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venerdì 16 giugno 2017

La Battaglia di Vittorio Veneto . La situazione particolare

AVVENIMENTI


1.    LA SITUAZIONE PARTICOLARE
a.    L’ambiente operativo
(1)     Delimitazione ed inquadramento.
L’ambiente operativo nel quale il Regio Esercito era schierato era caratterizzato da un territorio variegato. La linea del fronte si estendeva dalle Alpi dolomitiche nei pressi di Bormio, alle colline venete e terminava nel Mare Adriatico dopo aver seguito, per un lungo tratto, il fiume Piave.
L’Esercito sfruttò le potenzialità difensive delle rive per arrestare l’avanzata delle truppe austro-ungariche a seguito della disfatta di Caporetto. La linea del Piave fu preferita a quella del Tagliamento perché rappresentava il perfetto ostacolo naturale che avrebbe costretto il nemico ad arrestarsi di fronte ad esso per far affluire i mezzi necessari all’attraversamento. Il Tagliamento, al contrario, avrebbe costituito una debole linea di resistenza sia per le sue caratteristiche naturali, sia perché le opere difensive permanenti erano state a suo tempo disarmate.
(2)     Caratteristiche fisiche.
 A nord le Alpi presentavano quote elevate, raggiungibili con difficoltà e percorse solo da mulattiere, ed altopiani che, per la loro estensione, rappresentavano aree di importanza strategica. Al centro e al sud della linea del fronte il Piave costituiva il limite di confine tra i due schieramenti. A Pederobba il Piave è largo 1 Km e mezzo ed a Cimadolmo si divide in un gran numero di rami che costituiscono le cosiddette grave (greti ghiaiosi ed isolotti coperti da arbusti quali le Grave di Papadopoli).
La foce, che si trova sul medesimo meridiano della sorgente, presenta un esile pennello sabbioso, dovuto all' accumulo prodotto dal moto ondoso alla bocca del fiume. Le portate sono soggette a rapide oscillazioni che sono repentine e di breve durata. Si hanno, così, portate di piena veramente imponenti ed un enorme estensione di greti, dove le acque di piena sono solite formare rapide e larghe fiumane che sconvolgono i materiali del fondo. Tra Pederobba e le Grave di Papadopoli (tratto di circa 40 Km), zona scelta per l’attraversamento, le rive erano poco inclinate.
Per quanto attiene alle rotabili, il servizio di costruzione e manutenzione stradale si rivelò di fondamentale importanza. La mancanza di strade adeguate alle esigenze del conflitto, soprattutto nella parte settentrionale richiese la costruzione di nuove strade spesso in zone impervie, ad altitudini elevate e di difficile manutenzione a causa degli eventi meteorologici.
Analogo discorso si può fare per la rete ferroviaria (in particolar modo le linee che collegavano Venezia a Trieste e Treviso a Udine) che presentava, in numerosi punti, interruzioni dovute ai bombardamenti.
(3)     Caratteristiche antropiche.
Nei primi decenni del ‘900 il nord est si caratterizzava come un’area sovrappopolata ad economia prettamente agricola (60% della popolazione) con un ritardo crescente nei confronti della parte occidentale del Paese. La popolazione, composta principalmente da contadini analfabeti, nel corso della guerra, era di 3 milioni di abitanti. La quota che viveva nei poli urbani era di poco superiore al 25%. Nelle case rurali in campagna e nei borghi il numero degli abitanti aumentava in misura uguale all’incremento che si verificava nelle città. Lungo la linea del fronte non c’erano grandi agglomerati urbani. Da Giavera a Nervesa tutti i paesi si erano svuotati.
b.   I piani operativi
(1)     Italia: concetto fondamentale dell'azione ideata dal Comando Supremo era separare con deciso sfondamento la massa austriaca del Trentino da quella del Piave (Allegato D, pag. VI), nel punto tatticamente più debole dello schieramento e al tempo stesso decisivo perché, puntando su Vittorio, si sarebbe intercettata la linea di rifornimento della 6a Armata nemica. Rotta la fronte dell'avversario si doveva puntare con azione avvolgente su Feltre, successivamente raggiungere la convalle bellunese e da qui, agendo attraverso il Cadore, l'Agordino, la Val Cismon e la Val Sugana, determinare il crollo del fronte montano.
Una volta ottenuto questo risultato, lo schieramento sul Piave sarebbe caduto per logica ed inevitabile conseguenza. La riuscita di questa vasta manovra era fondata sulla sorpresa, sulla rapidità dell'azione e sulla superiorità delle forze nel settore scelto per la rottura della fronte nemica.
(2)     Austria: l’idea operativa dell’“Armeeoberkommando”, a partire dall’estate 1918, era di tenere le posizioni sul Piave il più a lungo possibile, creando una lunghissima linea difensiva che dal Golfo di Venezia si estendeva fino al Tirolo meridionale, passando per San Donà di Piave, Valdobbiadene, Asiago ed il nord del Garda. La linea era difesa a est dall’Esercito del Piave e ad ovest dall’Esercito del Trentino che teneva la linea di Asiago e il Trentino meridionale. La linea del Piave era stata rinforzata mediante fasce di combattimento, formate da centri di resistenza in grado di appoggiarsi a vicenda.
L’offensiva del 24 ottobre 1918 ebbe successo, ma non colse l’“Armeeoberkommando” impreparato. Parallelamente all’offensiva italiana, gli eventi interni all’impero austro-ungarico crearono crescente malumore, portando all’ammutinamento di reparti e alle premesse della ritirata.
c.    Le forze in campo
(1)     Entità e qualità.
(a)      Italia: le 57 Divisioni (50 di 1a linea e 7 di riserva) che componevano le forze italiane ed alleate, schieravano una forza di 912.000 uomini. Accanto a 51 Divisioni italiane erano dispiegate 6 Divisioni alleate (3 britanniche, 2 francesi e 1 cecoslovacca), nonché un reggimento di fanteria statunitense. Rilevante il numero delle bocche da fuoco con 7.700 pezzi d’artiglieria e 1.745 bombarde. Mezzi rapidi disponibili: la cavalleria, i ciclisti e le “autoblindate”. Cospicuo il contributo dell’aviazione con 650 velivoli (100 alleati) e 7 dirigibili, più la componente aerea della Marina.
(b)     Austria: l’Esercito austro-ungarico disponeva di forze superiori a quelle alleate: 63 Divisioni (1.050.000 uomini); sua era ancora la superiorità, qualitativa e quantitativa, nelle mitragliatrici. Nel settore scelto dagli Alleati per l'attacco, dal Brenta al Ponte di Piave, erano schierate 23 Divisioni austro-ungariche (18 in prima linea, 5 in seconda).
Nelle retrovie nemiche erano disponibili l0 Divisioni di riserva facilmente spostabili dall'uno all'altro settore grazie alla via d'arroccamento Trento – Feltre Belluno. Complessivamente, il Comando austro-ungarico poteva opporre direttamente e immediatamente all’offensiva italiana una massa di 33 divisioni, senza indebolire alcun settore della fronte. Mitragliatrici, cannoncini da trincea, bombarde in grandissima quantità costituivano 1'armamento e la difesa immediata delle opere austro-ungariche. Potenti masse di artiglierie - in totale oltre 2.000 pezzi - pronte ad eseguire fuochi preparati e controllati di sbarramento, di interdizione, di controbatteria, erano addensate ai fianchi e dietro i singoli settori della difesa.


(2)     Dislocazione iniziale.
(a)      Italia: lo schieramento delle forze di linea italiane ed alleate, da ovest verso est, si componeva delle seguenti unità: 7a Armata, dallo Stelvio al Garda; 1a Armata, da Ponte di Piave al mare; 6a Armata, dall’Astico al Brenta; 4a Armata, dal Monte Grappa al Monte Tomba escluso; 12a Armata, dal Monte Tomba al ponte di Vidor (Allegato B, pag. II); 8a Armata, dal ponte di Vidor ai Ponti della Priula; 10a  Armata, dai Ponti della Priula a Ponte di Piave; 3a Armata, da Ponte di Piave al mare. In riserva, a disposizione del Comando Supremo: la 9a Armata nella zona ad occidente di Treviso ed il Corpo di Cavalleria nella zona di Padova.
(b)     Austria: lo schieramento delle forze di linea austro-ungariche, da ovest verso est, si componeva delle seguenti unità: X Armata dallo Stelvio all’Astico; XI Armata, dall’Astico al Brenta; Gruppo “Belluno”, dal Brenta a Fener; V Armata o “Isonzo”, dalle Grave di Papadopoli al mare. Riserva del Comando Supremo con 5 divisioni di riserva.
d.   Considerazioni riepilogative
Quella di Vittorio Veneto fu una battaglia decisiva che ebbe come scenario quello tipico del nord est d’Italia, con il fiume Piave a fare da limite di confine tra i due schieramenti. Ed è al di là del Piave che il Regio Esercito lanciò la sua offensiva travolgente, non senza trepidazioni, a causa della piena del fiume che avrebbe potuto compromettere il piano e per il timore che potesse venire meno l’effetto sorpresa. Nonostante il concentramento di forze attuato nelle ultime settimane, gli Italiani si sarebbero trovati, infatti, in inferiorità numerica rispetto agli Austro-ungarici, pur potendo contare su una situazione nettamente più favorevole in termini di pezzi d’artiglieria. Un’altra caratteristica, però, si sarebbe rivelata determinante per il successo italiano: il morale elevato dei soldati. Una condizione nettamente diversa da quella dell’Esercito austro-ungarico, sul punto di sfaldarsi sotto il peso di un Impero che vacillava per lo sforzo bellico e la crisi di quel sistema di divisione etnica che, solo qualche anno prima, ne aveva rappresentato uno degli elementi di forza. Un equilibrio orami precario sul quale si infranse l’impatto delle Armate del Generale Diaz.

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