DIBATTITI
AL VOLGERE DEL NUOVO MILLENNIO
“Engagement”
Sergio Benedetto Sabetta
“Il cervello: quell’apparato con il quale pensiamo di pensare” (Ambrose Bierce)
L’engagement è definito come uno stato mentale positivo e appagante verso il lavoro che si manifesta con la dedizione, il coinvolgimento e il vigore ( Schaufeli – Baker), ma perché questo si verifichi vi è la necessità di un ritorno sull’investimento in termini di prestazioni di ruolo, di possibilità di rischiare senza il timore di conseguenze negative per status e carriera, infine di possedere risorse ed energie non assorbite altrove al fine di poterle investire nelle prestazioni di ruolo ( Kahn),incardinate in una scala di valori precisi.
Questo comporta un orientamento costruttivo al cambiamento e alla modifica dei processi e delle relazioni interpersonali, rafforzando ulteriormente l’attitudine lavorativa, tuttavia bisogna ricordare che la percezione individuale del cambiamento e del suo rapporto con l’attitudine lavorativa stessa varia in funzione della generazione a cui appartiene il lavoratore e al livello di responsabilità, infatti le percezioni individuali e le capacità si modificano da una generazione all’altra ( Basaglia – Paolino).
La letteratura riconosceva nei primo decennio del 2000 quattro generazioni di lavoratori: i veterani, i baby boomers ( 1950-1964), la generazione X ( 1965-1981) e la generazione Y ( 1982- 2000) ( Yu- Miller); in ciascuna generazione l’età incide non solo in quanto esperienza condivisa alla luce delle future aspettative, ma anche in rapporto alle altre fonti di identità e categorie, nasce l’esigenza da valutare non solo differenti aspettative e bisogni, ma innanzitutto differenti capacità e visioni prospettiche dei problemi e dei valori ( Basaglia – Paolino).
I problemi finanziari erano venuti a sovrapporsi a qualsiasi altra esigenza organizzativa o produttiva che sia, tanto da rischiare un corto circuito tra una sempre massiccia innovazione informatica e la mancata successione generazionale in ambito lavorativo, l’innovazione, il cambiamento e la tecnologia in generale hanno bisogno prevalentemente di soggetti operativi rientranti nelle generazioni X e Y, solo una stretta minoranza ad alta specializzazione rientrava tra i baby boomers, si venivano quindi a scontrare due esigenze opposte di sfoltimento delle vecchie generazioni e di immissione delle nuove questo in stretto rapporto quantitativo e qualitativo con l’innovazione, comprimendo al contempo i costi.
Non poteva quindi esservi una sola ed unica via, bensì nasceva l’esigenza di una serie di interventi mirati e integrati fra di loro al fine di favorire l’esodo e la ricollocazione in nuovi ruoli con minore tecnologia e maggiore esperienze “umanistiche”, differenziando nella sostanza le funzioni lavorative, in quanto ogni generazione ha una propria identità in evoluzione che può alterare negativamente i processi organizzativi in particolare nel momento in cui il salto tecnologico assume le dimensioni di una rivoluzione post – industriale ( Fiol- Pratt- O Conner).
La distonia era ancora più evidente se si raffrontava con le esperienze di riforma gestionale del pubblico impiego sviluppate in Europa, le quali andavano dall’introduzione di nuovi modelli di selezione predisposti dall’ufficio per la selezione del personale delle istituzioni europee ( EPSO), alla valorizzazione delle alte potenzialità di alcune amministrazioni OCSE ( Bellè - Cantarelli).
Dobbiamo, infatti, considerare che un eccesso di innovazione tecnologica su ambienti lavorativi non generazionalmente adatti può innescare o aggravare effetti fisici e psicologici dai rilevanti costi economici, sia in termini produttivi che sanitari, come nelle ipotesi di patologie oculistiche e psichiche, come l’effetto annuncio può avere un effetto boomerang nel lungo periodo.
L’attuale generazione Z , nata dopo il 2000, presenta delle criticità evidenziate con la pandemia e l’attuale crisi internazionale.
Con l’attacco alle Torri Gemelle nel settembre 2001 viene meno un ciclo in cui vi è un predominio assoluto degli USA, esercitato tuttavia in termini “soft”, coinvolgendo trasversalmente alleati e partner.
Le coalizioni vengono sostituite da semplici “affiliazioni” all’idea dei “neoconservatori” sulla necessità di un rinnovato Impero, di cui gli USA dovranno assumere direttamente il controllo superando la fase soft.
La crisi economica del 2009, favorita dai costi di una politica imperialista a tutto campo, conduce al ripensamento del disegno di una America Egemone, tanto più in presenza di una impetuosa crescita economica di Cina e India.
Vi è una aspirazione all’isolazionismo secondo il modello di “America First” di Donald Trump, vi è un progressivo ritirarsi da aree non ritenute essenziali, iniziando un braccio di ferro con la Cina che a sua volta risponde con atti di “soft power”.
La crisi pandemica riporta al centro gli USA che tuttavia, nel ricostituire la loro leadership, rimangono incerti, ondeggiano tra un rinsaldare le alleanze NATO e agire autonomamente, come nel veloce ritiro dall’Afghanistan nell’estate 2021 o l’accordo Aukus.
Tuttavia resta la necessità di contenere la Cina anche se in termini non esplicitamente conflittuali, vedasi dazi e il “Buy American Act”, e la difficoltà di un equilibrio nei vari conflitti in atto, senza dare l’idea di abbandonare gli alleati (Pancheri).
In questo scenario vi è nei giovani quello che il filosofo Paul Rcoeur definisce come una atrofia dei fini rispetto alla bulimia dei mezzi.
Dai dati ISTAT emerge che a fronte di 10 milioni e 200 mila individui tra i 18 e i 34 anni, 1,7 milioni tra i 15 e i 34 anni non studia e non lavora.
La perdita di centralità della scuola e della famiglia, a seguito dello sciogliersi dei ruoli in una indifferenza generalizzata, conduce alla incapacità dei giovani di definire una propria identità, a cui i social fanno da cassa di risonanza aumentando lo stato confusionale, riducendo tutto all’esaltazione del momento, (Recalcati).
Vi è una continua compressione dei tempi che non permette la riflessione quale modello sociale individualista-economico, in cui i genitori si tolgono la responsabilità dei figli appropriandosi al contempo dei loro eventuali successi in un eterno presente, rinunciando al ruolo di educatori.
Il risultato è un disagio psicologico che risulta raggiungere percentuali del 75% per la generazione Z, del 69% per le donne e del 60,1% per gli italiani in genere, il disagio deve tuttavia essere nascosto sotto l’apparenza del “tutto va bene”, di una continua artificiale felicità (Gallone, 101, Limes 2/24).
Al contempo sono venuti meno anche gli altri aggregatori sociali quali erano i partiti politici e la religione, oltre all’obbligo di un servizio comune come il militare o la protezione civile, vi è quindi una indifferenza verso la “cosa pubblica”.
Tre grandi narrazioni sono naufragate (Valerii, 67, Limes 2/24):
La fiducia in una Europa unita , senza frontiere;
La globalizzazione quale continuo benessere in una eterna pace;
Internet quale promessa di una continua crescita di conoscenza e democrazia.
Si è creata una società del rancore, dove vi è un blocco nella crescita culturale sociale individuale, sostituito da uno sterile individualismo esasperato, l’attuale crisi mondiale non è solo un conflitto per un primato economico, militare e tecnologico, ma è bensì un conflitto di valori nel superamento di una globalizzazione economica che avrebbe dovuto diffondere una democrazia secondo il modello Americano, si è parlato quindi di un “post neoliberal word”.
Tuttavia in termini autoritari per ricompattare rapidamente una società e dare un obiettivo chiaro e definito al debordare dell’energia giovanile necessita un nemico, ecco il sorgere degli attuali conflitti e la necessità di un loro prolungarsi nel tempo, con un variare dell’intensità per non esaurire le risorse e mantenere un livello di benessere accettabile al fine di evitare rivolte.
Bibliografia
N. Bellè – P. Cantarelli, Il pubblico impiego nel XXI secolo, 71-72, E & M – SdA Bocconi, Etas, 1/2012;
S. Basaglia – C. Paolino, Work attitudes e generazioni. Differenze nella diversità, 39-43, E & M – Sda Bocconi, Etas 4/2011;
C. M. Fiol – M. G. Pratt – E. J. O Conner, managing intractable identity conflicts, Accademy of management review, 34, 32 – 55, 2009;
H. C. Yu – D. Miller, The generation gap and cultural influence. A Taiwan empirical investigation, Cross cultural management, 10, 23-41, 2003;
W.Kahn, Psychological conditions of personal engagement and disengagement at work, Accademy of management journal, 33, 692 – 724, 1990;
E. Epicoco, La scelta di Enea. Per una fenomenologia del presente, Rizzoli 2022;
G. Panchieri, L’impero Americano, Solferino 2023;
M. Recalcati, Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Feltrinelli 2013;
AA. VV., Una certa idea di Italia, Limes, 2/2024.
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