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lunedì 20 maggio 2024

La Divisione Pavia. Il primo dopoguerra. Parte V

 DIBATTITI

Giovanni Riccardo Baldelli

Concluso il primo conflitto mondiale, a cui fece seguito la smobilitazione di tutto l’Esercito, la Pavia continuò la sua vita di guarnigione nelle sedi assegnatele nel tempo di pace.

Nel 1920 venne attuato un primo riordinamento attuato dal Ministro della Guerra Bonomi che, a causa delle difficoltà finanziarie in cui versava il regno d’Italia, fu caratterizzato da una riduzione nell’ambito dell’organizzazione dei reggimenti di fanteria su solo due battaglioni fucilieri.[1]

A pochi mesi dall’avvento del regime fascista, con la legge del 7 gennaio 1923, il Maresciallo Diaz divenuto Ministro della Guerra rese esecutivo il nuovo ordinamento del Regio Esercito, nel quale la brigata Pavia fu inserita nell’11a Divisione territoriale di Ravenna dipendente dal IV Corpo d’Armata di Bologna.[2]

L’11 marzo 1926 venne attuata un’altra riforma ordinativa dell'esercito con Mussolini, che avendo avocato a sé anche la carica di Ministro della Guerra, dispose affinché le brigate di fanteria:

[…]…assumano in luogo delle antiche denominazioni un numero progressivo; ciascuna di esse si costituisce su tre reggimenti, i quali conservano il nome della brigata di origine...[…][3]

Di conseguenza la Pavia, con l’assegnazione dell'11º reggimento fanteria "Casale", diventò XVII Brigata di fanteria e venne posta alle dipendenze della 17a Divisione Militare Territoriale di Ravenna.[4]

A seguito della legge dell’11 ottobre 1934, con la quale venne mantenuto l’ordinamento ternario su tre reggimenti di fanteria ternaria, alla Pavia fu assegnata la denominazione di divisione di Fanteria del Rubicone.

Al fine di:

[…] esaltarne le tradizioni, le divisioni risultano contraddistinte […] oltre che da un numero, anche da un nominativo che viene assunto pure dalle brigate alle dipendenze divenute di fanteria[5].

La scelta del nome, tuttavia, condizionata dalla retorica del tempo, fu legata a località sede di avvenimenti storici italiani, e nel caso della Rubicone, secondo il Bollettino dell’Ufficio Storico (fascicolo n° 1 del 5 gennaio 1934), rivolto ad evocare:

[…]…lo spasimo della passione del Condottiero che, nell’attraversare quel fiumicello, segnava il destino di Roma Creandole il più vasto impero che sia mai esistito… […][6]

Dopo aver concorso alla mobilitazione dei reparti mobilitati per le Operazioni in Africa Orientale (1936), in conseguenza dell’adozione della divisione binaria prevista dall’ordinamento Pariani, la Grande Unità perse l’11° reggimento fanteria Casale rimanendo con i due reggimenti di fanteria 27° e 28° e il 26° reggimento artiglieria. 

Nel 1939, per effetto del R.D. del 24 agosto, con il quale s’intese assegnare un numero e un nominativo alle divisioni di fanteria[7], a pochi giorni dalla partenza per la Tripolitania, divenne Divisione di fanteria Pavia (17a) del tipo autotrasportabile; un termine, che nella fervida immaginazione del Capo di Stato Maggiore generale nella circolare 10600 del 1939 con la quale fu sancita la costituzione di questa tipologia di grandi unità, avrebbe dovuto essere autoportata con il concorso degli automezzi forniti dal comando del livello superiore:

La divisione definita di tipo autotrasportabile è una grande unità leggera, avente salmerie, ma che ha per contro già motorizzati od autotrainati tutti gli elementi che nella divisione normale sono ippotrainati. A differenza della divisione motorizzata non possiede, in proprio, tutti gli automezzi occorrenti al suo trasporto che debbono essere assegnati di volta in volta, la sua fanteria è dotata di salmerie di combattimento. Più pesante della divisione motorizzata, a motivo del trasporto delle salmerie di combattimento, ed assolutamente vincolata alle rotabili, in conseguenza del tipo di autoveicoli di cui disporrà durante il trasporto, richiede maggior tempo di quella per lo scarico dagli automezzi, le sue fanterie possono usufruire delle rispettive salmerie, per portare le armi e le munizioni, durante gli spostamenti a piedi. E’ tenuta a disposizione del comando quale riserva mobile di manovra o ad immediato rinforzo di divisioni celeri o motorizzate. A seconda del compito e della situazione nella quale è chiamata ad operare, deve essere completata degli elementi necessari per la sua sicurezza, durante il movimento, e per la sua eventuale protezione, durante lo schieramento.[8]

 



[1]     Lucio CEVA, op. cit., pp. 195-196

[2]     Franco DELL’UOMO e Rodolfo PULETTI, op. cit. p. 27

[3]     Ibidem e ivi. schema p.28

[4]     Ibidem e ivi. schema p.29

[5]     Franco DELL’UOMO e Rodolfo PULETTI, op. cit. p. 28-29

[6]     Oreste BOVIO, Storia dell’Esercito Italiano (1861-2000) 2a edizione, USSME, Roma 2010, p. 790

[7]        Filippo STEFANI, La storia e la dottrina e degli ordinamenti dell’Esercito Italiano- Volume II- Tomo 1°, USSME, Roma 1985, p. 304 e nota (67) al capitolo p. 333

[8]     Filippo CAPPELLANO, L’Esercito Italiano nel 1943, «Storia Militare dossier», I, n. 5 novembre –dicembre, Albertelli Edizioni Speciali, Parma 2012, p. 42

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