APPROFONDIMENTI
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I militari sono esclusi dalle decisioni di vertice.
Uno
degli aspetti su cui bisogna riflettere è il rapporto che si è instaurato tra
il Governo del Paese ed il Comandante in Capo delle forze armate operanti. Si
presuppone, agendo con buonsenso che la massima armonia avrebbe dovuto regnare
e lo scambio preciso di informazioni essere la prassi corrente. Nella realtà
per tutta la durata della guerra, questo non si verificò quasi mai. Nei loro
scritti se ne lamentano sia Cadorna sia Diaz. Il Governo agisce per proprio
conto e pone i militari davanti al fatto compiuto. Eppure una precisa norma di
legge imponeva al governo di, come si diceva una volta, “tenere a giorno” il
Capo di Stato Maggiore dell’Esercito sulla situazione politico-militare.[1] Cadorna assunse la carica di Capo di S.M.
dell’esercito il 28 luglio, il 29 fu ricevuto dal Re. Immediatamente si mise
all’opera e predispose documenti[2]
volti a dare corso alle convenzioni militari in essere, che prevedevano l’invio
di corpi d’armata sul fronte franco-tedesco attraverso l’Austria. Era l’esordio
dell’azione di Cadorna, che in gran parte abbiamo accennato sopra, che in tutte
le sue decisioni mira a seguire sempre la concezione unitaria della direzione
delle operazioni. Anche in questo caso, l’invio di forze italiane in aiuto alla
Germania, voleva una concentrazione di forze da inviare in Francia, secondo
quanto stabilito nei piani. Non era stato, però, messo al corrente della
situazione politica. Sembra quasi irreale che il capo delle Forze Armate non
avesse minimamente avuto né dal Ministro della Guerra, che pure era un generale
suo pari grado, né dal Ministro degli Esteri né dal Presidente del Consiglio
ragguagli sulla reale situazione, che cioè l’Italia non sarebbe entrata in
guerra a fianco degli Imperi Centrali. In questa vicenda i due protagonisti,
Cadorna da una parte e Salandra dall’altra sembrano accentuare i toni Cadorna
sostiene che fu tenuto all’oscuro di ogni cosa tanto che la dichiarazione di
neutralità del 2 agosto 1914 lo colse completamente di sorpresa. Eppure i
giornali stessi, il Corriere della Sera in testa, riportavano notizie che
avrebbero dovuto orientare il Capo di Stato Maggiore.
Secondo
una ricostruzione[3] così
Cadorna apprese, nel momento in cui l’Europa era in fiamme e le dichiarazione
di guerra si susseguivano una dietro l’altra, i nuovi orientamenti del Governo:
“………..si presentò subito dal Presidente del
Consiglio, (Salandra, n.d.a) e gli
chiese:
‘La Neutralità che ha dichiarato
significa che la guerra con la Francia non si farà più?
Salandra rispose semplicemente ‘Sì’
“Allora, chiese ancora Cadorna, che
cosa debbo fare? È visto che il silenzio del suo interlocutore, disse:
‘Debbo preparare la guerra contro
l’Austria? Questo è evidente’
‘Si, sta bene’ replicò Salandra”
Una
conversazione al limite della credibilità. Cadorna ebbe modo di raccontare
questo episodio, ripreso dal Gatti:[4]
“Ma io sono andato a domandare tutto questo
che avrebbe dovuto essermi detto. Il 5 (agosto, n.d.a.) prendo tutte le misure nuove. Lo sforzo era
terribile, tutta la massa in movimento doveva essere arrestata. Il 6 un
telegramma infatti la fermava, anzi la rimetteva in marcia verso oriente. Ma
già si delineava la maniera di fare del governo con me; io non sapevo mai ciò
che era accaduto se non quando era accaduto, o immediatamente prima perché
ricorrevo alle informazioni.”
In
queste affermazioni vi è tutto Cadorna, nella sua azione di comando, incapace
di collaborare e creare rapporti personali e di cortesia oltre le normali forme.
Montanari afferma che vi è certamente qualche esagerazione da ambo le parti,
tanto per sottolineare la incompatibilità di carattere tra Salandra e Cadorna;
che taluni provvedimenti precauzionali fossero già in corso di attuazione è più
che plausibile, ma che si trattasse di “tutta
una massa in movimento” lo è meno. Per contro, nessuna misura poteva essere
disposta se non dal Ministro della Guerra, cioè dal governo; come poteva essere
all’oscuro il Presidente del Consiglio che il 2 agosto su proposta del ministro
della Guerra aveva preso una serie di deliberazioni, in funzione appunto della
dichiarata neutralità.[5]
Cadorna
ebbe la sensazione confermata della insensibilità che i politici hanno verso i
militari ed i loro problemi e quindi restii a considerarli ed esaminarli nella
loro giusta proporzione; Salandra mostrò una superficialità sbalorditiva e
quasi incosciente dimostrando di non rendersi nemmeno conto di quello che
significava per una compagine militare, in presenza di una guerra europea, cambiare
dalla sera alla mattina alleanze e nemico. In poche ora tutto quello che erano
stati i punti di riferimento di un esercito, in pratica dal 1882 in poi,
dovevano essere cancellati, e averne di nuovi. Un vero e proprio dramma che la
disciplina e l’obbedienza mettevano sicuramente sotto controllo, ma che
portavano degli scollamenti di vasta portata sul piano motivazionale che un
politico deve saper valutare e considerare e tenere presente.[6]
Questo
episodio sta a dimostrare che nella grande guerra si comincia male, nei
rapporti tra politici e militari. Da questo profondo dissidio nascono molte
situazioni gravi che avranno ripercussioni negative sulla condotta e su alcuni
risultati della guerra, soprattutto nelle avversità. È uno dei limiti della
nostra conduzione della guerra in cui erano in gioco interessi superiori di
grandissima portata.
Un
altro aspetto di questo scollamento tra vertice politico e vertice militare lo
si ebbe in un altro passaggio fondamentale che porterà alla Grande Guerra: la
stipula del Patto di Londra, ovvero le condizioni poste per il nostro impegno
in guerra.
Nella
primavera del 1915 il Governo era impegnato in una doppia partita, come vedremo
più avanti: su un tavolo, quello dell’Intesa, in cambio della partecipazione
alla guerra, erano state preparate richieste dettagliate e non lievi, che
ancora non erano state comunicate; su un altro tavolo, quello dell’Austria, in
cambio della neutralità si dovevano porre richieste precise che sicuramente
erano inferiori alle richieste rivolte all’intesa. In ogni caso in queste
trattative il peso dell’Esercito era notevole. Come mai non si chiamò lo stesso
Cadorna o un suo rappresentare di alto livello non per altro per tenere
aggiornato il Capo di Stato Maggiore di che cosa si andava decidendo e quali impegni
si andavano a prendere? Vi era il Ministro della Guerra, è vero, ma pur essendo
un generale, ragionava da politico. Una presenza “tecnica” era quanto mai
auspicabile, visto dopo i risultati ottenuti.
Consultare
per lettera il Capo di Stato Maggiore è una prassi che può essere adottata, ma
che non è la migliore. Il 14 aprile 1915 il Ministro degli esteri Sonnino
chiede per lettera a Cadorna.
[1] La norma in questione è il Regio
Decreto 4 marzo 1904 n. 86 e Regio Decreto 5 marzo 1908 n. 77
[2]
“Memoria sintetica sulla radunata a nord-ovest e sul trasporto in
Germania delle maggiori forze disponibili”. Ministero della Difesa, Stato
Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Fondo MG, Capo di S.M.R.E, raccolta
10, fascicolo 11.
[3] Montanari M., Politica e Strategia in cento anni di guerre
italiane. Il periodo liberale. La Grande Guerra, Roma, Ministero della
Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 200°, Vol. II, Tomo II,
pag. 63
[4]
Gatti A. un italiano a Versailles, Milano,
Ceschina Editore 1957, pag. 438-439.
[5]
Montanari M., Politica e Strategia in cento anni di guerre
italiane. Il periodo liberale. La Grande Guerra, cit., pag. 63 in nota.
[6]
Gli aspetti motivazionali e
piscologici hanno una rilevanza estrema in un Esercito. Cadorna dovette anche
affrontare questo problema e lo affrontò alla sua maniera, calcando la mano
sulla disciplina e su un’azione di comando centrata sulla sua persona.
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