DIBATTITI
Sergio Benedetto Sabetta
Nel “Protagora” di Platone si narra che gli uomini, nei primordi della loro convivenza, erano sul punto di scomparire per la violenza che li dilaniava. Gli dei intervennero al fine di evitarne l’annientamento e mandarono Mercurio quale loro rappresentante, questi portò al genere umano due doni che li salvò dalla distruzione: il sentimento di vergogna e la legge.
Il controllo sociale interno al singolo dettato dalla vergogna si affianca all’autorità esterna e repressiva della legge, tuttavia a guardare meglio è Mercurio colui che porta i doni, il dio del commercio ma anche dei ladri e dell’eloquenza, lo scambio quale elemento che induce a controllare la violenza ma al contempo la trasporta ad un livello più raffinato, fondato sull’abilità, il tutto intrecciato nella capacità della parola di persuadere, sia nel bene che nel male.
I due elementi della vergogna e delle leggi si affiancano, in quanto le leggi senza vergogna perdono il rispetto e quindi l’efficacia, come del resto la vergogna è rafforzata in parte dalla pubblicità e attuazione della legge, d’altronde l’autorità repressiva della legge è in un sistema democratico limitata dallo stesso suo sentire, non potendo superare nella repressione certi limiti imposti dal sistema democratico, limiti che dovranno essere per forza culturali.
Ecco intervenire la necessità di una educazione dei giovani a partire dalla famiglia fondato sul rispetto e la coerenza dell’agire, vi è quindi una responsabilità genitoriale a cui dovrebbe corrispondere la sanzione quale base della consapevolezza.
La decadenza sociale inizia dalla decadenza delle strutture educative che possono individuarsi nella famiglia e nella scuola, nel confondere le cause come giustificazione, nella mancanza di chiari comportamenti premianti nel merito, finendo per premiare l’aggressività.
Quando si parla di diritto nel mondo democratico si pensa teoricamente ad un mercato perfetto in cui vi sia trasparenza nelle decisioni, indipendenza di giudizio, fluidità nella formazione delle decisioni e nella possibilità di accesso alle forme di giudizio, nonché una omogeneità di applicazione.
Nella realtà queste condizioni non sono realizzabili, parafrasando la “legge di Say” si può affermare che non è la domanda di giustizia che crea l’offerta giuridica, bensì è l’offerta stessa che crea la propria domanda. Non si può immaginare che ciascun individuo sia isolato e non venga influenzato dalle azioni e aspettative dei suoi simili, la ricerca dell’utile individuale non porta di per sé all’ottimo per il sistema, conducendo a probabili situazioni di surplus, occorre pertanto colpire le azioni giuridiche non giustificate e temerarie.
Come tutti i mercati anche quello giuridico deve essere regolamentato, ma occorre tenere presente che le regole non sono solo un limite, come postulato dalla teoria neoclassica, bensì contribuiscono a “plasmare” le azioni degli individui, vi è al riguardo una tendenza all’esternalizzazione delle conseguenze “negative”.
Con la globalizzazione all’asimmetria sia informatica che economica si è aggiunta una “non omogeneità”, circostanza che viene a favorire il fallimento di questo particolare mercato, tanto a livello locale che globale, su questo viene ad inserirsi la differenza tra il modello reale e quello ideale a cui ci siamo ispirati, ma dobbiamo anche considerare lo stile di vita a cui desideriamo tendere, che nella sua difficoltà di attuazione si trasforma in un ulteriore fonte di crisi e quindi conflittuale.
Ogni crisi del sistema è fonte di conflitti e pertanto di sfiducia, la fiducia è per Arrow il “lubrificante” di ogni sistema sociale, la sua mancanza nel creare una conflittualità sociale crea la conflittualità giuridica, elemento di difficoltà nella crescita socio-economica, la crisi per essere positiva deve ricreare una nuove forma di fiducia.
Il mercato giuridico è dato dalla relazione tra i flussi di cassa e le modalità di comportamento del sistema, ne consegue che l’aumento di efficienza del sistema provoca una crescita della domanda, circostanza che nel difficile raggiungimento di un equilibrio tra risorse immesse e domanda conduce ad una esternalizzazione, in cui la stabilizzazione e conseguente contenimento dei costi, oltre che fattore tecnico, diventa elemento culturale.
Si è avanzata l’ipotesi che la “speculazione” giuridica sia come in economia, dove secondo la teoria neoliberale assicura la liquidità di mercato e concorre alla formazione di un prezzo efficiente, diventa in tal modo uno strumento per la stabilizzazione sociale, il rischio è che coloro che producono effettivamente beni e cultura ne risultino vittima.
Ulteriore elemento di difficoltà è la presenza di diversi mercati giuridici regionali, i quali, sebbene necessari nella loro flessibilità agli effetti di una concorrenza che garantisca un margine di libertà, nell’eccesso creano l’aumento del rischio, non solo per le attività produttive, ma anche per la privacy e la libertà in generale del singolo, il quale si vede controllato nel suo sentire e pilotato dall’interno sia economicamente che nel suo pensiero, come dimostrano le polemiche tanto sulle elezioni e referendum nei paesi democratici che lo scandalo di Cambridge Analytica.
Dobbiamo considerare che premiare gli operatori per i risultati positivi, ma non punirli per i risultati negativi, favorisce l’assunzione di rischi elevati scaricandone all’esterno sulla collettività i costi, si creano in tal modo, come in tutte le altre forme di mercato, le tanto temute bolle, opacizzando ulteriormente il mercato in un conflitto di interessi tra “consulente giuridico” e cliente.
In economia, ma in generale in tutte le forme dell’agire umano, vige il c.d. “teorema di W. Thomas”, per cui se molti individui definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze.
Il diritto interviene nel rapporto libertà/controllo e viene a comprimere la libertà quale possibile scelta tra numerosi differenti comportamenti, una normazione necessaria alla struttura sociale che si è affermata, si va pertanto da un ampio spettro di scelte proprio dei sistemi libertari, a comportamenti predefiniti, propri dei sistemi autoritari.
Tuttavia la tecnologia modifica progressivamente sia il pensiero che l’agire, di conseguenza si viene a modificare lo stesso rapporto libertà/controllo, dove il controllo perde parte dell’aspetto manifestamente repressivo per diventare sempre più indotto, non più esterno punitivo ma interiorizzato, mediante gli aspetti più propriamente premianti e imitativi, si riducono pertanto i costi esponenziali di un apparato repressivo a favore di una attiva e fattiva partecipazione dei singoli.
“Cercatori di soddisfazioni immediate, accumulatori seriali di emozioni, condannati alla scomparsa di ogni punto di riferimento comunitario, abitanti dell’epoca in cui “alla bulimia dei mezzi corrisponde l’atrofia dei fini” ( 101,G. Gallone, C’erano una volta i giovani. Come rianimarli, in Limes “Una certa idea di Italia”, 2/2024).
Su 10.200.000 individui tra 18 e 34 anni 1,7 milioni non studiano né lavorano, il 60,1 % degli italiani ritiene di avere dei disagi psicologici, che diventa il 65% per le donne, il 62% per i millenials e il 75% per la generazione Z con punte dell’81% per l’elemento femminile, conseguenza del venire meno dell’identità comunitaria.
Negli anni ’80 fu distribuito nelle scuole dalla polizia di Seattle un prontuario educativo per i genitori su come formare un delinquente modello. Si riporta di seguito un estratto significativo:
Dall’infanzia concedetegli tutto quanto vuole: crescerà pensando che il mondo gli debba tutto;
Se dice parole sconce, ridete si crederà furbo;
Non dategli alcuna formazione spirituale, quando avrà 18 anni farà lui la sua scelta;
Non proibitegli mai nulla, potrebbe farsi dei complessi e se più tardi verrà punito a scuola o dallo Stato, crederà che è la società che lo perseguita;
Mettete in ordine ciò che ha lasciato in disordine, si convincerà che la responsabilità è sempre degli altri;
Lasciategli leggere tutto, vedere tutto, frequentare chi vuole, usare sostanze e alcool, ma vestitelo bene in compenso, si convincerà che è l’apparenza che conta;
Litigate sempre in sua presenza, quando divorzierete non ne sarà sorpreso;
Dategli tutto il denaro che chiede, non debba guadagnarselo, crederà che gli spetti;
Concedete soddisfazione a tutte le sue richieste, potrebbe restare frustrato;
Prendete sempre le sue difese, professori, amici, polizia, sono sempre e solo cattivi nei confronti del vostro piccolo;
Quando diverrà un buono a nulla, invocate il destino, i mali della società, non certo voi stessi.
Bibliografia
M. Recalcati, Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Feltrinelli 2013;
L. Epiccoco, La scelta di Enea. Per una fenomenologia del presente,Rizzoli 2022.
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