Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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domenica 30 giugno 2024
sabato 29 giugno 2024
Editoriale Mese di Giugno 2024
Editoriale
Anche per questo mese si è rispettata la regola di portare a compimento un segmento editoriale di un progetto in corso. Questo mese ha visto la luce il "Manifesto" uno dei libri-iniziativa dedicati al Centenario. Trattasi un poste che riporta due facciate, nella prima e nella seconda facciata ci sono 8 + 8 quadri che sintetizzano Che cosa è, cosa fa , cosa ha fatto e che cosa farà l'Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al Valor Militare.
Disponibile per chi ne fa richiesta.
Questa conferma del nostro impegno ci permette di giungere alla fine del semestre accademico del CESVAM nel migliore dei modi. il 4 luglio si terranno le sessioni di Laurea dei Master a significare la bontà delle nostre iniziative.
Altro non c'è da dire che continuare su questa strada, ringraziando chi di dovere che ci ha permesso di realizzare quanto realizziamo nell'interesse superiore dell'Istituto.
Massimo Coltrinari
venerdì 28 giugno 2024
Copertina Mese di Giugno 2024
QUADERNI ON LINE
Anno LXXXV, Supplemento on line, VI, 2024, n. 100
Giugno 2024
giovedì 27 giugno 2024
Le decisioni del 1914. Il Vertice Politico ed il Vertice Militare
APPROFONDIMENTI
.
I militari sono esclusi dalle decisioni di vertice.
Uno
degli aspetti su cui bisogna riflettere è il rapporto che si è instaurato tra
il Governo del Paese ed il Comandante in Capo delle forze armate operanti. Si
presuppone, agendo con buonsenso che la massima armonia avrebbe dovuto regnare
e lo scambio preciso di informazioni essere la prassi corrente. Nella realtà
per tutta la durata della guerra, questo non si verificò quasi mai. Nei loro
scritti se ne lamentano sia Cadorna sia Diaz. Il Governo agisce per proprio
conto e pone i militari davanti al fatto compiuto. Eppure una precisa norma di
legge imponeva al governo di, come si diceva una volta, “tenere a giorno” il
Capo di Stato Maggiore dell’Esercito sulla situazione politico-militare.[1] Cadorna assunse la carica di Capo di S.M.
dell’esercito il 28 luglio, il 29 fu ricevuto dal Re. Immediatamente si mise
all’opera e predispose documenti[2]
volti a dare corso alle convenzioni militari in essere, che prevedevano l’invio
di corpi d’armata sul fronte franco-tedesco attraverso l’Austria. Era l’esordio
dell’azione di Cadorna, che in gran parte abbiamo accennato sopra, che in tutte
le sue decisioni mira a seguire sempre la concezione unitaria della direzione
delle operazioni. Anche in questo caso, l’invio di forze italiane in aiuto alla
Germania, voleva una concentrazione di forze da inviare in Francia, secondo
quanto stabilito nei piani. Non era stato, però, messo al corrente della
situazione politica. Sembra quasi irreale che il capo delle Forze Armate non
avesse minimamente avuto né dal Ministro della Guerra, che pure era un generale
suo pari grado, né dal Ministro degli Esteri né dal Presidente del Consiglio
ragguagli sulla reale situazione, che cioè l’Italia non sarebbe entrata in
guerra a fianco degli Imperi Centrali. In questa vicenda i due protagonisti,
Cadorna da una parte e Salandra dall’altra sembrano accentuare i toni Cadorna
sostiene che fu tenuto all’oscuro di ogni cosa tanto che la dichiarazione di
neutralità del 2 agosto 1914 lo colse completamente di sorpresa. Eppure i
giornali stessi, il Corriere della Sera in testa, riportavano notizie che
avrebbero dovuto orientare il Capo di Stato Maggiore.
Secondo
una ricostruzione[3] così
Cadorna apprese, nel momento in cui l’Europa era in fiamme e le dichiarazione
di guerra si susseguivano una dietro l’altra, i nuovi orientamenti del Governo:
“………..si presentò subito dal Presidente del
Consiglio, (Salandra, n.d.a) e gli
chiese:
‘La Neutralità che ha dichiarato
significa che la guerra con la Francia non si farà più?
Salandra rispose semplicemente ‘Sì’
“Allora, chiese ancora Cadorna, che
cosa debbo fare? È visto che il silenzio del suo interlocutore, disse:
‘Debbo preparare la guerra contro
l’Austria? Questo è evidente’
‘Si, sta bene’ replicò Salandra”
Una
conversazione al limite della credibilità. Cadorna ebbe modo di raccontare
questo episodio, ripreso dal Gatti:[4]
“Ma io sono andato a domandare tutto questo
che avrebbe dovuto essermi detto. Il 5 (agosto, n.d.a.) prendo tutte le misure nuove. Lo sforzo era
terribile, tutta la massa in movimento doveva essere arrestata. Il 6 un
telegramma infatti la fermava, anzi la rimetteva in marcia verso oriente. Ma
già si delineava la maniera di fare del governo con me; io non sapevo mai ciò
che era accaduto se non quando era accaduto, o immediatamente prima perché
ricorrevo alle informazioni.”
In
queste affermazioni vi è tutto Cadorna, nella sua azione di comando, incapace
di collaborare e creare rapporti personali e di cortesia oltre le normali forme.
Montanari afferma che vi è certamente qualche esagerazione da ambo le parti,
tanto per sottolineare la incompatibilità di carattere tra Salandra e Cadorna;
che taluni provvedimenti precauzionali fossero già in corso di attuazione è più
che plausibile, ma che si trattasse di “tutta
una massa in movimento” lo è meno. Per contro, nessuna misura poteva essere
disposta se non dal Ministro della Guerra, cioè dal governo; come poteva essere
all’oscuro il Presidente del Consiglio che il 2 agosto su proposta del ministro
della Guerra aveva preso una serie di deliberazioni, in funzione appunto della
dichiarata neutralità.[5]
Cadorna
ebbe la sensazione confermata della insensibilità che i politici hanno verso i
militari ed i loro problemi e quindi restii a considerarli ed esaminarli nella
loro giusta proporzione; Salandra mostrò una superficialità sbalorditiva e
quasi incosciente dimostrando di non rendersi nemmeno conto di quello che
significava per una compagine militare, in presenza di una guerra europea, cambiare
dalla sera alla mattina alleanze e nemico. In poche ora tutto quello che erano
stati i punti di riferimento di un esercito, in pratica dal 1882 in poi,
dovevano essere cancellati, e averne di nuovi. Un vero e proprio dramma che la
disciplina e l’obbedienza mettevano sicuramente sotto controllo, ma che
portavano degli scollamenti di vasta portata sul piano motivazionale che un
politico deve saper valutare e considerare e tenere presente.[6]
Questo
episodio sta a dimostrare che nella grande guerra si comincia male, nei
rapporti tra politici e militari. Da questo profondo dissidio nascono molte
situazioni gravi che avranno ripercussioni negative sulla condotta e su alcuni
risultati della guerra, soprattutto nelle avversità. È uno dei limiti della
nostra conduzione della guerra in cui erano in gioco interessi superiori di
grandissima portata.
Un
altro aspetto di questo scollamento tra vertice politico e vertice militare lo
si ebbe in un altro passaggio fondamentale che porterà alla Grande Guerra: la
stipula del Patto di Londra, ovvero le condizioni poste per il nostro impegno
in guerra.
Nella
primavera del 1915 il Governo era impegnato in una doppia partita, come vedremo
più avanti: su un tavolo, quello dell’Intesa, in cambio della partecipazione
alla guerra, erano state preparate richieste dettagliate e non lievi, che
ancora non erano state comunicate; su un altro tavolo, quello dell’Austria, in
cambio della neutralità si dovevano porre richieste precise che sicuramente
erano inferiori alle richieste rivolte all’intesa. In ogni caso in queste
trattative il peso dell’Esercito era notevole. Come mai non si chiamò lo stesso
Cadorna o un suo rappresentare di alto livello non per altro per tenere
aggiornato il Capo di Stato Maggiore di che cosa si andava decidendo e quali impegni
si andavano a prendere? Vi era il Ministro della Guerra, è vero, ma pur essendo
un generale, ragionava da politico. Una presenza “tecnica” era quanto mai
auspicabile, visto dopo i risultati ottenuti.
Consultare
per lettera il Capo di Stato Maggiore è una prassi che può essere adottata, ma
che non è la migliore. Il 14 aprile 1915 il Ministro degli esteri Sonnino
chiede per lettera a Cadorna.
[1] La norma in questione è il Regio
Decreto 4 marzo 1904 n. 86 e Regio Decreto 5 marzo 1908 n. 77
[2]
“Memoria sintetica sulla radunata a nord-ovest e sul trasporto in
Germania delle maggiori forze disponibili”. Ministero della Difesa, Stato
Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Fondo MG, Capo di S.M.R.E, raccolta
10, fascicolo 11.
[3] Montanari M., Politica e Strategia in cento anni di guerre
italiane. Il periodo liberale. La Grande Guerra, Roma, Ministero della
Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 200°, Vol. II, Tomo II,
pag. 63
[4]
Gatti A. un italiano a Versailles, Milano,
Ceschina Editore 1957, pag. 438-439.
[5]
Montanari M., Politica e Strategia in cento anni di guerre
italiane. Il periodo liberale. La Grande Guerra, cit., pag. 63 in nota.
[6]
Gli aspetti motivazionali e
piscologici hanno una rilevanza estrema in un Esercito. Cadorna dovette anche
affrontare questo problema e lo affrontò alla sua maniera, calcando la mano
sulla disciplina e su un’azione di comando centrata sulla sua persona.
mercoledì 26 giugno 2024
Prima Guerra Mondiale. Iconografia. Brigate di Fanteria, Brigata Ivrea
ARCHIVIO
Ivrea,
Brigata, brigata di fanteria di linea, costituita il 1° marzo 1915 per la
guerra 1915-1918, dai depositi del 54° e 92° fanteria, coi reggimenti 161° e
162°. Fu dislocata nella zona di Asiago: l'offensiva austriaca del maggio 1916
nel Trentino obbligò la brigata a ripiegare combattendo sulla sinistra del Val
Torre; poi le fu affidata la difesa di M. Val bella, e puntò contro M. Rasta.
Nell’agosto 1916 fu schierata nella zona di Doberdò e Gradisca, passò il
Vallone e si spinse verso q. 208. Più tardi attaccò Nova Vas e la raggiunse, ma
fu obbligata a sgombrarla per il violento fuoco nemico concentrato sulla
posizione. Destinata in Macedonia nell’ottobre del 1916, combattè nel maggio
1917 nell'arco della Cerna contro la q. 1050 ed il Piton Brulé. L’azione durò,
con alterna vicenda, per tutto quell'anno e il seguente, fino a quando (21
settembre) il nemico iniziò il ripiegamento dal Vardar alla regione dei Laghi.
La Ivrea cominciò l'inseguimento e lo terminò il 30 a Krivogastani ove si
raccolse per la sospensione delle ostilità. La Brigata merito una medaglia di
bronzo nell'altopiano di Asiago; il 162° la croce francese con palma in
Macedonia.
Le mostrine: metà gialle e metà cremisi
scuro, in senso orizzontale.
domenica 23 giugno 2024
CESVAM PAPERS - Pianificazione ed Edizione. IV Trimestre 2025
NOTIZIE CESVAM
52. CESVAM Papers N. 52 - Ottobre 2025 n. 10
Davide Corona. La Storia
del III Reggimento Alpini
53 CESVAM Papers N. 53 - Novembre 2025 n. 11
Massimo Coltrinari. Le
Brigate di Fanteria nella Prima Guerra Mondiale
54. CESVAM Papers N. 54 - Dicembre 2025 n. 12
Rivista “QUADERNI” – Indici Quinquennali
2020- 2024
Per Approfondimenti: vds. www.prigioniadiguerra.blogspot.com
Save the date 27 giugno 2024. Prigionia
NOTIZIE CESVAM
Progetto Prigionia
Giorgio Madeddu,
associato al CESVAM, terrà una conferenza a Cagliari, (Via Martini 23), organizzata dalla Associazione Culturale Itzokor, dal tema
“La
prigionia austro-ungarica in Sardegna. Dalla Damnatio ad Metalla alla memoria
contemporanea”.
L'iniziativa si inquadra nei Progetti dedicati alla Prima Guerra Mondiale ed
in particolare a quello sulla Prigionia che ad oggi ha pubblicato 4 degli otto volumi programmati
Sulla Prigionia Austriaca in mano italiana sono previsti tre volumi, di prossima pubblicazione
sabato 22 giugno 2024
Aosta. Combattenti valdostani decorati di medaglia al valore militare
venerdì 21 giugno 2024
Albo D'Oro. Ricerca documentazione - Modena
ARCHIVIO
Giorgio Madeddu segnala la esistenza della pubblicazione qui riprodotta riferita ai Caduti decorati della provincia di Modena.
giovedì 20 giugno 2024
Rapporti tra Austria-Ungheria Germania ed Italia 1914. Perché non attaccammo nel 1914?
APPROFONDIMENTI
Perché non attaccammo nel 1914?
Una
politica estera lineare avrebbe messo in condizioni il nostro Esercito di
operare con aderenza alla realtà. Ma questa politica estera era ondivaga e
contradittoria e fu quanto mai discontinua. La guerra di Libia era una guerra coloniale,
oltremare che fece spostare a sud il baricentro operativo dell’Esercito, mentre
le crisi balcaniche e gli interessi strategici dell’Italia in quelle aeree
erano sempre più pressanti. Nel 1914 al momento della crisi generata
dall’attentato di Sarajevo avevamo le nostre forze non concentrate su un unico
obiettivo ma sparse sia verso sud che verso nord, intendendo la minaccia
principale una guerra contro la Francia.
Si
dibatte il perché non attaccammo nell’agosto 1914. Il rovesciamento delle
alleanze prevede che si deve trarre il massimo profitto da esso e quindi ottenere
i risultati eclatanti, che dovrebbero mascherare una operazione che non è mai
accettata benevolmente da tutti per i suoi risvolti poco edificanti. La
questione, in sostanza, si riduce alla domanda: sarebbe stato possibile per
l’Italia conseguire risultati strategici se fosse entrata in guerra
immediatamente contro l’Austria anziché dichiarare la neutralità?
La
risposta è sostanzialmente negativa per una ragione principale: la
impreparazione dell’esercito uscito stremato dalla guerra di Libia. È una
indiretta accusa al Governo ed alla politica militare degli anni precidenti la
Grande Guerra che non hanno permesso di avere uno strumento utile in grado di
svolgere un’azione strategica di ampio respiro. Nel 1914 l’Esercito italiano
disponeva di 350 mila uomini che, secondo certi autori[1]
ed avrebbe potuto attaccare e vincere i 400 mila soldati dell’Esercito
austriaco in piena crisi di mobilitazione ed impegnato a fronteggiare una
guerra su tre fronti, quello russo, quello serbo e quello italiano. Tesi che
peraltro trova riscontro nell’azione di Cadorna che il 3 ed il 14 agosto aveva
insistito presso il Governo per un attacco contro l’Austria. In tutta la
questione sembra che non si riesca a comporre un quadro unico, ognuno dei
protagonisti attento solo a focalizzare il suo punto di vista.
L’Austria,
peraltro, osservava attentamente la situazione italiana nel luglio ed agosto
1914 e non prese alcun provvedimento militare, ovvero non rafforzò minimamente
le posizioni del fronte meridionale, tanto da poter far dire che corse e ben
valutò quello che si definisce un rischio calcolato. Diede per certa la
neutralità italiana, che nell’agosto 1914 era quello che desiderava.
Occorre,
peraltro, fare, due osservazioni. La prima derivante dall’’azione di Cadorna che
nel luglio 1914 era tutto intento a progettare, pianificare e mettere in essere
l’azione contro la Francia, a seguito della convenzione militare del marzo
1914; abbiamo visto come la sua sorpresa fu grande nell’apprendere che l’Italia
sarebbe rimasta neutrale e in prospettiva si affacciava l’ipotesi di una guerra
all’Austria. La seconda è che la proclamazione immediata della mobilitazione
generale avrebbe messo in condizioni l’Esercito di attaccare dopo 40 giorni
dalla sua proclamazione, ovvero a metà settembre del 1914, dando tutto il tempo
all’Austria di predisporre le sue difese, facendo svanire l’effetto sorpresa. I
tedeschi, come noto, iniziarono la loro mobilitazione già per tempo per essere
in grado di muovere contro il Belgio agli inizi di agosto. Oltre a questo a
monte ci sarebbe dovuta essere una politica estera tale che un attacco
immediato all’Austria avrebbe dovuto avere una preparazione politica e
diplomatica che doveva iniziare mesi prima. Un ministro degli Esteri come il di
San Giuliano, che perorava la causa della neutralità italiana per intervenire
al momento più opportuno a dare una mano al vincitore, non considerava
minimamente un attacco immediato all’Austria. Inoltre occorre far entrare in
gioco il rapporto con la Francia, la Gran Bretagna e la Russia, che
consideravano l’Italia come una potenziale nemica o, al meglio, come una
nazione neutrale per indebolire il fronte tedesco-austriaco. Ci vollero mesi
prima di determinare le condizioni concordate con l’Intesa dell’entrata in
guerra dell’Italia. Un attacco senza preventivo accordo sarebbe stato fine a sé
stesso. Le contraddizioni poi aumentano nel momento in cui Cadorna, nel corso
di una riunione ristretta a Palazzo Braschi il 19 agosto 1914, in merito ad un
attacco attraverso il Trentino, che era “irto di fortificazioni” era del tutto
impossibile.
Sorge
il dubbio che Cadorna, non a conoscenza della reale consistenza dello stato di
preparazione dell’Esercito, a fine luglio chiede la mobilitazione generale e
l’attacco all’Austria, vedendo le cose in modo superficiale; via via che i dati
di situazione vengono a sua conoscenza, cambia atteggiamento fino alla crisi di
settembre. Cadorna rimane impressionato dalla relazione sulle “enormi
manchevolezze” dei magazzini fattegli dal generale Alfredo Tettoni, direttore
dei servizi logistici, ed il 25 settembre 1914 protesta energicamente presso il
Governo e soprattutto accusa il ministro generale Grandi di non aver dato i
dati reali di situazione. Uno scontro che è una delle cause delle dimissioni di
Grandi l’8 ottobre 1914.
Lo scollamento tra vertice politico, con l’Italia ancora vagamente triplicista, e vertice militare, questo, peraltro, con un Capo di Stato Maggiore che ancora non aveva avuto idee chiare sullo stato dello strumento che comandava, forse è la vera ragione per cui non attaccammo nel 1914. Se poi si aggiunge che la impreparazione dell’Esercito era un dato oggettivo a causa della guerra di Libia, il quadro si completa con la constatazione che un conto sono le ipotesi (l’attacco al nemico impreparato) ed un conto è la realtà (impreparazione dell’Esercito, assenza di piani, politica estera diversamente orientata).
Massimo Coltrinari
[1]
Bencivenga R., Saggio critico sulla nostra guerra. Il
periodo della neutralità, Roma, Tipografia Agostiniana, 1930, Vol. I;
Alberti A., Testimonianze straniere sulla
grande guerra italiana 1915 -1918, Roma Ministero della Guerra, Comando del
Corpo di S.M., ed. del giornale “Le Forze Armate”, 1933, pag, 28-31.
[2]
Ilari V., Storia del servizio militare in Italia. La
“Nazione Armata” 1871 -1918, Roma, CEMISS, Rivista Militare, 1990, Cap. X
III, pag. 420 e segg.
mercoledì 19 giugno 2024
martedì 18 giugno 2024
Prima Guerra Mondiale - Iconografia Brigate di Fanteria. Friuli
Friuli,
Brigata, 87° e 88° fanteria. Nel 1884 si costituirono in Milano i
reggimenti 87° ed 88° fanteria, con compagnie tratte da preesistenti reggimenti
di fanteria. La brigata partecipò alla campagna d'Africa del 1895-96 e per
quella di Libia (1911-12) concorse alla mobilitazione di altri reggimenti. Per
la guerra italo- austriaca 1915-1918, il deposito dell'87° costituì il 214°
fanteria; quello dell’88° il comando della brigata Genova ed i reggimenti 97° e
210°. Per tale guerra la brigata operò dall'inizio dell'aprile 1916 a
Monfalcone poi sul Debeli. Il 12 maggio 1916 fu trasferita nella zona del M.
Sei Busi e nel giugno successivo, fatta accorrere in Trentino per l'offensiva
austriaca, combattè in Val Frenzela ed a M. Catz. In luglio concorse alle
operazioni per la conquista del M. Moschiagh. Destinata, nel maggio 1917, sul
medio Isonzo, fu schierata prima nelle posizioni fra il Vodice e M. Santo e poi
nella conca di Plezzo. Durante l'offensiva austro-tedesca dell'ottobre, la
Friuli dopo aver opposto una tenace resistenza all'invasore alla stretta di
Saga, ripiegò su M. Stol e sul Prvi-Hum e poi fu ritirata nei pressi di Parma
per riordinarsi. Durante il 1918 fu dislocata allo sbarramento di Serravalle.
Per la legge del 1926, il 26 dicembre di detto anno il comando della brigata fu
sciolto. L’87° sciolto anch'esso, il 15 novembre, cedette un battaglione al 91°
e l'altro al 92° fanteria. L'88° passò a far parte della 20a brigata di
fanteria.
Le mostrine: fondo cobalto e riga nera al
centro in senso orizzontale.
lunedì 17 giugno 2024
New Start: la Russia ne sospende l’applicazione
UNA FINESTRA SUL MONDO
di Antonio Trogu
Il
21 febbraio scorso, all’interno del suo discorso alla nazione il Presidente
Putin, tra le altre dichiarazioni, ha annunciato la sospensione
dell’applicazione, da parte Russa, del Trattato New Start per la riduzione
degli armamenti nucleari, Trattato che era stato prorogato nel febbraio 2021 con
una validità di cinque anni.
Dopo che sia Mosca che Washington nel 2019si
sono ritirate dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio del 1987, il
New START è l’unico accordo sul controllo degli armamenti nucleari rimasto tra
i due paesi,ed è rimasto l’unico trattato in corso che riesce a limitare le
forze nucleari russe, oltre a rappresentare un’ancora di salvataggio per la
stabilità strategica tra le due Nazioni.
Ricordiamo che il Trattato Inf
(Intermediate-Range Nuclear Forces) costituì uno dei
principali fattori che condussero al superamento della Guerra
Fredda e con la denuncia di questo trattato è stata inflitto un ulteriore colpo
all’architettura di sicurezza e stabilità internazionale instaurata
all’indomani della Guerra Fredda.
Infatti, al fine di porre un limite
alla costosa corsa agli armamenti in Europa, le due superpotenze si trovarono a
dover convergere sulla necessità di stabilire un sistema di controllo
reciproco.
Una lunga trattativa durata otto anni
condusse all’insperata conclusione di un accordo tra Stati Uniti e Unione
Sovietica sulla proibizione totale ditale categoria di vettori nucleari,[1]e
la loro distruzione sotto verifica internazionale.
Il trattato fu firmato dall’allora
presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e dal leader sovietico Mikhail
Gorbacev.
Il
trattato New START è stato firmato a Praga nel 2010, è entrato in vigore l’anno
successivo ed è stato prorogato nel 2021 per altri cinque anni subito dopo
l’insediamento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Questo
Trattato limita il numero di testate nucleari strategiche che gli Stati Uniti e
la Russia possono schierare e il dispiegamento di missili e bombardieri
terrestri e sottomarini per consegnarli.
Limiti del missile, del bombardiere e
del lanciatore:
-
i missili balistici intercontinentali
schierati (ICBM)[2], i missili balistici
lanciati da sottomarini (SLBM)[3]e i bombardieri pesanti assegnati alle missioni nucleari
sono limitati a 700 .
-
i lanciatori ICBM schierati e non
schierati, i lanciatori SLBM e i bombardieri sono limitati a 800.
L'accordo definisce anche le
modalità di ispezione dei siti e prevede un preavviso di 48 ore prima del
dislocamento di un nuovo vettore.
Mosca
ha giustificato la sospensione delle ispezioni con il timore che gli Stati
Uniti forniscano all’Ucraina informazioni ottenute attraverso le ispezioni che
le possano consentire di attaccare gli arsenali nucleari russi. Secondo il
Cremlino, gli Usa hanno inoltre intenzione di riprendere i test nucleari,
un’accusa che non trova però alcun riscontro.
Tornando
al discorso alla nazione,Putin ha dichiarato che la Russia non si sta ritirando
dal trattato, spiegando durante il suo discorso al parlamento: “Sono costretto
ad annunciare oggi che la Russia sospende la sua partecipazione al trattato
sulle armi strategiche offensive”. Inoltre ha precisato che la società russa di
energia nucleare Rosatom deve garantire la disponibilità del Paese a testare
un’arma nucleare, se necessario, ma ha anche poi sottolineato che “se gli Stati
Uniti testeranno, allora lo faremo anche noi”.
Un’altra
ammonizione del discorso di Putin ha riguardato le armi nucleari: la forza di deterrenza nucleare della Russia
è dotata al 90 per cento di armi avanzate”, sono in fase di studio e
produzione nuove tecnologie. In ogni caso ha detto che la Russia non
userà per prima eventuali armi nucleari.
In
aggiunta, come riportato dalla Tass, il vicepresidente del Consiglio di
sicurezza russo Dmitry Medvedev ha dichiarato che è giunto il momento di
includere gli arsenali nucleari strategici di Gran Bretagna[4] e
Francia[5] nel
Trattato di riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive (New
START), "la sospensione (finora) è legata proprio a questo".
Sembra essere questo un
avvertimento sul fatto che gli arsenali nucleari francese e inglese potrebbero
essere conteggiati da Mosca insieme a quelli americani, in quanto deterrente
cumulativo della NATO.
Il
10 marzo, nell’ambito del vertice franco-britannico a Parigi, il presidente
francese Emmanuel Macron e il premier inglese Rishi Sunak hanno criticato la
decisione russa di sospendere il New START, ritenuto uno strumento essenziale
per il controllo delle armi nucleari e la stabilità strategica. Hanno poi fatto
riferimento alla “Dichiarazione congiunta dei governi delle 5 potenze nucleari
sul prevenire la guerra nucleare ed evitare una corsa al riarmo riferendosi al Joint Statement of the Leaders of the Five
Nuclear-Weapon States on Preventing Nuclear War and Avoiding Arms Races
firmato il 3 gennaio 2022.[6]
Una delle conseguenze della
sospensione del Trattato riguarda la fine delle ispezioni e delle informazioni
inerenti i rispettivi arsenali nucleari, che in realtà erano già state
sospese prima per i problemi legati alla
pandemia da coronavirus ein seguito per l’invasione della Ucraina da parte
russa.
A
questo proposito nel corso del suo discorso il presidente russo ha precisato il
punto di vista di Mosca “Ai
primi di febbraio l’Alleanza Nordatlantica ha richiesto alla Russia di
ritornare all’osservanza del trattato sulle armi strategiche, inclusa
l’ammissione di ispezioni. Ma non saprei nemmeno come definirla. Questo è un
teatro dell’assurdo. Sappiamo che l’Occidente è direttamente coinvolto nei
tentativi del regime di Kiev di attaccare le nostre basi dell’aviazione
strategica. I droni usati allo scopo sono stati equipaggiati e modernizzati con
l’assistenza di specialisti NATO. E ora vogliono ispezionare le nostre difese?
Nelle moderne condizioni del confronto ciò suona come un nonsenso”.
Non vi è dubbio che per la Russia
la questione ucraina è di rilevanza assai più vitale che per gli Stati Uniti o
l’Europa Occidentale, perciò si sente costretta a ricorrere una volta di più alla
carta nucleare, il fattore principale che dovrebbe farla considerare una
potenza con cui trattare.
A questo proposito la vicesegretaria dell’Ufficio Controllo Armi del
Dipartimento di Stato americano ha dichiarato:“Il nostro supporto
all’Ucraina non sarà limitato dalla loro decisione sul New START”.
La
crisi del New START dovrebbe spingere la comunità internazionale
a ripensare i processi di controllo e riduzione degli armamenti
Con la
sospensione del Trattato il presidente Putin potrebbe avere messo forse fine a
una storia di accordi tra Washington e Mosca in materia di controllo degli
armamenti che si sono succeduti per 50 anni. Il New START è l’ultimo di una serie di accordi per limitare
le armi nucleari strategiche iniziata col SALT 1 del 1972 e via via
rivisti.
Le
future iniziative diplomatiche per il controllo degli armamenti dovrebbero
coinvolgere anche la Cina e mirare anche a limitare il suo programma nucleare
sempre più incontrollabile e pericoloso.
Secondo
quanto pubblicato il 29 novembre 2022dal Dipartimento della Difesa USA nel suo
rapporto annuale sugli "Sviluppi militari e di sicurezza che coinvolgono
la Repubblica popolare cinese", China Military Power Report (CMPR), la RPC
ha dichiarato chiaramente la sua ambizione di rafforzare il suo
"deterrente strategico" e ha continuato ad accelerare la
modernizzazione, la diversificazione e l'espansione delle sue forze nucleari.
Secondo questo
rapporto vi sono indicazioni preoccupanti sull’entità della crescita
dell’arsenale nucleare del regime comunista ch viene descritta come una nazione
decisa a moltiplicare le proprie forze nucleari.
Infatti il
rapporto del 2022 rivela che la Cina potrebbe schierare 1.500 armi nucleari
entro il 2035 mentre il rapporto del 2021 stimava che la Cina avrebbe
avuto 1.000 testate entro il 2030. Le ambizioni cinesi sono non solo di
diventare una potenza economica mondiale ma di diventare anche una potenza
militare di primo piano.
Questo
presuppone che mentre la Cina continua a migliorare le infrastrutture per
sostenere l’espansione nucleare, l’America si troverebbe a dover
rivalutare i propri piani di produzione di testate per assicurarsi di poter
tenere testa alla crescente minaccia nucleare cinese.
La
fine del Trattato New START potrebbe portare ad una situazione al momento solo
ipotizzabile. Tra un paio di anni si potrebbe tornare ad una situazione
molto simile a quella degli anni Cinquanta, con le potenze nucleari intente a
modernizzare e potenziare i loro arsenali nucleari senza alcun controllo.
Questo scenario sarebbe caratterizzato da un delicato equilibrio tra Stati
Uniti, Russia e Cina basato sulla reciproca deterrenza nucleare.
[1]missili balistici e da crociera basati a terra con gittata
compresa tra 500 e 5500 km.
[2]ICBM missile per il trasporto a
lungo raggio di ordigni nucleari che, utilizzando
una traiettoria balistica, raggiunge altezze significative, inclusa
una parte di volo suborbitale e traiettorie
parzialmente orbitali.
[3]SLBM Missile
balistico lanciato da sottomarino, missile strategico con una o più testate
nucleari, propulsione a razzo, combustibile liquido o solido e sistema
di guida solitamente inerziale
[4]La Gran Bretagna dispone
attualmente di 215 testate
[5]La
Francia dispone di 300 bombe atomiche, la maggior parte delle quali si trovano
a bordo di sottomarini dotati di missili balistici intercontinentali M-45 e
M-51
[6]Accordo
tra le cinque potenze nucleari membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ovvero
Russia, America, Cina, Gran Bretagna e Francia, allo
scopo di fissare per iscritto una sorta di rinuncia a priori della guerra
nucleare.