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lunedì 13 maggio 2024

La Divisione Pavia: i "Verdi" di Gorizia

 DIBATTITI

Giovanni Riccardo Baldelli

La presa di Gorizia, che costituì il primo vero successo della guerra sul fronte italiano, fu ottenuto grazie alla combinazione del fattore sorpresa e ad una preparazione adeguata degli attacchi.

Cadorna fu costretto a rinviare l’azione offensiva al campo trincerato di Gorizia, richiesta specificatamente dagli alleati francesi allo scopo di alleggerire il fronte di Verdun dove i tedeschi avevano lanciato una grande offensiva che aveva assorbito ingenti quantità di uomini e materiali a causa della Strafexpetition di Von Conrad il cui obiettivo era tagliare il fronte italiano dal Trentino all’Adriatico.[1].

La città di Gorizia:

[…] situata sulla riva sinistra dell'Isonzo era difesa da un campo trincerato tenuto dalla 58a divisione austriaca schierata sulla riva destra del fiume ed ancorato a nord al Monte Sabotino e chiuso a Sud, fuori dall'abitato di Lucinico. Una serie di rilievi come "Il dosso del Bosniaco", "Oslavia" ed il suo abitato, il "Podgora", il "Peuma", il "Monte Calvario", il villaggio di Grafenberg, irrobustivano la ridotta difensiva che impediva l'accesso agli otto ponti sull'Isonzo.

Il piano operativo italiano prevedeva, per la prima volta dall'inizio delle ostilità, una grande concentrazione di forze e di mezzi allestita per l'occasione. Il VI corpo d'Armata articolato inizialmente su quattro divisioni di fanteria (45a, 24a, 11a e 12a) al comando del Generale Capello ricevette il compito di espugnare la città e di proseguire in profondità l'azione, nell'intento di spezzare l'Isonzo Armee (5a Armata del Generale Boroevìc) e piegare su Trieste.[…][2]

Alle prime ore del mattino del 6 di agosto l’artiglieria italiana cominciò a colpire gli osservatori, i comandi austriaci e i passaggi obbligati facendo ricorso anche a proietti caricati a gas. Grazie al tiro preciso delle artiglierie di medio calibro e delle bombarde vennero colpiti i reticolati nei settori cruciali e delle trincee, colpendo duramente gli austriaci che non si aspettarono un bombardamento di una così vasta intensità[3].

Mentre nel settore nord, la colonna comandata dal Colonnello Badoglio, formata dal 78° reggimento fanteria, III battaglione del 58° fanteria e III battaglione del 115° reggimento di fanteria, raggiunse la sommità del Sabotino in circa 40 minuti; nel settore sud, sul Podgora, assegnato alla 12a divisione in cui fu inquadrata la Pavia, i contrattacchi degli austriaci invece limitarono la penetrazione in profondità da parte delle fanterie italiane[4].

Il 7 agosto non ci furono progressioni di rilievo, gli austro-ungarici resistettero e contrattaccarono con veemenza. 

Nelle prime ore dell’8 agosto il Comando della 58a divisione austro-ungarica, al fine di sgomberare la testa di ponte, decise di spostare la difesa lungo la sponda sinistra dell’Isonzo. Però solo 5.000 uomini, dei 18.000 uomini di cui si componeva inizialmente la divisione, riuscirono a passare il fiume per organizzare la resistenza ad oltranza di Gorizia.

Al mattino:

[…]… verso le 07.30, elementi del 28° fanteria attaccano gli austriaci asserragliatisi nel sottopassaggio della rotabile Mochetta-Lucinico, occupano il sottopassaggio e catturano circa 200 prigionieri e 2 cannoni. Reparti dello stesso reggimento raggiungono l’abitato di Podgora, entrando in contatto con la brigata Casale.[…][5]

Nelle primissime ore del pomeriggio avviene il passaggio dell’Isonzo:

[…]…Verso le quattordici la brigata Pavia e la Casale, le brigate eroiche del Podgora, giungono all’Isonzo: le case oltre Isonzo sono guarnite di tiratori, e un violento fuoco parte da esse; ma l’entusiasmo delle truppe è tale che nulla può arrestarle. Fra le 14.30 e le 15 l’Isonzo è passato all’estrema destra della testa di ponte, in vari punti, in parte a guado. […][6]

L’azione del sottopassaggio fu condotta da un giovane sottotenente romagnolo del 28° fanteria, Aurelio BARUZZI[7] che, successivamente, arrivato alla stazione ferroviaria di Gorizia vi issò una bandiera tricolore, come ricordato nella motivazione della medaglia d’argento concessa alle bandiere dei due reggimenti: varcato l’Isonzo portarono primi la bandiera d’Italia nella conquistata città.[8]

I reggimenti della Pavia vennero ricordati da questo momento in poi come i “Verdi di Gorizia” per il colore verde con banda scarlatta verticale al centro delle mostrine rettangolari del 27° e 28° reggimento.[9]

La battaglia per Gorizia, dal 6 al 12 agosto 1916, comportò per la brigata Pavia la perdita di 1500 uomini e 60 ufficiali tra morti, feriti e dispersi. [10]



[1]     Mario ISNENGHI e Giorgio ROCHAT, La Grande Guerra. 1914 -1918. La Nuova Italia, Milano 2000, p. 183

[2] http://www.esercito.difesa.it/Storia/storia_esercito/1915_1918/Pagine/9Agosto1916LapresadiGoriziaLasituazione.aspx, URL consultato il 27 febbraio 2014

[3]     Mario ISNENGHI e Giorgio ROCHAT, op. cit., p. 185-187

[4]     Girolamo Guerrino CORBANESE, 1915/1918 Fronte dell’Isonzo e rotta di Caporetto. I movimenti delle truppe italiane e austro-tedesche nei tre anni di conflitto, Del Bianco, Colloredo Montalbano (UD) 2003, p .114-116

[5]     Ibidem., p .116

[6]     Piero PIERI e Giorgio ROCHAT, Pietro Badoglio, Oscar storia Mondadori, Milano 2002, p. 93

[7]     All’ufficiale venne concessa sul campo, da Vittorio Emanuele III, la Medaglia d’oro al Valor Militare con la seguente motivazione: “Comandante di un reparto bombardieri a mano, si slanciava, per primo, in un camminamento austriaco, catturandovi uomini e materiali. Due giorni dopo, accompagnato da soli quattro uomini, irrompeva in un sottopassaggio della ferrovia apprestato a difesa contro il quale si erano spuntati gli attacchi dei due giorni precedenti, intimando audacemente la resa a ben 200 nemici, che venivano catturati unitamente a due cannoni ricco bottino di armi e materiali. più tardi, partecipava al passaggio a guado dell’Isonzo, si spingeva in Gorizia e nella stazione innalzava la prima bandiera italiana. Gorizia, 6-8 agosto 1916. cfr.  Ministero della Guerra, Bollettino Ufficiale, dispensa 84 del 23 settembre 1916

[8]     SMC US, op. cit., p. 103

[9]     Come per i reggimenti della Pavia, anche altre unità di fanteria del Regio Esercito, saranno ricordate dopo il primo conflitto mondiale con appellativi vari. I reggimenti della brigata “Toscana” (77° e 78° reggimento), per “l’impeto con il quale balzavano dalle trincee per andare all’attacco”, furono denominati “Lupi di Toscana”. Probabilmente a causa dell’appartenenza a questa brigata quale ufficiale, con il grado di capitano, di Gabriele D’ANNUNZIO, lo stesso coniò il motto latino del 78° reggimento che divenne: "Tusci ab hostium grege legio vocati luporum" (Cfr. Domenico CAMOSSO, “Biografia di un soldato. L’ultimo di El ALAMEIN, Uni Service 2011, Trento, p. 29). Anche i reggimenti della brigata “Sassari” (151° e 152° reggimento) saranno chiamati “i diavoli rossi” dagli austriaci, oltre che per il colore delle mostrine, metà bianche e metà rosse in cui spiccava quest’ultimo colore, anche per la particolare ferocia praticata dai soldati sardi, di cui era composta in prevalenza la brigata, nei combattimenti corpo a corpo.

      Cfr. http://www.centaurochirone.altervista.org/sassaristoria.htm URL consultato il 12 marzo 2014.

[10]    SMC US, op. cit., p. 103


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