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giovedì 27 giugno 2024

Le decisioni del 1914. Il Vertice Politico ed il Vertice Militare.

 APPROFONDIMENTI

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  I militari sono esclusi dalle decisioni di vertice.




Uno degli aspetti su cui bisogna riflettere è il rapporto che si è instaurato tra il Governo del Paese ed il Comandante in Capo delle forze armate operanti. Si presuppone, agendo con buonsenso che la massima armonia avrebbe dovuto regnare e lo scambio preciso di informazioni essere la prassi corrente. Nella realtà per tutta la durata della guerra, questo non si verificò quasi mai. Nei loro scritti se ne lamentano sia Cadorna sia Diaz. Il Governo agisce per proprio conto e pone i militari davanti al fatto compiuto. Eppure una precisa norma di legge imponeva al governo di, come si diceva una volta, “tenere a giorno” il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito sulla situazione politico-militare.[1]  Cadorna assunse la carica di Capo di S.M. dell’esercito il 28 luglio, il 29 fu ricevuto dal Re. Immediatamente si mise all’opera e predispose documenti[2] volti a dare corso alle convenzioni militari in essere, che prevedevano l’invio di corpi d’armata sul fronte franco-tedesco attraverso l’Austria. Era l’esordio dell’azione di Cadorna, che in gran parte abbiamo accennato sopra, che in tutte le sue decisioni mira a seguire sempre la concezione unitaria della direzione delle operazioni. Anche in questo caso, l’invio di forze italiane in aiuto alla Germania, voleva una concentrazione di forze da inviare in Francia, secondo quanto stabilito nei piani. Non era stato, però, messo al corrente della situazione politica. Sembra quasi irreale che il capo delle Forze Armate non avesse minimamente avuto né dal Ministro della Guerra, che pure era un generale suo pari grado, né dal Ministro degli Esteri né dal Presidente del Consiglio ragguagli sulla reale situazione, che cioè l’Italia non sarebbe entrata in guerra a fianco degli Imperi Centrali. In questa vicenda i due protagonisti, Cadorna da una parte e Salandra dall’altra sembrano accentuare i toni Cadorna sostiene che fu tenuto all’oscuro di ogni cosa tanto che la dichiarazione di neutralità del 2 agosto 1914 lo colse completamente di sorpresa. Eppure i giornali stessi, il Corriere della Sera in testa, riportavano notizie che avrebbero dovuto orientare il Capo di Stato Maggiore.

Secondo una ricostruzione[3] così Cadorna apprese, nel momento in cui l’Europa era in fiamme e le dichiarazione di guerra si susseguivano una dietro l’altra, i nuovi orientamenti del Governo:

 

“………..si presentò subito dal Presidente del Consiglio, (Salandra, n.d.a) e gli chiese:

‘La Neutralità che ha dichiarato significa che la guerra con la Francia non si farà più?

Salandra rispose semplicemente ‘Sì’

“Allora, chiese ancora Cadorna, che cosa debbo fare? È visto che il silenzio del suo interlocutore, disse:

‘Debbo preparare la guerra contro l’Austria? Questo è evidente’

‘Si, sta bene’ replicò Salandra”

 

Una conversazione al limite della credibilità. Cadorna ebbe modo di raccontare questo episodio, ripreso dal Gatti:[4]

 

Ma io sono andato a domandare tutto questo che avrebbe dovuto essermi detto. Il 5 (agosto, n.d.a.) prendo tutte le misure nuove. Lo sforzo era terribile, tutta la massa in movimento doveva essere arrestata. Il 6 un telegramma infatti la fermava, anzi la rimetteva in marcia verso oriente. Ma già si delineava la maniera di fare del governo con me; io non sapevo mai ciò che era accaduto se non quando era accaduto, o immediatamente prima perché ricorrevo alle informazioni.”

 

In queste affermazioni vi è tutto Cadorna, nella sua azione di comando, incapace di collaborare e creare rapporti personali e di cortesia oltre le normali forme. Montanari afferma che vi è certamente qualche esagerazione da ambo le parti, tanto per sottolineare la incompatibilità di carattere tra Salandra e Cadorna; che taluni provvedimenti precauzionali fossero già in corso di attuazione è più che plausibile, ma che si trattasse di “tutta una massa in movimento” lo è meno. Per contro, nessuna misura poteva essere disposta se non dal Ministro della Guerra, cioè dal governo; come poteva essere all’oscuro il Presidente del Consiglio che il 2 agosto su proposta del ministro della Guerra aveva preso una serie di deliberazioni, in funzione appunto della dichiarata neutralità.[5]

Cadorna ebbe la sensazione confermata della insensibilità che i politici hanno verso i militari ed i loro problemi e quindi restii a considerarli ed esaminarli nella loro giusta proporzione; Salandra mostrò una superficialità sbalorditiva e quasi incosciente dimostrando di non rendersi nemmeno conto di quello che significava per una compagine militare, in presenza di una guerra europea, cambiare dalla sera alla mattina alleanze e nemico. In poche ora tutto quello che erano stati i punti di riferimento di un esercito, in pratica dal 1882 in poi, dovevano essere cancellati, e averne di nuovi. Un vero e proprio dramma che la disciplina e l’obbedienza mettevano sicuramente sotto controllo, ma che portavano degli scollamenti di vasta portata sul piano motivazionale che un politico deve saper valutare e considerare e tenere presente.[6]

Questo episodio sta a dimostrare che nella grande guerra si comincia male, nei rapporti tra politici e militari. Da questo profondo dissidio nascono molte situazioni gravi che avranno ripercussioni negative sulla condotta e su alcuni risultati della guerra, soprattutto nelle avversità. È uno dei limiti della nostra conduzione della guerra in cui erano in gioco interessi superiori di grandissima portata.

Un altro aspetto di questo scollamento tra vertice politico e vertice militare lo si ebbe in un altro passaggio fondamentale che porterà alla Grande Guerra: la stipula del Patto di Londra, ovvero le condizioni poste per il nostro impegno in guerra.

Nella primavera del 1915 il Governo era impegnato in una doppia partita, come vedremo più avanti: su un tavolo, quello dell’Intesa, in cambio della partecipazione alla guerra, erano state preparate richieste dettagliate e non lievi, che ancora non erano state comunicate; su un altro tavolo, quello dell’Austria, in cambio della neutralità si dovevano porre richieste precise che sicuramente erano inferiori alle richieste rivolte all’intesa. In ogni caso in queste trattative il peso dell’Esercito era notevole. Come mai non si chiamò lo stesso Cadorna o un suo rappresentare di alto livello non per altro per tenere aggiornato il Capo di Stato Maggiore di che cosa si andava decidendo e quali impegni si andavano a prendere? Vi era il Ministro della Guerra, è vero, ma pur essendo un generale, ragionava da politico. Una presenza “tecnica” era quanto mai auspicabile, visto dopo i risultati ottenuti.

Consultare per lettera il Capo di Stato Maggiore è una prassi che può essere adottata, ma che non è la migliore. Il 14 aprile 1915 il Ministro degli esteri Sonnino chiede per lettera a Cadorna.

 

Massimo Coltrinari

[1] La norma in questione è il Regio Decreto 4 marzo 1904 n. 86 e Regio Decreto 5 marzo 1908 n. 77

[2] Memoria sintetica sulla radunata a nord-ovest e sul trasporto in Germania delle maggiori forze disponibili”. Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Fondo MG, Capo di S.M.R.E, raccolta 10, fascicolo 11.

[3] Montanari M., Politica e Strategia in cento anni di guerre italiane. Il periodo liberale. La Grande Guerra, Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 200°, Vol. II, Tomo II, pag. 63

[4] Gatti A. un italiano a Versailles, Milano, Ceschina Editore 1957, pag. 438-439.

[5] Montanari M., Politica e Strategia in cento anni di guerre italiane. Il periodo liberale. La Grande Guerra, cit., pag. 63 in nota.

[6] Gli aspetti motivazionali e piscologici hanno una rilevanza estrema in un Esercito. Cadorna dovette anche affrontare questo problema e lo affrontò alla sua maniera, calcando la mano sulla disciplina e su un’azione di comando centrata sulla sua persona.


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