DIBATTITI
IL BOMBARDAMENTO
DI BARI
2 DICEMBRE 1943
Sergio Benedetto Sabetta
Passate da
poco le ore 19,00 sul cielo di Bari si
presentarono cinque bombardieri “Junkers
Ju 88” della “ Luftflotte 2“, bombardarono
le navi alleate ancorate nel porto di Bari causando forte perdite e
danneggiandone gravemente le strutture, questo per impedire i rifornimenti alle
truppe alleate avanzanti sul litorale adriatico, rallentandone la marcia, e
permettere ai reparti tedeschi lo sganciamento.
Le navi
affondate furono 17, mentre quelle danneggiate 8, tra quelle affondate anche la
nave USA “SS John Harvey” che
trasportava segretamente 2000 bombe all’iprite MA7A1, di queste una parte esplosero
contaminando sia il porto che le zone limitrofe, mentre quelle inesplose
finirono sul fondale del porto.
L’uso
dell’iprite a fini bellici era già stato proibito dalla Convenzione di Ginevra
del 1925, sebbene violato dall’Italia nella Guerra con l’Etiopia del 1936, ma
l’esplosione produsse un effetto inaspettato, un forte vento proveniente dalla
terraferma allontanò verso il mare la nube tossica finendo in alto mare, dove
si depose sulle onde, formando una miscela oleosa che intossicò chi si trovava
in mare.
Senza
entrare nel merito del perché di un tale trasporto, vi furono comunque circa
mille morti tra civili e militari ed altri 800 ricoverati per gravi ustioni, un medico, di nome Alexander, presente, vista
la particolare tipologia delle stesse, chiese ulteriori informazioni al
restante personale medico che non seppe dare chiarimenti.
Rivoltosi
allora alle autorità militari ottenne di studiare la documentazione ufficiale e
l’11 dicembre 1943 stese una prima relazione con le sue conclusioni, nelle
quali dichiarò che le ustioni denominate NYD (dermatiti non ancora
identificate) erano il risultato dell’iprite mescolatasi al petrolio già
presente nel porto.
Nel
tentativo di salvare più pazienti possibili, si sottopose all’autopsia i
pazienti deceduti al fine di capire le modalità d’azione dell’iprite mescolata
al petrolio, gli studi scientifici aggiornati che ne seguirono condussero a due
complesse relazioni mediche, una del 27 dicembre 1943 e l’altra del 20 giugno
1944 inviate rispettivamente a Edgewood negli USA e l’altra a Porton Down in
Gran Bretagna, tutti e due centri di studio sull’arsenale chimico.
Le relazioni
cominciano a girare su vari istituti di ricerca medica, fino ad interessare il
capo della divisione medica del Servizio chimico di guerra, il quale dal 1945
diventerà il direttore di uno dei principali istituti di ricerca sul cancro al
mondo (Memorial Sloan – Kettering Cancer di New York).
Le relazioni
di Alexander risulteranno preziose per la ricchezza di informazioni su un ampio
numero di vittime, nel 1946 un articolo scientifico sulla rivista “Associazioni
Mediche Statunitensi” fa nascere ufficialmente la chemioterapia, da un fatto
tragico di guerra era nata una speranza di salvezza, un nuovo fronte di
ricerca.
Nota
A.M. Calore, Danni “collaterali” di guerra, 13, Libero n.10
-11 – 12 2024.
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