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Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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venerdì 31 maggio 2024
mercoledì 29 maggio 2024
Copertina Maggio 2024
Anno LXXXV, Supplemento on line, V, 2024, n. 99
Maggio 2024
EDITORIALE MAGGIO 2024
APPROFONDIMENTI
Il mese di maggio ha portato delle conferme in merito alla comunicazione. I test di presentazione di volumi in presenza, con l'eccezione di quello di Trieste, hanno confermato che il loro raggio di diffusione è praticamente nullo. Oltre alla nostra cerchia, il messaggio non è arrivato a nessuno. Pertanto insistere su queste forme di divulgazione appare quanto mai deprecabile, quasi all'orlo del masochismo. In più in qualche occasione abbiamo assistito alle solite forme, note per chi sa leggere i messaggi indiretti, di chi, sostanzialmente ancorato a forme elementari di contenuti, ma pregno di una arroganza e di una prosopopea senza limiti, ci guarda dall'alto in basso e si degna di collaborare con noi. Molto interessante da un punto di vista folcloristico, ma il tempo che si perde dietro a costoro è troppo prezioso per continuare ad insistere. Finito questo semestre, queste forme di comunicazione, almeno per la comunicazione, saranno abbandonate dal CESVAM. Il tempo così recuperato sarà dedicato nella misura idonea a creare il già annunciato Canale You Tub, che potrà partire in autunno con modalità che ancora sono allo studio, Intanto il nostro sostegno a Giovanni Cecini mostra che la via da lui intrapresa è degna di nota. Grazie alla sua disponibilità due appartenenti al CESVAM hanno potuto presentare i loro volumi: Alessia Biasiolo e Marco Montagnani. Con post appositamente dedicati riferiamo di queste iniziative.
Occorre essere prudenti, ma sicuramente si hanno già riscontri che sono positivi, nettamente superiori ai parametri fin qui avuti. Quindi una certa dose di cauto ottimismo per il lavoro che ci attende è possibile nutrirla.
Massimo Coltrinari
martedì 28 maggio 2024
La Valle del Liri e il brigantaggio al momento dell’Unità d’Italia
DIBATTITI
Ten. cpl. Art. Pe. Sergio
Benedetto Sabetta
Al momento
dell’Unità nella Valle vi era una industria della lana che forniva lavoro a
circa 12.000 persone, di cui 7.000 nella sola Arpino, una industria che
risaliva al periodo romano come dimostrato dal fatto che il padre di Marco
Tullio Cicerone era interessato alla produzione dei panno di lana.
Altre
industrie riguardavano la produzione di carta e cartone, il cui centro era ad
Isola del Liri, dove la cartiera del conte Lefevre dava lavoro a circa 500 operai,
inoltre a Sora ed Arpino vi erano concerie di pelli ed una fabbrica di
pergamene per la rilegatura dei libri.
Una notevole
importanza rivestivano anche le miniere di ferro, manganese, caolinite, carbon
fossile, alabastro e pietra idroclorica, le miniere di ferro nella Val di
Comino erano gestite direttamente dallo Stato e la produzione era tale che il
governo delle Due Sicilie decise di costituire un altoforno ad Atina.
Francesco
Saverio Nitti, quale economista oltre che politico, osservò che al momento
dell’Unità vi erano in tutta Italia riserve aurifere per 668 milioni di lire,
di queste 443 milioni ( 66,3 %) provenivano dal regno delle Due Sicilie, 8
milioni (1,1%) dalla Lombardia e 27 milioni (4%) dal regno di Sardegna.
L’eliminazione
delle barriere protezionistiche determinò un tracollo dell’economia, con la
riduzione degli operai dell’industria laniera a 1.482 unità e la chiusura
dell’altoforno di Atina.
Oltre
all’assorbimento delle riserve auree aumentò la pressione fiscale per ripianare
le spese di guerra e finanziare le infrastrutture, da lire 16,06 – 17,28 nel
1857/58 si passò a lire 35,99 nel 1867, un carco fiscale più che raddoppiato.
Come si può
ben intuire la ricaduta avvenne soprattutto sulle classi più povere, a questo
deve aggiungersi l’introduzione del servizio militare obbligatorio della durata
di vari anni che sottraeva braccia e forza lavoro proprio alle classi più
disagiate, oltre all’eliminazione della “manomorta” e delle terre pubbliche
adibite a “uso civico” , su cui potere esercitare il pascolo e il legnatico,
vendute alla nascente nuova classe borghese.
La risposta
fu il brigantaggio, qui favorito dal confine con lo Stato Pontificio entro cui
rifugiarsi e rifornirsi.
Nel novembre
1860 gli ultimi reparti borbonici abbandonarono il territorio, superata
l’incertezza del breve interregno, ben presto già nel 1861 si formò nella Valle
del Liri la prima banda armata con a capo il sorano Luigi Alonzi, detto Chiavone,
che assaltò e prese Isoletta e San Giovanni Incarico nel novembre dello stesso
anno.
Il bersaglio
principale delle bande erano i reparti dell’esercito sardo numerosi nella
Valle, essendo a ridosso del confine con lo Strato Pontificio.
Se nei primi
tempi vi era una forte connotazione politica, favorita anche economicamente
dagli emissari borbonici, successivamente acquisì sempre più una valenza
puramente sociale di rivolta contadina contro una nascente borghesia agraria,
circostanza che portò a violenze contro la classe dei proprietari terrieri.
Ad Arce,
come in altri comuni vicini, la violenza non fu organizzata in gruppi ma da
singoli elementi riuniti tra loro occasionalmente, a questi si affiancavano i “manutengoli”,
ossia coloro che fornivano aiuto e appoggio ai “briganti”.
Le bande
erano rafforzate da coloro che ricevuta la cartolina precetto si gettavano alla
macchia, divenendo “disertori”.
La borghesia
in reazione al brigantaggio della classa contadina e bracciantile si organizzò
in Guardia Nazionale, in luogo della disciolta Guardia Urbana borbonica, finché
con decreto reale in data 11/1/1863 fu disposto lo scioglimento di questo corpo
di polizia volontaria, considerandola non adeguatamene disciplinata e sicura.
Le cose
cambiarono in parte nel 1865 quando, a seguito di un trattato firmato tra lo
Stato Italiano e lo Stato Pontificio, in quest’ultimo non venne più concesso
asilo ai rivoltosi e disertori dell’ex regno delle Due Sicilie.
A seguito di
questo accordo il 17/10/1866 fu arrestato dalle guardie doganali il brigante
Luigi Grossi di Gaetano, inseguito dai militari papalini che intendevano
catturarlo “vivo o morto”.
Nel 1870,
con la riunione dello Stato Pontificio all’Italia, venne meno la possibilità
del rifugio oltre ad una ulteriore fonte di reddito data dal contrabbando, si
deve tuttavia segnalare l’istituzione a Fontana Liri del polverificio militare
che diede lavoro nella Valle e in cui lavorò anche mio nonno Bernardo reduce
quale bersagliere dalla Grande Guerra come invalido.
In ricordo dei piccoli
agricoltori, quale la mia famiglia paterna, che all’epoca repubblicana di “Roma
quadrata” costituì l’ossatura delle regioni e nel Regno italiano i soldati del
re nelle due Guerre Mondiali.
Cronaca dell’assalto a
Isoletta e San Giovanni Incarico
Interessante è la cronaca dell’assalto a Isoletta e San Giovanni Incarico
avvenuto l’11/11/1861 da parte della banda capeggiata da Luigi Alonzi detto
Chiavone.
La sera del
9/11/1861 la banda scese dai monti dove era rifugiata per attaccare le truppe
piemontesi stanziate lungo il confine con lo Stato Pontificio.
Giunti
presso la stazione di Ceprano si imbatterono in circa 200 manovali che
lavoravano alla costruzione della tratta ferroviaria Roccasecca – Ceprano,
questi si unirono alla banda che raggiunse quindi la consistenza di oltre 400
unità, circostanza che dimostra la simpatia goduta dagli insorti.
Le località
che vennero attaccate non erano casuali se si considera che nel settembre 1860,
pochi giorni dopo l’ingresso di Garibaldi a Napoli, a Isoletta vi era stata una
manifestazione popolare filo borbonica.
La banda
diede l’assalto al castello di Isoletta presidiato da 18 soldati piemontesi al
comando del Serg. Eracliano Cobelli, nello scontro morirono 8 soldati regi e 4
insorti, in restanti 10 soldati piemontesi si fecero largo alla baionetta fino
a San Giovanni Incarico, dove arrivarono ance parte della banda che si diede al
saccheggio delle abitazioni di persone facoltose.
A reprimere
la rivolta da Pico venne una compagnia del 43 reggimento Fanteria al comando
del Capitano Cesare Gamberini, a cui si unì la Guardia Nazionale di Arce.
Nello
scontro che ne seguì morì 1 solo soldato piemontese e ben 57 insorti, di cui,
secondo la testimonianza dell’ufficiale legittimista Zimmermann, 15-20 in combattimento
i restanti catturati e fucilati frettolosamente alla schiena nella piazza di
San Giovanni Incarico.
Fra questi
ultimi vi fu anche il marchese Alfredo De Trazégnies, un giovane trentenne
belga, già ufficiale dell’esercito belga con il grado di Maggiore, unitosi da
pochi giorni alla banda di Chiavone, ritenendo suo dovere combattere quale
legittimista per il ritorno di Francesco II sul trono di Napoli.
Il nobile
belga riteneva doversi rispettare le regole di guerra sui prigionieri, così
mentre cercava di dire qualcosa all’ufficiale che comandava il plotone
schierato alle sue spalle una pallottola lo centrò alla testa, non aveva capoto
che per i Piemontesi non si trattava di una guerra regolare ma di una semplice
repressione.
Nelle sue
tasche fu ritrovato il ritratto di una giovane nobildonna con una ciocca di
capelli ed una tenera lettera della sorella Erminia, letta dal Capitano
piemontese Alessandro Bianco di Saint – Jorioz,
questi scrisse che questa lettera “induceva
al pianto, tanto era affettuosa, amorevole e gentile”, del De Trezégnies
disse che era “letterato, pittore, poeta”
e che “i suoi versi, i suoi scritti
avevano sempre l’impronta di un’anima leale, di un cuore ben fatto”.
Quindici
giorni dopo dallo Stato Pontificio venne una delegazione di illustri personaggi
francesi per la restituzione delle spoglie dello sfortunato Marchese, che nel
frattempo era stato seppellito in una fossa comune.
Nella
restituzione del corpo si sfiorò l’incidente diplomatico, in quanto nel
documento ufficiale di consegna il Maggiore Salvini impose l’uso del termine di
“brigante”.
Il corpo
venne tumulato a Roma nella chiesa di S. Gioacchino e S. Anna, nel corso del
ritorno i delegati videro i corpi
lasciati nella strada di proposito insepolti, quale monito, di 11 insorti
sparati alla nuca con un colpo di fucile.
Recentemente
durante i lavori di scavo di una galleria ferroviaria sono stati ritrovate le
ossa di alcuni uomini in una fossa comune, si pensa possano essere i resti dei
giustiziati durante la rivolta.
Nella
ferocia di questi fatti vi fu anche un
di umanità, quando un certo Antonio Penna alla testa di otto briganti assaltò
la casa del farmacista Ottavio Tasciotti, ma riconosciuta in sua moglie una
compaesana la cui famiglia aveva tanto beneficiato la propria, chiese scusa
alla signora per il disturbo e lo spavento datole e si allontanò senza
depredare o danneggiare alcunché.
Bibliografia
·
P.
Corradini, … di Arce in Terra di Lavoro …, Vol. I e II, Arce 2004;
·
Corriere
del Sud Lazio, pag. 29 del 17 /11/2001;
·
La
Voce , A IX n.8, pag. 3 del 12/2001;
·
A.
Capone ( a cura di), La prima guerra italiana, Roma Viella 2023;
·
C.
Pinto, La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti 1860 -1870,
Bari Laterza 2019.
lunedì 27 maggio 2024
Giovanni Ceceni - You Tube: Alessia Biasiolo parla del suo volume "La giudeofobia nella nostra società"
NOTIZIE CESVAM
ALESSIA BIASIOLO, IL DIVERSO, TRA PASSATO E FUTURO, La giudeofobia nella nostra società,
Roma, Società Editrice Nuova Cultura – Università Sapienza, Collana I Libri del
Nastro Azzurro, Pag. 296, ISBN 978 88 3365 3259, Euro 30
Prefazione, Gen Dott.
Massimo Coltrinari, Direttore del Centro Studi sul Valore Militare.
Affrontare
il tema della giudeofobia significa addentrarsi nel mondo millenario dei nostri
Padri, scritto a partire dai testi sacri che costituiscono la storia
dell’Umanità. Capire le nostre origini e approfondire argomenti troppo spesso
sulle bocche di tutti soltanto per notizie di cronaca o per fatti riportati
senza verifica e senza contraddittorio, magari a sostegno dell’ideologia del
momento, è doveroso in una società che si vanta della propria evoluzione, ma
che retrocede in tema di comprensione di testo e di cultura. Il vanto di non
aver mai letto un libro da parte di molti, si scontra con la profonda cultura
che ha da sempre caratterizzato il mondo ebraico, dal quale la cultura italiana
ha tratto molti insegnamenti e più di una radice. Il piacere della cultura, di
conoscerla e di tramandarla, così come di crearla innovando la società, è
proprio delle anime elette di ogni tempo e luogo, e di certo è sempre stato
proprio della cultura ebraica. Nel presente volume, l’accento è posto su questo
particolare tratto ebraico, ma anche su tanti motivi o su tante scusanti per
definire, considerare, vivere l’ebreo come diverso. I dati storici qui
riportati sono una meditata sintesi che traccia un percorso puntuale, capace di
dare una spiegazione dell’odio atavico verso gli ebrei, origine della
giudeofobia.
Molte sono
state le ragioni per detestare gli ebrei e molte le loro ragioni per
nascondersi o non apparire per quello che erano: persone colte, istruite,
desiderose di riuscire, spesso benestanti proprio grazie ai loro studi o in
risposta ai limiti loro imposti. Spesso, invece di imparare i migliori aspetti
della cultura ebraica, sono stati usati per giustificare ruberie, soprusi e
violenze, teorie e leggi razziali, epurazioni ed eliminazioni sistematiche. È
evidente che la società tutta non accetta la diversità nel suo interno, mentre
è più semplice accettare le diversità di chi non mette in gioco il potere e il
sapere della società stessa. Il denso excursus che ne risulta in questo lavoro,
permette di avere un quadro chiaro di quanto siamo tutti chiamati a difendere
lo studio e la conoscenza, per non cadere in errori che, come è chiaro in
questo volume, si sono ripetuti nei secoli sempre presentandoli come le
migliori novità.
Alessia Biasiolo, ricercatrice di Storia e agiografa, giornalista e
scrittrice, professoressa di Storia, Geografia e Lingua Italiana presso un
Istituto superiore della Provincia di Brescia, Docente del Master di Storia del
CESVAM presso l’Università Niccolò Cusano di Roma, è Commendatore dell’Ordine
al Merito della Repubblica Italiana.
Socia dell’Istituto del Nastro Azzurro, di A.N.C., di UNUCI e
dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, fa parte del CESVAM
dell’Istituto del Nastro Azzurro come associata, del Collegio dei Redattori
della Rivista “Quaderni” e del Comitato di Redazione del periodico “Il Nastro
Azzurro”. Per anni si è attivamente occupata della difesa dei diritti umani.
Ha al suo attivo varie collaborazioni con testate giornalistiche, una
delle quali dirige, e numerose pubblicazioni di carattere storico e letterario,
tra le quali: “Barricate e battaglie. Vita a Brescia negli anni
dell’Indipendenza italiana”; “L’emozione dell’Unità. Analisi di un fenomeno
sociale a Brescia”; “Ieri e Oggi. Brescia e la sua birra”, ArTi ed.; “Metina.
Un mistero in Franciacorta”; “Una Casa. Una Storia”; “Beata Maria Domenica
Mantovani”, San Paolo ed.; “Beato Giuseppe Nascimbeni”, San Paolo ed.
Nel volume sono riprodotte opere originali di Ivo Compagnoni,
espressamente ispirate dalle presenti pagine di Alessia Biasiolo.
Il
volume è acquistabile in tutte le librerie. Oppure
Presso
la Casa Editrice, Società Editrice Nuova Cultura attraverso la email:
ordini@nuovacultura.it
o il sito: www.nuovacultura.it/
collane scientifiche)
Presso
la Segreteria dell’Istituto del Nastro Azzurro (segrreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org)
Informazioni
e dettagli su www.cesvam.org
domenica 26 maggio 2024
CESVAM PAPERS - Pianificazione ed Edizione. IV Trimestre 2024
NOTIZIE CESVAM
40. CESVAM Papers N. 40 - ottobre 2024 n.10
Giorgio Madeddu. Eroi
Dimenticati della Prima Guerra Mondiale Materiali per
la Memoria. I Cimiteri
Militari Italiani all’Asinara.
41. CESVAM Papers N. 41 – novembre 2024 n.11
La 51a Sezione di Sanità del Corpo
Italiano di Liberazione
42. CESVAM Papers N. 42 – dicembre 2024 n. 12
La Divulgazione. Testimonianza dei valori del
Nastro Azzurro nei confronti di
scuole, istituiti di formazione e università degli studi
Per apprfondimenti:www.studentiecultori.blodspot.com
sabato 25 maggio 2024
Campagna d'Italia Cassino
DIBATTITI
QUARTA BATTAGLIA DI
MONTECASSINO
La battaglia per Arce di monte Piccolo e monte Grande
Ten. cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta
Nell’ottantesimo
dello sfondamento della Linea Gustav a seguito della quarta battaglia di
Montecassino, è da ricordare la battaglia d’arresto svoltasi il 27 e 28 maggio
1944 nella fase finale presso Arce (FR), che coinvolse la famiglia paterna.
Il 18 maggio
1944 inizia la quarta e ultima battaglia di Cassino che porta allo sfondamento
finale del fronte, i tedeschi iniziano il ripiegamento e per rallentare
l’avanzata ed evitare l’accerchiamento fanno saltare il ponte della Casilina
sul rio Provitolo ed il ponte ferroviario Roccasecca-Sora.
Anche il
ponte borbonico sul Liri presso Isoletta sulla via Civica Farnese, il ponte ferroviario
Roma-Napoli sullo stesso fiume ed il ponte sul rio Solbatezza, che separa il
territorio di Arce da Fontanaliri, vengono fatti saltare.
Essendo
crollata anche la successiva linea di difesa Senger-Riegel a sud di Arce, i
tedeschi decisero di opporre resistenza tra monte Piccolo e monte Grande, nella
contrada d’Arce detta Tramonti, a sbarramento della via Casilina che congiunge
Cassino a Roma.
A tal fine
costituirono una improvvisata unità di combattimento al comando del colonnello
Egger, del maggiore Bohlein e del sottotenente Mayer.
L’unità era
costituita dai reparti di combattimento
Ruffin e Schultz del I Reggimento Paracadutisti e la Heilmann del III
Reggimento Paracadutisti, la 1 e la 14 compagnia del IV Reggimento
Paracadutisti, il gruppo di combattimento Weik, un plotone della 44 Divisione
Hoch und Deutschmeister e alcune unità della 90
Divisione Panzer Granadier.
La conquista
delle posizioni tedesche da parte inglese venne affidata alle Welsh Guards per
monte Grande e alle Coldstreams Guards per monte Piccolo.
Le unità
mossero all’attacco nel tardo pomeriggio del 27 maggio, precedute da un
massiccio cannoneggiamento.
Mossero per
prime le Coldstreams Guards che riuscirono a penetrare su monte Piccolo con una
compagnia, dovendolo subito dopo abbandonare per le pesanti perdite subite per
l’intenso fuoco di sbarramento delle mitragliatrici e dei mortai tedeschi.
Vi furono
anche dei combattimenti corpo a corpo in cui i tedeschi, a corto di munizioni
usarono anche pietre e bastoni, le perdite inglesi ammontarono a 59 morti e 8
prigionieri.
Nella notte
tra il 27 e il 28 maggio le due colline furono sottoposte ad un violento tiro
di artiglieria alleata che si protrasse dalle ore 00,15 alle 3,50.
Al termine
del fuoco il terzo battaglione delle Welsh Guards e il secondo battaglione
delle Coldstreams Guards mossero all’attacco, rispettivamente di monte Grande e
monte Piccolo impadronendosene.
Tuttavia
alle prime luci dell’alba un violento contrattacco dei paracadutisti tedeschi,
appoggiato da un tiro concentrato di mortai, sorprese gli inglesi che si
ritirarono dalle colline abbandonando parte del materiale.
Gli inglesi
dalle ore 9,00 alle ore 11,00 del 28 maggio ripresero un violentissimo tiro
d’artiglieria, il terreno pietroso impedì ai tedeschi di trincerarsi
adeguatamente causando pesanti perdite, né privi di artiglieria pesante
poterono controbattere.
Alle ore
19,15 la cime di monte Piccolo fu
ripreso dalle Coldstreams Guards, i tedeschi contrattaccarono ma il fuoco di
artiglieria alleata li fermò.
Ormai i
tedeschi avevano esaurito le forze e in mancanza di rincalzi nella notte fra il
28 e 29 maggio si sganciarono, lasciando anche monte Grande, comunque
l’obiettivo di permettere la ritirata dei propri reparti per la via Casilina
era stato raggiunto.
La mattina
del 29 maggio alle ore 8,45 reparti inglesi della Lothian Force e delle Welsh
Guards entrarono ad Arce, si ricorda che per la prima volta nei secoli le
truppe occupanti distribuirono viveri alla popolazione, sfamandola, senza
depredarla degli alimenti.
La stagione
avanzata, la durezza del terreno e l’urgenza dell’avanzata, impedì il
seppellimento dei corpi, gli inglesi per evitare epidemie diedero fuoco alle
sterpaglie bruciandone i corpi tra le esplosioni delle munizioni abbandonate.
Nel corso
della battaglia la casa paterna si trovò sulla linea del fuoco, occupata dai
tedeschi era stata utilizzata nei mesi precedenti come centralino telefonico
per Cassino, essendo prospiciente alla valle del Liri.
Durante la
battaglia la nonna con le tre figlie si rifugiò in una stanza in cantina, la
casa fu centrata da tre granate e un intero angolo demolito, gli alimenti, gli
animali e tutti i restanti beni sottratti dai tedeschi durante l’occupazione,
tuttavia vi fu la fortuna che le truppe coloniali francesi furono fermate dagli
alleati ad Isoletta, 5 Km. di distanza dove vi furono grosse violenze sulla
popolazione.
Una
testimonianza della giornata del 28 maggio ci è stata lasciata da Derrick
Jackson delle Coldstrean Guards “Più
avanti vidi molti corpi di tedeschi, in gran parte dove erano posizionate le
loro mitragliatrici. Sapemmo che il nostro
battaglione ebbe 158 vittime, tra morti e feriti. I tedeschi ne ebbero però il
triplo”.
Un
osservatore dell’artiglieria inglese scrisse il 29 maggio su monte Grande “Le pendici sono cosparse di crateri …, non
un parapetto è rimasto intatto. In prossimità della cima cominciammo a trovare
i morti, macabro spettacolo, immersi in pozze di sangue, maciullati, coperti di
sciami d’insetti … Non posso fare a meno di riflettere sull’effetto del tiro di concentramento su un terreno
roccioso scoperto”. (F. Corradini , … di Arce in Terra del Lavoro …, 382 –
386, Vol. I, Arce 2004)
venerdì 24 maggio 2024
Giornata del Decorato Trieste 17-19 Maggio 2024 - Le Celebrazioni
Per la parte italiana la Giornata del Decorato ha avuto uno sviluppo ed una realizzazione degni di nota. Considerato tutto, gli impegni sono stati mantenuti e le realizzazioni come cerimonie si sono attuale con soddisfazione. La deposizione della Corona d'Alloro al Monumento ai Caduti, la Messa in Cattedrale di San Giusto, con la splendida allocuzione del Cappellano Militare della Regione Militare Friuli Venezia Giulia, l'omaggio alla Foiba di Basovizza e la visita con deposizione di una mazzo di fiori alla Risiera di San Saba sono stati momenti commoventi ed esaltanti.
La Croce Nera che aveva accettato di partecipare, nel solco dei precedenti incontri, "Avversari ieri, amici oggi" ha partecipato alle cerimonie previste, ma è stata assente in quei momenti in cui si voleva dare e vivere un momento di incontro. Le ragioni reali non sono note, quelle addotte lasciano molte perplessità, anche alla luce di comportamenti visti in presa diretta. Non occorre approfondire ulteriormente alla luce di quanto visto. L'importante che, per la parte italiana, La Giornata del Decorato sia riuscita.
giovedì 23 maggio 2024
La Divisione "Pavia". Cartolina Militare
Cartolina MIlitare della Divisione "Pavia", i soldati della quale per le gesta nella presa di Gorizia sono passati, anche per via delle mostrine, come "i verdi di Gorizia.
Gli articoli di Giovanni Riccardo Baldelli sulla stoia di questa divisione dalla costituzione al primo dopoguerra, sono stati pubblicati il 7, 14, 17, e 20 maggio 2024
mercoledì 22 maggio 2024
Bibliografia di Storia Militare. I Parte
NOTIZIE CESVAM
Progetto Storia Militare
Bibliografia di Base. 1. Busetto R., Il
dizionario enciclopedico del Lessico Militare, Bologna, Zanichelli, 2004 2. Fuller J,F.C.,
Le battaglie decisive del mondo
occidentale e la loro influenza sulla storia, Roma, Ministero della
Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1988, Vol. 1, Vol. II,
Vol.III 3. Maravigna P., Storia dell’Arte Militare Moderna, , Roma,
Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 19 Bibliografia
Generale Biagini
A., Documenti italiani sulla guerra
russo-giapponese (1904 -1905), Roma, Ministero della Difesa, Stato
Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1997 Bovio
O., L’Ufficio Storico dell’Esercito. Un
secolo di storiografia militare, Roma, Ministero della Difesa, Stato
Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico,,
1987 Luraghi
R., Le opere di Raimondo Montecuccoli, Roma,
Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 2000,
Vol 1, Vol II. Moscardelli
G., Cesare dice. Una lettura del Bellum
Gallicum, Roma, Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore
dell’Esercito, Ufficio Storico, 1996 Panetta
R., L’Esercito per il Paese 1861 -1975,
Roma, Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio
Storico, 1997 Rovighi
A. Stefani F., La partecipazione
italiana alla Guerra Cvile Spagnola (1936-1939) Roma, Roma, Ministero della
Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1992 Vol I, Vol. II
Sun
Zu, L’arte della Guerra, Roma, 2m
edizioni, SRL, 2024 Bibliografia
di Pertinenza Nuti
L. L’Esercito italiano nel secondo
dopoguerra. (1945-1950), Roma, Roma, Ministero della Difesa, Stato
Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1989 Biagini
A., L’Italia e le guerre Balcaniche, Roma,
Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico,
1996 |
martedì 21 maggio 2024
Giornata del Decorato - Omaggio ai Caduti
NOTIZIE CESVAM
lunedì 20 maggio 2024
La Divisione Pavia. Il primo dopoguerra. Parte V
DIBATTITI
Giovanni Riccardo Baldelli
Concluso il primo conflitto mondiale,
a cui fece seguito la smobilitazione di tutto l’Esercito, la Pavia continuò la sua vita di
guarnigione nelle sedi assegnatele nel tempo di pace.
Nel 1920 venne attuato un primo
riordinamento attuato dal Ministro della Guerra Bonomi che, a causa delle
difficoltà finanziarie in cui versava il regno d’Italia, fu caratterizzato da
una riduzione nell’ambito dell’organizzazione dei reggimenti di fanteria su
solo due battaglioni fucilieri.[1]
A pochi mesi dall’avvento del regime
fascista, con la legge del 7 gennaio 1923, il Maresciallo Diaz divenuto
Ministro della Guerra rese esecutivo il nuovo ordinamento del Regio Esercito,
nel quale la brigata Pavia fu
inserita nell’11a Divisione territoriale di Ravenna dipendente dal
IV Corpo d’Armata di Bologna.[2]
L’11 marzo 1926 venne attuata
un’altra riforma ordinativa dell'esercito con Mussolini, che avendo avocato a
sé anche la carica di Ministro della Guerra, dispose affinché le brigate di
fanteria:
[…]…assumano in luogo delle antiche
denominazioni un numero progressivo; ciascuna di esse si costituisce su tre
reggimenti, i quali conservano il nome della brigata di origine...[…][3]
Di conseguenza la Pavia, con l’assegnazione dell'11º reggimento fanteria "Casale", diventò XVII
Brigata di fanteria e venne posta alle dipendenze della 17a
Divisione Militare Territoriale di Ravenna.[4]
A seguito della legge dell’11 ottobre
1934, con la quale venne mantenuto l’ordinamento ternario su tre reggimenti di
fanteria ternaria, alla Pavia fu assegnata la denominazione di divisione di Fanteria del Rubicone.
Al fine di:
[…] esaltarne le tradizioni, le divisioni
risultano contraddistinte […] oltre
che da un numero, anche da un nominativo che viene assunto pure dalle brigate
alle dipendenze divenute di fanteria[5].
La scelta del nome, tuttavia,
condizionata dalla retorica del tempo, fu legata a località sede di avvenimenti
storici italiani, e nel caso della Rubicone,
secondo il Bollettino dell’Ufficio
Storico (fascicolo n° 1 del 5 gennaio 1934), rivolto ad evocare:
[…]…lo spasimo della passione del Condottiero
che, nell’attraversare quel fiumicello, segnava il destino di Roma Creandole il
più vasto impero che sia mai esistito… […][6]
Dopo aver concorso alla mobilitazione
dei reparti mobilitati per le Operazioni in Africa Orientale (1936), in
conseguenza dell’adozione della divisione binaria prevista dall’ordinamento
Pariani, la Grande Unità perse l’11° reggimento fanteria Casale rimanendo con
i due reggimenti di fanteria 27° e 28° e il 26° reggimento artiglieria.
Nel 1939, per effetto del R.D. del 24
agosto, con il quale s’intese assegnare un numero e un nominativo alle
divisioni di fanteria[7], a pochi giorni dalla
partenza per la Tripolitania, divenne Divisione
di fanteria Pavia (17a) del tipo autotrasportabile; un termine,
che nella fervida immaginazione del Capo di Stato Maggiore generale nella
circolare 10600 del 1939 con la quale fu sancita la costituzione di questa
tipologia di grandi unità, avrebbe dovuto essere autoportata con il concorso
degli automezzi forniti dal comando del livello superiore:
La divisione definita di tipo autotrasportabile è una
grande unità leggera, avente salmerie, ma che ha per contro già motorizzati od
autotrainati tutti gli elementi che nella divisione normale sono ippotrainati.
A differenza della divisione motorizzata non possiede, in proprio, tutti gli
automezzi occorrenti al suo trasporto che debbono essere assegnati di volta in
volta, la sua fanteria è dotata di salmerie di combattimento. Più pesante della
divisione motorizzata, a motivo del trasporto delle salmerie di combattimento,
ed assolutamente vincolata alle rotabili, in conseguenza del tipo di
autoveicoli di cui disporrà durante il trasporto, richiede maggior tempo di
quella per lo scarico dagli automezzi, le sue fanterie possono usufruire delle
rispettive salmerie, per portare le armi e le munizioni, durante gli
spostamenti a piedi. E’ tenuta a disposizione del comando quale riserva mobile
di manovra o ad immediato rinforzo di divisioni celeri o motorizzate. A seconda
del compito e della situazione nella quale è chiamata ad operare, deve essere
completata degli elementi necessari per la sua sicurezza, durante il movimento,
e per la sua eventuale protezione, durante lo schieramento.[8]
[1] Lucio CEVA, op.
cit., pp. 195-196
[2] Franco DELL’UOMO
e Rodolfo PULETTI, op. cit. p. 27
[3] Ibidem e ivi.
schema p.28
[4] Ibidem e ivi.
schema p.29
[5] Franco DELL’UOMO
e Rodolfo PULETTI, op. cit. p. 28-29
[6] Oreste BOVIO, Storia dell’Esercito Italiano (1861-2000) 2a
edizione, USSME, Roma 2010, p. 790
[7] Filippo STEFANI, La storia e la
dottrina e degli ordinamenti dell’Esercito Italiano- Volume II- Tomo 1°,
USSME, Roma 1985, p. 304 e nota (67) al capitolo p. 333
[8] Filippo
CAPPELLANO, L’Esercito Italiano nel 1943,
«Storia Militare dossier»,
I, n. 5 novembre –dicembre, Albertelli Edizioni Speciali, Parma 2012, p. 42
domenica 19 maggio 2024
CESVAM PAPERS. Programmazione ed Edizione. III Trimestre 2024
NOTIZIE CESVAM
37. CESVAM Papers N. 37 – Luglio 2024 n. 7
Alessia Biasiolo La Fabbrica.
38. CESVAM Papers N. 38 – Agosto 2024 n. 8
Domenico Guzzo. La scia romagnola. La
costruzione di una coscienza popolare
del volo nel primo
dopoguerra italiano. Dal giornalismo aviatorio di Tullo
Margani ai Mosaici del Collegio aeronautico di
Forlì
39. CESVAM Papers N. 39 – Settembre 2024 n.9
Valerio Gadaleta- Generale
Luigi Cadorna: dall’eredità del generale Pollio a
Caporetto
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