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sabato 30 agosto 2025

Editoriale Agosto 2025

 Mese completamente dedicato alla vacanze, per un sano e necessario recupero psico-fisico. Tempi di riposo e di svaghi, cercando di cogliere momenti interessanti di relax in compagnie scelte. I viaggi rappresentano la chiave di volta di ogni riuscita estiva e quindi sono stati ben calibrati. Malesia, Europa Norvegia hanno coinvolto le persone più vicine mentre la tradizionale montagna ha ridato e da sempre nuove opportunità e spunti di interesse. Tutte le attività ovviamente si sono fermate, sopperite nella stragrande maggioranza dalla programmazione in essere

A settembre si ricomincia, ovviamente su approcci  già decisi, che cambieranno di molto il modo di fare e procedere, come suggerisce, del resto, la sperimentazione fatta nel primo semestre, che impone un nuovo modo di procedere.

massimo coltrinari

venerdì 29 agosto 2025

Copertina Agosto 2025

 in progress





QUADERNI ON LINE






Altare della Patria







                                               Anno LXXXVI, Supplemento on line, VIII, 2025, n. 114
(4278)

                                                                               AGOSTO 2025

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giovedì 28 agosto 2025

La Grande Guerra 1915-1918

                                                                                                                                         DIBATTITI

IL VOLTO DELLA GUERRA


Prof. Sergio Benedetto Sabetta



In guerra al medico militare era richiesta la capacità di agire comunque, anche in mancanza di mezzi e strumenti adeguati, inoltre la sua competenza doveva essere di carattere generale, in particolare chirurgica. Dalle loro testimonianze emergono i caratteri più sconvolgenti della guerra moderna, in particolare i traumi bellici derivanti dalla potenza distruttiva dei moderni mezzi.

Dalla testimonianza scritta del dott. Tumiati, medico presso l’Ospedale militare della riserva di Ferrara, si ha la descrizione dei casi di mutismo relativi a militari provenienti dalla prima linea.

Portavano ancora nel volto e nei gesti il terrore del trauma che li aveva colpiti – fragore della granata che esplode, balzo nell’aria, sepoltura fra le macerie – e lo sgomento per quel silenzio al quale si credevano per sempre condannati. C’era nei loro occhi l’ansia supplichevole e disperata di chi ha tante cose da dire e si sente, a ogni tentativo, strozzata la voce nel petto.”

Riferendosi alle esperienze di medico francese, dopo avere reso temporaneamente sordo il paziente mediante tappi di cera, lo invitò a ripetere insieme la parola “mamma”, dopo più di un mese che non articolava alcuna parola quel contadino del Sud riprese a parlare, vi era stata collaborazione tra medico e paziente superando la diffidenza, divenendo un “rieducatore paziente”, come si definisce lo stesso Tumiati.

Anche nella disastrosa ritirata di Caporetto si possono cogliere i drammi e le rovine morali, oltreché materiali, dalle testimonianze degli ufficiali medici, scrive a riguardo il capitano Frizzoni .

In istrada, intanto, lungo la giornata il movimento del carreggio e dei camions era andato sempre più aumentando e diventando disordinato. C’era anche molta truppa a piedi in parte senza armi e senza nessun ufficiale che la guidasse, e c’era chi aveva l’aspetto affamato e chi, al contrario, era ubriaco. Uno spettacolo veramente pietoso e umiliante” .

Impressionanti gli effetti delle armi sui corpi, il maggiore medico Ragucci così descrive la morte di un bersagliere arrivato già in fin di vita.

“ Aveva il meschino bucato il ventre da una pallottola esplosiva, e le budella in buona parte erano venute fuori in un groviglio orrendo di colore vinoso che suscitava ribrezzo e pietà! Si è immediatamente intervenuto praticando una laparatomia d’urgenza, suturando l’intestino leso, ma il misero boccheggiando sinistramente, come un uccello ferito, è morto sul tavolo di operazione, emettendo dei cupi lamenti che mi hanno toccato il cuore! “

La continua vicinanza con la malattia, la morte e il dolore portano ad una sorte di assuefazione che non esclude tuttavia la pietà come si rileva nella testimonianza del tenente Spallicci.

“ Ho visitato un malato che scendeva di trincea. Feteva di cadavere. Aveva dormito tra morti putrefatti. Non ha che a chiuder occhi per la vista, perché per l’olfatto il lezzo ce l’ha già”.

Le esplosioni hanno in molti casi effetti devastanti, come descritto dal maggiore Ragucci, il quale all’Ospedale 040 di Cortina nell’aprile 1917 vede ricoverare d’urgenza un bersagliere minatore al quale, come in tanti analoghi casi, è esplosa accidentalmente la carica.

“ Ha il viso ridotto in uno stato orroroso, tutto bucherellato da schegge di pietre, che gli hanno fracassato il naso, bucato la fronte, crepati e svuotati gli occhi, lacerato le orecchie! Ha le due gambe fracassate, e le ossa fuoriescono in tane lamelle dalle carni sbrindellate! Un vero macello!”.

Nonostante le condizioni disperate il ferito sopravvive, ricominciando ad alimentarsi, e per incoscienza o per farsi coraggio canticchia pure, così viene descritto dall’ufficiale medico.

“ ha la testa e il viso completamente bendati, ha solo la bocca libera, ma le labbra sono bruciacchiate, nerastre, sanguinanti; le gambe sono immobilizzate in due docce metalliche: è un uomo, un tronco, una mummia da museo, che incuterebbe spavento a chi non è abituato a queste scene crudeli”.

Si capisce così il perché dell’autolesionismo quale strumento di sopravvivenza in un ambiente brutale e con una quotidiana prospettiva incerta, arrivando ad esporre gli arti fuori la trincea sperando nei cecchini nemici, oltre che a sparasi direttamente alle mani e ai piedi, circostanze che obbligavano l’ufficiale medico ad attente valutazioni e a lunghi rapporti.

L’entusiasmo iniziale per la gloriosa impresa veniva ben presto a scontrarsi con la dura realtà della guerra, come descritto nelle memorie del sergente Cesare Pitoni, che dopo sei mesi di guerra arriva ad invidiare i Defunti il 2 novembre 1915 ”Beati loro!”.

Vi è un profondo disgusto ed amarezza per i violentissimi e apocalittici bombardamenti, che scuotono il terreno quali un terremoto, i micidiali shrapnel che tambureggiano sul Carso il terreno a pochi metri dai ripari, i mitragliamenti aerei radenti il suolo, la scommessa quotidiana con la morte, insieme alla durezza della disciplina, gli ordini ritenuti ingiusti, una latente sfiducia verso l’autorità e verso molti commilitoni, l’accusa agli imboscati, in particolare quegli ufficiali che dalle retrovie si gloriano della fatica, dei dolori, delle paure di chi è in linea.

Vi sono accenni di pietà quando vede colonne di prigionieri nemici smunti, allampanati, con le divise lacere.

Erano tutti giovani vestiti a mo’ degli spazzini, con un bottone d’ottone al posto del fregio del berretto ed i graduati con una striscia d’oro nel bavero della giubba. Erano mal ridotti e sporchi.”

Tuttavia l’orrore ritorna alla vista dei brandelli di un operaio ucciso dallo scoppio di una granata, i mucchi di corpi in divisa italiana sparsi sul terreno, il volto dell’appuntato della sua batteria orribilmente deturpato dalle schegge di granata.

Tutto è vanità, tutto è menzogna! Sono molto sciupato. Non mi sento più di andare avanti.”, la disperazione porta a tentativi di autolesionismo per creare infezioni o malattie, solo gli amori momentanei con ragazze del posto creano momenti di vita contro la presenza incombente e costante della morte.

Ieri sera baciai Regina sulla bocca, mentre poco lontano scoppiavano i proiettili.”

Queste sono le premesse per la disfatta di Caporetto a cui seguirà la resistenza sul Piave, lo scatto di orgoglio e la riorganizzazione che la nomina di Diaz a capo dell’esercito permetterà, dando una nuova fiducia agli uomini e un trattamento materiale e psicologico più umano.



Bibliografia



  • L. Martini, Cronaca di un dissenso. Dal diario di guerra di Cesare Pitoni ( 1915 – 1916 ). Una crisi esistenziale sul Carso e sull’Isonzo all’ombra della censura e della crittografia, RiStampa Edizini, 2018.

  • U. Frizzoni, Un medico a Caporetto. I diari di guerra di Ugo Frizzoni, a cura di P. Barcella, Sestante, 2015.

  • N. Persegati, La Grande guerra di Spaldo. Il diario di guerra di Aldo Spallicci, medico, repubblicano e poeta di Romagna, Gaspari, 2008.

  • N. Ragucci, Ospedale da campo 040 di Cortina. La guerra di montagna vista da un medico, a cura di P. Giacomel, Gaspari, 2010.

  • C. Tumati, Zaino di sanità, a cura di P. Gaspari, Gaspari, 2009






mercoledì 27 agosto 2025

Materiali per la storia dell'Istituto del Nastro Azzurro

ARCHIVIO

Giorgio Madeddu

Timbro ad umido della Segreteria Generale dell'Istituto del Nastro Azzurro in uso negli anni trenta

 

martedì 26 agosto 2025

Italia e le sue aree di influenza ed interesse

UNA FINESTRA SUL MONDO




 Fonte LIMES. Rivista Italiana di Geopolitica, 

Carta  del 2024 in cui si descriveva la collaborazione tra Italia e Stati Uniti. Ora con la situazione a Gaza tutto è stato rimesso in discussione  e la nostra presenza in Medio Oriente fortemente alterata date le diverse poiszioi assunte da Roma verso la Israele.

lunedì 25 agosto 2025

Operazioni del Corpo Italiano di Liberazione Agosto 1944 I Parte

                                                                                                                                DIBATTITI


AVANZATA SUL FIUME CESANO E LIBERAZIONE Dl CORINALDO (10 AGOSTO) E CASTELLEONE Dl SUASA(11 AGOSTO)

REAZIONI TEDESCHE A CASTELLEONE Dl SUASA E A LORETELLO.

Mentre i reparti del C. I. L. stavano completando lo schieramento difensivo a sud del fiume Nevola e del fosso delle Ripe, il comando del Corpo polacco comunicò che stava, con le due divisioni schierate per ala — la 3a «Carpatica» e la 5a «Kresowa» — per preparare e lanciare un attacco allo scopo di spezzare la resistenza nemica «dirigendo lo sforzo principale lungo i fianchi interni di entrambe le divisioni» con obiettivo la conquista delle alture di riva destra del Cesano. Riuscita questa prima azione, le due divisioni si sarebbero dirette «all'esterno, aggirando così le difese nemiche lungo le alture». Al C. I. L. era affidato il compito di «assicurare il fianco sinistro dell'attacco del Corpo polacco contenendo il nemico nell'interno del settore Corinaldo - Castelleone di Suasa». Limiti tra C. I. L. e Corpo polacco (5a divisione «Kresowa»): Belvedere Ostrense - Corinaldo - Orciano di Pesaro.

Successivamente il comando del Corpo polacco fece conoscere che l'attacco sarebbe stato sferrato il mattino del 9 agosto.

Il comandante del C. I. L., allo scopo di attirare l'attenzione del nemico e impedirgli di reagire sul fianco delle unità polacche attaccanti, dispose che il mattino del 9 venissero effettuati dall'artiglieria numerosi e violenti concentramenti di fuoco1 sulle posizioni antistanti, intervenendo anche nel settore d'azione delle truppe polacche con i medi calibri. Questa azione di fuoco fu integrata dall'invio di numerose pattuglie in tutto il settore, le quali informarono che l'avversario continuava a difendere le sue posizioni a sud del Cesano.

Il comandante del C. I. L. insistette allora perchè nella notte e nella giornata dell'indomani le unità dipendenti mantenessero uno stretto contatto col nemico onde conoscere la consistenza del suo schieramento e, per quanto possibile, le intenzioni, non essendo escluso, dati gli sviluppi dell'azione polacca sulla destra, un suo ripiegamento oltre il fiume Cesano.

Il mattino del 10 agosto2, infatti, da diverse segnalazioni si potè arguire che i tedeschi stavano effettivamente ritirandosi a nord del Cesano. Subito, allora, il comandante del C. l. L. diramò il seguente fonogramma a mano:

«Informatore segnala che Castelleone di Suasa è sgombera. Pattuglia 3° alpini prosegue senza incontrare nemico. Forze polacche sulla destra avrebbero superato displuviale Nevola Cesano. Ciò fa supporre che displuviale Castelleone Corinaldo sia stata sgomberata. Allo scopo di non perdere tempo distaccamenti già predisposti I e II brigata inizino movimenti per raggiungere displuviale Nevola Cesano. Divisione «Nembo» invii un plotone su Castelleone di Suasa. Grandi unità si predispongano per essere in misura di occupare tempestivamente predetta displuviale qualora fosse confermato che essa è stata sgomberata dal nemico. Movimenti d'iniziativa».

In seguito a questi ordini, tutto il dispositivo del C. I. L. si mise in movimento:

a) Sulla destra, la II brigata, schierata col reggimento marina «S. Marco» in 1°scaglione e il 68° reggimento fanteria in 2° scaglione, oltrepassò coi reparti avanzati il fiume Nevola e occupò la località le Murate trovata sgombra. Quindi, elementi del reggimento «S. Marco», dopo aver impegnato e fugato elementi ritardatori tedeschi, occuparono q. 250 (ad ovest di Corinaldo): nel pomeriggio, sempre del 10, entrarono in Corinaldo e si affrettarono a raggiungere, più a nord, la q. 239 in modo da conferire sicurezza alla occupazione del paese.

In conseguenza dello sbalzo in avanti dei reparti del reggimento «S. Marco anche i reparti del 68°reggimento fanteria ebbero ordine, prima di sera, di muovere per raggiungere la nuova zona oltre il Nevola.

b) Al centro, la I brigata distaccò in avanti reparti di bersaglieri a destra e di alpini a sinistra, i quali avanzarono senza incontrare reazione (ciascuno dei due reggimenti - 4° bersaglieri e 3° alpini - con un battaglione in 1° scaglione e uno in 2°) sino alle località Croce del Termine e C. S. Onofrio (q. 211), che risultarono occupate da elementi ritardatori tedeschi. Prima di sera, le posizioni di C. S. Onofrio furono prese d'assalto da un nostro plotone alpini che inflisse anche perdite al nemico (1 morto e 2 prigionieri). A notte, anche la località Croce del Termine venne occupata da reparti bersaglieri dopo che i nuclei nemici ivi sistemati furono costretti dal nostro fuoco ad abbandonare la posizione.

In relazione all'occupazione di C. S. Onofrio e Croce del Termine dominanti il Cesano, il dispositivo dei due reggimenti della brigata si articolò in avanti muovendo per raggiungere le nuove posizioni.

c) Sulla sinistra, la divisione «Nembo» spinse in avanti elementi paracadutisti i quali, verso le ore 10, raggiunsero Loretello, trovata sgombra. Altri elementi paracadutisti si spinsero sino alle località di Farneto e C.se Nuove (a sud e a sud - est di Castelleone di Suasa), dove si impegnarono con elementi ritardatori tedeschi.

Indietro, scaglionati in profondità, mossero; il 184° reggimento di fanteria paracadutista in direzione di Castelleone di Suasa; il 183° reggimento in direzione di Ripalta - Loretello.

L'indomani, 11 agosto, una compagnia del XIV battaglione del 184° reggimento paracadutisti occupò, verso le ore 8, Castelleone di Suasa, mentre gli altri reparti della divisione si spostavano per raggiungere le posizioni atte a garantire il fianco sinistro del C. I. L, continuando a svolgere una intensa attività esplorativa. Durante questa attività, pattuglie paracadutisti riscontrarono, il 12, sulla estrema sinistra, la presenza di elementi tedeschi a S. Pietro, muniti di armi automatiche e mortai. Una pattuglia di paracadutisti inoltre, passato il Cesano, si spinse oltre S. Lorenzo in Campo fino a Montalfoglio, dove notò la presenza di elementi tedeschi e una batteria nemica nella zona di q. 295.

Era chiaro ormai che il grosso del nemico si era ritirato sulle posizioni a nord del Cesano.

Raggiunta la displuviale tra il Cesano e il Nevola - Fenella, il C. I. L. tornò, in relazione al compito assegnatogli, ad assumere atteggiamento difensivo disponendosi secondo i noti criteri elastici, i quali, mentre gli consentivano una efficace azione difensiva, gli permettevano nel contempo di poter passare rapidamente all'azione offensiva. Fu perciò disposto:

che la linea di sicurezza seguisse questo andamento: margine anteriore dell'abitato di Castelleone di Suasa - ciglio tattico crinale tra fiume Cesano e torrente Fenella fiume Nevola. Nella zona di sicurezza dovevano essere difese ad oltranza le posizioni di q. 239 (nord di Corinaldo), q. 235 e q. 271 di Croce del Termine (in unico caposaldo) e Castelleone di Suasa;

che la linea di resistenza passasse per il margine anteriore dell'abitato di Castelleone di Suasa - alture riva destra affluente ovest di testata fosso Volpara - alture riva sinistra affluente nord - est di testata fosso Volpara - q, 235 di C. S. Maria -q. 271 -le Selve - q. 230 - q. 222 - q. 201 - margine anteriore abitato di Corinaldo - q. 220 - altura di q. 239;

che le saldature avvenissero: tra I e II brigata sull'altura di q. 243 (sulla linea di sicurezza) e a le Selve (sulla linea di resistenza); tra divisione «Nembo» e I brigata sull'altura di q. 211 di C. S. Onofrio (sulla linea di sicurezza) e -alla confluenza affluenti di testata del fosso Volpara (sulla linea di resistenza);

che le artiglierie si schierassero a sud dell'allineamento C. la Volpara - le Murate.

Le unità del C. I. L. attuarono quindi, tra l'11 e il 12, il loro schieramento sulle nuove posizioni, da Corinaldo a Castelleone di Suasa e Loretello, nel modo che segue (Schizzo n. 18):

a) Sulla destra, la II brigata si schierò col reggimento «S. Marco» più 2 batterie polacche controcarri: 1 da 57 e 1 da 75 in 1° scaglione (in 2 sottosettori di battaglione : battaglione «Grado», rinforzato da 2 sezioni cannoni da 57/50 controcarri e da 1 compagnia pezzi da 47/ 32, nel sottosettore di destra da i Cappuccini a q. 250, rispettivamente a nord e ad ovest di Corinaldo; battaglione «Bafile» , rinforzato da 1 sezione cannoni da 57/50 controcarri e da 3 plotoni pezzi da 47/32, nel sottosettore di sinistra da q. 250 a C. Giovannetti).

In 2° scaglione il 68° reggimento fanteria con il I battaglione in località S. Bartolo e il II battaglione nella zona Ie Murate. Il V gruppo da 75/13 someggiato sui rovesci di S. Bartolo.

b) Al centro, la I brigata si schierò in 2 sottosettori di reggimento (ogni reggimento con battaglione in 1°scaglione e 1 battaglione in 2° scaglione): il 4° reggimento bersaglieri, rinforzato da 1 batteria da 57/50 controcarri, nel settore di destra col XXIX battaglione da q. 235, poco a sud di C. Giovannetti, a C. 40 Monte, poco a sud di Croce del Termine, e il XXX III battaglione (in 2° scaglione) in località C. S. Vincenzo; il 3° reggimento alpini, rinforzato da 1 batteria da 57/50 controcarri, nel sottosettore di sinistra col battaglione «Monte Granero» da C. 4° Monte a q. 211 di C. S. Onofrio, e il battaglione «Piemonte» (in 2° scaglione) a fosso Volpara.

Il IV gruppo da 75/13 someggiato e il gruppo di formazione batterie alpine da 75/13 presero posizione qualche chilometro rispettivamente a est e a sud di C. Scalogna.

c) Sulla sinistra, la divisione «Nembo» si schierò col 184° reggimento fanteria paracadutista, rinforzato da elementi controcarri, in 1°scaglione, in 2 sottosettori di battaglione: XIV battaglione nel sottosettore di destra da q. 211 a le Caselle; XIII battaglione nel sottosettore di sinistra da le Caselle alle posizioni a sud di C.se Pollini. Il 183° reggimento paracadutisti si schierò con il XVI battaglione in 1 0 scaglione tra Loretello e q. 312 (una compagnia però rimase indietro a Ripalta) e il XV battaglione in 2°scaglione nella zona del quadrivio di q. 285 tra Ripalta e Montale. In 2° scaglione rimasero ancora il CLXXXIV battaglione guastatori a Montale e la 184a compagnia motociclisti a Piticchio.

Il 184° reggimento artiglieria «Nembo» prese posizione col I gruppo cannoni da 75/27 nella zona di q. 128 e col II gruppo cannoni da 100/22 in quella di q. 181.

d) L'11° reggimento artiglieria schierò il I gruppo da 105/28 nella zona di q. 85 (a sud di le Murate), il II gruppo da 100/22 nella zona di Tiro a segno (nei pressi di P.te Murato), il III gruppo da 75/ 18 nella zona di C. Augusti (poco ad ovest di S. Bartolo), il IV gruppo da 75/18 nella zona di Casalta (a nord - est di Castelleone di Suasa), il CLXVI gruppo da 149/19 nella zona di q. 174 (a sud di C. San Vincenzo).

Anche questa volta, la dosatura delle forze nello schieramento difensivo non si differenziava da quella di prima, salvo un leggero aumento a favore delle forze destinate in 1°scaglione (7 battaglioni anzichè 6) dovuto probabilmente alla maggiore superficie di contatto col nemico determinatasi sul fianco sinistro. Lo schieramento avanzato delle artiglierie assicurava un buon giuoco nella manovra dei proietti pesanti contro le posizioni nemiche sulla sinistra del Cesano, rispetto alle quali le nuove posizioni occupate dal C. l. L. venivano ad esercitare, malgrado ogni apparente aspetto difensivo, la funzione di una vera e propria pedana di lancio per gli sviluppi di una ripresa offensiva a breve scadenza.

Ma i tedeschi, di fronte allo sbalzo sulle nuove posizioni compiuto dalle unità del C. I. L., non mancarono di reagire prontamente.

Il giorno 11 agosto, dopo una violenta preparazione di fuoco effettuata prevalentemente con mortai, forze germaniche valutate ad una quarantina di uomini attaccarono, tra le ore 11 e le ore 12, le nostre posizioni di q. 211 a nord - est di Castelleone di Suasa. L'attacco, contenuto in un primo tempo dagli elementi alpini che si trovavano sul posto, venne successivamente stroncato del tutto per l'intervento di una compagnia del XIV battaglione paracadutisti (del 184° reggimento). Il nemico fu così costretto a ripiegare lasciando sul terreno 10 uomini tra morti e feriti.

L'indomani 12, sull'albeggiare verso le ore 4, i tedeschi con una compagnia tornarono ad attaccare, più a sinistra, le posizioni di Loretello, tenute da due nostri plotoni paracadutisti, i quali ritennero opportuno ripiegare di qualche centinaio di metri. Ma giunta poco dopo una compagnia paracadutista in rinforzo (la 46a), i nostri balzarono al contrattacco costringendo l'avversario a ripiegare; cosicchè Loretello, verso le ore 8, tornava di nuovo in nostro possesso. Nel pomeriggio, verso le ore 17, furono i nostri paracadutisti a reagire occupando, dopo breve preparazione di artiglieria, la q. 312 (circa 500 m. a nord di Loretello), dove venivano catturati 2 prigionieri. Risultò anche che il nemico, nell'abbandonare la posizione, aveva portato con sè 4 morti e una decina di feriti.

Pure nella notte sul 13 agosto, i tedeschi attaccarono con pattuglie le nostre posizioni avanzate di q. 245 (difese dal XIV battaglione paracadutisti), C. S. Onofrio (difese dal battaglione alpini «Monte Granero») e Croce del Termine (difese dal XXIX battaglione bersaglieri). Ma dovunque la pronta reazione delle nostre truppe e del fuoco pesante delle nostre artiglierie costrinse l'avversario a ripiegare oltre il fiume Cesano. Anzi sulla sinistra, nella zona di Loretello, i nostri paracadutisti ne approfittarono per reagire con una avanzata procedendo, con un plotone del XVI battaglione (183° reggimento), alla occupazione di S. Pietro.

Tutte queste puntate esplorative del nemico, senza contare l'azione di martellamento svolta con la sua artiglieria e coi suoi mortai contro le nostre posizioni di Corinaldo, C. S. Onofrio, Castelleone di Suasa e Loretello, erano in ultima analisi manifestazioni, in forma piuttosto dinamica, di una volontà temporeggiatrice. Si trattava per l'avversario di guadagnar tempo nello spazio in relazione al quadro operativo d'insieme. Lo sviluppo dei vari solchi fluviali nel senso dei paralleli, in connessione con l'andamento plastico delle successive displuviali, facilitava ai comandi tedeschi l'attuazione di irrigidimenti successivi, i quali, nei confronti della manovra offensiva operata dal C. I. L. e dal Corpo polacco, conservavano il vantaggio di poter attuare una logorante e sfibrante manovra difensiva a tempi e spazi ristretti. Questo fatto continuava infatti a costringere le unità del C. I. L. ad agire per così dire a spallate successive: dal Musone all'Esino, dall'Esino al Misa, dal Misa al Nevola, dal Nevola al Cesano. Si trattava, dunque, di preparare ora una nuova spallata, quando ecco giungere l'ordine per il C. I. L. di cambiare settore.

1 Furono complessivamente sparati oltre 3.000 colpi

2 Il giorno 10 agosto, il Capo di S. M. dell'Esercito, gen. Berardi, tenne una riunione presso il C. I. L. alla quale parteciparono, tra gli altri, il comandante del C. I. L. e il col. Pidslcy della Sottocommissione alleata di controllo. In tale circostanza il comandante del C. I. L. fece presente:

la deficienza del munizionamento sempre a causa delle note difficoltà dei mezzi di trasporto;

la necessità di poter disporre di un secondo gruppo di artiglieria di medio calibro;

la necessità di motorizzare i pezzi controcarri in modo che potessero seguire le truppe di linea e intervenire tempestivamente contro mezzi corazzati nemici;

la necessità di dotare il C. I. L. di alcuni mezzi corazzati, tenuto conto che i soldati italiani si erano finora dovuti aprire la strada da soli anche contro mezzi corazzati tedeschi e che la povertà dei propri mezzi, di fronte all'abbondanza di quelli a disposizione degli stessi polacchi, era motivo, per i nostri soldati, di demoralizzazione.

In tale occasione il Capo di S. M. dell'Esercito ebbe anche un colloquio col gen. Anders, comandante del Corpo polacco, il quale gli espresse le sue congratulazioni per il brillante comportamento tenuto nelle recenti operazioni dal C. I. L. che, nonostante le immense difficoltà, è stato all'altezza dei compiti Soggiunse inoltre, con parole lusinghiere, quanto grandi fossero stati gli sforzi fisici sopportati dai reparti del C. I. L., mettendo in risalto come « tutto il Corpo italiano di liberazione, attraverso marce senza soste, quasi senza la possibilità di riprendere fiato, con inflessibile volontà ed a prezzo di gravissimi sacrifici, sia stato ugualmente sempre a fianco delle truppe motorizzate polacche»





sabato 23 agosto 2025

IV CONGRESSO GENERALE SIENA

                                                                                                                  ARCHIVIO



 Fonte  Stefano Magiavacchi

venerdì 22 agosto 2025

La bandiera delle Dieci Giornate di Brescia. Associazione Capitolium

                                                                                                            NOTIZIE CESVAM



all'attenzione varie sedi nazionali del Nastro Azzurro con richiesta di informare i propri soci

LA BANDIERA DELLE X GIORNATE

Partendo dalla visione e studio di un dipinto molto famoso del pittore Faustino Joli della seconda metà dell'800 raffigurante un episodio dei tumulti delle Dieci Giornate di Brescia del 1849, è stato possibile identificare un vessillo con i colori nazionali posti in ordine particolare. Un maggiore approfondimento ha consentito ad Associazione Capitolium di scoprire quindi una nuova bandiera ad oggi mai descritta nella narrazione storica e vessillologica risorgimentale. Brescia ebbe il suo personale vessillo legato alla rivolta della famosa "Decade".

Issuu.comhttps://issuu.com/archiviopatrimoniotricolorecollezionegm/docs/la_bandiera_delle_dieci_giornate_di_brescia_-_f._v                                                                                                                       

giovedì 21 agosto 2025

Rivista QUADERNI n. 3 del 2025 Copertina

                                                                                                    NOTIZIE CESVAM



 

mercoledì 20 agosto 2025

Materiali per la Storia dell'Istituto del Nastro Azzurro Medaglia con Fiocco Azzurro V Congresso Nazionale Bari 1932

 ARCHIVIO


Giorgio Madeddu


Importante reperto per la Storia del Nastro Azzurro. Si tratta della medaglia coniata a ricordo del Congresso di Bari  del 1932 . Sul Verso porta lo Stemma dell'Istituto che però ha inciso solo una medaglia oltre che la Corona che indica l'ordine Militare di Savoia. Nel Bordo la incisione

"armorum vis patriam tuetur extollit

Nel Retro 

V Congresso Nazionale degli Azzurro Bari An X che sta per 1932



martedì 19 agosto 2025

Orientamenti



Le parole del direttore

L'ombrello
della buona informazione

Le tensioni crescono, non diminuiscono. Le tragedie diventano spaventose, non scompaiono. A Gaza si continua a morire. Ora - che strano, solo ora - il Mondo si accorge che la strage avviene non solo con bombe e proiettili, ma anche per fame. Le foto di bambini scheletrici, i video di anziani che muoiono aspettando aiuti che non arrivano, hanno fatto sentire in colpa chi guardava all’eccidio come ad un “diritto alla difesa” d’Israele. Ora il Mondo scende in piazza e protesta, ma è tardi. Troppo tardi.
Si continua a morire in Ucraina, si è cominciato a morire in Thailandia, Cambogia, Somalia. La lista è infinita, come infinite sono le ingiustizie e stucchevoli le politiche delle potenze. Stati Uniti e Unione Europea hanno apparentemente raggiunto accordi sui dazi, ma all’interno dell’Europa sono molti a definire quell’intesa un suicidio politico ed economico. Il Vecchio Continente è alla deriva, governato dalla somma dei nazionalismi che lo compongono e non da un’idea reale di Unione. Si boccheggia in cerca di un’idea, ma i pezzi sembrano cadere.
In questo temporale, noi dell’Atlante cerchiamo di aprire almeno l’ombrello della buona informazione. È una piccola protezione nella tempesta. Ma è una protezione che ci rende più liberi

lunedì 18 agosto 2025

La Legione Straniera tra '800 e '900

                                                                                                                                 APPROFONDIMENTI


Prof. Sergio Benedetto Sabetta



A fine Ottocento la Legione si compone di due reggimenti di fanteria con guarnigione a Sidi-bel-Abbès e a Saida, mantenendo comunque qualche reparto in estremo Oriente, in particolare nel Tonchino con due battaglioni aventi funzioni prevalentemente di polizia.

Già dal 1862, a seguito dello sbarco di truppe francesi in Cocincina, l’imperatore del Vietnam Tu Duc con il trattato di Saigon ne aveva riconosciuto la presenza, tuttavia una continua ostilità delle truppe cinesi e degli irregolari loro alleati i Pavillons noirs indusse Parigi ad inviare nel 1883 un corpo di spedizione che da 4.000 uomini aumentò fino a 40.000 uomini entro l’autunno del 1885, di cui un battaglione della Legione richiesto espressamente dal generale Francois de Négrier, che il 27 settembre 1883 nell’accogliere il reparto sul molo di Haiphong pronunciò la famosa frase “Voi legionari siete soldati destinati a morire e io vi manderò in posti in cui possiate morire”.

Una prima dimostrazione delle capacità e determinazione della Legione si ebbe già il 16 dicembre quando i fanti di marina non erano riusciti a conquistare la fortezza di Son Tay circondata da palizzate, essendo il loro numero prevalente, chiamata dal generale de Négrier la Legione, questa fu dapprima respinta finché un grosso legionario belga, il caporale Mineart, si lancia in avanti brandendo un’ascia, abbatte parte della palizzata, si impadronisce di uno stendardo nero dei mercenari e gridando “ Vive la Légion” salta un fossato. Lo seguono in un furioso assalto alla baionetta gli altri legionari, i cinesi presi alla sprovvista si sbandano e fuggono.

L’ufficiale comandante del caporale nel conferirgli la medaglia al valore militare così lo apostrofa : “ Se tu avessi gridato - Vive la France ! - , adesso avresti la Legion d’Honneur”.

La Legione si illustrò nella successiva battaglia di Tuyén Quang, regione del Don Bac, quando assediata da oltre 12.000 nemici resistette dal 23 novembre 1884 al 28 febbraio 1885 con una forza di due compagnie di legionari, 400 uomini, e una di fucilieri del Tonchino, 160 uomini, al comando del giovane capitano Marc – Edmond Dominé.

I difensori resistettero a ben sei assalti generali, oltre a continui scontri locali, le perdite risultarono al termine dell’assedio di soli 48 morti e 252 feriti per i francesi mentre il nemico ebbe un migliaio di morti, a dimostrazione della disciplina e dell’addestramento della Legione.

Tra il 1893 e il 1897 si susseguirono diversi scontri con il Siam, oggi Tailandia, per il controllo dei territori del Laos oltre al protettorato sul Siam stesso, che al termine della guerra fu tuttavia ridotto alla più semplice area di influenza, sperando nell’appoggio inglese il Siam entrò in guerra con la Francia nel 1893, ma un accordo tra Londra e Parigi sulle aree di influenza in Indocina lasciò il Siam solo che venne rapidamente sconfitto, la Legione partecipò con tre battaglioni agli scontri, il territori acquisito del Laos entrò con l’Annam, il Tonchino, la Cocincina e la Cambogia nel territorio francese dell’Indocina già ufficialmente nato nel 1887.

Infine nel 1885 un ulteriore battaglione della Legione fu inviato a soccorrere il corpo di spedizione francese costituito da tre battaglioni di fanteria marina, 3000 uomini circa, impegnato nell’ operazione Formosa , occupazione di Taiwan, per indurre la Cina ad abbandonare il Tonchino innanzi all’avanzata francese.

La pace fu firmata il 9 giugno 1885, dopo che la Cina fu sconfitta a Tuyèn Quang , con la ratifica dell’abbandono del Tonchino ai francesi e il loro conseguente ritiro da Formosa.

Le perdite in Indocina della Legione furono provocate in prevalenza non tanto dalle battaglie quanto dalle malattie, dal 1887 al 1909 le morti ammontarono a circa 2700 uomini

Ulteriori interventi fuori l’area abituale della Legione avvennero nel 1890 e nel 1892, quando, a seguito dell’accordo con l’Inghilterra sulla spartizione dell’ Africa, la Francia intervenne nel sud del Sahara, la Legione partecipò con 1000 uomini, di cui solo 450 rientrarono al quartiere generale di Sidi Bel Abbès, nella “campagna per il Dahomey” sulla costa degli Schiavi, annettendo tale area a sud del Sahara.

Altra missione in Madagascar, quale conseguenza del Trattato di Berlino del 1884 – 1885 che definiva tra le Potenza europee le sfere d’influenza commerciale e la penetrazione coloniale in Africa, questo per limitare l’espansionismo coloniale inglese che tendeva a collegare l’India all’Africa rendendo l’ Oceano Indiano un Oceano britannico.

Nel 1895 a seguito del trattato un battaglione della Legione inquadrato su quattro compagnie si imbarcò per la Grande isola, faceva parte di una spedizione di 15 mila uomini al comando del generale Duchesne, entro l’anno fu conquista la capitale Tanarive e la regina Ranavalona accettò il protettorato francese.

Dopo un anno sorsero attriti con la regina, il 1 settembre 1896 un battaglione della Legione, inquadrato su quattro compagnie, si imbarcò ad Orano, tra il 1897 e il 1898 vi furono una serie di scontri con forze superiori di uno a dieci, anche se male organizzate, la capitale rapidamente espugnata e la regina venne esiliata, il regno divenne un protettorato francese, nel 1901 arrivò un secondo battaglione che costruì, quali genieri, nella foresta tropicale una strada chiamata dell’Ambra.

Le perdite in tutte queste spedizioni furono dovute prevalentemente per motivi sanitari, quali malattie endemiche, condizioni igieniche spesso assenti e clima insopportabile, tanto che in Madagascar su 21.000 uomini del corpo di spedizione ben 5.000 morirono per malattie e solo 25 in combattimento, di cui 260 legionari.

All’inizio del Novecento tuttavia l’attenzione si concentra nel sud di Orano e verso il Marocco, la tranquillità dell’Algeria esigeva il controllo dell’estremo sud da cui partivano periodicamente grandi rivolte delle tribù berbere, esaltate con la dichiarazione della guerra santa.

Si era quindi proceduto all’occupazione delle oasi sahariane di Touat, TidiKelt, Gourara, per procedere in profondità fino a Figuig e a Igli, due compagnie occuparono Timimoun, per giungere nel 1901 ad occupare Beni-Abbès e Kersas.

Nel 1900 e nel 1903 per due volte a En – Moungar la compagnia a cavallo del 2° straniero fu impegnata in combattimento, la seconda volta la lotta si protrasse per ben otto ore contro i cavalieri marocchini, su 113 legionari, 2 ufficiali e 34 legionari caddero con 47 feriti, solo l’intervento a fine giornata della compagnia a cavallo del 1° straniero salvarono i resti della compagnia a cavallo del 2° straniero.

Nel novembre 1903 le compagnie a cavallo della Legione avanzarono nel sud fino a Kersas, nella primavera del 1904 vennero occupati dalle compagnie a cavallo una serie di capisaldi a 150 Km l’uno dall’altro stabilizzando la frontiera marocchina, solo a partire dal marzo 1907 il problema del Marocco si ripresenterà prepotentemente con l’occupazione di Oudjda a marzo e Casablanca ad agosto.

A partire dal 1908 comincia la penetrazione francese con il 1° straniero nel Marocco orientale e il 2° straniero nel Marocco occidentale, le operazioni furono rallentate a seguito dei negoziati diplomatici che si stavano svolgendo che dovevano portare al riconoscimento del protettorato francese sul Marocco.

Il sultano Abd-el-Aziz in lotta con il fratello era assediato nella capitale Fez dai Berberi e implorava l’aiuto delle truppe francesi, nel maggio-giugno del 1911 una colonna comandata dal generale Moinier occupò la capitale, questo causò l’intervento tedesco chiamato “incidente di Agadir” (luglio-novembre 1911).

Nel marzo 1912 fu firmato il “trattato di Fez” a cui seguì quasi immediatamente il 17 aprile la rivolta delle tribù con il massacro di alcuni ufficiali europei, il 23 maggio i Berberi davanti l’assalto alla città di Fez, penetrati nella città vennero respinti, ritornando alla carica il 28 maggio, infine la città fu liberata e le truppe di confine iniziarono la marcia su Tazza che fu occupata nel 1914 con l’unificazione dei “due Marocchi”.

In questi frangenti vi furono scontri violenti con perdite elevate da parte della Legione, in tutti questi scontri il più famoso per le perdite subite è quello di Alouana che ripete lo stile “Cameron”, ne è testimonianza l’ordine del giorni del generale Toutèe.

“Il 15 maggio del 1911, arrivato al termine della sua ricognizione, il capitano Labourdette, comandante della 2° compagnia del 1° straniero volle assicurarsi il dominio di un villaggio fino allora poco conosciuto, lo ksar d’Alouana, ch’egli vedeva sotto un cerchio di montagne. Preoccupato dell’incolumità dei suoi uomini, lasciò o rimandò indietro la maggior parte dei suoi effettivi e discese con pochi legionari fino a quella località che era – egli lo ignorava- il nascondiglio di una banda importante.

Accolto a colpi di fucile, si ritirava lentamente allorché uno dei suoi fu ferito ed ebbe bisogno di soccorso. Subito, con chiara visione dell’ultimo sacrificio, tutti gli uomini lasciate indietro, tenente in testa, si precipitarono nella mischia e formarono, intorno al loro capitano, un cerchio di intrepida difesa.

Circondati da tutte le parti, essi lottarono per cinque ore, salvando i loro feriti, recuperando i loro morti, fino all’arrivo del resto del battaglione. Su 35 uomini raggruppati intorno al capitano Labourdette, 29 morirono, gli altri furono feriti”.

Quando vinto lo scontro si raccolsero i corpi, si trovarono nelle tasche di due di essi gli otturatori dei fucili che avevano nascosto prima di morire per renderli inutilizzabili dal nemico.

Fino alla Grande Guerra la legione straniera era poco conosciuta nella Francia metropolitana e considerata un corpo militare stravagante, rifugio di avventurieri, criminali, teste calde, rivoluzionari ricercati in patria, disperati e indebitati, l’attenzione è riservata solo ai reggimenti metropolitani, se si vuole andare nei paesi esotici ci si arruola negli zuavi o nei cacciatori d’ Africa.

Con La Grande Guerra tutto cambia, per la prima volta il 14 luglio 1917 un distaccamento della Legione sfila a Parigi, con l’inizio delle ostilità una moltitudine di stranieri si presenta per arruolarsi, vengono costituiti quattro “reggimenti di marcia” che formati in Francia intorno al nucleo attivo dei quadri mandati dall’Africa del nord nel 1915 vengono inquadrati nel celebre “reggimento di marcia della Legione Straniera”.

Vi è il sentimento di difendere Parigi e il suo fascino dalla violenza barbarica dei tedeschi, vi era l’illusione di battersi con splendide assalti alla baionetta senza conoscere la violenza e i massacri delle mitragliatrici o dei pezzi da 210.

Tranne l’azione del 15 marzo 1915, quando venne occupato il villaggio di Dampierre-La Sucrerie durante la guerra delle linee, non vi furono altre azioni eclatanti, il 13 luglio 1915 il reggimento fu sciolto, gli uomini passarono agli altri reggimenti di marcia.

Il 9 maggio 1915, nel settore dell’Artois, di fronte al villaggio di Neuville – Saint – Vaast, ad ovest del settore della Targette, alle 5 del mattino i battaglioni del 2° reggimento di marcia del 1° straniero erano pronti per l’attacco, si trovavano di fronte una brigata di Bavaresi e un reggimento di prussiani, alle 6 comincia il bombardamento delle difese nemiche che durerà per 4 ore con una intensificazione progressiva, alle 9,40 i legionari si portano nelle postazioni d partenza, il colonnello Cot ispeziona i reparti e pone il suo comando in prima linea.

Alle 10 il battaglione del maggiore Noirè, esce all’attacco, la trincea nemica di prima linea è rapidamente superata, poi vengono accolte da un intenso fuoco di fanteria, mentre saltano le linee, le perdite sono ingenti, con la morte del maggiore e di altri tre capitani, nel frattempo si è lanciato all’assalto il battaglione del maggiore Muller, di rincalzo al precedente, anch’esso subisce notevoli perdite con la morte del maggiore.

L’avanzata comunque continua nonostante le perdite, la carica suona senza interruzioni, alle 11 quota 123 è raggiunta, alle 11,30 quota 140 è conquistata, per una profondità di 5,5 Km tutto è distrutto, si attendono i rincalzi che tardano, il nemico sferra un violento contrattacco ma viene respinto, alle 2 del mattino finalmente arriva il cambio, dinnanzi alla Legione vi era il vuoto, bastava avanzare, ma mancano i rincalzi, nessuno si aspettava una tale vittoria.

La battaglia è costata 50 ufficiali e 1889 legionari, tra morti, feriti e dispersi, viene citata all’ordine dell’esercito.

Altri attacchi avvennero il 16 giugno 1915 nella regione di Souchez, il 25 settembre 1915 due reggimenti partecipano alla sanguinosa offensiva della Champagne, il 4 luglio 1916 la Legione con il reggimento di marcia partecipa alla battaglia della Somme, perde 25 ufficiali e 844 uomini ma occupa il villaggio di Belloy, obiettivo assegnato, e fa 750 prigionieri.

Nel marzo 1917 partecipa all’offensiva del Chemin des Dames, nell’agosto 1917 il reggimento di marcia sale a Verdun, partecipa all’offensiva impadronendosi di un fronte di 3,5 Km , catturando 700 prigionieri di quattro reggimenti diversi oltre a 14 cannoni.

Nel 1918 si batte a Flirey, in Piccardia, a Bois de Hangard e a Villers – Bretonneux, nella terza battaglia dell’Aisne a Soissons, sulla Marna, a Dommiers, a Chaudun, fino allo sfondamento della linea Hindenburg.

Fino all’ingresso trionfale a Chateau – Salis tra le acclamazioni della gente e il suono della banda, il 14 luglio 1919 una compagnia d’onore del reggimento di marcia con la bandiera sfila per Parigi, è la consacrazione della Legione che diventa mito, il 14 settembre 1919 la bandiera è decorata con la croce di guerra.

Molti stranieri si erano arruolati per difendere la Francia, faro di civiltà, dalla barbarie tedesca identificata nella Germania guglielmina, come Alan Seeger, nato a New York nel 1888, appassionato di lettere e filosofia, laureato ad Harvard, venuto a Parigi compose una raccolta di versi intitolata Juvenilia che cercò di fare pubblicare in Inghilterra e in Belgio, nell’agosto 1914 si arruola con cinquanta compatrioti nella Legione, così scrive alla madre :

Ama la Francia. Cerca di comprendere la nobiltà, per così dire senza confronti, dello sforzo compiuto da questo ammirevole popolo e ciò sarà il migliore conforto per quello che sono pronto ad affrontare per la sua causa.

In una lettera pubblicata dal giornale New Republic scrive:

Non potevo continuare a godere delle care cose della vita per difendere le quali i miei amici versano il loro sangue … Al ritorno, essi mi avrebbero domandato: Dove sei stato durante questo tempo? Cos’hai fatto? Anche questa sola domanda sarebbe stato un rimprovero.

Entra nel 2° reggimento di marcia del 2° straniero, dall’ottobre 1014 al luglio 1916, quando cade in combattimento, è in trincea, così scrive nella sua ultima lettera del 28 giugno 1916 davanti a Belloy – en - Santerre :

Attaccheremo domani, avremo l’onore di appartenere alla prima ondata. Quando si prende parte a simili imprese, la cosa migliore è di parteciparvi in pieno.”

Cadde tra i primi e sepolto l’indomani direttamente sul campo di battaglia, la sua tomba non fu mai ritrovata, dal padre che l’aveva inutilmente cercata fu donata al campanile della chiesa di Belloy una campana con il nome della madre.

Il reclutamento era il più ampio possibile e andava dai criminali, vagabondi, gente disperata senza arte né parte, ricercati dalle polizie, ai disertori tedeschi, a uomini pieni di debiti, agli anarchici italiani, ad ex militari inglesi senza altre possibilità, infine a romantici sognatori, magari delusi nei propri amori.

L’addestramento durissimo, una routine rigorosissima con una atmosfera di violenza sia nella piazza d’armi che nelle baracche, i sottufficiali pronti a prendere a calci e pugni coloro che non eseguivano prontamente gli ordini, anche se non capiti per la differente lingua usata, violenti alterchi tra legionari sia nei cortili che nelle camerate, spesso finiti a scazzottate.

La routine quotidiana era data dalla sveglia alle quattro, colazione con pane e caffè nero, poi marce, lezioni, pulizie, poligono, ordine chiuso o esercitazioni sul campo, le distrazioni erano il gioco e l’alcool, le diserzioni sono dell’ordine dell’8-9% e avvengono solitamente fuori zona, ossia nei trasferimenti fuori dall’Algeria, si pagano spesso con la vita, vi sono taglie, vivi o morti e si spara sui disertori, fatto che induce molti elementi delle tribù arabe alla loro caccia.

Vi è una malattia tipica della Legione il “cafard”, il tedio, un legionario improvvisamente esasperato impazzisce, afferra un’arma, ammazza un suo camerata, uno dei suoi sottufficiali e quindi si suicida, giustiziandosi.

Le autorità tedesche sono contro la Legione e cercano di scoraggiare l’arruolamento dei connazionali, ne favoriscono la diserzione, arrivando a scontri diplomatici con le autorità coloniali francesi, ma la disciplina ferrea amalgama gli uomini, gente che non ha niente da perdere, tanto che il risparmio non esiste vista l’aleatorietà quotidiana, circostanza che crea il mito romantico della Legione.

Vi sono personaggi leggendari come il tenente De Selchauhausen, un raffinato aristocratico dell’esercito danese che aveva dovuto allontanarsi dalla corte per delle disavventure amorose, accolto con entusiasmo, si illustrò nella campagna del Tonchino destando l’ammirazione dei colleghi e dei suoi uomini.

Qualche giorno dopo la sua morte a El – Moungar nella cerimonia in onore dei caduti della Legione, il comandante Bonnelet, pronunciato un commovente discorso, si tolse la propria croce della Legion d’honneur e la pose sul corpo del tenente danese in segno di considerazione, rispetto e amicizia per il valore mostrato, dicendo:

mio coraggioso Chau, non avevi che un solo desiderio, quello di rientrare nel tuo piccolo Paese con questa croce della Legion d’honneur che desideravi tanto e che avevi così ben meritato nel Tonchino e su queste frontiere. Ma se i tuoi capi non te l’hanno data, te la do io, che ti conoscevo e che ti piango.

Per quel gesto a Bennelet furono inflitti otto giorni di arresto, ma ebbe in cambio le più calorose felicitazioni degli altri ufficiali che avevano conosciuto e apprezzato il giovane tenente danese.

Bibliografia

  • L. Garros, Storia della legione straniera, Res Gesae, 2015.

  • J. Parker, Dentro la legione straniera, Longanesi& C., 1998.

  • D. Vecchioni, Legione straniera. Storia, regole e personaggi, Diarkos, 2022.



domenica 17 agosto 2025

Memorie private di un ex legionario

 DIBATTITI

LA MORTE DEL GENERALE MANGIN

Prof. Sergio Benedetto Sabetta



Tratto dalle memorie private ( 1925) di un ex-legionario, il seguente scritto pieno di osservazioni e riflessioni mostra chiaramente la visione che tra Ottocento e Novecento vi era di un militare francese nelle colonie, nonché il rapporto che si instaurava tra le milizie coloniali e il loro comandante, dove lo sprezzo del pericolo costituisce elemento di ammirazione e rispetto in una mentalità ancora tribale.

Una descrizione che ci appare lontana dai nostri attuali canoni, ma che non deve stupire se solo osserviamo con attenzione alcuni attuali scenari geo-politici fuori dall’Europa, dove nella lotta per la sopravvivenza appare difficile riportare i nostri schemi.

La vita del generale Mangin uomo rude, amante delle avventure militari, è una vera epopea. Al Senegal, al Soudan, nel Congo, nell’ Alto Nilo, a Fashoda, nel Tonchino, nell’Africa Occidentale, nel Marocco, egli pagò sempre di persona in ogni combattimento, sprezzante del pericolo, alla testa dei suoi soldati. Il suo nome squillava come una fanfara : uomo dalla fisionomia autoritaria, era chiamato dai suoi nemici “ il macellaio” perché versava senza risparmio il sangue dei suoi soldati; eppure essi lo amavano, perché in lui nulla appariva della boia altezzosa di tanti capi militari, famigliare con tutti, voleva che i suoi soldati fossero ben trattati, ben nutriti, non li sottoponeva a fatiche inutili, e nell’ora del pericolo era sempre in mezzo a loro, dando prova di sublime eroismo.

Questo francese trovava il modo di capire i negri, i soldati senegalesi e di farsene amare, poiché egli fu amato all’uso africano, da migliaia di negri che egli mandò alla morte certa e tragica.

A chi gli osservava le stragi imposte ai battaglioni di negri egli rispondeva che era meglio prodigare il loro sangue che quello dei soldati francesi: e li lanciava all’assalto, alla carneficina, ma non stando a tavolino in una posizione lontana, sebbene andando insieme ad essi, rischiando con la loro vita anche la propria, superba sfida ai suoi detrattori, incapaci di fare altrettanto.

Mangin dava ai soldati negri al servizio della Francia ciò che essi amavano: fantasie, parate, musiche rumorose, medaglie; - li stordiva, e li stordiva egli stesso, - colle loro brillanti fanfare, e quando compariva in mezzo a loro, a cavallo, coll’uniforme rilucente di nastri e di ori, col petto coperto di medaglie, sgargiante, dirò così, come può essere un capo tribù dell’Africa equatoriale, e se li faceva sfilare dinanzi, salutandoli con un sorriso di trionfo dominatore come nessun altro generale ebbe mai sul volto; allora i suoi soldati negri lo applaudivano: egli chiedeva loro la vita, essi gliela davano con gioia selvaggia, perché egli li aveva conquistati.

Come gli antichi schiavi negri di Cartagine adoravano Annibale, che li condusse vittoriosi alle porte di Roma, così i senegalesi adoravano Mangin. Quando essi sfilavano, avanti l’assalto, innanzi a lui che ne contava le file ed i plotoni meditando se vi era là tanta carne negra da tentare un colpo d’audacia sul nemico nascosto nei suoi ripari, essi comprendevano che quello era l’uomo assai forte da poter disporre della loro vita, il padrone assoluto del loro destino.

Questo fu Mangin; l’uomo finora più notevole nel grande tentativo che fa la Francia di difendere la sua civilizzazione raffinata col baluardo delle truppe nere, e di trincerarsi in un grande impero africano, in mezzo al mondo dominato dagli inglesi.

La sua carriera militare fu facile, quasi trionfale; quella politica fu troncata a Magonza, nel 1919, da Clemenceau ,che temendo da lui un colpo di Stato che lo sbalrasse dal potere, lo richiamò in Francia, col pretesto di affidargli una missione diplomatica nell’America Latina, che egli adempì con quello zelo che sempre metteva nel compiere ciò che stimava il proprio dovere.

La morte ha ghermito questo condottiero di masse a Parigi, nel suo letto, mentre il di lui voto più ardente sarebbe stato di morire nel frastuono di una battaglia, in mezzo ai suoi soldati da lui condotti all’assalto ed alla vittoria.

Onore a Lui ! ……

Landi Edoardo

In riva al Mare, presso Genova,

24 maggio 1925