La dichiarazione di armistizio non sorprese i Comandi
tedeschi in Italia. Il Piano “Asche” era stato predisposto da tempo e prevedeva
le adeguate contromisure tedesche in caso di fuoriuscita dell’Italia dalla
guerra. A dimostrazione che la violenza verso la popolazione civile era una
scelta operativa dei Comandi tedeschi fu il loro comportamento previsto come
mezzo per garantirsi sicurezza e soddisfare per le esigenze logistiche, ovvero
vivere sulle risorse locali. Liberatesi dai vincoli di essere alleate le truppe
tedesche passarono ogni limite e nell’area campana prima retrovia del fronte,
si comportarono come già si erano comportati in Polonia ed in Russia. Violenze
anche gratuite, saccheggi, razzie di animali, requisizioni forzate, mancanza di
rispetto per tutto quello che era italiano in nome di un “tradimento” che era
più che altro nella loro fantasia, ma che giustificava ai loro occhi ogni comportamento,
sono il substrato in cui fioriscono gli eccidi e le stragi, che si mescolano
con scontri con antifascisti e soldati del Regio Esercito che ancora non si può
chiamare resistenza vera e propria. Soprattutto quello che fu il filo
conduttore, e lo sarà per tutta la durata della guerra, le razzie
indiscriminate di manodopera da impegare per esigenze militari, prima, per
inviarla in Germania, poi. La popolazione a questo stato di cose reagisce, in
varie forme e modi, ma con il loro comportamento i tedeschi coinvolgono i civili
nella guerra. La ribellione è anche sostenuta dalla speranza dell’arrivo
prossimo degli Alleati, che fin da questi primi giorni sono visti come
“liberatori”, ovvero coloro che pongono fine al costante pericolo tedesco, che
“liberano” ognuno da questa costante pericolo di vita. Nelle grandi città
questo è vero, ma nelle campagne e nei piccoli centri l’attesa dell’arrivo dei
“liberatori” è anche l’occasione per eliminare ogni autorità espressione del
passato regime, del fascismo, che si attuava attraverso possidenti e signorotti
locali, che interpretavano a tutto loro vantaggio.[1]
In tutta la campagna si assiste a rivolte municipali in cui non vi è presenza
se non sullo sfondo del CNL ne tantomeno di esponenti della Repubblica Sociale
Italiana, come solo sarà nei mesi a venire. E’ quasi una insorgenza di stampo
settecentesco, di contadini che si vogliono liberare dei loro pesi, che si
innesta nel problema delle epurazioni e della nascita dei nuovi partiti che al
momento sono poco conosciuti ma che si definiscono “antifascisti” per
definire nuovi equilibri di potere e di lotta ai privilegi. Un fenomeno che si
svilupperà ulteriormente nei mesi successivi, che investirà via via le regioni
investite dal passaggio del fronte, e che rimarrà in evidenza anche dopo la
fine dei combattimenti e della guerra
come lotta per il possesso della terra, lotta al latifondo e che sarà uno dei grandi temi dell’Italia Repubblica con la soluzione della annosa questione agraria, di origine
risorgimentale.
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