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mercoledì 28 agosto 2024

La propaganda sovietica verso i prigionieri italiani: fuoriusciti ed illuminati. I Parte

 ARCHIVIO

Prigionia in Unione Sovietica 1941.1954


Dall'Archivio "Aldo Resta" si pubblica questa scheda relativa alla prigionia in URSS

I Fuoriusciti e gli Illuminatii

Massimo Coltrinari

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale tutte le potenze detentrici cercarono di sfruttare ai loro fini il lavoro dei prigionieri di guerra in loro mano, spesso andando, legalmente o illegalmente, oltre la Convenzione di Ginevra. In Unione Sovietica, questa regola si allarga ancor più in quanto si introduce l'elemento ideologico e politico. Se la Gran Bretagna e gli Stati Uniti vogliono dai prigionieri italiani in loro mano solo una collaborazione di lavoro, che retribuiscono, elevando il prigioniero a cooperatore, o collaboratore, la Unione Sovietica mira primariamente a modificare le idee politiche, le convinzioni economiche, sociali e religiose del prigioniero. Questo al fine di un suo impiego futuro a proprio favore, una volta rimpatriato.

Tutto questo viene attuato attraverso una massiccia e seria propaganda svolta tra i prigionieri, i profili della quale analizzeremo più avanti. Nella prigionia in mano sovietica vi è un elemento nuovo, che non si riscontra nella altre prigionie: il fuoriuscito.

Di formulazione fascista, questa parola sta ad indicare l'oppositore del regime mussoliniano che a seguito di libera scelta, o perché perseguitato, o perché condannato per reati politici o anche comuni, ebbe a lasciare l'Italia e a rifugiarsi all'estero per continuare a svolgere, o meno, attività politica antifascista. In gran parte i fuoriusciti trovarono ospitalità in Francia, ove a Parigi si diede vita ad una concentrazione antifascista. Altri emigrarono in America ed altri ancora in URSS. Proprio questi ultimi interessano la presente ricerca

Secondo Giorgio Bocca ii i comunisti italiani che si sono rifugiati nella URSS per sfuggire alle persecuzioni del fascismo ammonterebbero a 250. Di questi, circa 200 vivevano a Mosca. Relativamente liberi fino al 1930, da quella data le restrizioni si fanno sempre più pesanti. I controlli hanno lo scopo di far prendere agli italiani, così come a tutti i comunisti stranieri in URSS, la cittadinanza sovietica, per tagliare definitivamente ogni legame con il paese d'origine. Lo stalinismo, sempre più diffidente verso tutto e verso tutti, penetra progressivamente nella comunità comunista italiana ed iniziano i primi arresti, le prime denuncia i primi fermi. Prima vengono arrestati e deportati coloro che non sono stalinisti osservanti: i "bordigliani", i simpatizzanti a vari titolo, anche se non palesemente, per Trotzki, e coloro che criticano le scelte del partito in modo troppo marcato. Nel 1935 un giro di vite. Essere stalinisti ortodossi non salverà alcuno dalle purghe tremende della fine degli anni trenta. Nel 1935 i sovietici considerano il club internazionale, ove si raduno i comunisti di tutta Europa emigrati in URSS come un "covo di spie" al servizio della borghesia occidentale ed americana. Iniziano i primi arresti, che sfiorano perfino Togliatti. Infatti viene arrestato Paolo Robotti, ex operaio torinese, comunista ed attivista da sempre. La N.K.V.D. non va per il sottile: gli interrogatori sono pesanti, Robotti è anche torturato. Per ammissione dello stesso Robotti, gli si voleva estorcere accuse contro Togliatti. Nel 1940 Robotti è rilasciato. Secondo i calcoli della Ambasciata Italiana a Mosca i comunisti italiani arrestati sarebbero 70, secondo una stima sovietica si fanno risalire, fra morti e dispersi 104, secondo Guelfo Zaccaria a circa 200iii

(segue; la II parte sarà pubblicata il 1 settembre 2024)

i Illuminati: con questo termine gli altri prigionieri italiani definivano coloro che, dopo aver letto L'Alba, giornale per i prigionieri italiani in Russia e sentiti i comizi di propaganda della NKVD, aderivano alla proposte ideologiche, dopo aver solennemente dichiarato che erano stati "illuminati" dalle parole sentite

ii Bocca G., Sotto i colpi di Stalin – I Compagni traditi, in Storia Illustrata, n.358, settembre 1987

iii Zaccaria G., A Mosca senza ritorno,Sugarco, Milano, 1983

iv Rapporto UNIRR, pag. 121

v Rapporto UNIRR, pag. 121

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