APPROFONDIMENTI
A margine della Giornata di Trieste
Disdegnati da alleati arroganti
L’attentato
di Sarajevo può essere uno dei tanti episodi nei rapporti tra le Potenze di
inzio del novecento che poteva essere, come fu, di sviluppi molto gravi, oppure
poteva essere composto e risolto per via diplomatica nell’alveo di reciproci
equilibri. L’Austria aveva subito per oltre 50 anni il nazionalismo italiano ed
aveva dovuto cedere, pezzo dopo pezzo, i suoi territori in Italia perdendone il
predominio che vi aveva esercitato per la prima metà dell’ottocento. Si era quindi
rivolta ai Balcani ad oriente per compensare le sue aspirazioni ed avere ancora
territori da dominare. Qui trovò la Serbia, che appoggiata dalla Francia e
dalla Russia, svolgeva una politica nazionalistica per cercare a scapito
dell’Austria, voleva costruire la Grande Serbia o l’unione di tutti gli slavi
del sud. Questo nazionalismo serbo doveva essere contrastato in quanto poteva
innescare quell’effetto domino che avrebbe portato al dissolvimento dell’Impero
asburgico. L’Austria, quindi, era sulla difensiva, tutta tesa a proteggere la
sua entità statale contro tutte le forze centrifughe latenti e presenti al suo
interno.
La
sua alleata Germania aveva risolto nel 1871 il problema della unificazione ed
era diventato un Reich di tutto rispetto, teso a diventare una grande potenza.
Solo in apparenza i due stati erano simili, in realtà le loro politiche erano
divergenti, e sarà questa una delle cause della loro sconfitta nella Grande
Guerra. In più le due case regnanti a Berlino e a Vienna, gli Hoenzerlonen e
gli Asburgo non è che avessero questa grande affinità, nel solco del ricordo
dei loro predecessori, basti ricordare Federico II e Maria Teresa, che si erano
combattuti per decenni. Il loro legame era dato da affinità di cultura, lingua
e tradizioni, e si era tramutato in una alleanza, la Duplice alleanza, che
doveva essere un fattore aggiuntivo di potenza della loro politica estera. A
questa duplice alleanza, in quanto non aveva né alleati né amici all’indomani
della presa di Roma nel 1870, si aggiunse l’Italia. Una sorta di garanzia per
l’Italia, almeno sulla carta aveva degli alleati, ma che rimaneva sempre uno
stato che si era costituito a spese dei possedimenti austriaci in Italia. Per
giunta l’Italia ancora nutriva aspirazioni di annessione dei territori austriaci
di lingua italiana, Trento ed il trentino, ed in più mirava ad avere Trieste,
città italianissima, ma porto principale dell’Impero. Austria e Italia,
inoltre, avevano interessi concorrenti nel Balcani, oggetto questi di ulteriore
tensione.
Al
momento dell’assassino del Principe ereditario austriaco a Sarajevo, l’Italia
era fondamentalmente triplicista, sia come politica estera, rappresentata dal
di San Giuliano, che nella opinione pubblica. Vi erano minoranze di segno
contrario, ma ancora ininfluenti a livello nazionale e governativo.
Se
l’Austria avesse attaccato immediatamente la Serbia all’indomani dell’attentato
vi erano buone probabilità che l’Italia si schierasse al suo fianco, come vi
erano buone probabilità di un intervento italiano a fianco della Germania,
qualora la Russia e la Francia avessero deciso di correre in soccorso ai serbi.
Questo momento di adesione alla triplice è fondamentale per comprendere come a
Vienna e a Berlino si vedeva nell’Italia una alleata che sarebbe sempre gravita
nell’orbita degli interessi austro-germanici, non avendo altri sbocchi sul
piano internazionale.
Nel
momento in cui a Vienna si elaborava la risposta che si doveva dare alla
Serbia, l’Italia non viene minimamente consultata o fatta partecipe delle
decisioni, tutti convinti che era una questione tra Austria e Serbia e quindi
si doveva risolvere in questo ambito. Non si era tenuto in debito conto che
l’Italia aveva interessi nel Balcani e quindi, come alleata, doveva essere
messa la corrente e consultata, se la si considerava tale, in quanto l’articolo
VII del Trattato della Triplice Alleanza stabiliva “compensi” all’Italia
qualora l’Austria acquisisse territori nei Balcani.
L’atteggiamento
della Germania in questa circostanza fu anche esso poco lungimirante. Non si
prese nessuna iniziativa per avviare procedure per portare l’Italia al fianco
della Germania in un eventuale allargamento del conflitto. Nessun contatto in
quei giorni di fine giugno inizi luglio del 1914 in cui Berlino manifestasse
l’intenzione di sollecitare l’Italia a predisporsi, in caso di peggioramento
della situazione, a marciare accanto alla Germania, come la convenzione
militare del marzo 1914 peraltro aveva indicato nei termini puramente militare.
La
Germania, peraltro, teneva rapporti strettissimi con l’Austria e con essa concertava
i passi che si potevano intraprendere per risolvere la crisi serba.
Riflettere
si questi atteggiamenti appare quanto mai opportuno. In una alleanza tutti i
soggetti, o meglio le Alte Parti Contraenti, dovrebbero avere un pari livello e
partecipare alla formazione delle decisioni. L’Italia fu tenuta all’oscuro di
tutto e solo dopo aver deciso il da farsi, ovvero al momento della
presentazione dell’ultimatum austriaco alla Serbia, che fu interpellata.
In
linea generale questo atteggiamento tra alleati, o tra soci o tra persone, è
definito arrogante, presuntuoso che mostra chiaramente in quale considerazione
è tenuto il destinatario di tale comportamento. È pur vero che nella politica
internazionale occorre sempre essere cauti e prudenti. Ma l’atteggiamento
dell’Austria, tutta tesa a frenare e impedire ulteriori espansioni del
nazionalismo serbo, non poteva di certo farne partecipe all’Italia, che, in
pratica era stato un esempio per la Serbia in termini di nazionalismo. La
Germania, di contro, sicura della sua potenza, non aveva in quelle settimane di
luglio fatto mente locale che il contributo dell’Esercito Italiano ad una
guerra contro la Francia poteva essere utile, se non determinante, come poi si
rilevò, quando a settembre sicuramente la presenza in Francia di 150.000
soldati italiani avrebbero ben influenzato in termini positivi la battaglia
della Marna.
È
evidente che la politica dell’Austria, basata sulla preservazione dell’Impero,
non poteva non tenere a distanza l’Italia nella gestione del caso serbo; è
ancora più evidente che la Germania, nel momento in cui decide di dare
l’assalto agli equilibri europei, non considera l’Italia una alleata degna di
parteciparvi. La triplice alleanza va in crisi in quelle settimane del luglio
1914 in cui le omissioni sono più eclatanti delle azioni.
L’Italia,
e nella fattispecie il Governo con Salandra e di San Giuliano, ed anche
l’opinione pubblica comincia a vedere e mettere a fuoco i reali interessi del
Paese. Inizia anche nell’opinione pubblica riflessioni che mettono sempre di
più in discussione il comportamento degli Alleati, Austria e Germania, dando
vita e linfa a quelle minoranze che acquisteranno credito e potere ogni giorno
di più.
Massimo Coltrinari
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