DIBATTITI
Giovanni Riccardo Baldelli
Concluso il primo conflitto mondiale,
a cui fece seguito la smobilitazione di tutto l’Esercito, la Pavia continuò la sua vita di
guarnigione nelle sedi assegnatele nel tempo di pace.
Nel 1920 venne attuato un primo
riordinamento attuato dal Ministro della Guerra Bonomi che, a causa delle
difficoltà finanziarie in cui versava il regno d’Italia, fu caratterizzato da
una riduzione nell’ambito dell’organizzazione dei reggimenti di fanteria su
solo due battaglioni fucilieri.[1]
A pochi mesi dall’avvento del regime
fascista, con la legge del 7 gennaio 1923, il Maresciallo Diaz divenuto
Ministro della Guerra rese esecutivo il nuovo ordinamento del Regio Esercito,
nel quale la brigata Pavia fu
inserita nell’11a Divisione territoriale di Ravenna dipendente dal
IV Corpo d’Armata di Bologna.[2]
L’11 marzo 1926 venne attuata
un’altra riforma ordinativa dell'esercito con Mussolini, che avendo avocato a
sé anche la carica di Ministro della Guerra, dispose affinché le brigate di
fanteria:
[…]…assumano in luogo delle antiche
denominazioni un numero progressivo; ciascuna di esse si costituisce su tre
reggimenti, i quali conservano il nome della brigata di origine...[…][3]
Di conseguenza la Pavia, con l’assegnazione dell'11º reggimento fanteria "Casale", diventò XVII
Brigata di fanteria e venne posta alle dipendenze della 17a
Divisione Militare Territoriale di Ravenna.[4]
A seguito della legge dell’11 ottobre
1934, con la quale venne mantenuto l’ordinamento ternario su tre reggimenti di
fanteria ternaria, alla Pavia fu assegnata la denominazione di divisione di Fanteria del Rubicone.
Al fine di:
[…] esaltarne le tradizioni, le divisioni
risultano contraddistinte […] oltre
che da un numero, anche da un nominativo che viene assunto pure dalle brigate
alle dipendenze divenute di fanteria[5].
La scelta del nome, tuttavia,
condizionata dalla retorica del tempo, fu legata a località sede di avvenimenti
storici italiani, e nel caso della Rubicone,
secondo il Bollettino dell’Ufficio
Storico (fascicolo n° 1 del 5 gennaio 1934), rivolto ad evocare:
[…]…lo spasimo della passione del Condottiero
che, nell’attraversare quel fiumicello, segnava il destino di Roma Creandole il
più vasto impero che sia mai esistito… […][6]
Dopo aver concorso alla mobilitazione
dei reparti mobilitati per le Operazioni in Africa Orientale (1936), in
conseguenza dell’adozione della divisione binaria prevista dall’ordinamento
Pariani, la Grande Unità perse l’11° reggimento fanteria Casale rimanendo con
i due reggimenti di fanteria 27° e 28° e il 26° reggimento artiglieria.
Nel 1939, per effetto del R.D. del 24
agosto, con il quale s’intese assegnare un numero e un nominativo alle
divisioni di fanteria[7], a pochi giorni dalla
partenza per la Tripolitania, divenne Divisione
di fanteria Pavia (17a) del tipo autotrasportabile; un termine,
che nella fervida immaginazione del Capo di Stato Maggiore generale nella
circolare 10600 del 1939 con la quale fu sancita la costituzione di questa
tipologia di grandi unità, avrebbe dovuto essere autoportata con il concorso
degli automezzi forniti dal comando del livello superiore:
La divisione definita di tipo autotrasportabile è una
grande unità leggera, avente salmerie, ma che ha per contro già motorizzati od
autotrainati tutti gli elementi che nella divisione normale sono ippotrainati.
A differenza della divisione motorizzata non possiede, in proprio, tutti gli
automezzi occorrenti al suo trasporto che debbono essere assegnati di volta in
volta, la sua fanteria è dotata di salmerie di combattimento. Più pesante della
divisione motorizzata, a motivo del trasporto delle salmerie di combattimento,
ed assolutamente vincolata alle rotabili, in conseguenza del tipo di
autoveicoli di cui disporrà durante il trasporto, richiede maggior tempo di
quella per lo scarico dagli automezzi, le sue fanterie possono usufruire delle
rispettive salmerie, per portare le armi e le munizioni, durante gli
spostamenti a piedi. E’ tenuta a disposizione del comando quale riserva mobile
di manovra o ad immediato rinforzo di divisioni celeri o motorizzate. A seconda
del compito e della situazione nella quale è chiamata ad operare, deve essere
completata degli elementi necessari per la sua sicurezza, durante il movimento,
e per la sua eventuale protezione, durante lo schieramento.[8]
[1] Lucio CEVA, op.
cit., pp. 195-196
[2] Franco DELL’UOMO
e Rodolfo PULETTI, op. cit. p. 27
[3] Ibidem e ivi.
schema p.28
[4] Ibidem e ivi.
schema p.29
[5] Franco DELL’UOMO
e Rodolfo PULETTI, op. cit. p. 28-29
[6] Oreste BOVIO, Storia dell’Esercito Italiano (1861-2000) 2a
edizione, USSME, Roma 2010, p. 790
[7] Filippo STEFANI, La storia e la
dottrina e degli ordinamenti dell’Esercito Italiano- Volume II- Tomo 1°,
USSME, Roma 1985, p. 304 e nota (67) al capitolo p. 333
[8] Filippo
CAPPELLANO, L’Esercito Italiano nel 1943,
«Storia Militare dossier»,
I, n. 5 novembre –dicembre, Albertelli Edizioni Speciali, Parma 2012, p. 42
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