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venerdì 29 settembre 2017

Copertina Settembre 2017





QUADERNI ON LINE



Fronte Dolomitico. Dal Lagazuoi alle Tofane 




                                           

Anno LXXVIII, Supplemento on line, VII, 2017, n. 222
Luglio Agosto Settembre 2017
www.valoremilitare.blogspot.com


giovedì 28 settembre 2017

Editoriale. Settembre 2017

Il 25 settembre 2014 veniva costituito il CESVAM. Sono passati tre anni è qualche passo è stato fatto. Rlleggere gli Indici di Quaderni On Line da una idea del ritmo delle realizzazioni che il Centro ha realizzato.

Se uno sguardo al passato confrota, uno sguardo al futuro rende sereni e tranquilli in quanto le strutture del CESVAM in modo compassato si solidificano. Questo mese di settembre è stato dedicato a questa funzione, con la decisione di non pubblicare post per i primi 20 giorni del mese. E' stato constatato che l'accesso alla piattaforma informatica per tutto l'Istituto è ormai obsoleto e quindi va rinnovato. E quindi ci si è messi al lavoro per aggiornare questo aspetto.

Ma l'attenzione massima e tutte le energie sono state dedicate alla realizzazione dei Progetti concordati con il Ministero della Difesa, in particolare, il IL DIZIONARIO MINIMO DELLA GRANDE GUERRA   e il  DIZIONARIO MINIMO DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE. Uno sforzo editoriale di tutto rispetto che si finalizzerà, almeno il primo nella giornata del Decorato del 2018 ed il secondo nell'autunno del prossimo anno, in occasione della data anniversaria della crisi armistiziale.

in questo quadro giova ricordare che proprio da oggi inizia lo STAGE del Dr. Alessio Pecce presso il CESVAM per la realizzazione di finalizzazione editng ed informatica di questi progetti, della durata di sei mesi, secondo quanto organizzato e stabilito per i giovani dalla Regione Lazio. Questo comporta che il CESVAM sarà operativo tutti i giorni dalle 13,30 alle 16,30, erò su appuntamento o invito, dal Lunedi al Giovedi, presso la Sede Nazionale  dell'Istituto a Roma.

Il prossimo mese ci sarà il Congresso Nazionale. Quaderni On Line seguirà questo momento fondamentale dell'Istituto con tutto il rispetto e passione che esso merita.

Il Direttore
Massimo Coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
per contatti generali: segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org.


mercoledì 27 settembre 2017

Progetti Difesa 2017

DIBATTITI

Con il mese di settembre è terminata la stesura del Dizionario Minimo della  Grane Guerra. Dal 1 ottobre inizia la fase di revisione e di editing per la pubblicazione die volumi. Il Dr. Alessio Pecce,  titolare di uno stage dal 1 ottobre 2017 per sei mesi presso il CESVAM sarà il curatore materiale di questa edizione.

martedì 26 settembre 2017

Mario Sironi, una ricerca in itinere

DIBATTITI

Dal mese di giugno è in corso una ricerca su Mario Sironi tendente a conoscere la sua vita militare durante la Grande Guerra; in particolare il genere di decorazioni di cui è stato insignito.
Mario Sironi nasce a Sassari nel 1885, quindi ha 30 anni quando scoppia la Grande Guerra. Si arruola volontario nel Battaglione Volontari Ciclisti ed Automobilisti di Milano e con questo battaglione parte per il Fronte. Insieme a lui vi sono la gran parte dei Futuristi, tra cui Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Anselmo Bucci, Carlo Erba, Carlo Piatti, Luigi Russolo, ed altri. Poi passa agli Alpini e nel 1918 è nella redazione del giornale di Trincea, Il Montello

SIRONI risulta avere il numero di Matricola 95661, serie del ruolo 18, Stato di Servizio.
 Brevetto n. 5622 per la concessione della croce al merito di guerra.

 In modo urgente necessita conoscere la motivazione della croce di guerra al valor militare che, sembra, sia sta concessa il 1 dicembre 1918.

Il CESVAM prenderà contatto con la Federazione Provinciale di Sarri per conoscere se esiste una pubblicazione dei Decorati della Provincia di Se se sì, se esiste la descrizione della motivazione.

Indirizzare le risposte a:
segreteriagenerale@istitutonastro azzurro.org
oppure a centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.com

Il Direttore, Massimo Coltrinari

sabato 23 settembre 2017

Il Servizio Informazioni Austriaco e i sabotaggi in Italia 1915-1917

AVVISO

Riportiamo la III Parte della conferenza del Direttore del CESVAM teta il 21 settembre scorso alla Associazione bersaglieri di Roma

Il nostro Servizio Informazioni subì l’iniziativa di quello Austriaco per i primi due anni di guerra, fino al febbraio 1917.

Il Servizio Informativo dell’Austria-Ungheria nel 1915 era estremamente collaudato, e vantava una tradizione di efficienza di oltre un secolo, essendo stato creato nel 1815. A capo di esso vi era il generale Max Ronge, capo dell’Evidenzbureau, che nelle sue memorie[1] scrive che alle spalle del Regio Esercito si occupavano di sabotaggio ai nostri danni 250 persone dalla Carinzia, 248 dalla Carniola (Slovenia) e 75 dalle zone costiere, tanto per dare un dato[2]
Oltre al sabotaggio, era attiva la raccolta di notizie che affluivano allo Stato Maggiore Austriaco. Sono ancora vive in Austria le polemiche sulla sconfitta di Gorizia, per noi la 6a Battaglia dell’Isonzo. Polemiche generate dal fatto che la sconfitta fu imputata alle carenze del Servizio Informazioni; oltre ad accuse di tradimento di alcuni ufficiali in questo contesto si sottolineava che tutte le altre offensive del Regio Esercito, le note battaglie dell’Isonzo, tutte, tranne la sesta, erano state puntualmente annunciate nei dettagli al Comando Supremo austriaco. Nella 6a Battaglia che ci portò a Gorizia, il Comando Supremo austriaco non ebbe notizie certe e sicure; da qui l’accusa di tradimento.
Così come fu comunicato il minuto esatto dello scoppio della mina al Col di Lana al Comando del fronte sud-ovest, anche se questo Comando non utilizzò nel modo dovuto la notizia, segno evidente che nelle nostre linee operavano agenti austriaci in grado di conoscere i piani operativi e quindi comunicarli.
 
Chi operò contro di noi in modo efficace fu il capitano di corvetta Rudolf Mayer, che collaborava con l’addetto militare in Svizzera, colonnello William von Einem: per quest’ultimo l’obiettivo principale era Milano, per Mayer organizzare sabotaggi in tutta Italia. Durante il periodo di neutralità, dal luglio 1914 al maggio 1915 gli Austriaci crearono una rete informativa di tutto rispetto in Italia.

“Furono esplorate le possibilità di appoggiare gli oppositori, come cattolici e socialisti per aumentare le tensioni che si sapevano esiste nel paese. Le venti sezioni socialiste tra italiani che lavoravano in Svizzera costituirono un primo obiettivo con l’influenza sul foglio “L’avvenire del lavoratore”, mentre tre agenti avevano provveduto a recapitare volantini di propaganda contro la guerra in Italia. Questo traffico di volantini aumentò nell’inverno 1917/1918 al punto che von Einem fu in grado di vantarsi che qualche ordinanza dell’Esercito Italiano aveva recapitato in Italia materiale di propaganda contro la guerra.[3] Più interessante l’azione sulle donne socialiste, avvenute grazie ad interposta persona (chiamato “ingegner Rasini)” nei confronti nientemeno che di Angelica Balabanoff, nota per essere stata l’amante di Mussolini[4] e che vantava una forte influenza sui socialisti italiani. Nella seconda metà del 1917 arrivarono agli austriaci notizie che davano per imminente la possibilità di una rivoluzione in Italia, favorita dalle diserzioni che le offensive isontine causavano tra i soldati, al punto che molti soldati avrebbero vagato  armati sui monti, embrione di una “armata repubblicana. Von Einem aveva speso 10.000 franchi svizzeri per la Balabanoff ed altri 25.000 per due agenti per aumentare la propaganda contro la guerra, quando il Comando Supremo di Baden gli proibì la prosecuzione dell’operazione.[5]

L’azione austriaca in Italia è ancora tutta da scoprire. Vi sono nomi in codice come “Florenz” e “Nero”, che per gli austriaci erano di primaria importanza che a tutt’oggi non sono state scoperti, certamente di italiani. L’elenco delle azioni di sabotaggio e nutrito e qui si riporta solo i dati principali per dare una idea di come l’azione austriaca, ben preparata, abbia dato frutti copiosi.

Il centro di Berna, e il dipendente centro di Zurigo, aveva preparato un piano per far saltare le latrine di Montecitorio, il nostro Parlamento, in concomitanza  di manifestazioni pacifiste e creare destabilizzazione. Il reclutamento costante di cittadini italiani che si mettevano al servizio austriaco fu una attività costante, come l’organizzazione di corsi di sabotaggio, la preparazione di apparati ed ordigni utilizzando la più recente tecnologia (famose le bacchette esplosive innestate dalla pressione idraulica utilissime per mettere fuori uso le turbine di impianti elettrici), l’infiltrazione sicura in Italia, generalmente a coppie, la intossicazione generalizzata antitaliana tendente a creare le premesse di una rivoluzione generale.
L’elenco dei successi è notevole e rappresenta lo scotto che abbiamo pagato dal 1915 al 1917 per non aver organizzato un Servizio Informazioni tale da contrastare quello avversario.

Fin dal tempo della neutralità numerosi cartelli che pubblicizzavano una marca di cetrioli (forniti da una ditta americana) scritti in lingua tedesca e con segnali misteriosi abbondano lungo le nostre strade ferrate. I cartelli sono posizionati lungo la linee ferroviaria  Bologna-Ancona-Foggia;  caso strano i cartelli sono posizionati vicino a centri abitati o a obiettivi sensibili come ponti, opere di difesa, crocevia, fiumi e torrenti, fatti a posta per fornire punti di riferimento per bombardamenti o di sbarchi. Vi furono parecchie segnalazioni e proteste da parte della popolazione ed anche una interrogazione alla Camera, dell’on. Pacetti, ma nulla di più.[6]

Il contrabbando è all’ordine del giorno durante la neutralità Merci strategiche vengono inviate in Austria, senza che nessuno intervenga. Tutto questo serve da un versante, per collaudare il sistema informativo messo in campo, dall’altro per comprendere che l’Italia era completamente sprovvista, come più volte detto, di un reale servizio di controspionaggio.

Le Marche sono uno degli obiettivi primari dell’offensiva austriaca. Vedremo più avanti che il Servizio Informazioni austriaco aveva preparato un piano generale di sabotaggio per provocare la rivolta e la rivoluzione sul modello russo. Questo piano è anticipato il primo giorno di guerra. Il 24 maggio 1915 la flotta austriaca si presenta davanti alle coste romagnole e marchigiane, e bombarda, tra le altre città[7], Senigallia e soprattutto Ancona, città dichiarata “indifesa” e  priva di oscuramento. Il bombardamento dura tre ore e mezzo, ma tra la popolazione si diffonde subito il convincimento che in città spie e traditori hanno segnalato agli austriaci gli obiettivi sensibili da colpire. Testimoni asseriscono di aver visto segnalazioni da terra verso il mare, anche se non si riescono a controllare queste notizie. Ne fanno le spese i membri ell’equipaggio tedesco del piroscafo “Lemnos”, tra l’altro colpito ed affondato in porto. Vari membri dell’equipaggio vengono malmenati dalla folla, ed a stento i Carabinieri riescono a tradurli in caserma. Vengono tutti arrestati  e processati dal Tribunale di Guerra di Venezia con l’accusa di spionaggio militare. Evitano la pena di morte, e sono condannati solo il comandante Ernest Liebsiher  ed il capo macchinista a dieci anni di carcere.
L’attacco alle coste marchigiane e romagnole non innesca la rivoluzione, come ci si riprometteva. Il sistema austriaco di intossicazione non fu così efficiente in relazione all’obiettivo, anche per la ferma reazione della popolazione e soprattutto per l’azione a favore interventista ed alla guerra di coloro (repubblicani, socialisti interventisti, ed altri) che si pensava pronti a fare la rivoluzione contro la Monarchia ed il Governo.[8]

Ma con lo scoppio delle ostilità, si passa al sabotaggio reale, che procura danni materiali e vittime.
A Genova un vastissimo incendio distrugge una intera calata del porto; non si sapranno mai le cause. A Livorno il piroscafo “Etruria” salta in aria, ed anche qui non si scopriranno mai le cause. A Terni, sede delle acciaierie che producono armamenti, subisce gravi danni la centrale idroelettrica (facile qui collegare la causa all’uso delle sopradette bacchette esplosive). Il 3 luglio 1916  al Pontile Pirelli di la Spezia, un carro ferroviario carico di proiettili navali in partenza dalla fabbrica di munizioni di Pagliari esplode improvvisamente: vi sono 265 Caduti, tra militari e civili. Nelle operazioni di soccorso si distingue il capitano di Corvetta Lorenzo Gandolfo, accorso per isolare il carro esploso dagli altri carri carichi di esplosivi e razzi. Un ulteriore scoppio di un carro isolato causa la morte dell’Ufficiale, che verrà decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il dinamitificio di Cengio salta in aria, ed anche qui non si riesce ad avere una spiegazione.

Le Marche sono  ancora oggetto di attenzione degli Austriaci: a Jesi un hangar dell’Aeroporto per dirigibili salta in aria: anche qui non si riesce a conoscerne la causa, ma appare ormai evidente che è frutto dell’azione di sabotatori che non verranno mai scoperti.

Giuseppe Lanese si è venduto agli austriaci per denaro. Viene incaricato di far saltare il bacino idroelettrico che alimenta le acciaierie di Terni, già oggetto di sabotaggio; questa volta, però, si opera in grande stile. Lanese parte da Vienna con una valigia a doppio fondo, contenente tubetti esplosivi; nostri agenti, coordinati dal Capitano di Vascello, marchigiano, Marino Laureati, alla frontiera sostituiscono la valigia che contiene, pero, tubetti uguali ma innocui. Arrivato a Terni Lanese fa una passeggiata lungo il fiume Nera; getta nel fiume i tubetti; secondo il piano la corrente dovrebbe fare il resto. Immediatamente arrestato, viene condannato a morte dal Tribunale di Ancona. Nel corso degli interrogatori, emerge che Lanese è responsabile del sabotaggio al dinamitificio di Cengio, ma soprattutto fornisce indicazioni della organizzazione di Mayer in Italia ed i suoi scopi.

Rudolf Mayer da Zurigo riesce a coordinare i suoi agenti anche in Vaticano. Amici dell’ex. Regina Maria Sofia (sorella di Elisabetta Imperatrice d’Austria nota con il nome di Sissi)  fanno a capo  Rudolph Gerlach, bavarese, cameriere segreto di Papa Benedetto XV. Saranno questi agenti ad ottenere altri due grandi successi: l’affondamento in porto delle corazzate “Benetto Brin”[9] e  la “Leonardo da Vinci”[10]

Ma, oltre alle corazzate, sulla base delle indicazioni del Lanese, il pericolo più grave è il piano terroristico che si sta organizzando in tutta Italia per provocare la rivolta e creare una situazione come quella Russa, mentre in Svizzera si prepara una forza militare composta da disertori italiani, pronta a passare in Italia.

Occorre correre subito ai ripari per frenare questa minaccia. Lanese organizza una squadra da inviare in Svizzera con il compito di scassinare la cassaforte di Rudolf Mayer ( si saprà poi che lo stesso Mayer era informato di questa probabile azione italiana ed aveva assicurato i suoi superiori che tutte le precauzioni erano state prese) e impossessarsi di tutti i documenti. L’operazione viene affidata al tenente di vascello Pompeo Aloisi, in servizio al IV Reparto Ufficio “I”, che si avvale di due volontari di guerra il tenente Ugo Cappelletti, ed il tenente Salvatore Brunnes, entrambi ingegneri, il sottufficiale della marina Stenos Tanzini, il profugo triestino Remigio Frazioni e lo scassinatore di professione Natale Papini, prelevato direttamente dalle carceri di Livorno. A quest’ultimo viene affidato il compito di aprire la cassaforte. L’informatore è l’avv. Livio Bini, agente doppio, ex socialista, in Svizzera per sfuggire ad una condanna per bancarotta fraudolenta.

La squadra passa all’azione il giorno di carnevale, il 22 febbraio 1917, un giovedì grasso per sfruttare la confusione. In quattro ore di lavoro notturno la cassaforte viene aperta. E’ il famoso “colpo di Zurigo”. Il bottino è veramente interessante.
I documenti chiariscono l’origine di numerosi attentati di sabotaggio in Italia, tra cui quello alla “Leonardo da Vinci”; vi sono i piani di sabotaggio di altre due corazzate, La “Giulio Cesare” e la “Conte di Cavour”. Dovevano saltare in aria il 5 marzo ed il 12 marzo 1917. Si scoprono i sabotatori della “Benedetto Brin”: caporale Giorgio Carpi, del 25° Cavallegeri “Mantova”, il marò Achille Moschini, ed il sottocapo Guglielmo Bartolini. Tutti condannati a morte, ma la condanna non sarà eseguita, e liberati nel 1942 “ nel nuovo clima di amicizia con la Germania”

Smascherato anche il gruppo di spie austriache in vaticano. Mons. Gerlach. Viene condannato a morte in contumacia ( mentre era riuscito a raggiunger la Germania e l’Austria e fatto oggetti di grande attenzioni e consegna di numerose onorificenze e decorazioni) ma che attirano sul Vaticano pesanti critiche da parte francese ed italiana tanto che in Francia Benedetto XV è chiamato comunemente “Il Papa Boche”, termine dispregiativo con cui i francesi chiamavano i tedeschi, ed in Italia “Maledetto XV”.

Vengono arrestati  anche tre ex onorevoli parlamentari italiani, accusati di essere al soldo austriaco: gli ex deputati Adolfo Brunicardi, Enrico Buonanno e Luigi Dini.

Il “Colpo di Zurigo” ottenne il risultato sperato era finita la stagione dei sabotaggi in Italia. L’azione italiana aveva annullato il gap esistente dall’inizio della guerra nella guerra “dietro le quinte” tra austriaci ed italiani; questi subirono le iniziative nemiche nel 1915 e nel 1916, ma dopo il febbraio 1917 le cose si equilibrarono e verso la seconda metà del 1917 gli austriaci iniziarono a subire le iniziative degli italiani.

Peraltro il “ colpo di Zurigo” lascia aperti ancor oggi molti interrogativi a, come la sparizione di numerosi documenti provenienti dalla cassaforte di Mayer stanno a testimoniare, che evidentemente avrebbero compromesso personalità, uomini e situazioni che avrebbero destabilizzato in modo serio il paese, agevolando in modo indiretto il grande obbiettivo austriaco: far scoppiare la rivoluzione in Italia, come già si era tentato il primo giorno di guerra con il bombardamento delle coste marchigiane e romagnole.

“Il mancato scoppio della rivoluzione in Italiana sull’esempio russo deluse non poco gli austriaci, i quali, però, ripresero a finanziare nel gennaio 1918  l’attività che tendeva  a favorire lo scoppio della rivoluzione in Italia come ultima chance per la Monarchia, e a gruppi interni del partito socialista che si facevano promotori vennero dati 2000 franchi svizzeri al mese. Questo è confortato da un rapporto dei Carabinieri  dei primi del 1918  che ho potuto consultare, secondo il quale il partito socialista manteneva due posizioni, una ufficiale  del “né aderire né sabotare” l’altra di gruppi interni  che si proponevano invece l’attiva propaganda contro la guerra per il tramite di “legioni rosse”, un dato di fatto che è ben poco noto. Secondo le fonti austro-ungariche venne finanziato un gruppo anarchico milanese di questo tipo che però aveva il bene placido dei vertici del partito.
Questa influenza sul morale dell’esercito operante fu sicuramente deleteria e spiega perché Cadorna scrivesse lettere al Presidente del Consiglio per sollecitare provvedimenti contro le attività di propaganda. Il problema però non era riconducibile solo a questa attività, ma anche e soprattutto alla incapacità del Comando supremo di capire come ottenere il consenso dei soldati; peraltro la sua interpretazione dei rapporti sullo stato morale delle truppe non vedeva questi aspetti.”[11]



[1] Ronge M., Spionaggio, Roma, Agenzia Informazione e Sicurezza Interna, 2017, ed. allegata a “Gnosis” Rivista Italiana di Intelligence, 2/2017 a cura di Vincenzo Prezzolet.
[2] Boati G., Le spie imperfette. I Servizi Segreti Italiani da Custoza a Beirut, Milano, Rizzoli, 1987, pag. 189.
[3] Schubert P., Die Tatigkeit des k.u.k. Militar attachès in Bern wahrend des Ersten Weltkrieges, Osnabrick, Biblio, 1980.
[4]  Angelica Balabanoff nasce a Cernicav, Kiev nel 1869 è diviene italiana di adozione. Esponente di spicco del partito Socialista viene esiliata in Svizzera per la sua attività politica; qui collabora con “L’Avvenire del Lavoratore”; si trasferisce in Svezia, nel 1914/1918, poi si trasferisce in Russia ove collabora con Lenin e Trotzkji e nel 1918/1919 diviene segretaria della III Internazionale. Ingaggiò aspre polemiche contro i socialisti-riformisti, soprattutto nell’ambito dell’organizzazione femminile e della lotta di emancipazione delle donne. Fu attiva nella propaganda pacifista, continuando la lotta per la fine della guerra: partita da posizioni di rifiuto della guerra arrivò ad attestarsi su una linea politica molto vicina a quella dei Bolscevichi. Cfr.  Galbiati M., Seccia G., Dizionario biografico della Grande Guerra , Chiari (BS), Nordpress Edizioni, 2008.
[5] Massignani A., La Grande Guerra segreta sul mare, in Rastelli A., Massignani A., La Guerra navale 1914-1918. Un contributo internazionale alle operazioni in Mediterraneo, Udine, Gino Rossato Editore,, 2002

[6] Martino L., La Grande Guerra in Adriatico, Citta di Castello, Edizione Il Cerchio, 2014.
[7] Vds la ricostruzione di questo episodio in Coltrinari M., Provocare la Rivoluzione. L’attacco navale austriaco alle coste italiane. 24 maggio 1915. Ore 4.50, in “Quaderni del Nastro Azzurro”, Anno LXXVI, Supplementi II, 2015, 2, II Semestre 2015
[8] Martino L., La Grande Guerra in Adriatico, cit., pag.129.
[9] La “Benedetto Brin” salta in aria per sabotaggio alle ore 8 del 27 settembre 1915 ancorata nella rada del porto di Brindisi
[10] La “Leonardo da Vinci” salta in aria alle 22,45  del 1 agosto1916 ancorata nel porto di Taranto.
[11] [11] Massignani A., La Grande Guerra segreta sul mare, in Rastelli A., Massignani A., La Guerra navale 1914-1918. Un contributo internazionale alle operazioni in Mediterraneo, cit., pag. 202.

venerdì 22 settembre 2017

Il Servizio Informazioni nella Grande Guerra

NOTIZIE CESVAM

Si è tenuta ieri alla sede della Ass. Bersaglieri di Roma la preannunciata conferenza del Direttore del CESVAM sul tema "Il Servizio Informazioni nella Grande Guerra". In attesa di pubblicare il resoconto, riportiamo la II parte ( nel post del 20 settembre 2017 è stata portata la I parte) della predetta conferenza.

Tullio Marchetti, lil creatore del servizio Informazioni

La data che segna il riassetto del Servizio Informazioni può essere considerata quella del 19 aprile 1915. Il gen. Cadorna istituisce alla frontiera orientale alcuni uffici distaccati preposti alla raccolta di informazioni. In tutto ne istituisce sette, rispettivamente a Milano, Brescia, Verona, Belluno, Tolmezzo, Udine e Palmanova. Di questi, tre dovevano gravitare sul fronte giuli-carnico, tre sul fronte trentino ed uno su quello svizzero. L’organico di questi uffici era, inizialmente, di 5 o 6 persone, delle quali due erano “informatori”, che operavano a ridosso delle prime liee; uno era addetto allo spionaggio i quanto tale, ed i rimanenti si occupavano del vaglio delle notizie e del funzionamento dell’ufficio. Al momento della dichiarazione di guerra, questi uffici diverranno gli Uffici “I” (informazioni) delle Armate Operanti.
All’entrata in guerra  tutto lo Stato Maggior dell’Esercito si trasforma in Comando Supremo e si trasferisce in zona di operazioni, con sede a Udine. L’Ufficio “I” del Comando Supremo si trasferisce a Treviso, e trova sede nel Convento dei Carmelitani Scalzi, a fine maggio poi si sposta ad Udine presso l’Arcivescovado. Il suo ordinamento era il seguente:
. Capo Ufficio: 1 Colonello di SM
. Segreteria 2 Capitani applicati
1a Sezione informazioni ( con competenza sul fronte carnico-giulio)
  .. 1 Ten. Col. di SM, 2 Cap. di SM o in servizio di SM ed 1 Cap. degli Alpini
2a Sezione informazioni ( con competenze sul fronte trentino-tirolese)
  .. 1 Magg. di SM, 2 Cap. di SM, 2 Cap. di Fanteria
3a Sezione controspionaggio e polizia militare
  .. 2 Cap. dei carabinieri
4a Sezione Cifra
  .. 11 ufficiali, di cui 4 richiamati dal congedo
Traduttori ed interpreti:
  .. 4 per la lingua tedesca, 1 per il serbo-croato, 1 per il russo, 1 per lo sloveno, 1 per i dialetti dell’Istria e della Dalmazia. Tutti gli interpreti sono Ufficiali richiamati.
Questa organizzazione può essere chiamata “Il Grande Servizio Informazioni”, in quanto spaziava su tutto il fronte.
Accanto a questa, vi era l’organizzazione sopra detta, degli Uffici Informazioni che con la dichiarazione di guerra divennero gli Uffici “I” delle Armate, che si può definire il “Piccolo Servizio Informazioni”. Con la guerra si potè dire che il “Grande”  S.I. si dimostrò in molti casi poco sicuro e superficiale; spesso ci si perdeva in chiacchiere o in racconti “da caffè” senza alcun controllo incrociato delle notizie, anche perché poco sostenuto dagli addetti militari all’estero che fornivano informazioni tardive e generiche. Il personale era stato reclutato un po’ dovunque, con criteri diversi e ci si accorse che in qualche caso alcuni informatori servivano contemporaneamente due o più padroni Il “Piccolo S.I, quello delle Armate, si rilevò molto più sicuro, preciso, veritiero, in quanto era composto da personale motivato, selezionato   controllato, che operava anche al di là delle linee e spesso in profondità.

Al momento della entrata in guerra gli Uffici Informazioni si occupavano soltanto di obiettivi militari immediati quali: l’identificazione delle unità nemiche, la loro consistenza, l’armamento, le comunicazioni, ma giunsero a redigere anche  planimetrie aggiornate dei territori oltre le linee di confine. Riuscire in ciò fu un notevole risultato ma molto mancava ancora. Non si era ancora attrezzati per carpire al nemico i suoi piani strategici e soltanto in seguito l’interesse si pose anche sulle relazioni della situazione politica ed economica, sul morale delle truppe, sull’effetto della propaganda e su altre notizie in un primo tempo ritenute poco importanti.”[1] 

L’attività funzionale del S.I. del Comando Supremo si sintetizzava nella preparazione da parte delle Sezioni Informazioni dei cosiddetti “promemoria urgenti” che venivano consegnati direttamente al Capo reparto Operazioni ed all’Ufficio Situazioni di Guerra; vi era poi la edizione di notiziari periodi, e notiziari riassuntivi che venivano distribuiti secondo determinati criteri.
L’attività funzionale dell’Ufficio “I” delle Armate si basava sulla attività sul terreno dell’Agente, il quale si rapportava con l’Ufficiale di Collegamento, che coordinava vari agenti, e che era in contatto diretto con la postazione (Ufficio “I” delle Armate).
Questi si collegavano e rapportavano con la “Centrale” (Ufficio “I” del Comando Supremo, che operava secondo le sue competenze facendo giungere le notizie per l’utilizzo all’Ufficio Situazioni ed Operazioni di Guerra.    
 
Gli Uffici “I” sia del Comando Supremo che delle Armate svolgevano attività offensiva informativa nei confronti del nemico. Poco o nulla era stato creato, sia al loro interno che nel resto del paese in merito alla attività difensiva informativa, ovvero in merito al controspionaggio:

“ Il Controspionaggio era ancora deficiente. Non si era ancora riusciti a costruire un’organizzazione capace di ostacolare l’opera del nemico che già faceva opera di intossicazione e spargeva notizie erronee sul nostro ambiente politico e militare, Non si compì alcuna azione di sabotaggio ai danni degli austro-ungarici benché ci si potesse avvalere di persone fidate in territorio nemico. Mancava il giusto approccio, imputabile alle mancanze ed ai ritardi accumulati in tempo di pace. L’azione di propaganda patriottica si compirà solo nell’ultimo anno del conflitto”[2]

 Chi fu veramente il creatore e l’uomo decisivo del Servizio informazioni nella Grande Guerra fu Tullio Marchetti.[3] Trentino di nascita nel 1905 gli fu affidata la sorveglianza del Trentino. Era membro della S.A.T:, Società Alpinisti Trentino la più importante istituzione patriottica italiana d’oltreconfine, che gli permise di tenere contatti con tantissime persone votate alla causa italiana che non aspettavano altro che servire l’Italia. Fu assegnato all’Ufficio “I” della 1a Armata e diresse i centri di Brescia e di Verona, e dal 1916 ebbe anche la responsabilità dell’Ufficio “I” della 6a Armata.  Marchetti operò sempre con estrema efficienza, e questo lo portò in urto con i responsabili dell’Ufficio “I” del Comando Supremo. Grazie a superiori di lunghe e larghe vedute, potè operare a tutto tondo attivando una rete in Svizzera, in Germania ed in Austria che fornì importantissime notizie.

In Trentino riuscì a stabilire una rete basata sia sulle sue conoscenze, ma soprattutto di persone che volevano servire l’Italia. Di Questa rete facevano parte

“.. il prof. Ramponi, il rag. Albertini nella Valle di Sole e di Non; i fratelli Damiano e Cesare Vis nelle Valli di Ledro, Giudicarie e Sabbia; il dott. Poli nella zona di Arco e Riva; il barone Fiorio nella conca di Loppio, Mori e Riva; l’avv. Piscel a Rovereto; il colonello Santucci a Telve Vasugana; il barone Buffa a Carzano. Poi ricordiamo  Trapmann, Battisti, Scotoni, Colpi, Larcher, solo per citare alcuni fra i tanti suoi collaboratori. Se questi facevano parte  di quello che Marchetti  chiamava “servizio perferico” il suo fiore all’occhiello risultò essere il suo “servizio estero Fino al 20 giugno 1915 in Svizzera non esisteva alcun organo di informazione veramente efficiente. Per questo il Marchetti provvide alla costituzione di una struttura estera mirante anzitutto a prevenire le mosse del nemico e a mettere al sicuro l’Armata da eventuali suoi attacchi. Ad organizzare e a dirigere il Centro fu chiamato il barone Silvio da Prato, già suddito austriaco con padre trentino e madre svizzera. Egli, il 6 maggio del 1915 a Zrigo intraprese la sua avventura che continuò fino al dicembre 1915. A Lui facevano riferimento Giovanni Giovinnazzi, ex contorllore della Finanza austriaca a Glurn in Valle Venosta e Luigia Zeni insediata accortamente  ad Innsbruck, all’Hotel Union il 22 maggio alla vigilia dell’inizio delle ostilità”[4]

Come appare evidente, Cesare Battisti faceva parte della organizzazione di Tullio Marchetti. La sua attività a favore dell’Italia poteva essere meglio sfruttata con incarichi in seno al Servizio Informazioni. In realtà battisti molto si adoperò per fornire informazioni al Comando Supremo, comprese monografie dettagliate delle zone di operazioni in territorio austriaco, e tantissime altre informazioni. Non fu data a lui attenzione e preferì arruolarsi in reparti combattenti, come semplice tenente, precisamente nel Battaglione alpini “Vicenza”, come comandante della compagnia di marcia, insieme a Fabio Filzi, al comando della quale partecipò, inquadrato nella Brigata “Ancona” alle operazioni per la conquista di Monte Corno e Monte Trappola, in cui cadde prigioniero.[5]

Nonostante la precisa disposizione del Comando Supremo che prescriveva che ogni Ufficio “I” di Armata svolgesse i suoi compiti nell’ambito della Armata, grazie alla lungimiranza del gen. Brusati, comandante l’Armata, Tullio Marchetti riuscì’ “ a potenziare la rete in Austria ed in Germania. Fu mandato in Svizzera Dario Cominolli, un commerciante di legnami che, protetto da questa sua attività, aprì uno studio nel quale si incontravano Aquilino Vasco, Lea Dalmaso (coinvolta nello scasso della cassaforte del Consolato austriaco a Zurigo) e quindi Giovanni Barbera, il Grandi, il Granello, il Ramponi, il Mengoni ed altri trentini”

Marchetti aveva, quindi, istituito oltre ad un servizio “periferico”, anche un servizio estero, di pochi elementi ma erano irredentisti trentini, attivi e fidati. Erano dislocati a Innsbruck, Zernetz e a Zurigo e i risultati furono sempre degni di nota.



[1]Tarolli V., Spionaggio e Propaganda. Il Ruolo del Servizio Informazioni dell’esercito nella Guerra 1915-1918, Chiari ( BS) Nordpress Edizioni, 2001, pag. 17 e segg.

[2] Ibidem, pag. 18
[3] Da non confondere  con Odoardo Marchetti divenuto capo del S.I. nel 1917, fu assai stimato sia da Cadorna  sia da Diaz. Ambedue i Capi di Stato Maggiore ebbero bisogno di lui e gli affidarono incarichi segretissimi e delicati. Il Sottocapo di SM, Badoglio, chiamava Tullio Marchetti il “papà degli informatori. Ibidem , pag. 24
[4] Ibidem
[5] Vds il capitolo   Libro 1016 Le Marche

giovedì 21 settembre 2017

Conferenza su: Il servizio informazioni militari nella Grande Guerra




NOTIZIE CESVAM


Giovedi 21 settembre 2017 alle ore 18 presso la sala conferenze  "Bersagliere A.De Vita" della Sezione Bersaglieri di Roma si terrà una tavola rotonda sul tema della 1a Guerra Mondiale in cui interverranno:

- Prof. Roberto reali, Consiglio nazionale delle Ricerche, su: l'alimetazione della popolazione ilitare e civile
- Cap. Marco Pascali, vicepresidente della Associazione nazionale del Fante, Roma su: necessità quotidiane di una Vita al fronte
- Gen. Dott. Massimo Coltrinari, direttore del CESVAM su: il Servizio Informazioni durante la Grande Guerra.

 Si riporta l'inizio dell'intervento del Direttore del CESVAM.

 Il Servizio Informazioni Militari e la sindrome delle spie

Il periodo di neutralità che va dall’agosto 1914 al maggio 1915 fu utilizzato dai nostri futuri nemici, Austria e Germania, per tessere una rete di informatori collaboratori e spie in tutto il Paese. Sfruttando la componente neutralista e cattolica, che manifestava aperte simpatie per la non guerra, per la neutralità e per coloro che erano stati alleati e, formalmente, lo erano ancora, ovvero la Germania e l’Austria, in Italia vi erano molte persone già disposte ad aiutare gli Imperi Centrali. L’Organo preposto a contrastare questa attività era la Sezione Controspionaggio e polizia militare dell’Ufficio “I” (Informazioni).

La raccolta delle informazioni non era stata abbastanza curata dalla sua costituzione in poi dal Regio Esercito.[1] Si dovette arrivare al 1900[2] per avere un organo dedicato alle informazioni: l’Ufficio “I” del Corpo di Stato Maggiore, retto dal colonnello SM De Chaurand de Saint Eustache. Non era molto considerato e svolse la sua attività fa indifferenza e stenti.[3] Nel 1902 fu assunto dal col. Garoni, che gestì il caso “Ercolessi”.[4] Nel 1905 divenne Capo Ufficio il colonnello SM Silvio Negri che lo tenne fino al settembre 1912, che lo cedette al colonnello di fanteria Rosolino Poggi
In pratica l'Italia entrò in guerra senza un servizio informazioni efficiente e all'altezza della situazione. 




[1] Ci si avvaleva di “informatori mobili”, personaggi che risedevano in territorio straniero e quando potevano venivano a riferire in Italia ad alcuni ufficiali incaricati appositamente dello Stato Maggiore. Con costoro era proibito comunicare per iscritto. Per il resto ci si serviva dei Regi Consolati  e di Italiani residenti di buona volontà, oltre che degli Addetti Militari presso le Regie Ambasciate. Cfr. Marchetti O., Il Servizio Informazioni dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra, Roma, Ministero della Guerra, Corpo di Stato Maggiore, Ufficio Storico, Tipografia Regionale 1937-XV.
[2] L’Austria Ungheria aveva un Ufficio Informazioni dal 1800, ovvero da un secolo prima. Cfr. Max Ronge, Generalmajor, “Kriegs und Industrie-Spionage”, citato da Marchetti O., ibidem.
[3] Scrive Marchetti, da cui trarreremo le maggiori informazioni e note per questo paragrafo, “Sconosciuto alla grande maggioranza degli Ufficiali, allora e poi, terrore e ribrezzo dei profani, per cui esso significava “spie” nel peggiore senso della parola, oggetto forse di compatimento da parte dei competenti, alleati e nemici, l’Ufficio 2I” visse quasi sempre una vita stentata, che non giustificava la sua costituzione.” Marchetti O., Il Servizio Informazioni dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra, cit., pag. 14 e segg.
[4][4] Era questi n capitano dell’Esercito che con sua moglie ed altri che fornivano informazioni all’estero. Il processo ebbe vastissima eco, ed il cap. Ercolessi fu condannato a 5 anni e 5 mesi, la massima pena prevista per tradimento in tempo di pace. Fu un caso, che aiuto il controspionaggio se il Ronge ebbe a scrivere che “….. fece desistere dai loro propositi in Italia coloro che avevano intenzione di esercitare lo spionaggio, ciò che ostacolò il sevizio informazioni offensivo (austriaco) proprio quando occorreva verificare le fortificazioni al confine orientale” Marchetti O., Il Servizio Informazioni dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra, cit., pag. 18.

mercoledì 20 settembre 2017

20 settembre 1870 20 settembre 2017

DIBATTITI

Ricorre la data anniversaria dell'entrata dell'Esercito Italiano a Roma. Secondo la tradizione, rappresenta il momento finale della unificazione italiana iniziata nel 1848. In realtà si aprivano nuovi problemi e nuove situazioni, soprattutto i rapporti con la Francia, che non saranno più quelli di prima ed ancora oggi hanno riverberi negativi. I successivi 50 anni della Storia d'Italia saranno marcati da questa data, che rappresenta uno delle date fondamentali del nostro processo unitario.

martedì 19 settembre 2017

Dopo le Vacanze

NOTIZIE CESVAM


Nel fare gli auguri a tutti i Gennaro che conosciamo, e salutare Napoli, dove si terrà il Congresso Nazionale di metà ottobre, si riprende la pubblicazione in video dei post di "Quaderno On Line" da domani 20 settembre, anniversario della presa di Roma, il 20 settembre 1870. 
massimo coltrinari, direttore