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martedì 7 maggio 2024

La Divisione "Pavia": la costituzione ed il battesimo del fuoco - Parte I


 DIBATTITI

GIovGiovanni Riccardo Baldelli.

Il 1° marzo 1860 furono formati, con reparti organici di unità già costituite, il 27° e il 28° reggimento fanteria brigata Pavia.

Nel febbraio del 1861, a nemmeno un anno dalla sua costituzione, ebbe:

[…] … la prima prova del fuoco nell’attacco di Civitella del Tronto: fortezza borbonica che, insieme a qualche altra dell’Italia meridionale, si ostinava a confidare ancora nel ritorno, al trono delle “Due Sicilie” del tiranno Francesco II. […][1]

Il 2 giugno del 1861, trascorsi circa due mesi dai combattimenti sostenuti dalla Pavia nell’assedio della fortezza di Civitella del Tronto, vennero consegnate le bandiere ai due reggimenti della brigata offerte dal Municipio di Pavia:

[…] …il gentile pensiero lo avevano avuto molte signore della stessa città che unitesi in comitato avevano chiamato una illustre concittadina a presiederlo: Adelaide Cairoli. […][2]

Con l’unità d’Italia per la Pavia e tutto il neonato esercito unitario, specialmente le unità di fanteria di linea e i bersaglieri, la prevenzione delle rivolte popolari e la repressione della resistenza contadina nel Mezzogiorno assunsero un ruolo sempre maggiore.[3].

Dopo la costituzione, infatti, i due reggimenti, non furono utilizzati unicamente per le campagne militari, ma anche come forza di polizia per il mantenimento dell’ordine pubblico. Questo impiego, che oggi può sembrare anacronistico e sicuramente non aderente ai principi di uno stato moderno e democratico, permarrà fino alla prima guerra mondiale, terminata la quale, con l’avvento del fascismo e la nascita della Repubblica, il mantenimento dell’ordine pubblico sarà devoluto ai carabinieri e alla polizia:

La mancanza di un corpo di polizia organizzato su scala nazionale e la forza limitata dell’arma dei Carabinieri (che in questo periodo contava circa 20.000 uomini, saliti progressivamente a 30.000 alla vigilia della prima guerra mondiale) implicavano infatti che le truppe dovessero svolgere una parte attiva nella repressione delle manifestazioni popolari, oltre che delle rivolte vere e proprie. […][4]

Probabilmente, proprio per evitare che la popolazione locale potesse in qualche modo fraternizzare sia con i quadri (Ufficiali e Sottufficiali) e sia con la truppa, le autorità governative e quelle militari dell’epoca limitarono la permanenza dei reparti nella stessa città per pochi anni. Nel caso particolare, in media ogni due anni i due reggimenti cambiarono di sede[5].

Nel 1866 la brigata Pavia fu inviata nella campagna in Trentino, unico urto europeo in cui l’Italia sia impegnata prima del 1915.[6] Inquadrata nella 15a Divisione al comando del Generale Medici, insieme alla brigata Sicilia[7], ebbe il compito di avanzare su Trento dalla Valsugana.

Il 23 luglio la Pavia impegnò gli austriaci a Borgo e Levico dove il 28° reggimento ricevette, per l’azione qui condotta, la medaglia d’oro al valor militare[8]. La brigata arrestò la sua marcia nel Trentino il 25 luglio, essendo entrato in vigore l’armistizio tra Austria e Prussia firmato a Nikolsburg il 22 luglio[9].

Fino allo scoppio della 1a guerra mondiale la brigata Pavia concorse con i suoi reparti: il 20 settembre 1870 all’ingresso a Roma da Porta Salaria, alla costituzione di altri contingenti impegnati nelle campagne coloniali in Eritrea nel 1887-88 (1a compagnia del 27° reggimento) e 1895-96 (28° reggimento) e nella guerra italo-turca in Libia nel 1911-12.

Per quest’ultima campagna:

[…]… la Pavia inviò complessivamente 2400 suoi fanti contro gli arabi turchi in Libia e si fece molto onore nei combattimenti di Derna del 24 novembre 1911….[…] … il 3 marzo 1912 le truppe agli ordini dei tenenti Adolfo Bucciarelli ed Adolfo Naldi in località “Marabutto” di Derna, difesero strenuamente la sezione d’artiglieria del 26°[10] rimasta priva dei suoi artiglieri, tutti eroicamente caduti presso i pezzi.[…][11]



[1]     G. BONGIORNO TASCA, I Verdi di Gorizia. Storia episodica della Brigata “Pavia”, S.T.E.R. e Mutilati, Ravenna 1925, p. 12

[2]     Ivi, p. 14

[3]     Giorgio ROCHAT, L’Esercito Italiano in pace e in guerra. Studi di storia militare. RARA, Milano 1991, p. 42

[4]     Giorgio ROCHAT e Giulio MASSOBRIO, Breve storia dell’Esercito Italiano dal 1861 al 1943, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1978, p. 24

[5]     Nel caso specifico, il 27° e il 28° reggimento rimangono nella stessa località di servizio per un massimo di due anni, solamente dal 1920 in poi le due unità rimarranno in Emilia-Romagna fino all’invio in Tripolitania nel 1939. Il 27° reggimento presterà servizio a Rimini (1920-1926), Ferrara (1926-1935) e Cesena (1935-1939), mentre il “gemello” 28° fanteria rimarrà ininterrottamente dal 1920 al 1939 a Ravenna. Per l’elenco delle sedi di servizio dei reggimenti si veda al riguardo per il 28° reggimento: Franco DELL’UOMO e Rodolfo PULETTI, L’esercito italiano verso il 2000 – Storia dei corpi dal 1861 Volume Primo - Tomo I, USSME, Roma 1998, p. 284. Per il 27° reggimento: Franco DELL’UOMO e Roberto Di ROSA, op. cit., p.127.

[6]     Lucio CEVA, Storia della Forze Armate in Italia, UTET Libreria, Torino 1999, p. 41.

[7]     Ivi, p. 417.

[8]     Alla bandiera del 28° reggimento della brigata “Pavia” il 6 dicembre 1866 viene concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare con al seguente motivazione: ” Nel fatto d'armi di Borgo decise la vittoria, dando arditamente l'attacco al paese, impadronendosene combattendo, caricando poi successivamente il nemico finché esso fu posto in completa rotta. La notte a Levico fu questo stesso reggimento che con bravura, sangue freddo e disciplina ammirabile caricava alla baionetta gli Austriaci senza mai rispondere al loro fuoco, come era stato ordinato, conquistando così palmo a palmo il paese. (Borgo e Levico, 23 luglio 1866).

         Cfr. http://www.quirinale.it/elementi/onorificenze.aspx URL consultato il 1° febbraio 2014

[9]     Il Regno d’Italia aveva sottoscritto con il regno di Prussia un accordo segreto per la partecipazione alle ostilità contro l’impero asburgico al fine di ottenere il Veneto cfr. Emilio FALDELLA, Storia degli eserciti italiani, Bramante, Milano 1976, p. 127 e p.129.

[10]    Non si tratta del 26° reggimento artiglieria ma del 26° reggimento fanteria (poi 26° reggimento Bergamo), che partecipa alle operazioni in Libia dal 1911 al 1914. Cfr. Franco DELL’UOMO e Rodolfo PULETTI, op. cit., p. 277-278.

[11]    Mario BERDONDINI, Uomini e gesta del 28° fanteria, Edizioni Tradotta libica, Bologna 1966, p. 18

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