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domenica 31 dicembre 2017

Indici Dicembre 2017

 QUADERNI ON LINE

SOMMARIO
ANNO LXXVII, Supplemento on line, III, n. 12
Dicembre 2017
Editoriale, Progressione geometrica verso il futuro
                              su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 19.12.2017

IL MONDO DA CUI VENIAMO: LA MEMORIA

APPROFONDIMENTI
Redazionale, Prigionia italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Gran Bretagna
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Redazionale, La guerra totale sottomarina 1917. La svolta tedesca per la vittoria
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Redazionale, Il dramma ebraico nella  seconda guerra mondiale
                              su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 9.12.2017
Redazionale, Non solo Caporetto. Le offensive tedesche in Francia nel 1918
                              su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 12.12.2017
Biasiolo Alessia, L'organizzazione della Repubblica Sociale Italiana
                                     su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 14.12.2017
Redazionale, Prigionia negli stati Uniti II
                              su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 18.12.2017
Coltrinari, Massimo, Il teatro di guerra sul fronte orientale
                              su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 19.12.2017
Biasiolo Alessia, Hilter ed i “protocolli dei Saggi di Sion”
                                     su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 22.12.2017
Coltrinari, Massimo, I primi sei mesi di guerra. Analisi I
                              su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 23.12.2017
Coltrinari, Massimo, Il fronte occidentale. Francia 1914
                              su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 23.12.2017

ARCHIVIO
Redazionale, Marinai in grigioverde. 1917-1918
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Redazionale, Caimani del Piave. Operazioni dietro le linee nemiche
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Redazionale, Affondamento del piroscafo “Re Umberto” 8 giugno 1916
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Coltrinari, Massimo, Dottrina e procedimenti di impiego
                              su www. valore militare cesvam.blogspot.com con post in data 27.12.2017


DIBATTITI
Redazionale, Il Valore Militare nel 1915. I primi sei mesi di guerra
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Redazionale,, Nota. I segni del Valore
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MUSEI,ARCHIVI,BIBLIOTECHE
Redazionale, ,Bibliografia. La Guerra di Liberazione su 5 fronti. Fronte Internamento
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IL MONDO IN CUI VIVIAMO: LA REALTA' D'OGGI

UNA FINESTRA SUL MONDO
Redazionale, Moldova. Un paese ai margini
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Redazionale, Artico: le azioni di Putin e il ritorno della Russia
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GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE
Redazionale, Geopolitica
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SCENARI,REGIONI, QUADRANTI
Cognome, Nome Autore, titolo del articolo in corsivo
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CESVAM NOTIZIE

CENTRO STUDI SUL VALORE MILITARE
Redazionale, Indici
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Redazionale, Polverigi mediateca. Mostra sulla Grande Guerra
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Redazionale, Un attestato di credibilità
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Redazionale, CESVAM – Emeroteca. Lineamenti e collaborazioni
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Redazionale, Ferrara 13 Dicembre 2017
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Redazionale, Nota. Auguri di Buone Feste
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SEGNALAZIONI LIBRARIE
Redazionale, Prigionia negli Stati Uniti
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AUTORI

 contatti
centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.blogspot.com

Numero chiuso in data 31 12 2017

sabato 30 dicembre 2017

Copertina Dicembre 2017






QUADERNI ON LINE


Collaborazione CESVAM-Associazione "Un Ricordo per la Pace"


Anno LXXVIII, Supplemento on line, X, 2017, n. 25
Dicembre 2017
www.valoremilitare.blogspot.com






venerdì 29 dicembre 2017

Editoriale Dicembre 2017

EDITORIALE

Progressione geometrica verso il futuro

Trova uso nel mese di dicembre stendere bilanci dell'anno che si va a chiudere. Un rituale accettabile e molto praticato, ma che non si attaglia alla realtà del CESVAM attuale. In questo momento si assiste allo sviluppo di fasi dei progetti avviati uno o due anni fa, che non trovano cesura temporale nel mese di Dicembre. Quindi questo editoriale non traccerà bilanci, ma continuerà nel solco dei precedenti portando l'attenzione su aspetti peculiari del momento.  Cogliere l'attimo fuggente di questo mese, e procedere.

Si attende con vera ansia il rinnovo del sito dell'Istituto, affinché possa svolgere la funzione di vetrina delle attività dell'Istituto stesso; di seguito il preannunciato coordinamento integrale tra le varie componenti editoriali, ormai necessario; ancora di seguito il maggior ricorso ai social networks per una aderente azione di informazione, ma sopratutto di disciplina delle intelligenze più aderente al potenziamento dell' azione del Presidente Nazionale, che spesso è lasciato solo nella sua azione, oppure è inascoltato da larghe fasce della organizzazione dell'Istituto a livello periferico, rendendo così l'Istituto quasi marginale se non insignificante in diversi contesti della opinione pubblica.

Tutto questo deve essere affinato ed affiatato perchè è il momento di potenziare, iniziando con il 2018 che sta arrivando,  il tentativo già in atto di affermare e si diffondere in modo geometrico il concetto che il VALORE MILITARE, inteso come fattore immateriale della Strategia, aiuta il Decisore a raggiungere gli obbiettivi scelti Quindi un fattore di attualità, un fattore che proietta l'azione dell'Istituto verso il futuro e verso il presente, in una penetrazione nell'opinione pubblica sempre più in profondità, in cui le attenzioni rivolte al passato, al ricordo delle gesta, dell'eroismo e del sacrificio sono sì importanti, ma sono una parte del tutto,  solo una componente delle attività messa in atto, semplicemente un corollario a conferma.

La Giornata del Decorato 2018, che si terrà a Roma a metà aprile avrà questo significato profondo, andando ben oltre del sempre importante aspetto rievocativo, celebrativo e commemorativo.

massimo.coltrianari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)

giovedì 28 dicembre 2017

Il fronte occidentale. Francia.


APPROFONDIMENTI 
Lo scenario geografico-ambientale


Dall'esame del territorio compreso fra il Reno ed il bacino di Parigi, territorio che costituì il teatro delle operazioni sulla fronte occidentale, si rileva che, nel 1914, i tedeschi potevano, per entrare in Francia, valersi di tre principali linee di invasione. L'andamento loro risulta evidente in quella fascia di territorio nella quale, due zone di ostacolo (i Vosgi e le Ardenne) si alternano con altre due di facile percorribilità (la regione lorenese ed il bassopiano costiero). La prima ha origine nella depressione di Belfort, lontana ed eccentrica; la seconda in quella di Zabern-Lunéville, centrale e diretta; la terza nelle due valli della Mosa e della Sambra, che trovano il loro proseguimento in quelle dell'Aisne e dell'Oise. Tutte e tre seguono l'andamento di una grande vallata: della Senna, della Marna e dell'Oise.
Per quella dell'Oise si ha la più breve comunicazione fra Berlino e Parigi, per il Nord; per quella della Marna si allaccia Parigi con la Germania centrale; per quella della Senna si mette Parigi in comunicazione con la Germania meridionale.
Se l'invasione del 1914 veniva ad esser facilitata per i tedeschi dalla struttura e dalla forma dei rilievi, che presentano difficoltà sempre minori da est verso ovest, e sono concavi verso Parigi, e dalla convergenza delle linee fluviali, le quali, una volta superata la Mosa, affluiscono tutte nel grande collettore, la Senna, doveva però nelle particolari caratteristiche della linea Oise – Sambra e Mosa trovare i più favorevoli elementi di successo, giacchè questa linea di invasione evitava tutti gli ostacoli difensivi francesi, esistenti di fronte alle altre due e sfruttava invece tutte le risorse della regione belga e della Francia settentrionale.
È noto che al congresso di Vienna la Francia perdette, nel 1815, il confine naturale del Reno. Non potendo più chiudere efficacemente la valle dell'Oise, Parigi poteva facilmente esser occupata dall'invasore che per quella via si fosse incanalato, mirando, per la pianura belga, all'alta valle della Schelda. Queste sfavorevoli condizioni divennero ancor più gravi dopo la guerra del 1870: il trattato di Francoforte, infatti, aprì ancor di più la frontiera francese dell'est, e così da Longwy alla Svizzera, per un'estensione cioè di 300 km, la Francia non ebbe una frontiera naturale su cui fosse agevole fermare l'invasore. L'esercito francese doveva perciò, per contrastare l'invasione tedesca, rinunciare alla lotta lontana per combattere nel cuore del paese: l'isola di Francia, adattandosi alla difesa manovrata come fece Napoleone nel 1814. Fu appunto per poter manovrare che venne studiato dal generale Sérè De Rivière quel sistema difensivo che da lui prese il nome e che fu detto anche delle regioni fortificate.
Il De Rivière pensò di costruire una barriera naturale fortificata, dietro il confine, barriera non continua, ma intramezzata da intervalli, attraverso i quali si sarebbe dovuto incanalare la masa tedesca frazionata, però, in più colonne. L'esercito francese riunito, avrebbe così opportunamente manovrato contro le colonne nemiche più minacciose.
La frontiera dell'Est perciò venne sbarrata da due grandi "dighe" fortificate: la Verdun – Toul, e la Epinal – Belfort, alle quali facevano seguito le regioni Langres – Besancon – Dijon, la regione La Fere – Reims e finalmente il campo trincerato di Parigi.
Fra le due regioni fortificate più avanzate rimanevano così tre intervalli o "trouées" di 30 o 35 km oltre il raggio dei forti, una tra Belfort e il confine Svizzero (porta Burgundica), una tra Epinal e Toul, (trouée della Mosella), ed una terza tra Verdun ed il confine Belga (trouée di Longwy). Dietro ad esse le altre regioni fortificate, costruite negli intervalli delle precedenti e per ultimo la piazza di Parigi quale ridotto centrale. A Nord di Longwy, lungo la frontiera N. E., la Francia, per ragioni di bilancio, si fortificò in misura più ridotta e meno efficace: il campo di Lilla, troppo eccentrico verso settentrione: di minor importanza ancora le fortezze di Maubeuge, di Hirson e di Condé sulla trouée dell'Oise. Meglio disposto il sistema di seconda linea sulla fronte Nord: la Fére – Laon – Reims. Ma il programma riguardante la frontiera nord fu trascurato anche nell'affidamento fatto sulla imponente sistemazione difensiva del Belgio ideata dal Brialmont.
Il Belgio, situato tra Francia e Germania, aveva infatti cercato di assicurare la propria neutralità con un assetto difensivo tale da permettere di trattenere l'esercito, che, invadendo, ne violasse la neuralità, per consentire alle potenze garanti di essa, e soprattutto all'Inghilterra, di potere intervenire a suo favore. E perciò, secondo le idee del generale Brialmont, fu provveduto:
- ad un ridotto, non nella capitale, ma ad Anversa, il cuore dell'organismo nazionale belga, che dal commercio e dall'industria trae la fonte principale della sua ricchezza: città che rappresenta appunto la sola porta aperta attraverso la quale si sperava giungessero gli sperati soccorsi di uomini e di vettovaglie. Essa era protetta da una formidabile cintura di forti e più ancora da un ampio sistema di inondazioni.
- più innanzi, delle teste di ponte (Termonde – Lirre – Diest)
- e più avanti ancora sulla Mosa e agli sbocchi delle Ardenne, le piazze di sbarramento di Namur, Huy, Liegi.
In complesso dunque il sistema De Rivière appoggiantesi alle fortificazioni del Belgio lasciava aperte, sul territorio francese, quattro porte all'invasione tedesca, porte che sarebbero però state sorvegliate dall'esercito francese, pronto a gettarsi, in massa, contro quella delle colonne nemiche che incanalandosi per una delle "trouées" si fosse venuto a trovare per prima in condizioni più difficili e quindi in misura di essere battuta.
Era insomma, da principio, la manovra per line interne che aveva ispirato il De Rivière, ma il concetto informatore di questo piano difensivo – controffensivo venne in seguito a mutare perchè, con l'idea di voler evitare, ad ogni costo, l'invasione del territorio francese si maturò il concetto dell'offensiva ad oltranza. Partendo all'offensiva oltre il confine, le fortificazioni poco servivano e perciò esse furono in parte abbandonate nè si volle meglio rafforzare la frontiera N. E. e ciò specialmente dopo che la scuola del De Grandmaison aveva, con tanto fervore, eccitato, la già ardita dottrina di guerra francese.
Il concetto del De Rivière fu così del tutto travisato perchè il compito controffensivo che era stato originariamente affidato al sistema che da lui prende il nome, venne perdendo le sue caratteristiche.

massimo coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)




Da:
Dizionario Minimo della Grande Guerra, 1914, Compendio, Capitolo 1, Dottrina e procedimenti di impiego., Aspetti Generali
Roma, Istituto Nastro Azzurro - CESVAM, in preparazione

mercoledì 27 dicembre 2017

Dottrina e Procedimenti di Impiego. Aspetti generali. Bozza

ARCHIVIO

Il Dizionario minimo della Grande Guerra vede, con la fine del 2017, la conclusione dei testi del Compendio ( 1914,1915,1916,1917, 1918).ed i segmento complementare, collegato ai testi, del Glossario (1914,1915,1916,1917, 1918). Ora inizia la fase di revisione, critica e affinamento dei predetti testi e quella integrativa del Glossario.. Al fine di allargare la base di queste operazioni, per una partecipazione più ampia, quale è il carattere collettivo di questa opera, si pubblicheranno via via i paragrafi più significativi dei Compendi con le relative indicazioni, al fine di avere contributi da parte di tutti coloro che vogliono partecipare a questa  iniziativa. Un ulteriore allargamento della base di partecipazione è dato dal collegamento con il blog www.coltrinaristoriamilitare.blogspot.com, in cui altri testi, od anche i medesimi, verranno pubblicati per coinvolgere studenti, cultori e studiosi fuori dalla cerchia del Nastro azzurro. (mc)

Da:
Dizionario Minimo della Grande Guerra, 1914, Compendio, Capitolo 1, Dottrina e procedimenti di impiego., Aspetti Generali
Roma, Istituto Nastro Azzurro - CESVAM, in preparazione

"Una lettura attenta della elaborazione della dottrina e dei procedimenti di impiego dei maggiori eserciti europei dalla Guerra franco-prussiana del 1870-1871, passando attraverso le esperienze della guerra Anglo-boera del 1899-1900 a quella Russo-giapponese (1904-1905) fa emergere in modo evidente il distacco tra le soluzioni adottate e la realtà della situazione operativa. Ovvero un distacco tra piani e mezzi a disposizione, che rappresenta una delle chiavi di lettura dello stallo tattico che si ebbe dal novembre 1914 al novembre 1918. I mezzi che la tecnologia, ovvero il progresso tecnologico, metteva a disposizione erano tali che impiegarli con i concetti dottrinali adottati fece si nessuno dei contendenti fosse in grado, nella Grande Guerra, cioè a prevalere sull’avversario, e quindi a raggiungere la vittoria e quindi a porre fine alla guerra stessa. Questo divario fu superato solo nell’ottobre-novembre 1918 in modo casuale ( cioè la vittoria italiana a Vittorio Veneto ottenuta per manovra e non per rottura) ma che ebbe totale conferma venti anni dopo negli stessi luoghi franco-belgi con l’offensiva tedesca del 10 maggio 1940. La concezione difensiva francese, tra le due guerra ancora sulle riflessioni della grande guerra, cioè ancora rivolta al passato, che si esplicò con la costruzione della linea Maginot, una serie di fortificazioni possenti dalla Svizzera la confine belga, monumento all’insipienza dottrinale francese, fu il fattore di successo dei tedeschi che, combinando la manovra con il fuoco, dopo aver sostituito il trinomio ostacolo-mitragliatrice-reticolato il binomio carro armato-aeroplano in funzione tattica, aggirando ed infiltrando le difese francesi in sei settimane non solo erano al mare ma anche a Parigi, con l’esercito britannico che a stento, in mutande, rientrò in patria per via del miracolo di Dunquerque, conseguendo una vittoria totale.

Tutto è legato da un sottilissimo filo, il cui colore lo può scegliere il lettore, che collega la dottrina del primo dopoguerra, gli errori e le assurdità del suo impiego nella Grande Guerra, le riflessioni su queste errori e la adozione dei procedimenti di impiego frutto di queste. Le opposizioni a queste riflessioni, considerate eretiche, elaborate nel 1940 da parte di quella componente dello Stato Maggiore tedesco ( le cosiddette “teste calde”), ed in Francia da un oscuro colonello comandante di un reggimento carri, il col. De Gaulle, con le quali, finalmente. si allineavano i criteri enunciati da Schlieffen nel suo mai attuato piano del 1906 ai procedimenti di impiego ed ai mezzi.  Il risultato fu la sconfitta della Francia, e la sua retrocessione da Potenza Globale a entità non definita ( divisione dello Stato, ribellione dei degaullsti, perdita dell’Impero coloniale francese, guerra civile all’interno) che solo attraverso sforzi indicibili riuscì a ripresentarsi sulla scena mondiale, ma solo come Potenza regionale.

Il fallimento globale francese nel 1940, e la conseguenza consegna dell’Europa alla Germania, trova la sua origine nelle dottrine e nei procedimenti di impiego della Prima Guerra Mondiale, in cui la Germania riuscì, come detto, finalmente  ad essere d’accordo tra i principi da lei enunciati e l’azione, che gli permise a conquistare tutta l’Europa (1939-1941). L’intervento in Europa di due Coalizioni di Stati, quali si possono considerare l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti d’America, riuscirono a sconfiggere la Germania, (1942-1945) attraverso la testa di ponte rappresentata dalla Gran Bretagna. E’ a tutti noto che la Gran Bretagna, come la Francia nel primo dopoguerra, perse nel secondo dopoguerra il suo ruolo di Potenza Globale, e divenne, al pari della Francia, una potenza regionale. Per queste due sconfitte il Mondo non fu più eurocentrico, ma fino alla fine del secolo scorso, fu bipolare (Stati Uniti ed Unione Sovietica) ed ora, scomparsa la Unione Sovietica ed in evidente declino inarrestabile statunitense (di cui l’attuale amministrazione trumpiana (2016-2020) è la punta di lancia), anche sia  se siamo solo all’inizio, sinocentrico.

Lo studio quindi delle dottrine e dei procedimenti di impiego che si elaborarono e poi si attuarono nella Grande guerra rappresenta una chiave di lettura efficace per comprendere, sia il declino dell’Europa, sia quello degli Stati Uniti, sia le nuove dominanze mondiali che questo secolo propone.

Massimo Coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)

Le osservazioni, commenti e note saranno accettate fino al 10 gennaio 2018, data dopo la quale il Compendio 1914 sarà predisposto in prebozza1.

domenica 24 dicembre 2017

Nota

AVVISO CESVAM

In occasione delle festività natalizie "Quaderni On Line" riprenderà le pubblicazioni il prossimo 27 dicembre 2017


A tutti i lettori


Quaderni On Line
augura
un felice e sereno Natale

sabato 23 dicembre 2017

1914. I primi sei mesi di guerra. Analisi I

APPROFONDIMENTI

I Rapporti di Forza


di Massimo Coltrinari

I risultati dei primi sei mesi di guerra in un esame attento porta alla conclusione che, dopo alternanze di successi e rovesci, non si ottenne né sulla fronte occidentale né su quella orientale ne sul fronte balcanico la decisone trasformando questi fronti, che dovevano essere decisivi, soprattutto q. uello occidentale, in fronti difensivi statici. Dalla guerra di movimento, si passò in modo generalizzato, con l’inizio di costose esperienze tendendi alla rottura del fronte, ad operazioni che si richiamano nella sostanza ai sistemi della guerra di assedio.
La campagna del 1914, per l’Intesa, rileva una debolezza sconcertante. La mancanza di unità di comando, ovvero la non creazione di un Comando Unico che impieghi tutte le forze operanti. Joffre, invece, si trovò parecchie volte  a ricorrere all’intervento del suo Governo per ottenere dai Comandi alleati la attuazione delle sue direttive. Una via quanto mai contorta ed inefficace che portò all’indebolimento della autorità del Comandante, che deve essere, in ogni momento, indiscussa ed indiscutibile.

Considerando il rapporto di forze all’inizio delle ostilità si rileva che gli Imperi Centrali disponevano nel mese di agosto 1914 di circa 150 divisioni, mentre l’Intesa potè mettere in campo circa 170 Divisioni. Il rapporto, quindi, 150/170, favorevole all’Intesa (rapporto 1,3 -1), ma è un vantaggio effimero in quanto le forze dell’Intesa obbediscono a vari governi, combattono su fronti diversi, ed non hanno unicità di Comando, come detto; di contro le forze austro-germaniche hanno il vantaggio della posizione centrale e l’unicità di comando. Questi vantaggi, però, non furono adeguatamente sfruttati dalla Germania, se si esamina la distribuzione iniziale delle forze sui vari teatri di operazioni.
Sul fronte francese il rapporto di forze era: 80 Divisioni tedesche contro 70 divisioni francesi (rapporto 1,14 -1).
Sul fronte russo il rapporto di forze era: 58 Divisioni austro-tedesche contro 60 divisioni russe (rapporto 0,97 -1).
Sul fronte serbo il rapporto di forze era: 11 Divisioni austriache contro 15 divisioni serbe (rapporto 0,79 -1)

Questi dati indicano che lo schieramento delle forze autro-germaniche non fu nell’agosto 1914 effettuato sulla base del piano predisposto per l’attacco. Sul fronte francese, infatti, ove la Germania cercava la decisione rapida della guerra, la proporzione delle forze fu quasi analoga a quella esistente fra Russia Austria e Germania su uno scacchiere che era valutato secondario ai fini ultimi della vittoria strategica. Le divisioni schierate dalla Germania sul fronte occidentale erano, perciò, poche, insufficienti per ottenere un risultato concreto contro le 75 divisioni francesi, anche nella supposizione di un contegno passivo dell’Esercito belga e di un tardo intervento dell’Esercito britannico.

Di contro le 58 divisioni schierate sul fronte orientale erano troppe per guadagnare solo del tempo. E’ facile concludere che se la guerra doveva essere vinta ad agosto 1914 in Francia, sulla base dei dati sopra esposti, le sorti dell’Austria-Ungheria e della Prussia Orientale dovevano essere decise sulla Senna, e non sul Bug o sulla Vistola.

massimo coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)

venerdì 22 dicembre 2017

Hitler e “I Protocolli dei Savi di Sion”




di Alessia Biasiolo






Hitler e il gerarca nazista Goebbels nutrivano una forte ammirazione per il libro “I Protocolli dei Savi di Sion” tradotto in tedesco da Gottfried zur Beek nel 1919, così come per la raccolta di pamphlet “L’ebreo internazionale”, finanziata da Henry Ford e pubblicata tra il 1920 e il 1922, che sviluppava la tesi de “I Protocolli”. Il volume “I Protocolli dei Savi di Sion” aveva già tirato trenta edizioni quando, nel 1933, Hitler divenne cancelliere.
I “Protokoly Sionskich Mudretsov uscirono per la prima volta nel 1903 in Russia, ma già nel 1921, grazie ad articoli pubblicati sul “Times”, fu evidente che si trattasse di un falso storico, rielaborazione di satire politiche, romanzi, articoli che non sempre avevano come argomento o protagonisti gli ebrei. In modo particolare ci si rifaceva all’opera di Maurice Joly che, per attaccare la politica di Napoleone III nella Francia della seconda metà dell’Ottocento, scrisse un “Dialogo agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu”, a sua volta ispirata ad un romanzo inglese di Eugène Sue intitolato “I misteri del popolo”. In quest’ultimo libro alla gogna veniva messa un’altra categoria di persone, spesso odiate o argomento di maldicenze, i gesuiti. Nulla, quindi, a che fare con gli ebrei, ma molto bene si prestava l’argomentazione per applicarla alla razza odiata nel Vecchio Continente a ondate più o meno frequenti. Di cospirazioni narrava anche Alexandre Dumas padre che, nell’opera “Giuseppe Balsamo”, fa organizzare da Cagliostro e i suoi uomini una cospirazione. Serpeggiava, quindi, l’idea di qualcuno o qualcosa (o entrambi) che cospirava o aveva intenzione di cospirare in Europa, per minare la solidità dell’impianto positivista e del benessere, diffondendo zizzania, malattie, problemi e morte. Contro l’Occidente cristiano manovrava un’entità segreta che poteva, nell’immaginario di ciascuno, essere diversa a seconda degli interessi, anche se la maggior parte dei lettori pensava agli ebrei come a chi poteva mettere in atto diavolerie simili. Sarà, infatti il “Libro del Kahal” a diffondere l’idea del complotto ebraico ordito per giungere a dominare il mondo; oppure la trilogia uscita a puntate su “Il Messaggero Russo” tra il 1881 e il 1890 dal titolo “L’ebreo sta avanzando”.
La struttura de “I Protocolli” si basa sui discorsi degli Anziani che spiegano come comportarsi per convincere i non ebrei, o goyim, della loro bontà mentre tramano per conquistare il mondo. Un argomento che si leggerà anche in testi nazisti, come quelli scritti per i bambini, espressamente per l’educazione scolastica a diventare “bravi nazisti” di cui il più famoso è “Der Giftpilz” o “Il fungo velenoso”, pubblicato nel 1938 in Germania da Der Stuermer-Verlag, dell’autore Philipp Rupprecht. Nel testo si leggono molti aneddoti o esempi che richiamano toni de “I Protocolli”, soprattutto relativi all’aspetto innocuo degli ebrei, se non addirittura simpatico e “normale”, ma in realtà erano avidi di denaro, sporchi e puzzolenti, con il naso adunco. La mania delle “narici troppo ebraiche” aveva portato Hitler a farsi crescere i baffi, per cercare di nasconderle o mascherarle.
L’aspetto fisico per i tedeschi nazisti, infatti, era fondamentale, dal momento che inneggiavano alla pura razza ariana, contaminata da altre razze, soprattutto quella ebraica che, secondo Hitler, aveva tramato proprio per avvelenare la razza tedesca, superiore e dominatrice. Era necessario pertanto prima di tutto eliminare gli ebrei dai territori tedeschi e poi ripulire il popolo tedesco, eliminando tutti coloro che non dimostravano di essere adatti ad appartenervi. Un altro argomento particolarmente pregnante, soprattutto nella Germania ripiombata nella crisi dopo il crollo della Borsa di New York del 1929, era economico: gli ebrei si insinuavano nella società europea, tedesca in particolar modo, attraverso la pratica dell’usura, nella quale erano maestri.
L’opera di propaganda antiebraica era stata ripresa in Russia dopo la rivoluzione dalla fazione bianca; la guerra civile che seguì il movimento rivoluzionario di febbraio e ottobre, infatti, si divise in armate rosse, bolsceviche, e armate bianche, formate dai menscevichi e dai bolscevichi moderati, che non vedevano di buon occhio la rivoluzione “tutto e subito”. Pertanto si riacutizzò l’ondata antiebraica e anche antisemita, nell’idea che la fazione ebraica avesse sobillato a favore della tragedia che si era impadronita dell’Europa in quella porzione di secolo, e in Russia in particolar modo riuscendovi. Se dapprima si vedeva il nemico ovunque, quasi lo spettro del male dovesse per forza lasciare l’amaro in bocca in un’epoca di splendore e di positività come quella che ricordiamo con il termine Belle Epoque, adesso il nemico era arrivato ad ottenere i propri scopi. E si nascondeva dietro le sembianze ebraiche e la massoneria, accusata a più riprese anche nel passato di essere anticristiana.
Come abbiamo scritto, non c’è niente di meglio che cercare la verità dove la si vuole trovare: tolse ogni dubbio sulla veridicità della cospirazione ebraica russa e massonica, e quindi su “I Protocolli”, l’imprigionamento da parte dei bolscevichi del traduttore della versione inglese del libro. L’uomo, Victor Marsden, venne imprigionato nella fortezza di San Pietro e Paolo in quanto corrispondente del “Morning Post”. Una volta rilasciato e tornato in Gran Bretagna, Marsden cominciò la traduzione della versione di Sergei Nilus, prete mistico che era diventato famoso non solo per la pubblicazione de “I Protocolli” alla fine della terza edizione di un suo libro, ma per averne modificato il testo non appena gli venne fatto notare che conteneva dei dati dubbi o impossibili. Nilus aveva identificato la Francia come la culla del complotto massonico e anche questo ebbe buona parte nel successo della diffusione del testo, dal momento che era vero che Francia e Gran Bretagna erano state e rimanevano alleate, ma gli inglesi soprattutto si prodigavano per contenere le mire economico-espansionistiche francesi. Il successo fu assoluto: in un anno vennero tirate su suolo britannico cinque edizioni del libro; lo stesso anno dell’edizione finanziata negli Stati Uniti da Ford. L’idea comune, anche in Henry Ford, era che il testo contenesse la predizione di ciò che stava realmente accadendo; ed era stato scritto oltre un decennio prima.
Tornando ad Hitler, cita “I Protocolli” nel suo “Mein Kampf”, mentre nella Germania nazista il libro divenne una lettura scolastica obbligatoria.
Lo stesso Alfred Rosenberg, importante ideologo del Partito nazista, aveva curato un’edizione del libro, nel 1923. “I Protocolli”, infatti, erano in grado di spiegare nel dettaglio il motivo di ogni problema tedesco, l’origine di ogni afflizione che era capitata alla nazione durante e dopo la prima guerra mondiale, fino alla catastrofica crisi del ’29. Sembrava che ogni aspetto della vita fosse trattato ne “I Protocolli”, dalla sconfitta bellica all’inflazione alla congiura ebraica che, finalmente, stava trovando riscontro nei fatti.
Alla fine, tanto fu il successo e il clamore de “I Protocolli”, che il nazista svizzero Zander, nel 1934, venne citato in giudizio a Berna a causa degli articoli che aveva pubblicato utilizzando “I Protocolli” come veri. Arrivati alla causa grazie a Dreyfus-Brodsky, Cohen e Ehrenpreis, citanti, nel 1935 la corte dichiarò definitivamente “I Protocolli dei Savi di Sion” falsi, osceni e plagio di altre opere, addirittura nocivi e ipotizzandoli tali anche per il futuro.
Al processo testimoniò anche Burcev, scopritore di agenti provocatori dell’Ochrana, la polizia segreta zarista, che nel 1938 pubblicherà un volume dal titolo “I Protocolli dei Savi di Sion: un falso provato”. Molti Paesi condannarono delle persone perché diffondevano “I Protocolli” pur sapendo che erano falsi e che era vietato.
Ancora oggi “I Protocolli” fanno discutere perché, se molti Paesi evitano di diffonderli, in molti altri vengono citati e trattati come veri.
Perché gli ebrei avrebbero dovuto impegnarsi in un’azione così folle e crudele? Qualcuno ha affermato che il progetto di dominare il mondo da parte degli ebrei, avesse origini antiche, dall’Antico Testamento al Talmud e che, con “I Protocolli” avessero raggiunto il modo di vendicarsi di tutte lo oppressioni subite in particolar modo per mano dei cristiani. La massoneria aveva il compito, alleata con gli ebrei, di controllare la massa incolta attraverso le proprie logge.
“I Protocolli”, quindi, non erano altro che i verbali degli incontri segreti che i Savi di Sion, gli ebrei più potenti, avevano organizzato a Basilea. Gli incontri avevano coinciso con il primo Congresso Sionista mondiale, promosso da Theodor Herzl che voleva diffondere tra gli ebrei l’idea di avere un Paese proprio, una nazione che li riunisse in Palestina. Al Congresso avevano partecipato molti esponenti non ebrei di molti Paesi del mondo e la storia suonava stonata già allora. La stesura del testo la si deve a Matvey Golovinsky, appunto un agente dell’Ochrana, che doveva cercare di aumentare nel popolo russo la convinzione che gli ebrei fossero, d’accordo con i massoni, personaggi di sinistra che volevano cospirare contro la Russia e le altre parti del mondo. In questo modo, il processo di democratizzazione in Russia sarebbe stato ulteriormente allontanato. Proprio nel 1905, ad esempio, lo zar cercò di mandare la propria gente in guerra per accontentarla nell’idea di avere terre e soldi, senza però cambiare nulla dell’organizzazione dell’immenso e arretrato territorio russo. Scoppiata la rivoluzione nel 1917, i fatti sembravano dare ragione ai falsi Protocolli, soprattutto perché lo stesso Trotsky, capo della fazione che poi si rivelerà contraria a quella di Lenin, era ebreo. E quindi tutto sembrava deporre a favore della veridicità delle predizioni, diffuse in Europa da coloro che fuggivano, per vario motivo, dalla Russia sconvolta dalla guerra civile. Forse perché gli esseri umani amano molto gli oroscopi e cercare di conoscere il futuro prima che questo si avveri: per alcuni, quindi, “I Protocolli” erano moderne Cassandre o King cinesi, anche se purtroppo con conseguenze non atte a migliorare la vita, bensì a provocare la morte di milioni di persone innocenti.

Comm. Alessia Biasiolo,
Federazione Provinciale di Brescia

Bibliografia essenziale
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Philipp Rupprecht: “Il fungo velenoso”, in Ceritto, Messineo: “Libriamoci”, Le Monnier


giovedì 21 dicembre 2017

Bibliografia. Temi di ricerca

Si riporta una prima bibliografia inerente il tema di ricerca

LA GUERRA DI LIBERAZIONE:UNA GUERRA SU CINQUE FRONTI

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