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mercoledì 28 giugno 2017

Mediterranei e Migranti

 GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE

Sondaggio Lindh Foundation
I Mediterranei: mondi diversi ma compatibili
Matteo Liberti
21/06/2017
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Mediterranei sì, ma non tutti allo stesso modo: è quanto emerge dall’indagine sui Trend Interculturali promossa dalla fondazione Anna Lindh ed eseguita da IPSOS-MORI. Il rapporto, basato su un sondaggio condotto in otto Paesi europei (Austria, Croazia, Finlandia, Francia, Italia, Polonia, Portogallo e Paesi Bassi) e cinque del Mediterraneo sudorientale (i cosiddetti Sem, South Eastern Mediterranean - Algeria, Giordania, Israele, Palestina e Tunisia), fa luce sulla visione che i cittadini di queste due blocchi hanno gli uni degli altri.

Una prima differenziazione si ha sulla definizione di “mediterraneità”: i cittadini europei vedono come principale tratto distintivo della regione “lo stile di vita e il cibo mediterraneo”, mentre gli omologhi della sponda sud associano il concetto di mediterraneità più al patrimonio culturale comune e al concetto di ospitalità.

Le percezioni delle migrazioni
Interessante e attuale il dato sulla percezione del problema migratorio. Nei Paesi non europei toccati dallo studio il 60% degli intervistati crede che le migrazioni caratterizzino fortemente il Mediterraneo; la percentuale scende al 44% in Europa, ma il dato varia da un Paese all’altro. In Italia, in particolare, il fenomeno è sentito da sei cittadini su dieci. In entrambi i blocchi, comunque, sono in pochi a non riconoscere nelle migrazioni una questione centrale del Mediterraneo: appena il 21% in Europa e il 19% nei Sem.

Due poli che non s’attirano
Un’altra differenza tra i cittadini a Nord e a Sud del Mediterraneo riguarda l’attaccamento al proprio territorio, come dimostrano le risposte degli intervistati alla domanda “in quale Paese vi rifareste una vita?”. Il 60% degli intervistati dei Paesi Sem dichiara che preferirebbe rimanere nel proprio Paese, mentre il 15 % preferirebbe trasferirsi nel Vecchio Continente. Il discorso cambia nei Paesi europei, dovesolo il 36% degli intervistati dichiara di preferire in ogni caso il proprio Paese: la principale alternativa non viene però vista sulla Sponda Sud, ma negli altri Paesi europei, in due casi su dieci nel Nord America o in Oceania.

Informazione ed economia: curiosità e diffidenze
Un’altra sezione della ricerca è dedicata all’interesseper la cultura altrui e da come gli intervistati si informano sulla vita nell’altra sponda. Le curiosità espresse dai cittadini di ciascun blocco nei confronti dei dirimpettai sono simili e corrisposte. La principale differenza riguarda la religione: il 69% degli intervistati europei dichiara di essere interessato almeno parzialmente alla vita religiosa nei Paesi Sem, mentre il 51% degli intervistati Sem si dice non interessato alle realtà religiose europee. Quanto alle notizie di carattere economico, gli abitanti della sponda meridionale del Mediterraneo sono sensibilmente meno interessati rispetto ai vicini europei.

Sorprendente, almeno a prima vista, il dato sulla fiducia riposta nelle varie tipologie di media: se sia al Nord che al Sud la televisione continua ad essere la principale fonte di informazione, Internet e i social network sono molto più apprezzati nei cinque Paesi Sem - ottenendo la fiducia di quasi sei intervistati su dieci - mentre nel Vecchio Continente il 46% del campione preferisce ai nuovi media la carta stampata e l’approfondimento.

In ogni caso, nei Paesi Sem solo sei persone su dieci hanno avuto accesso in tempi recenti a notizie sull’Europa, mentre le informazioni sul Mediterraneo orientale hanno raggiunto l’81% degli europei. Colpisce come tra gli intervistati europei il 55% affermi che i media non abbiano influito né negativamente né positivamente sulla loro opinione sulle persone provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, mentre i Paesi Sem attribuiscono ai media una maggiore capacità di influire sull’idea che i cittadini hanno degli europei: il 21% degli intervistati afferma che i media avrebbero contribuito alla formazione di un’opinione positiva sull’Europa, il 26% sostiene il contrario.

Conoscersi non sempre aiuta
Contrastanti le risposte date sull’impatto dell’incontro con il ‘diverso’: oltre il 48% dei cittadini Sem dichiara che l’incontro con un europeo gli è servito a farsi una buona opinione della gente in Europa. Girata agli europei, questa domanda ottiene però un riscontro diverso: solo il 29% di loro afferma di essere stato influenzato positivamente dall’incontro con cittadino del Nord Africa o del Medio Oriente; anzi il 55% dichiara che l’incontro non è servito a fargli cambiare opinione rispetto ai suoi stereotipi.

Diverse le opinioni espresse dai popoli delle due sponde sui rispettivi sistemi di valori. Alla domanda “quale principio reputi più importante nella crescita dei bambini?”, il 63% degli europei risponde di considerare fondamentale il rispetto delle altre culture, mentre la maggioranza degli intervistati dei Paesi Sem mette al primo posto il rispetto delle tradizioni religiose. Il principio del rispetto delle religioni diverse dalla propria è comunque largamente condiviso da entrambe le parti.

Ti frequento, ma non ti sposo
Curioso il dato sulle reazioni ad un ipotetico matrimonio con una persona di diverso background culturale. Se entrambe le parti accettano la convivenza con persone di cultura diverse sul luogo di lavoro o nello stesso quartiere, più difficile risulta loro accettare la possibilità di matrimoni “misti” (il 20% degli europei ne è infastidito e così pure il 27% dei cittadini dei Paesi Sem). A 50 anni esatti dalla sua uscita, “Indovina chi viene a cena” mantiene una certa attualità: non più in California, ma a Nord e a Sud del Mediterraneo.

C’è ancora della strada da fare nel processo di integrazione culturale nel Mediterraneo, ma le basi - stando al rapporto - sembrano esserci. Lo conferma il fatto che il 90% di tutti gli intervistati, senza distinzioni di nazionalità, vede nell’integrazione le basi per una crescita economica oltre che sociale e che otto intervistati su dieci vedono nello scambio culturale un’arma contro l’estremismo.

La speranza è che questa buona predisposizione sia seguita da politiche e soprattutto risultati che aiutino a migliorare la qualità dell’integrazione culturale, e quindi sociale, tra le due sponde del Mediterraneo.

Matteo Liberti è stagista presso l’Area Comunicazione dello IAI.

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