DIBATTITI
Giovanni Riccardo Baldelli
La presa di
Gorizia, che costituì il primo vero successo della guerra sul fronte italiano,
fu ottenuto grazie alla combinazione del fattore sorpresa e ad una preparazione
adeguata degli attacchi.
Cadorna fu
costretto a rinviare l’azione offensiva al campo trincerato di Gorizia,
richiesta specificatamente dagli alleati francesi allo scopo di alleggerire il
fronte di Verdun dove i tedeschi avevano lanciato una grande offensiva che
aveva assorbito ingenti quantità di uomini e materiali a causa della Strafexpetition di Von Conrad il cui
obiettivo era tagliare il fronte italiano dal Trentino all’Adriatico.[1].
La città di
Gorizia:
[…] situata sulla riva sinistra dell'Isonzo era
difesa da un campo trincerato tenuto dalla 58a divisione austriaca
schierata sulla riva destra del fiume ed ancorato a nord al Monte Sabotino e
chiuso a Sud, fuori dall'abitato di Lucinico. Una serie di rilievi come
"Il dosso del Bosniaco", "Oslavia" ed il suo abitato, il
"Podgora", il "Peuma", il "Monte Calvario", il
villaggio di Grafenberg, irrobustivano la ridotta difensiva che impediva
l'accesso agli otto ponti sull'Isonzo.
Il piano operativo italiano prevedeva, per la prima volta
dall'inizio delle ostilità, una grande concentrazione di forze e di mezzi
allestita per l'occasione. Il VI corpo d'Armata articolato inizialmente su
quattro divisioni di fanteria (45a, 24a, 11a e
12a) al comando del Generale Capello ricevette il compito di
espugnare la città e di proseguire in profondità l'azione, nell'intento di
spezzare l'Isonzo Armee (5a Armata del Generale Boroevìc) e piegare
su Trieste.[…][2]
Alle prime ore del
mattino del 6 di agosto l’artiglieria italiana cominciò a colpire gli
osservatori, i comandi austriaci e i passaggi obbligati facendo ricorso anche a
proietti caricati a gas. Grazie al tiro preciso delle artiglierie di medio
calibro e delle bombarde vennero colpiti i reticolati nei settori cruciali e
delle trincee, colpendo duramente gli austriaci che non si aspettarono un
bombardamento di una così vasta intensità[3].
Mentre nel settore
nord, la colonna comandata dal Colonnello Badoglio, formata
dal 78° reggimento fanteria, III battaglione del 58° fanteria e III battaglione
del 115° reggimento di fanteria, raggiunse la
sommità del Sabotino in circa 40 minuti; nel settore sud, sul Podgora, assegnato
alla 12a divisione in cui fu inquadrata la Pavia, i contrattacchi
degli austriaci invece limitarono la penetrazione in profondità da parte delle
fanterie italiane[4].
Il 7 agosto non ci
furono progressioni di rilievo, gli austro-ungarici resistettero e
contrattaccarono con veemenza.
Nelle prime ore
dell’8 agosto il Comando della 58a divisione austro-ungarica, al
fine di sgomberare la testa di ponte, decise di spostare la difesa lungo la
sponda sinistra dell’Isonzo. Però solo 5.000 uomini, dei 18.000 uomini di cui
si componeva inizialmente la divisione, riuscirono a passare il fiume per
organizzare la resistenza ad oltranza di Gorizia.
Al mattino:
[…]… verso le 07.30, elementi del 28° fanteria
attaccano gli austriaci asserragliatisi nel sottopassaggio della rotabile
Mochetta-Lucinico, occupano il sottopassaggio e catturano circa 200 prigionieri
e 2 cannoni. Reparti dello stesso reggimento raggiungono l’abitato di Podgora,
entrando in contatto con la brigata Casale.[…][5]
Nelle primissime
ore del pomeriggio avviene il passaggio dell’Isonzo:
[…]…Verso le quattordici la brigata Pavia e la
Casale, le brigate eroiche del Podgora, giungono all’Isonzo: le case oltre
Isonzo sono guarnite di tiratori, e un violento fuoco parte da esse; ma
l’entusiasmo delle truppe è tale che nulla può arrestarle. Fra le 14.30 e le 15
l’Isonzo è passato all’estrema destra della testa di ponte, in vari punti, in
parte a guado. […][6]
L’azione del
sottopassaggio fu condotta da un giovane sottotenente romagnolo del 28°
fanteria, Aurelio BARUZZI[7] che, successivamente,
arrivato alla stazione ferroviaria di Gorizia vi issò una bandiera tricolore,
come ricordato nella motivazione della medaglia d’argento concessa alle
bandiere dei due reggimenti: varcato
l’Isonzo portarono primi la bandiera d’Italia nella conquistata città.[8]
I reggimenti della
Pavia vennero ricordati da questo momento in poi come i “Verdi di Gorizia” per il colore verde con banda scarlatta verticale
al centro delle mostrine rettangolari del 27° e 28° reggimento.[9]
La battaglia per
Gorizia, dal 6 al 12 agosto 1916, comportò per la brigata Pavia la perdita di
1500 uomini e 60 ufficiali tra morti, feriti e dispersi. [10]
[1] Mario
ISNENGHI e Giorgio ROCHAT, La Grande
Guerra. 1914 -1918. La Nuova Italia, Milano 2000, p. 183
[2] http://www.esercito.difesa.it/Storia/storia_esercito/1915_1918/Pagine/9Agosto1916LapresadiGoriziaLasituazione.aspx,
URL consultato il 27 febbraio 2014
[3] Mario ISNENGHI e
Giorgio ROCHAT, op. cit., p. 185-187
[4] Girolamo
Guerrino CORBANESE, 1915/1918 Fronte
dell’Isonzo e rotta di Caporetto. I movimenti delle truppe italiane e
austro-tedesche nei tre anni di conflitto, Del Bianco, Colloredo Montalbano
(UD) 2003, p .114-116
[5] Ibidem., p .116
[6] Piero PIERI e
Giorgio ROCHAT, Pietro Badoglio,
Oscar storia Mondadori, Milano 2002, p. 93
[7] All’ufficiale
venne concessa sul campo, da Vittorio Emanuele III, la Medaglia d’oro al Valor
Militare con la seguente motivazione: “Comandante
di un reparto bombardieri a mano, si slanciava, per primo, in un camminamento
austriaco, catturandovi uomini e materiali. Due giorni dopo, accompagnato da
soli quattro uomini, irrompeva in un sottopassaggio della ferrovia apprestato a
difesa contro il quale si erano spuntati gli attacchi dei due giorni
precedenti, intimando audacemente la resa a ben 200 nemici, che venivano
catturati unitamente a due cannoni ricco bottino di armi e materiali. più
tardi, partecipava al passaggio a guado dell’Isonzo, si spingeva in Gorizia e
nella stazione innalzava la prima bandiera italiana. Gorizia, 6-8 agosto 1916. cfr. Ministero della Guerra, Bollettino Ufficiale,
dispensa 84 del 23 settembre 1916
[8] SMC US, op. cit., p. 103
[9] Come per i
reggimenti della Pavia, anche altre unità di fanteria del Regio Esercito,
saranno ricordate dopo il primo conflitto mondiale con appellativi vari. I
reggimenti della brigata “Toscana”
(77° e 78° reggimento), per “l’impeto con
il quale balzavano dalle trincee per andare all’attacco”, furono denominati
“Lupi di Toscana”. Probabilmente a
causa dell’appartenenza a questa brigata quale ufficiale, con il grado di
capitano, di Gabriele D’ANNUNZIO, lo stesso coniò il motto latino del 78°
reggimento che divenne: "Tusci ab
hostium grege legio vocati luporum" (Cfr. Domenico CAMOSSO, “Biografia di un soldato. L’ultimo di El
ALAMEIN, Uni Service 2011, Trento, p. 29). Anche i reggimenti della brigata
“Sassari” (151° e 152° reggimento)
saranno chiamati “i diavoli rossi”
dagli austriaci, oltre che per il colore delle mostrine, metà bianche e metà rosse in cui
spiccava quest’ultimo colore, anche per la particolare ferocia
praticata dai soldati sardi, di cui era composta in prevalenza la brigata, nei
combattimenti corpo a corpo.
Cfr.
http://www.centaurochirone.altervista.org/sassaristoria.htm URL consultato il
12 marzo 2014.
[10] SMC US, op. cit., p. 103
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