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domenica 22 dicembre 2024

Gli eccidi fascisti e nazisti in Campania Settembre - ottobre 1943 Ragioni e motivazioni

 




La dichiarazione di armistizio non sorprese i Comandi tedeschi in Italia. Il Piano “Asche” era stato predisposto da tempo e prevedeva le adeguate contromisure tedesche in caso di fuoriuscita dell’Italia dalla guerra. A dimostrazione che la violenza verso la popolazione civile era una scelta operativa dei Comandi tedeschi fu il loro comportamento previsto come mezzo per garantirsi sicurezza e soddisfare per le esigenze logistiche, ovvero vivere sulle risorse locali. Liberatesi dai vincoli di essere alleate le truppe tedesche passarono ogni limite e nell’area campana prima retrovia del fronte, si comportarono come già si erano comportati in Polonia ed in Russia. Violenze anche gratuite, saccheggi, razzie di animali, requisizioni forzate, mancanza di rispetto per tutto quello che era italiano in nome di un “tradimento” che era più che altro nella loro fantasia, ma che giustificava ai loro occhi ogni comportamento, sono il substrato in cui fioriscono gli eccidi e le stragi, che si mescolano con scontri con antifascisti e soldati del Regio Esercito che ancora non si può chiamare resistenza vera e propria. Soprattutto quello che fu il filo conduttore, e lo sarà per tutta la durata della guerra, le razzie indiscriminate di manodopera da impegare per esigenze militari, prima, per inviarla in Germania, poi. La popolazione a questo stato di cose reagisce, in varie forme e modi, ma con il loro comportamento i tedeschi coinvolgono i civili nella guerra. La ribellione è anche sostenuta dalla speranza dell’arrivo prossimo degli Alleati, che fin da questi primi giorni sono visti come “liberatori”, ovvero coloro che pongono fine al costante pericolo tedesco, che “liberano” ognuno da questa costante pericolo di vita. Nelle grandi città questo è vero, ma nelle campagne e nei piccoli centri l’attesa dell’arrivo dei “liberatori” è anche l’occasione per eliminare ogni autorità espressione del passato regime, del fascismo, che si attuava attraverso possidenti e signorotti locali, che interpretavano a tutto loro vantaggio.[1] In tutta la campagna si assiste a rivolte municipali in cui non vi è presenza se non sullo sfondo del CNL ne tantomeno di esponenti della Repubblica Sociale Italiana, come solo sarà nei mesi a venire. E’ quasi una insorgenza di stampo settecentesco, di contadini che si vogliono liberare dei loro pesi, che si innesta nel problema delle epurazioni e della nascita dei nuovi partiti che al momento sono poco conosciuti ma che si definiscono “antifascisti” per definire  nuovi equilibri di potere  e di lotta ai privilegi. Un fenomeno che si svilupperà ulteriormente nei mesi successivi, che investirà via via le regioni investite dal passaggio del fronte, e che rimarrà in evidenza anche dopo la fine  dei combattimenti e della guerra come lotta per il possesso della terra, lotta al latifondo e che  sarà uno dei grandi temi dell’Italia Repubblica con la soluzione della annosa questione agraria, di origine risorgimentale.

Massimo coltrinari

[1] Silone è espressione di questa situazione. Vds.Fntamara ecc.

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