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venerdì 16 giugno 2017

La Battaglia di Vittorio Veneto. Avvenimenti e Considerazioni

AVVENIMENTI

1.    GLI AVVENIMENTI
a.    Le operazioni di guerra
(1)     Terrestri. L’inizio della “grande offensiva” fu deciso per l'alba del 24 ottobre con l'attacco della 4ª Armata nella regione del Grappa, da effettuarsi col concorso della 12ª Armata a sinistra e con l'appoggio dell' azione d'artiglieria della 6ª Armata (altopiano d'Asiago).
Il fuoco d'artiglieria iniziò, tra Brenta e Piave, alle ore 03.00 del 24 ottobre e alle 7.15 le fanterie mossero all'attacco. Malgrado l’impegno profuso, la 4ª Armata del Grappa iniziò la sua offensiva ottenendo inizialmente scarsi risultati, vista la accanita resistenza incontrata; tuttavia conseguì il risultato di distogliere dal settore di sfondamento le tre Divisioni di riserva austriache del Gruppo Belluno. Il Piave, che dal giorno 22 ottobre era in piena, stava decrescendo tanto che, nelle prime ore del 24, truppe della 12ª Armata, britanniche ed italiane, avevano potuto, secondo gli ordini, occupare nella regione delle Grave di Papadopoli alcune isole. Ma a causa di avverse condizioni atmosferiche nuovamente sopravvenute fu deciso che il forzamento del Piave, stabilito inizialmente per la notte del 25, doveva essere differito. All’imbrunire del 26 ottobre il Generale Diaz diede l’assenso all’inizio dell’offensiva sul Piave. La corrente era ancora molto forte, anche se  il rumore provocato dal turbinare delle acque, favorì la sorpresa.
I pontieri iniziarono subito i lavori per posizionare i ponti (Allegato D, pag. VII), e, nella notte del 27 ottobre, riuscirono a costruire, sotto una pioggia battente, e tra molte difficoltà, un ponte di barche ad est di Pederobba e due davanti al Montello. Più in basso, inglesi ed italiani, passano il Piave alle Grave di Papadopoli su un ponte di barche a Salettuol, riuscendo, così, a realizzare tre piccole “teste di ponte” e a resistere ai contrattacchi austriaci.
All’alba del 28 (Allegato D, pag. VII),  il fiume portò via i ponti che erano stati colpiti dall’artiglieria austriaca, lasciando isolate le teste di ponte. Pur con il Piave in piena, venne posizionato un nuovo ponte di barche a Palazzon dove, alle ore 12 del 28, il Generale Caviglia fece passare il XVIII Corpo d’Armata che puntò con decisione verso nord, fiancheggiato ad est dal XIV e XI Corpo della 10ª Armata, le cui avanguardie in serata arrivarono in vista del fiume Monticano. Il giorno 29, l’azione congiunta dei Corpi XVIII e VIII dell’8ª Armata di Caviglia spezzarono in due lo schieramento austroungarico, secondo i disegni dell’Alto Comando italiano: quello meridionale venne immobilizzato dalla l0ª Armata e quello settentrionale, ancora aggrappato alle colline di Conegliano, minacciato di avvolgimento dall' 8° Corpo d'Armata. Il XVII Corpo giunse al Monticano ed alle ore 23 dello stesso giorno entrò in Conegliano.
La brillante operazione fu completata dall’XVIII Corpo che, passato il Piave il mattino del 29 e legatosi con parte del XXII Corpo, transitato nei giorni 27 e 28, si lanciò a sua volta all'attacco sulla direttrice Susegana - Vittorio. Superata la linea nemica di Marcatelli, s'impadronì di Susegana e spinse una colonna ad occupare Vittorio.
 Nel frattempo, sulla fronte della 4ª Armata, il nemico era passato alla controffensiva mediante otto attacchi, tutti respinti. Così la 4ª Armata, pur non potendo raggiungere sul terreno 1'obiettivo finale di interrompere materialmente le comunicazioni fra le truppe nemiche della zona alpina e quelle del piano, riuscì comunque nel compito di logorare le riserve che l'avversario teneva nella conca di Feltre, impedendo loro di poter essere lanciate nella pianura ad arginare la breccia ormai aperta dalle truppe dell' 8ª, 10ª e 12ª Armata. Le operazioni militari nel settore dello sfondamento trovarono tenace resistenza soltanto nei giorni 27, 28, 29, ma il giorno 30 ottobre avviene il crollo dell’Esercito austroungarico, che si ritirò sempre più rapidamente. Alle ore 15.00 del 30 ottobre gli italiani entrarono in Vittorio. Nella notte dal 30 al 31 ottobre il grosso delle forze nemiche ricevettero improvvisamente l'ordine di ritirarsi sulla fronte tra Fonzaso e Feltre.
La manovra di ripiegamento si compì col favore delle tenebre e sotto la protezione di retroguardie ancora forti per numero. Il Comando della 4ª Armata, tenuto informato di quanto accadeva negli altri settori, ebbe la sensazione di questo movimento e ordinò alle sue truppe di riprendere l'avanzata. Con un notevole sforzo, la  4ª Armata travolse le retroguardie nemiche superando le posizioni lungamente contese e slanciandosi in avanti sulla conca di Feltre.
Alla sera del 31 ottobre, mentre gli Italiani entrano in Feltre, il grande Esercito Imperiale è in completa rotta tanto che l’Alto Comando Italiano diramò una direttiva per l’inseguimento del nemico. Il giorno 3, quasi alla stessa ora in cui pattuglie di Cavalleria italiana entravano a Trento e a Udine, i bersaglieri sbarcavano a Trieste ed il tricolore italiano veniva issato sulla torre di San Giusto. Una commissione austriaca per l’armistizio venne accolta il 3 novembre e l’atto ufficiale fu firmato ad Abano dal Generale Badoglio e dal Generale Weber alle 18:40 dello stesso giorno, con validità a decorrere dalle ore 15 del giorno successivo (Allegato B, pag. II).
(2)     Aeree. Alla battaglia di Vittorio Veneto l’aviazione fornì un contributo di elevato valore materiale e morale, partecipando alla battaglia finale con 600 velivoli e 7 dirigibili. Lo scontro in cielo non fu meno cruento delle azioni terrestri. Le ripercussioni in campo avverso furono tali che nei giorni successivi gli aeroplani nemici scomparvero quasi totalmente dal cielo della battaglia. Bisogna anche parlare dell’aviazione della Marina che, all’entrata in guerra, disponeva di 14 idrovolanti ai quali vennero affidati compiti esplorativi ed offensivi svolti con particolare perizia in concorso con le squadriglie terrestri. Le operazioni di bombardamento vennero effettuate su obiettivi militari delle retrovie dell’Isonzo, del Piave e dell’Albania, di Trieste, Pola, Parendo, Fiume, Cattaro, Durazzo e su unità da guerra e navi ausiliarie nemiche naviganti fra i canali dalmati e nell’arcipelago di Curzolane.
(3)     Navali. Dal marzo 1916 al maggio 1917 le operazioni marittime austriache si focalizzarono sulla guerra sottomarina fuori dall'Adriatico dove ottennero considerevoli successi. L'Adriatico divenne la grande "base operativa" e le forze di superficie austro-ungariche, quasi esclusivamente leggere, furono chiamate a sostenere lo sforzo, operando, spesso con successo, come nella battaglia del Canale d'Otranto del 15 maggio 1917, contro il grande sbarramento antisommergibile lì posto in essere dagli Alleati. Nel periodo compreso fra la battaglia del Canale d'Otranto e la fine della guerra, l'arma subacquea restò lo strumento principale e decisivo della guerra marittima degli Imperi centrali, con le forze di superficie in funzione di supporto. Entrambe però fallirono. In particolare, il 10 giugno 1918 naufragò a Premuda, con l'affondamento della moderna corazzata Szent István ad opera di una sezione di Mas italiani, il tentativo di vibrare un forte colpo allo sbarramento di Otranto con un'azione in forze. Il 1918 fu anche l'anno della crisi e del collasso dell'Impero. Unica azione degna di nota nel periodo della battaglia di Vittorio Veneto fu l’affondamento della “Viribus unitis”.
(4)     Azione e guerra psicologica. Il 9 agosto del 1918 Gabriele D’Annunzio, al comando di una squadriglia italiana composta da 5 aerei di ricerca, sorvolò in circolo Vienna lasciando cadere migliaia di volantini tricolori che esortavano i cittadini ad arrendersi.
b.   Considerazioni riepilogative
(1)     Sull’impostazione, lo sviluppo ed i risultati delle operazioni di guerra.
Nell’estate del 1918 la situazione dello scacchiere occidentale sta cambiando, occorre agire vigorosamente in Italia, ma in che modo? Il piano d’attacco italiano messo a punto dal Colonnello Cavallero, all’epoca Capo Ufficio Operazioni del Comando Supremo e concordato con il Generale Caviglia, Comandante dell’8ª Armata, prevedeva un ampliamento del fronte da Pederobba alle Grave di Papadopoli. In particolare, secondo Caviglia, era più conveniente tentare il passaggio del Piave su più punti per diminuire i rischi e, una volta giunte un numero sufficiente di Divisioni di manovra nel triangolo Sernaglia - Vittorio - Tezze, approfittare dello sfondamento per dare uno sbocco strategico sia a nord che a sud-est per tagliare fuori l’Isonzo Armee. Necessaria ed indispensabile per l’attuazione di questo sforzo principale èerala conduzione di un’importante azione diversiva sul Grappa da parte della 4ª Armata.
Per lo sviluppo dell’intera operazione era fondamentale rinforzare l’8ª Armata con 2 Divisioni di Arditi e incrementare numericamente le due ali dell’Armata.
Alla destra, la 10ª Armata, formata da 2 Divisioni inglesi e 2 italiane, al comando del generale Lord Cavan, con il 232° Reggimento di fanteria americano. Alla sinistra, la 12ª Armata affidata al Generale francese Graziani.
L’inizio delle operazioni, previsto per il 10 ottobre, era stato rimandato per la mole e la complessità della preparazione, unitamente all’incognita rappresentata dal Piave, caratterizzato da piene che non consentivano di posizionare i ponti. I punti scelti per il passaggio erano Pederobba, Fontana del Buoro, Nervesa, Grave di Papadopoli. Si lavorava di notte ed in silenzio mentre i nostri aerei avevano il compito di impedire all’aviazione nemica di svolgere missioni di spionaggio. Il Generale Caviglia capiva molto bene che per non ripetere un’altra Caporetto era fondamentale far passare le truppe necessarie per rompere la cresta difensiva e mantenere la porta aperta alla manovra.
L’artiglieria era predisposta sul terreno in maniera che il tiro, oltre a neutralizzare quelle avversarie, poteva accompagnare le varie fasi dell’attacco. L’operazione scattò il 24 ottobre e fino al 28 successivo segnò una crisi iniziale determinata da un‘insufficiente preparazione d’artiglieria e dalla degenerazione della lotta in una battaglia di tipo carsico.
 Le alte precipitazioni piovose iniziali, tenevano bloccata l’8ª Armata e le unità che erano riuscite a passare il Piave su i due ponti di Fontana del Buoro e Nervesa si trovano a corto di viveri, munizioni, coperte. Occorreva prendere una decisione che fosse in grado di superare questo punto di criticità ed il Generale Caviglia si assunse questa responsabilità. Egli ordinò al XVIII Corpo in riserva di passare il Piave alle Grave di Papadopoli, mettendolo a disposizione di Lord Cavan, che aveva già due Corpi sull’altra sponda. Le truppe devono risalire la sponda sinistra del fiume verso Susegana per aprire la via all’VIII Corpo per poi puntare entrambi su Conegliano e Vittorio. La notte del 28 ottobre vengono nuovamente gittati i ponti sul Piave, al fine di consentire alle truppe sulla sponda sinistra di attaccare violentemente il nemico. Era importante avanzare sempre, senza formare teste di ponte, evitare attacchi frontali degli abitati ed accerchiarli.
Il 29 ottobre fu la giornata decisiva. Il Generale Giardino aveva compiuto la sua missione sul Grappa ed il grosso della fanteria aveva superato il Piave. Intervenne, quindi, la Cavalleria, i ciclisti e le autoblindo che si lanciarono nell’inseguimento del nemico che, dal 30 ottobre, aveva iniziato a ripiegare.
La guerra così vinta rappresentò un poderoso sforzo economico che fece salire di oltre 5 volte l’indice dei prezzi, portò il debito pubblico fino a 98.072 milioni, alla perdita del 58.93% della Marina mercantile e di 128 aerei. La guerra che fu sostanzialmente terrestre causò 600.000 morti ed oltre 1 milioni di feriti.
(2)     Sui riflessi esercitati su di esse dagli avvenimenti politici ed economici verificatisi durante lo svolgimento.
L'intervento degli Stati Uniti fu foriero di nuove e indispensabili forniture di viveri e materiale bellico. La grave crisi militare servì a far unire tutte le forze politiche in un fronte nazionale che diede allo Stato una nuova impostazione centrista. Persino i socialisti diedero il loro appoggio, anche se contrari alla guerra per principio. L'accentramento del potere nelle mani del Governo diede slancio alla produzione nazionale coordinata finalmente verso un solo scopo: la vittoria. Fu possibile, infatti, reintegrare tutto il materiale perso durante la ritirata.
Un dato certo è che gli italiani, soldati e civili, si unirono veramente per cercare la vittoria. Il suo costo fu però enorme: 5.600.000 soldati dovettero essere riportati ad una vita civile che non era in grado di riassorbili nella piena occupazione. Il loro posto in fabbrica era stato preso da lavoratrici che costavano mediamente il 30% in meno e l'industria bellica aveva avuto uno sviluppo che non poteva essere sostenuto in tempo di pace, tanto che i licenziamenti non si fecero attendere.
Le promesse espansioni territoriali furono ridotte e si limitarono a zone già densamente popolate che non potevano in alcun modo ricevere altra popolazione immigrante. I contadini non ricevettero le terre promesse ed in diversi casi si trovarono senza l'occupazione avuta prima della guerra. Le donne, che avevano provato per la prima volta in Italia l'indipendenza economica, non fecero valere il peso contrattuale che avevano assunto, vedendosi progressivamente respingere verso una zona marginale del mondo del lavoro. I socialisti, che tanto avevano influito sulla sorte della guerra, erano stati duramente colpiti e indeboliti sia nell'ala moderata, sia in quella massimalista. L'aver combattuto al fianco delle potenze occidentali non ci aveva portato al loro livello di progresso sociale e gli effetti si sarebbero notati col nascere dei primi partiti totalitari. L'Italia divenne terreno fertile per loro in quanto terra di povertà e repressione sindacale con 40 milioni d'abitanti ed il 18% di disoccupati.

2.    CONSIDERAZIONI FINALI – AMMAESTRAMENTI
a.    Considerazioni finali riferite all’epoca del conflitto
Partiamo dall’aspetto umano. Importante fu la considerazione del fante non più come semplice automa da combattimento, ma come risorsa da salvaguardare che fece aumentare il morale della truppa.
Si determinò un passaggio netto alla guerra in movimento sostenuto dall’addestramento e l’applicazione precisa dei principi fondamentali della sorpresa e della rapidità d’azione. L’azione di disturbo sul Grappa, pagata a caro prezzo dalla 4ª Armata, consentì di soddisfare il concetto fondamentale dell’azione ideata dal Comando Supremo di separare, con deciso sfondamento, la massa austriaca del Trentino da quella del Piave. Con la vittoria, l'Italia raggiunse quelli che erano ritenuti, a torto o a ragione, i suoi confini naturali, terminando la fase di unificazione iniziata nel lontano 1859.
Nel 1918, lo sfondamento delle linee austro-ungariche fu determinato dalla “stanchezza del soldato”, dall’abilità, ma anche dal crescente numero di armi meccaniche a disposizione degli eserciti alleati. Con la diffusione dei veicoli ruotati a motore, la guerra assunse una sua maggiore dinamicità. Il Regio Esercito, che era entrato in guerra con circa 5.000 autocarri, al 30 settembre del 1918 ne contava più di 36.000. L’artiglieria svolse un ruolo determinante, non solo per la superiorità espressa in termini numerici, ma anche per l’eliminazione delle batterie nemiche e per il fuoco d’appoggio alla fanteria.
Il Generale Caviglia, che assolutamente vietò di creare capisaldi fortificati, esaltò l’Arma di Cavalleria nella decisiva fase conclusiva dell’inseguimento, tesa alla riconquista di Trento e Trieste.
Durante il conflitto, si è andato affermando l'uso dell'aereo secondo le più moderne accezioni: intercettazione, attacco al suolo, ricognizione e bombardamento. I primi bombardamenti strategici ebbero più un effetto psicologico che materiale, ma certamente contribuirono ad aprire un nuovo scenario della guerra contemporanea. Molto più efficace fu il loro utilizzo nella ricognizione effettuata con le macchine fotografiche in pellicola che permisero di mappare facilmente il fronte ed avere, così, utili informazioni sulla posizione del nemico. Molto diffuso era pure l'impiego dell'aereo da caccia, sia nell'attacco diretto a terra, con il mitragliamento della fanteria nemica, sia in funzione di intercettazione. L'aereo ebbe il compito di evitare lo spionaggio aereo nemico e di appoggio alla fanteria.
Concludendo, si può affermare che la vittoria finale è stata ottenuta non solo dalla strategia militare ma anche e soprattutto dal sistema Paese che ha saputo cancellare velocemente la disfatta di Caporetto e si è adoperato in un’intensa opera industriale nel settore bellico.
b.   Ammaestramenti di valore attuale
Il primo ammaestramento deriva dalla centralità dell’elemento umano, che nel corso della  guerra si è andato via via valorizzato, che ha contribuito in maniera sostanziale al successo finale. Questo concetto è ancora valido nell’odierno scenario, contraddistinto da un maggiore ricorso alla tecnologia messa a disposizione del combattente moderno.
La battaglia fu condotta sulla base di una difesa dinamica di posizioni, basata su una fronte caratterizzata da un moltiplicarsi e rafforzarsi delle difese, in grado di fronteggiare ogni prevedibile attacco e, contemporaneamente, di condurre una gigantesca offensiva al momento giusto e nel punto più debole del nemico, ossia nel settore contermine tra Alpi e pianura.
Da non sottovalutare l’aspetto di imporre la coscienza della nostra superiorità. Essa fu  condotta mediante colpi di mano, svolti senza tregua su tutta la fronte per deprimere lo spirito delle truppe avversarie. Oggi questa attività la possiamo definire con il termine “operazioni psicologiche”, soprattutto nella conduzione delle Peace Support Operations.
Infine, il concorso di forze e di artiglierie alleate permise di spingere l’azione in profondità e di non rimanere ad azione compiuta con forze logore su posizioni non preparate ed esposte ad un potente ritorno offensivo.

Un ulteriore ammaestramento è dato dalla superiorità aerea che in questo conflitto mosse i primi passi, determinando un importante passo verso la vittoria finale. Oggi giorno, sulla base delle esperienze operative maturate, si è compreso come sia indispensabile anticipare le operazioni terrestri con una buona campagna aerea.

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