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giovedì 20 giugno 2024

Rapporti tra Austria-Ungheria Germania ed Italia 1914. Perchè non attaccammo nel 1914?

 APPROFONDIMENTI



 Filippo Corridoni e Benito Mussolini nel 1914


Perché non attaccammo nel 1914?


Una politica estera lineare avrebbe messo in condizioni il nostro Esercito di operare con aderenza alla realtà. Ma questa politica estera era ondivaga e contradittoria e fu quanto mai discontinua. La guerra di Libia era una guerra coloniale, oltremare che fece spostare a sud il baricentro operativo dell’Esercito, mentre le crisi balcaniche e gli interessi strategici dell’Italia in quelle aeree erano sempre più pressanti. Nel 1914 al momento della crisi generata dall’attentato di Sarajevo avevamo le nostre forze non concentrate su un unico obiettivo ma sparse sia verso sud che verso nord, intendendo la minaccia principale una guerra contro la Francia.

Si dibatte il perché non attaccammo nell’agosto 1914. Il rovesciamento delle alleanze prevede che si deve trarre il massimo profitto da esso e quindi ottenere i risultati eclatanti, che dovrebbero mascherare una operazione che non è mai accettata benevolmente da tutti per i suoi risvolti poco edificanti. La questione, in sostanza, si riduce alla domanda: sarebbe stato possibile per l’Italia conseguire risultati strategici se fosse entrata in guerra immediatamente contro l’Austria anziché dichiarare la neutralità?

La risposta è sostanzialmente negativa per una ragione principale: la impreparazione dell’esercito uscito stremato dalla guerra di Libia. È una indiretta accusa al Governo ed alla politica militare degli anni precidenti la Grande Guerra che non hanno permesso di avere uno strumento utile in grado di svolgere un’azione strategica di ampio respiro. Nel 1914 l’Esercito italiano disponeva di 350 mila uomini che, secondo certi autori[1] ed avrebbe potuto attaccare e vincere i 400 mila soldati dell’Esercito austriaco in piena crisi di mobilitazione ed impegnato a fronteggiare una guerra su tre fronti, quello russo, quello serbo e quello italiano. Tesi che peraltro trova riscontro nell’azione di Cadorna che il 3 ed il 14 agosto aveva insistito presso il Governo per un attacco contro l’Austria. In tutta la questione sembra che non si riesca a comporre un quadro unico, ognuno dei protagonisti attento solo a focalizzare il suo punto di vista.

 

L’Austria, peraltro, osservava attentamente la situazione italiana nel luglio ed agosto 1914 e non prese alcun provvedimento militare, ovvero non rafforzò minimamente le posizioni del fronte meridionale, tanto da poter far dire che corse e ben valutò quello che si definisce un rischio calcolato. Diede per certa la neutralità italiana, che nell’agosto 1914 era quello che desiderava.

Occorre, peraltro, fare, due osservazioni. La prima derivante dall’’azione di Cadorna che nel luglio 1914 era tutto intento a progettare, pianificare e mettere in essere l’azione contro la Francia, a seguito della convenzione militare del marzo 1914; abbiamo visto come la sua sorpresa fu grande nell’apprendere che l’Italia sarebbe rimasta neutrale e in prospettiva si affacciava l’ipotesi di una guerra all’Austria. La seconda è che la proclamazione immediata della mobilitazione generale avrebbe messo in condizioni l’Esercito di attaccare dopo 40 giorni dalla sua proclamazione, ovvero a metà settembre del 1914, dando tutto il tempo all’Austria di predisporre le sue difese, facendo svanire l’effetto sorpresa. I tedeschi, come noto, iniziarono la loro mobilitazione già per tempo per essere in grado di muovere contro il Belgio agli inizi di agosto. Oltre a questo a monte ci sarebbe dovuta essere una politica estera tale che un attacco immediato all’Austria avrebbe dovuto avere una preparazione politica e diplomatica che doveva iniziare mesi prima. Un ministro degli Esteri come il di San Giuliano, che perorava la causa della neutralità italiana per intervenire al momento più opportuno a dare una mano al vincitore, non considerava minimamente un attacco immediato all’Austria. Inoltre occorre far entrare in gioco il rapporto con la Francia, la Gran Bretagna e la Russia, che consideravano l’Italia come una potenziale nemica o, al meglio, come una nazione neutrale per indebolire il fronte tedesco-austriaco. Ci vollero mesi prima di determinare le condizioni concordate con l’Intesa dell’entrata in guerra dell’Italia. Un attacco senza preventivo accordo sarebbe stato fine a sé stesso. Le contraddizioni poi aumentano nel momento in cui Cadorna, nel corso di una riunione ristretta a Palazzo Braschi il 19 agosto 1914, in merito ad un attacco attraverso il Trentino, che era “irto di fortificazioni” era del tutto impossibile.

 

Sorge il dubbio che Cadorna, non a conoscenza della reale consistenza dello stato di preparazione dell’Esercito, a fine luglio chiede la mobilitazione generale e l’attacco all’Austria, vedendo le cose in modo superficiale; via via che i dati di situazione vengono a sua conoscenza, cambia atteggiamento fino alla crisi di settembre. Cadorna rimane impressionato dalla relazione sulle “enormi manchevolezze” dei magazzini fattegli dal generale Alfredo Tettoni, direttore dei servizi logistici, ed il 25 settembre 1914 protesta energicamente presso il Governo e soprattutto accusa il ministro generale Grandi di non aver dato i dati reali di situazione. Uno scontro che è una delle cause delle dimissioni di Grandi l’8 ottobre 1914.

Lo scollamento tra vertice politico, con l’Italia ancora vagamente triplicista, e vertice militare, questo, peraltro, con un Capo di Stato Maggiore che ancora non aveva avuto idee chiare sullo stato dello strumento che comandava, forse è la vera ragione per cui non attaccammo nel 1914. Se poi si aggiunge che la impreparazione dell’Esercito era un dato oggettivo a causa della guerra di Libia, il quadro si completa con la constatazione che un conto sono le ipotesi (l’attacco al nemico impreparato) ed un conto è la realtà (impreparazione dell’Esercito, assenza di piani, politica estera diversamente orientata).


Massimo Coltrinari


[2]



[1] Bencivenga R., Saggio critico sulla nostra guerra. Il periodo della neutralità, Roma, Tipografia Agostiniana, 1930, Vol. I; Alberti A., Testimonianze straniere sulla grande guerra italiana 1915 -1918, Roma Ministero della Guerra, Comando del Corpo di S.M., ed. del giornale “Le Forze Armate”, 1933, pag, 28-31.

[2] Ilari V., Storia del servizio militare in Italia. La “Nazione Armata” 1871 -1918, Roma, CEMISS, Rivista Militare, 1990, Cap. X III, pag. 420 e segg.

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