendere anche azioni armate (art. 42 e segg.), comunque prima di ricorrera ad una delle due forme esso può invitare gli Stati interessati a prendere quelle misure provvisorie atte a non aggravare la situazione (art. 40).
Il Consiglio di Sicurezza gode di un ampio potere discrezionale nel determinare se in un caso concreto si verifichi una minaccia o violazione della pace o addirittura un atto di aggressione, la discrezionalità più ampia si esercita soprattutto con riguardo all’ipotesi della “ minaccia della pace”: trattasi infatti di una ipotesi assai vaga ed elastica che non è necessariamente caratterizzata da operazioni militari implicanti l’uso della violenza bellica.
I comportamenti che possono dare adito alla minaccia riguardano sia la sfera esterna che la sfera interna dello Stato, dato che l’applicazione delle misure previste dal cap. VII non incontra il limite della “domestic Jurisdiction”, ossia di tutto ciò che ha attinenza con i classici “elementi” dello Stato, che sono i trattamenti dei “sudditi”, l’organizzazione di “Governo” e l’utilizzazione del “territorio”.
Il caso più interessante rimane comunque il ricorso all’art. 42 con tutto ciò che ne consegue, l’uso della forza può avvenire “contro” uno Stato o “all’interno” di uno Stato, quando la situazione interna sia tale da minacciare la pace e la sicurezza internazionale.
Il ricorso a misure violente è chiaramente concepito come una azione di polizia internazionale, che dovrebbe essere ai sensi dell’art. 43 sotto un comando internazionale facente capo allo stesso Consiglio di sicurezza. Il concentrare nell’Organizzazione, non solo il potere di decidere l’utilizzo della forza armata, ma anche la direzione delle operazioni militari, ha il preciso scopo di garantire l’obiettività e l’imparzialità dell’azione, nonché di controllare che questa sia mantenuta entro i limiti strettamente indispensabili al mantenimento della pace.
Consegue che le delibere con cui il Consiglio di sicurezza delega agli Stati membri l’uso della forza contro un determinato Paese, rimettendo nelle loro mani il controllo delle operazioni, non sono inquadrabili sotto gli auspici dell’art. 42 ma addirittura ne tradiscono la lettera e lo spirito e quindi sono illegittime.
Purtroppo gli accordi internazionali che, ai sensi degli artt. 43, 44 e 45, gli Stati membri avrebbero dovuto stipulare con il Consiglio per la costituzione di forze armate internazionali non sono stati realizzati. Ugualmente dicasi per la costituzione di un Comitato di Stato maggiore, composto dai capi di Stato maggiore dei membri permanenti e posto sotto l’autorità del Consiglio (art. 46 e 47), questo ha fatto sì che il Consiglio sia venuto meno, paralizzato dai contrasti tra le superpotenze, ai suoi compiti di tutore dell’ordine internazionale. I deficit organizzativi sopra evidenziati non hanno reso del tutto impotente l’ONU ma è stato necessario trovare un nuovo punto di appoggio, costituito dalla delega del Consiglio al Segretario generale.
Per completare il discorso sui poteri delle Nazioni Unite in ambito di gestione delle crisi internazionali, è opportuno fare un rapido cenno ai poteri dell’Assemblea la quale può discutere qualsiasi questione di carattere generale e farne oggetto di raccomandazioni agli Stati o al Consiglio di sicurezza” oltre ad esercitare funzione conciliativa su controversie tra Stati per le quali non sia già intervenuto il Consiglio di sicurezza.
In passato si è discusso se all’Assemblea, oltre alle competenze ora ricordate, spettasse intraprendere azioni a tutela della pace mediante misure coercitive dl tipo di quelle adottabili dal Consiglio di sicurezza in base al cap. VII della Carta dell’ONU. L’argomento costituì oggetto di accanite dispute dottrinali tra gli anni ’50 e ’60, epoca in cui effettivamente l’Assemblea sotto la spinta degli Stati Uniti tese a sostituirsi al Consiglio di sicurezza nella funzione di mantenimento della pace, vista la paralisi di quest’organo per l’esercizio del diritto di veto, successivamente la spinta degli Stati Uniti è rientrata ed il tema è andato attenuandosi come conseguenza dell’enorme aumento del numero dei membri che ha reso l’Assemblea difficilmente controllabile.
L’art. 51 nel chiudere il cap. VII testualmente stabilisce: “Nessuna disposizione della presente Carta pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale”, questo non legittima l’uso della forza in ogni caso ma solo in presenza di un attacco “già sferrato” e finché non interviene il Consiglio di sicurezza, se, tuttavia, il Consiglio resta paralizzato di fronte alla crisi in atto, la Carta e il diritto internazionale hanno esaurito la loro funzione.
Con tutti i limiti rilevati, in alcune gravi questioni internazionali le Nazioni Unite sono riuscite a fare sentire la loro presenza sviluppando le cosiddette peace –keeping operations, affidate ai caschi blu. L’intervento delle forze O.N.U. ha assunto carattere diverso a secondo delle circostanze, acquisendo funzioni di interposizione tra contendenti, presidi di zone armistiziali, gruppi di osservatori militari o forze di polizia internazionale, comunque sia, tali forze sono sempre originate da direttive del Consiglio di sicurezza o dell’Assemblea generale e rientrano nelle responsabilità operative del Segretario generale.
La 43° Assemblea Generale ha approvato una Dichiarazione sulla “Prevenzione ed eliminazione di controversie e situazioni, che possano minacciare la pace e la sicurezza internazionale, nonché il ruolo delle Nazioni Unite in questo campo” (Risoluzione 43/51 DEL 5/12/88), presentata dal Comitato per lo Statuto delle N.U., anche il Segretario generale nelle sue relazioni annuali ha più volte sollecitato una parziale riforma e rivitalizzazione degli organismi internazionali dell’O.N.U. ed è giunto a sollecitare la necessità della costituzione di apposite riserve di truppe specializzate e di risorse finanziarie.
Appare evidente che la struttura dell’ O.N.U. è stata impostata per risolvere conflitti tradizionali tra Stati, in cui vi è di fatto uno scontro simmetrico, con il nuovo millennio si sono manifestati potenziali scontri asimmetrici, dove a forze tradizionali si contrappongono organizzazioni a rete su territori non ben definiti, molto veloci nel riprodursi e spostare i centri di fuoco, capaci di acquisire risorse anche attraverso attività illegali, motivando le persone e creando collegamenti sfruttando tutte le potenzialità di una comunicazione diffusa e capillare, fuori dal controllo statale, il mondo virtuale internet è diventata la base operativa e il territorio in cui muoversi senza confini e barriere, con la possibilità di creare violente suggestioni irreali e sogni di riscatto.
sabato 24 settembre 2022
L’ONU e le crisi internazionali (Paradossi e Visione strategica ) I Parte
GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE
Sergio Benedetto
Sabetta
INTRODUZIONE
a) Premessa
“Le luci stanno spegnendosi
nell’intera Europa. Nell’arco della nostra vita non le rivedremo riaccese”.
Queste parole – una tra le battute più famose in tutta la storia europea –
furono pronunciate dal ministro degli Esteri britannico, Sir Edward Grey,
mentre guardava le luci di Whitehall gradatamente estinguersi la sera di quel
giorno del 1914 in cui Gran Bretagna e Germania scesero in guerra. All’epoca,
pochi condividevano il giudizio di Grey su quel che stava avvenendo. I più
pensavano che si trattasse di una guerra “per la civiltà”. Da un capo all’altro
dell’Europa, gli uomini corsero alle caserme, e l’euforia patriottica esplose
nelle città.
Soltanto
dopo quattro anni di massacri, dopo il
bolscevismo in Russia, dopo l’ascesa del fascismo, dopo la disintegrazione
dell’economia europea durante la grande depressione, si cominciò a capire ciò
che Grey aveva inteso dire” ( Introduzione, N.
Stone).
Si
deve considerare che negli anni che andarono tra il 1878 e il 1914 le
istituzioni parlamentari furono adottate quasi ovunque, “talché il gioco
politico si complicò: … Le trasformazioni economiche si imposero massicce e
veloci.
Le
popolazioni raddoppiarono e triplicarono. Le famiglie, l’istruzione e gli
atteggiamenti verso la religione subirono modificazioni profonde. Con sei
Grandi Potenze europee a dettar legge nel mondo, anche gli affari
internazionali divennero estremamente complessi” (Introduzione, N. Stone), tutto aveva avuto origine dal
rapporto tecnologia e liberalismo, nella riforma delle istituzioni e la
conseguente modifica del vecchio ordine, ma “le linee essenziali erano
abbastanza chiare. Liberalismo significava Ragione” (6 – N. Stone), dopo circa un secolo si stanno ripetendo alcuni eventi
ripresentandosi tutte le potenzialità di possibili conflitti non controllati,
dobbiamo considerare che nel caso “in cui le relazioni umane sono condizionate
da un conflitto armato effettivo o possibile, agisce un’altra logica,
completamente diversa. Essa viola spesso la logica lineare ordinaria,
comportando la confluenza e addirittura il capovolgimento dei contrari, …” (24
– Luttwak).
Come
sottolinea Luttwak , “l’intero regno
della strategia è pervaso da una logica paradossale tutta sua, in contrasto con
la logica lineare ordinaria, …… Nelle situazioni in cui il conflitto è
semplicemente incidentale per scopi di produzione e di consumo, di commercio e
di cultura, di relazioni sociali e di governo consensuale, con lotte e
competizioni più o meno vincolate da leggi e usanze, si applica una logica
lineare non contraddittoria, la cui essenza è contenuta in quello che riteniamo
buon senso” (23 – Luttwak), anche se
in molte occasioni della vita quotidiana sembra non sussistere subissato da
altri , troppi stimoli, né si considera adeguatamente in molte occasioni la
“memoria storica” delle società su cui si va ad intervenire.
Nota
· E. N. Luttwak, Strategia, Rizzoli,
1989;
· N. Stone, La Grande Europa 1878 – 1919,
Laterza, 1986
b) Il problema del paradosso nella visione strategica
Secondo la logica lineare causale ad ogni azione segue a
cascata un’ulteriore azione prevedibile, come ad ogni azione vi è la
possibilità di una controreazione pari e contraria, Luttwak osserva che nella grande strategia il livello verticale
militare viene ad interagire con le transazioni non militari tra stati o altre
organizzazioni politiche sovranazionali ed economiche proprie del livello
orizzontale, viene a crearsi un continuo rapporto interattivo tra le varie
organizzazioni che condiziona il risultato netto dei vari livelli militari.
La logica del paradosso emerge anche all’interno degli stessi
stati quando per una qualsiasi causa questo perde il monopolio dell’uso della
forza e si creano conflitti non regolamentati, in questi casi la logica lineare
perde efficacia, il compiere atti di buona volontà possono essere interpretati
come segni di debolezza, vedasi la conferenza di Monaco del 1938, e favorire
come effetto paradossale l’aggressione, finché non vengono eliminate le cause
del conflitto la diplomazia collaborativa non ha successo e può essere
controproducente.
Il considerare la logica lineare della cooperazione quale
possibile vantaggio evidente per tutte le parti coinvolte nel contenzioso è in
molti casi illogico, prevalendo una logica paradossale per cui il probabile uso
della forza ne evita l’applicazione pratica, l’inazione prepara la sconfitta
nella futura azione che diventa inevitabile proprio a seguito dell’inazione
quale speranza del prevalere del buon senso, se gli interessi nazionali si
definiscono secondo una logica lineare dell’utile e del minore costo che si
estende alla “sicurezza interna”, in ambito internazionale in presenza di
conflitti, prevale la logica del paradosso dove la logica lineare può diventare
di per sé fonte di debolezza con gravi conseguenze.
Su questioni limitate e ben definite, anche in presenza di
più ampi conflitti, una diplomazia cooperativa secondo una logica lineare può
avere ottimi risultati, senza per questo dovere risolvere il conflitto stesso,
ad esempio il trattato di neutralità dell’Austria del 1955 e quello sul bando
degli esperimenti atomici nell’atmosfera del 1962 (Luttwak).
Caso emblematico di paradosso strategico è quello che fu
sviluppato in Europa con la dissuasione nucleare durante gli anni della Guerra
Fredda, quando la Nato, a partire dal 1967, cambiò le due forme fino allora utilizzate
di dissuasione mediante rappresaglia totale atomica e mediante rifiuto allo
scontro, ossia cessione di spazio territoriale al fine di sfilacciare
l’eventuale offensiva del Patto di Varsavia in corridoi tra centri abitati per
preparare il ritorno offensivo, entrambi furono considerati inaffidabili in
quanto il primo avrebbe portato alla risposta con l’annientamento totale dei
due schieramenti, mentre il secondo l’abbandono degli alleati in prima linea e
il conseguente sfaldamento dell’alleanza o al contrario un costoso
rafforzamento dell’apparato militare, senza che questo tuttavia garantisse
dalla tentazione di preparare un attacco di sorpresa con forti probabilità di
successo.
Scriveva a riguardo Luttwak
nel 1987 , “In realtà la Nato si basa su una combinazione di mezzi: forze
di difesa frontali non nucleari inadeguate, un contingente di armi nucleari
campali (anche queste destinate a una dissuasione mediante rifiuto), uno
schieramento di forze nucleari di portata di teatro, anch’esso piuttosto
vulnerabile, e le forze nucleari a grande gittata degli americani,
effettivamente abbondanti e molto meno vulnerabili delle armi atomiche campali
e di teatro, ma del cui impiego per la difesa dell’Europa non si può essere
sicuri.
Quella che sembra una congerie di inadeguatezze è conforme
alla logica del paradosso ed è proprio perché le difese frontali non nucleari
non sono adeguate che diventa credibile l’uso di armi nucleari campali”(285-286,
Strategia. Le logiche della guerra e della pace nel confronto tra le grandi
potenze, Rizzoli, 1989, trad. Enzo Peru),
in Italia il disciolto 1° GR.A.PE., “ADIGE” Elvas-BRIXEN della III°
BRGT. Missili “Aquileia”, sembrerebbero
problemi del ‘900 ma la storia proietta le sue ombre nel nuovo millennio come
il caso Mitrokhin, la crisi siriana e l’attuale crisi Ucraina.
Giuridicamente in molti conflitti si tende a non affrontare
il problema alla radice ma si cerca di spalmarlo nello spazio, acquisendo per
tale via ulteriore tempo, nella speranza che si venga a risolvere per
esaurimento da solo o che eventi imprevisti modifichino il contesto entro cui
il problema è nato e si è espanso, spazio in cambio di tempo, come alcuni hanno
ipotizzato nell’attuale crisi del Mediterranea.
Il ruolo dell’O.N.U.
nelle crisi internazionali
Gli organi intorno ai quali ruota l’attività di gestione
delle crisi sono il Consiglio di Sicurezza, che ha competenza limitata al
mantenimento della pace, ma in questo settore dispone di poteri assai ampi in
particolare per quanto concerne le sanzioni e l’uso della forza contro gli
stati colpevoli di aggressione o minaccia alla pace.
Accanto al Consiglio vi è l’Assemblea generale, in cui tutti
gli Stati sono rappresentati ed hanno uguale peso nelle votazioni, essa ha una sfera di competenza illimitata,
potendosi occupare di qualsiasi questione che rientri nei fini statutari (art.
10), tuttavia in concreto i suoi poteri non sono affatto estesi, riducendosi al
potere di effettuare studi, emanare raccomandazioni e promuovere accordi fra
gli Stati membri.
Infine vi è il Segretario generale a cui fa capo un vasto
apparato burocratico; nominato dall’Assemblea su proposta del Consiglio di
Sicurezza, adempie le funzioni che gli sono affidate dallo stesso Consiglio,
dall’Assemblea e dagli altri organi delle Nazioni Unite. Occorre premettere che
a differenza delle Società delle Nazioni, nell’ambito della quale vigeva il
principio dell’unanimità in omaggio alla regola mutuata dalla vecchia prassi
delle conferenze internazionali posta a garanzia della sovranità statale, il
sistema statutario accolto per le votazioni in seno agli organi delle Nazioni
Unite è quello maggioritario.
Il sistema maggioritario, combinandosi con la regola per cui
ad ogni Stato spetta un voto indipendentemente dalla sua importanza politica ed
economica, è stato oggetto di proposte di temperamento a causa ammissione
all’ONU, a partire dagli anni ’60, di un rilevante numero di Stati di piccole
dimensioni. Il mantenimento del principio maggioritario ha finito per
introdurre come contemperamento la prassi del consensus, per cui vengono
approvate senza una votazione formale quelle delibere il cui contenuto è stato
preventivamente concordato fuori dalle riunioni ufficiali.
Gli Stati che avanzano riserve o si dissociano totalmente lo
possono fare presente al Presidente dell’organo nel momento dell’approvazione,
si deve comunque rilevare che questa pratica contribuisce a dare alle
risoluzioni contenuti tanto più vaghi quanto più importanti sono le questioni
sul tappeto, segno dell’incapacità delle maggioranze di prevalere sulle
minoranze-
Un forte temperamento al principio maggioritario si ha in
seno al Consiglio di sicurezza dove i membri permanenti possono esercitare il
diritto di veto, si tratta di eccezione di non poco conto se si considera che
il Consiglio è l’unico organo in grado di vincolare gli altri Stati-
L’art. 27 della Carta testualmente recita: “1. Ogni membro
del Consiglio di Sicurezza dispone di un voto. 2. Le decisioni del Consiglio di
Sicurezza su questioni di procedura sono prese con un voto favorevole di 9
membri. 3. Le decisioni del Consiglio di Sicurezza su ogni altra questione sono
prese con un voto favorevole di 9
membri, nei quali siano compresi i voti dei membri permanenti; tuttavia nelle
decisioni previste dal cap. VI e dal par. 3 dell’art. 52, un membro che sia
parte di una controversia deve astenersi dal voto”. Poiché il dovere di astensione
non riguarda le delibere relative a misure coercitive contro gli Stati
colpevoli di aggressione (cap. VII) e quelle relative all’espulsione
dall’Organizzazione (art. 6), sussiste per tutte queste delibere il diritto di
veto anche se chi ne è titolare è coinvolto in prima persona, ne consegue
l’impossibilità per il Consiglio di agire con misure coercitive contro un
membro permanente o di proporne l’espulsione.
A temperamento del diritto di veto si è introdotta la prassi
della validità delle delibere prese con l’astensione di uno o più membri
permanenti o con la non partecipazione al momento del voto, va notato che
questi temperamenti appena descritti hanno consentito al Consiglio di operare
ma la mancanza di adesione da parte di tutte le Grandi Potenze rende
intrinsecamente deboli queste risoluzioni, senza dubbio si è rilevata una
utopia la perfetta intesa trai membri permanenti, ma è anche vero che
nell’attuale struttura solo una tale intesa può garantirne il funzionamento.
Sul piano normativo, lo Statuto delle Nazioni Unite segna,
rispetto al Covenant della Società delle Nazioni, due notevoli passi avanti: 1.
è la maggiore portata dell’obbligo di non ricorrere alla violenza, 2. è la maggiore istituzionalizzazione
dell’azione preventiva-repressiva della violazione di questo obbligo; spetterà
comunque al Consiglio di Sicurezza la responsabilità principale del
mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
Le competenze del Consiglio sono disciplinate nei cap. VI
(art. 33 e segg.) e VII (art. 39 e segg.), il cap. VI tratta prevalentemente
dell’esercizio della funzione conciliativa quando la controversia sia
suscettibile i mettere in pericolo la pace e la sicurezza internazionale, nel
capitolo successivo si tratta delle azioni a tutela della pace quando questa
risulti violata o comunque minacciata.
Accertata l’esistenza di una minaccia alla pace, di una sua
violazione o di un atto di aggressione (art. 39), il Consiglio può decretare
contro lo Statro aggressore misure sanzionatorie ma non implicanti l’uso della
forza, come l’interruzione parziale o totale
delle comunicazioni e delle relazioni economiche da parte degli altri Stati
(art. 41), ma può intraprendere anche azioni armate (art. 42 e segg.), comunque
prima di ricorrera ad una delle due forme esso può invitare gli Stati
interessati a prendere quelle misure provvisorie atte a non aggravare la
situazione (art. 40).
Il Consiglio di Sicurezza gode di un ampio potere
discrezionale nel determinare se in un caso concreto si verifichi una minaccia o
violazione della pace o addirittura un atto di aggressione, la discrezionalità
più ampia si esercita soprattutto con riguardo all’ipotesi della “ minaccia
della pace”: trattasi infatti di una ipotesi assai vaga ed elastica che non è
necessariamente caratterizzata da operazioni militari implicanti l’uso della
violenza bellica.
I comportamenti che possono dare adito alla minaccia riguardano
sia la sfera esterna che la sfera interna dello Stato, dato che l’applicazione
delle misure previste dal cap. VII non incontra il limite della “domestic
Jurisdiction”, ossia di tutto ciò che ha attinenza con i classici “elementi”
dello Stato, che sono i trattamenti dei “sudditi”, l’organizzazione di
“Governo” e l’utilizzazione del “territorio”.
Il caso più interessante rimane comunque il ricorso all’art.
42 con tutto ciò che ne consegue, l’uso della forza può avvenire “contro” uno
Stato o “all’interno” di uno Stato, quando la situazione interna sia tale da
minacciare la pace e la sicurezza internazionale.
Il ricorso a misure violente è chiaramente concepito come una
azione di polizia internazionale, che dovrebbe essere ai sensi dell’art. 43
sotto un comando internazionale facente capo allo stesso Consiglio di
sicurezza. Il concentrare nell’Organizzazione, non solo il potere di decidere
l’utilizzo della forza armata, ma anche la direzione delle operazioni militari,
ha il preciso scopo di garantire l’obiettività e l’imparzialità dell’azione,
nonché di controllare che questa sia mantenuta entro i limiti strettamente
indispensabili al mantenimento della pace.
Consegue che le delibere con cui il Consiglio di sicurezza
delega agli Stati membri l’uso della forza contro un determinato Paese,
rimettendo nelle loro mani il controllo delle operazioni, non sono inquadrabili
sotto gli auspici dell’art. 42 ma addirittura ne tradiscono la lettera e lo
spirito e quindi sono illegittime.
Purtroppo gli accordi internazionali che, ai sensi degli
artt. 43, 44 e 45, gli Stati membri avrebbero dovuto stipulare con il Consiglio
per la costituzione di forze armate internazionali non sono stati realizzati.
Ugualmente dicasi per la costituzione di un Comitato di Stato maggiore,
composto dai capi di Stato maggiore dei membri permanenti e posto sotto
l’autorità del Consiglio (art. 46 e 47), questo ha fatto sì che il Consiglio
sia venuto meno, paralizzato dai contrasti tra le superpotenze, ai suoi compiti
di tutore dell’ordine internazionale. I deficit organizzativi sopra evidenziati
non hanno reso del tutto impotente l’ONU ma è stato necessario trovare un nuovo
punto di appoggio, costituito dalla delega del Consiglio al Segretario
generale.
Per completare il discorso sui poteri delle Nazioni Unite in
ambito di gestione delle crisi internazionali, è opportuno fare un rapido cenno
ai poteri dell’Assemblea la quale può discutere qualsiasi questione di
carattere generale e farne oggetto di raccomandazioni agli Stati o al Consiglio
di sicurezza” oltre ad esercitare funzione conciliativa su controversie tra
Stati per le quali non sia già intervenuto il Consiglio di sicurezza.
In passato si è discusso se all’Assemblea, oltre alle
competenze ora ricordate, spettasse intraprendere azioni a tutela della pace
mediante misure coercitive dl tipo di quelle adottabili dal Consiglio di
sicurezza in base al cap. VII della Carta dell’ONU. L’argomento costituì
oggetto di accanite dispute dottrinali tra gli anni ’50 e ’60, epoca in cui
effettivamente l’Assemblea sotto la spinta degli Stati Uniti tese a sostituirsi
al Consiglio di sicurezza nella funzione di mantenimento della pace, vista la
paralisi di quest’organo per l’esercizio del diritto di veto, successivamente
la spinta degli Stati Uniti è rientrata ed il tema è andato attenuandosi come
conseguenza dell’enorme aumento del numero dei membri che ha reso l’Assemblea
difficilmente controllabile.
L’art. 51 nel chiudere il cap. VII testualmente stabilisce:
“Nessuna disposizione della presente Carta pregiudica il diritto naturale di
autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato
contro un membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di sicurezza non
abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza
internazionale”, questo non legittima l’uso della forza in ogni caso ma solo in
presenza di un attacco “già sferrato” e finché non interviene il Consiglio di
sicurezza, se, tuttavia, il Consiglio resta paralizzato di fronte alla crisi in
atto, la Carta e il diritto internazionale hanno esaurito la loro funzione.
Con tutti i limiti rilevati, in alcune gravi questioni
internazionali le Nazioni Unite sono riuscite a fare sentire la loro presenza
sviluppando le cosiddette peace –keeping operations, affidate ai caschi blu. L’intervento
delle forze O.N.U. ha assunto carattere diverso a secondo delle circostanze,
acquisendo funzioni di interposizione tra contendenti, presidi di zone
armistiziali, gruppi di osservatori militari o forze di polizia internazionale,
comunque sia, tali forze sono sempre originate da direttive del Consiglio di
sicurezza o dell’Assemblea generale e rientrano nelle responsabilità operative
del Segretario generale.
La 43° Assemblea
Generale ha approvato una Dichiarazione sulla “Prevenzione ed eliminazione di
controversie e situazioni, che possano minacciare la pace e la sicurezza
internazionale, nonché il ruolo delle Nazioni Unite in questo campo”
(Risoluzione 43/51 DEL 5/12/88), presentata dal Comitato per lo Statuto delle
N.U., anche il Segretario generale nelle sue relazioni annuali ha più volte
sollecitato una parziale riforma e rivitalizzazione degli organismi
internazionali dell’O.N.U. ed è giunto a sollecitare la necessità della
costituzione di apposite riserve di truppe specializzate e di risorse
finanziarie.
Appare evidente che la struttura dell’ O.N.U. è stata
impostata per risolvere conflitti tradizionali tra Stati, in cui vi è di fatto
uno scontro simmetrico, con il nuovo millennio si sono manifestati potenziali
scontri asimmetrici, dove a forze tradizionali si contrappongono organizzazioni
a rete su territori non ben definiti, molto veloci nel riprodursi e spostare i
centri di fuoco, capaci di acquisire risorse anche attraverso attività
illegali, motivando le persone e creando collegamenti sfruttando tutte le
potenzialità di una comunicazione diffusa e capillare, fuori dal controllo
statale, il mondo virtuale internet è diventata la base operativa e il
territorio in cui muoversi senza confini e barriere, con la possibilità di
creare violente suggestioni irreali e sogni di riscatto.
venerdì 23 settembre 2022
Congresso di Siena. Istituto del Nastro Azzurro Documento
giovedì 22 settembre 2022
Implementazione. Lineamenti 2022. Gradi delle Forze Armate Parte VIII
NOTIZIE CESVAM
Lineamenti al 28 luglio 2022
Albo Nazionale dei Decorati
5.
Elenco per Gradi. Forze Armate
I Gradi sono stati ordinati
come segue:
5.1 Generali
5.2 Ufficiali
5.3 Sottufficiali
5.4 Truppa
La Individuazione dei
gradi è stata prima di tutto fatta per l’Esercito. Poi una tabella di
equivalenza sarà predisposta sulla base dei regolamenti istitutivi per le altre
Forze Armate e Corpi.
5.1 Generali
1.
Primo Maresciallo dell’Impero
2.
Maresciallo d’Italia
3.
Generale d’Armata
4.
Generale des. d’Armata
5.
Generale di Corpo d’Armata
6.
Generale di Divisione
7.
Generale di Brigata
8.
Colonnello Brigatiere
5.2
Ufficiali Superiori
1.
Colonnello
2.
Tenente Colonnello
3.
Maggiore
5.3. Ufficiali
Subalterni
1.Capitano
2.Tenente
3.Sottotenente
4.Aspirante
5. Altri
5.4 Sottufficiali
1. Aiutante di
Battaglia
1.
Luogotenente
2.
Maresciallo Maggiore
3.
Maresciallo
4.
Maresciallo Ordinario
6
Sergente Maggiore
7
Sergente
8
Altri[1]
5.5 Truppa
1.
Caporale Maggiore
2.
Caporale
3.
Soldato Scelto
4.
Soldato
5.
Altri[2]
Una tabella di
equivalenza dei gradi dell’Esercito con quella delle altre Forze Armate, come
detto, sarà predisposta. Inoltre sarà inseriti i nuovi gradi per la Truppa.\Inoltre
la dizione dei gradi varia a seconda se si tratta di Arma Combattente o dei
Servizi. Esempio Il Generale di C.d.A. per la Fanteria equivale al Tenente
Generale per i Corpi.
[1] È in
corso uno studio per individuare i Gradi dei Sottufficiali delle Regi Corpi
delle Truppe Coloniali e dell’Esercito del regno d’Albania.
[2] È in
corso uno studio per individuare i Gradi dei Sottufficiali delle Regi Corpi
delle Truppe Coloniali e dell’Esercito del regno d’Albania
mercoledì 21 settembre 2022
Quadro di Battaglia del Regio Esercito al 10 giugno 1940. Libia ed A.O.I,
DIBATTITI
Progetto2020
Comando
Superiore Forze Armate Africa settentrionale
Maresciallo d’Italia Italo Balbo
8900 Ufficiali, 184.000 Sottufficiali e truppa,
28.500 soldati libici.
5a
Armata (Gen. Italo Gariboldi). In Tripolitania
Corpi d’Armata
X C.d.A
Div. Fanteria Bologna
Div. Fanteria Sabratha
Div. Fanteria Savona
XX C.d.A.
Div. Fanteria Brescia
Div Fanteria Pavia
Div. Fanteria Sirte
XXIII C.d.A.
1a Legione della Milizia 23 marzo
2a Legione della Milizia 28 ottobre
Unità
Indipendenti
2a Div. Libica truppe di copertura alla
frontiera tunisina e Piazzaforte di Tripoli
10a
Armata (Gen. Mario Berti). In Cirenaica
XXI C.d.A.
Div. Fanteria Cirene
Div Fanteria Marmarica
4a Legione della Milizia 3 gennaio
Unità
Indipendenti
1a
Div. Libica truppe di copertura alla frontiera orientale e Piazzaforte di
Tobruk
Nello scacchiere sahariano settori di copertura a
Cufra Gadames e Serdemes 6 compagnie di mitraglieri libici e truppe mobili
Comando
Forze Armate dell’Africa Orientale Italiana
Viceré S.A.R. Amedeo d’Aosta
5.900 Ufficiali, 68.000 Sottufficiali e truppa, 182
soldati coloniali
Unità
Indipendenti
Reggimento
Granatieri di Savoia
Div.
Fanteria Africa
16
battaglioni nazionali non indivisionati con:
.3
compagnie carri armati
.
10 gruppi di artiglieria
,1
squadriglia autoblinde
29
Brigate coloniali con
.
17 battaglioni coloniali autonomi
.
8 gruppi squadroni di cavalleria
.
22 gruppi bande
.2
gruppi di artiglieria
In totale il Regio Esercito presentava 1.156.000
uomini, con 44250 ufficiali. Per completezza occorre aggiungere altri 500000
uomini del personale della Difesa antiaerea, servizi territoriali, Forze di
Polizia, tra cui Carabinieri e Guardia di Finanza.