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domenica 23 febbraio 2025

Pagine della Seconda Guerra Mondiale

 DIBATTITI

IL  BOMBARDAMENTO  DI  BARI

 2  DICEMBRE 1943

Sergio  Benedetto Sabetta

 

            Passate da poco le ore 19,00 sul cielo di Bari  si presentarono cinque bombardieri “Junkers Ju 88” della “ Luftflotte 2“, bombardarono le navi alleate ancorate nel porto di Bari causando forte perdite e danneggiandone gravemente le strutture, questo per impedire i rifornimenti alle truppe alleate avanzanti sul litorale adriatico, rallentandone la marcia, e permettere ai reparti tedeschi lo sganciamento.

            Le navi affondate furono 17, mentre quelle danneggiate 8, tra quelle affondate anche la nave USA “SS John Harvey” che trasportava segretamente 2000 bombe all’iprite MA7A1, di queste una parte esplosero contaminando sia il porto che le zone limitrofe, mentre quelle inesplose finirono sul fondale del porto.

            L’uso dell’iprite a fini bellici era già stato proibito dalla Convenzione di Ginevra del 1925, sebbene violato dall’Italia nella Guerra con l’Etiopia del 1936, ma l’esplosione produsse un effetto inaspettato, un forte vento proveniente dalla terraferma allontanò verso il mare la nube tossica finendo in alto mare, dove si depose sulle onde, formando una miscela oleosa che intossicò chi si trovava in mare.

            Senza entrare nel merito del perché di un tale trasporto, vi furono comunque circa mille morti tra civili e militari ed altri 800 ricoverati per gravi ustioni,  un medico, di nome Alexander, presente, vista la particolare tipologia delle stesse, chiese ulteriori informazioni al restante personale medico che non seppe dare chiarimenti.

            Rivoltosi allora alle autorità militari ottenne di studiare la documentazione ufficiale e l’11 dicembre 1943 stese una prima relazione con le sue conclusioni, nelle quali dichiarò che le ustioni denominate NYD (dermatiti non ancora identificate) erano il risultato dell’iprite mescolatasi al petrolio già presente nel porto.

            Nel tentativo di salvare più pazienti possibili, si sottopose all’autopsia i pazienti deceduti al fine di capire le modalità d’azione dell’iprite mescolata al petrolio, gli studi scientifici aggiornati che ne seguirono condussero a due complesse relazioni mediche, una del 27 dicembre 1943 e l’altra del 20 giugno 1944 inviate rispettivamente a Edgewood negli USA e l’altra a Porton Down in Gran Bretagna, tutti e due centri di studio sull’arsenale chimico.

            Le relazioni cominciano a girare su vari istituti di ricerca medica, fino ad interessare il capo della divisione medica del Servizio chimico di guerra, il quale dal 1945 diventerà il direttore di uno dei principali istituti di ricerca sul cancro al mondo (Memorial Sloan – Kettering Cancer di New York).

            Le relazioni di Alexander risulteranno preziose per la ricchezza di informazioni su un ampio numero di vittime, nel 1946 un articolo scientifico sulla rivista “Associazioni Mediche Statunitensi” fa nascere ufficialmente la chemioterapia, da un fatto tragico di guerra era nata una speranza di salvezza, un nuovo fronte di ricerca.

 

Nota

A.M. Calore, Danni “collaterali” di guerra, 13, Libero n.10 -11 – 12 2024.

           

           


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