APPROFONDIMENTI
.
L’Italia potenza per convenzione diplomatica
La
considerazione che godeva l’Italia sul piano internazionale è tale da
escluderla dal novero della Grandi Potenze. Nel momento delle decisioni è
sempre considerata a margine, una entità che può portare qualche vantaggio, ma
che non è decisiva per le questioni generali. La Germania nel luglio 1914 faceva
pressioni su Vienna affinché nei rapporti con l’Italia trovasse una soluzione
al fine di portare l’Italia nel campo della neutralità o addirittura a fianco
della Germania. Berlino fece pressioni su Vienna affinché accettasse
l’interpretazione italiana dell’articolo VII del Trattato della Triplice; in
cambio si doveva ottenere un atteggiamento amichevole nella guerra contro la
Serbia e se si aprisse un conflitto generale scendesse in campo a fianco della
Germania. Tutto si svolse, nel clima concitato di quei giorni, tra il 28 luglio
ed il 1 agosto. L’Austria, pressata dalla Germania, si sforzava nelle
dichiarazioni di focalizzare i compensi, cercando di avvicinarsi alle posizioni
italiane. Il nodo da sciogliere era il Trentino. A Vienna si era convinti che,
nonostante le pressioni tedesche, cedere il Trentino all’Italia in cambio della
neutralità o del suo intervento a fianco degli Imperi Centrali era
insufficiente; l’Italia avrebbe chiesto di più; inoltre contrari a questa
soluzione erano i militari e lo stesso Imperatore. Per compensi si pensava al
Montenegro, a Valona o ad altre soluzioni ma in quei giorni di luglio e Austria,
che era entrata in guerra per frenare il nazionalismo serbo, non poteva cedere
a quello italiano.
La
Germania, con l’inizio delle operazioni era ancora convinta che l’Italia
potesse essere manovrata a propria discrezione, senza tenere in conto né il
Governo né l’opinione pubblica. L’imperatore Guglielmo II prese una iniziativa
quanto mai fuori luogo: inviò a Roma un suo aiutante di campo, il ten. col. von
Kleist, direttamente a Vittorio Emanuele III, con la richiesta di schierarsi
lui e l’Italia al suo fianco; contemporaneamente von Kliest doveva prendere
contatto con lo Stato Maggiore italiano per concordare le misure utili alla
realizzazione di questa richiesta. Richiesta che poi non era tanto campata in
aria se si fa mente locale che Cadorna aveva ordinato movimenti verso il
confine occidentale in vista di una Guerra con la Francia, movimenti in corso
proprio quel 31 luglio 1914.
“Nel corso del primo incontro egli (Vittorio Emanuele III) fece presenti le difficoltà che si
opponevano alla collaborazione armata dell’Italia, collaborazione che fino a
qualche settimana prima sarebbe stata sicura e che a causa dell’atteggiamento
austriaco degli ultimi tempi avrebbe ora provocato una sollevazione popolare.
Il re aggiunse che tutto questo era dovuto al fatto che l’Austria non aveva
voluto fare alcuna promessa per il futuro; era molto dubbio ora che potesse
esservi un mutamento dell’opinione pubblica popolare. Vittorio Emanuele disse
anche che egli era personalmente con tutto il cuore con la Germania e promise
che avrebbe ancora esercitato la propria influenza sul ministero e che avrebbe
poi informato il Kleist del risultato, ed effettivamente nel corso del secondo
incontro con l’inviato di Guglielmo II Vittorio Emanuele disse che nonostante
gli sforzi da lui compiuti il giorno precedente, il governo restava fermo nella
sua decisione di neutralità. Egli insomma volle presentarsi come un sovrano
che, pur desiderando la collaborazione attiva con l’alleato, e pur prodigandosi
a questo scopo, trova avversa l’opinione pubblica ed irremovibile il proprio
governo.”[1]
L’iniziativa
di Guglielmo II era il frutto della particolare visione che aveva questo
imperatore nello svolgere il suo ruolo, ma era fuori da un preciso contesto
politico e soprattutto indirizzata ad un sovrano monarca di un paese ove la
monarchia aveva un peso enormemente inferiore a quello della monarchia
prussiana. In ogni caso una iniziativa in ritardo sugli eventi ed aveva
lasciato in gran parte degli Italiani uno strascico di negatività, che può
indirettamente la considerazione che a Berlino si aveva dell’Italia.[2]
Il
tentativo tedesco di costringere, attraverso cessioni territoriali, ovvero il
Trentino, da parte dell’Austria all’Italia ebbe una risposta chiara dal governo
austriaco l’8 agosto. La risposta fu ampiamente motivata ma fu categoricamente
negativa. L’Italia era considerata potenza solo per convenzione diplomatica. Un
indice di quale considerazione regnasse nei circoli governativi viennesi
riguardo all’Italia è la proposta avanzata in pieno consiglio dei ministri dal
Presidente Sturgkh:
“…di non attendere una aggressione
italiana, ma di ingannare gli italiani che si comportavano come briganti, con
un raggiro diplomatico: la Germania, si noti la chiamata in causa dell’alleato,
avrebbe promesso un trattato segreto il Trentino all’Italia, purché questa
intervenisse a fianco degli alleati della Triplice e riconoscesse le misure che
al termine della guerra l’Austria avrebbe adottato nei Balcani. Dato che fra
queste vi sarebbe stata l’eliminazione del Montenegro, cui certo Vittorio
Emanuele per motivi familiari non si sarebbe rassegnato, l’Italia avrebbe
pertanto dovuto rinunciare al Trentino.”[3]
In
questi giorni le decisioni importanti riguardo all’Italia sembrano improntate
ad una precisa mancanza di realismo. Sia a Berlino che a Vienna non si è consci
di quale evoluzione ha subito la pubblica opinione italiana, la politica del
governo ed in genere l’atteggiamento dell’Italia verso gli alleati. E questo è
sostanzialmente dovuto alla poca considerazione che l’Italia godeva presso i
dirigenti viennesi e tedeschi. Poca considerazione che porta alcuni di loro a
percorre terreni in cui l’inganno, la bugia, il raggiro ne fanno da padroni.
Anche
se non si deve dare un peso oltre il dovuto[4]
il 9 agosto 1914 l’Imperatore Guglielmo II e lo stesso gen. Moltke avevano
suggerito all’addetto militare austriaco a Roma di promettere il Trentino
all’Italia e di trovare poi il modo alla fine della guerra di non mantenere la
promessa.[5]
Anche
l’ambasciatone tedesco a Roma “non esita
a dare al proprio governo suggerimenti di astuto inganno verso l’Italia di quel
machiavellismo di cui i tedeschi ebbero prima o poi ad accusare gli italiani e
del quale gli uni e gli altri in nome della necessità della Patria, dettero
prova. Infatti il 21 agosto Flotow telegrafò a Berlino che a suo giudizio
l’atteggiamento tedesco verso l’Italia era troppo leale: si avvicinava invece
il momento nel quale la Germania e l’Austria avrebbero dovuto fare all’Italia
delle promesse, anche se queste più tardi avrebbero potuto essere mantenute
solo in parte o niente affatto. Egli suggeriva che Vienna facesse sperare al
Governo di Roma, naturalmente per il caso di ingrandimento austriaco nei
Balcani “correzione di confine” al nord evitando di parlare del Trentino; in
tal modo sarebbe rimasta poi la libertà di interpretare il senso di quella vaga
apertura.”[6]
Il
suggerimento dell’ambasciatore tedesco a Roma fu fatto proprio dal Governo
tedesco che inoltrò il telegramma dell’ambasciatore a Vienna
“Il cancelliere, approvando senza riserve i suggerimenti
di Flotow, mostrava di essere d’accordo sul concetto di fare promesse senza
troppo sentirsi ad esse vincolati per il futuro”[7]
A
metà agosto oramai le situazioni si sono chiarite. Berlino e Vienna tutti sono
concentrati sull’andamento delle operazioni militari che stanno andando
benissimo. Ormai l’Italia non era più un pericolo, e quindi il suo attacco
all’Austria, che avrebbe aperto un terzo fronte, era svanito. La Germania era
convinta di vincere la guerra da sola sia all’oriente che all’occidente e non
riteneva l’aiuto dell’Italia necessario; ora che l’Italia era neutrale in
quell’agosto del 1914 le cose si erano messe per il meglio. Anche l’Austria si
era allineata a questa situazione.
In
una lettera da Vienna a Roma, Aldrovandi Marescotti, rientrato pochi giorni prima
da Roma, scrive.
“Vienna 14 agosto 1914. Nei colloqui
estremamente cortesi che ho avuto in questi giorni con Berchtold, con Macchio,
con Forgàch, ho constatato;
1° nessuna recriminazione da parte
loro per l’atteggiamento dell’Italia;
2° speciale zelo compiacerci
attivamente nelle varie richieste loro rivolte, zelo che ho notato anche nei
funzionari dipendenti e che deve rispondere a particolari istruzioni.
…….
Una analoga riprova dell’attuale
indirizzo delle direttive di questo Governo (austro-ungarico,
n.d.a.) si ha dal fatto che il capo
dell’Ufficio Stampa del Ministero i.e r. (imperiale e regio, n.d.a) ha dichiarato a taluni giornalisti austriaci,
per loro norma, che l’atteggiamento dell’Italia, neutrale, ma benevola agli
alleati, giova in ogni modo al blocco austro-ungarico-tedesco, perché per esso
la Francia sarà obbligata per prudenza a non sguarnire i confini italo-francesi.”
[8]
Aldrovandi
continua nella sua lettera sottolineando come nei circoli politici di Vienna
nessuno si meraviglia del mancato intervento italiano contro l’Austria e la sua
dichiarazione di neutralità, in quanto era opinione diffusa in questi circoli,
ed anche nella pubblica opinione, che durante la campagna di Libia del
1911-1912 era giunto finalmente il momento favorevole per un attacco
all’Italia, Alleanza della Triplice in essere per reprimere definitivamente
ogni velleità nazionalista. Accanto a questa mancata meraviglia, oltre al senso
di depressione che la situazione aveva destato per le incognite che presentava,
in cui la mancanza di dimostrazioni antirusse, anti serbe ed anti italiane sono
da sottolineare, nei citati circoli e nella pubblica opinione si pensava
concretamente che la guerra europea sia stata voluta dalla Germania che, sentendosi
pronta, ha creduto che le convenisse di rompere gli indugi, prima che la Russia
diventasse militarmente più forte.[9]
Appare
abbastanza chiaro che la posizione dell’Italia era stata determinata dalle
scelte di Germania ed Austria: il conflitto era la risultante della iniziativa
dell’Austria favorita dalla Germania all’insaputa dell’Italia, contro la Serbia.
Per la Germania l’occasione era forse unica per scatenare una guerra europea e
regolare le questioni e con la Russia e con la Francia, sperando che la Gran
Bretagna rimanesse neutrale. In questo disegno l’Italia, alleata nella
Triplice, non venne minimamente presa in considerazione.
L’ambasciatore
italiano a Berlino, Bollati, in occasione della presentazione del Libro Bianco
tedesco, così scrive a Roma il 5 agosto 1914:
“Nel Libro bianco che è stato ieri presentato
al Reichstag dopo una breve esposizione dell’attentato di Sarajevo e delle
circostanze che l’hanno preceduto e seguito, il Governo germanico così esprime
nei termini seguenti: stando così le cose l’Austria-Ungheria doveva dirsi che non
compatibile né col la dignità né con la sicurezza della Monarchia l’assistere inattivamene
a quanto si tramava al di là delle frontiere serbe. Il Governo i. e r. (imperiale
e regio, n.d.a) ci informò di questo suo
modo di vedere e chiese il nostro parere. Con tutto il cuore noi potemmo
esprimere alla alleata la nostra concordanza[10]
con il suo apprezzamento della situazione ed assicurarla che un’azione che essa
li tenesse indispensabile per porre fine al movimento in Serbia diretto contro
la integrità della Monarchia avrebbe avuto la nostra approvazione. Nel fare ciò
noi ci rendevamo ben conto che la eventuale azione bellica
dell’Austria-Ungheria contro la Serbia avrebbe provocato l’intervento della
Russia e potrebbe quindi in conformità del nostro dovere di alleata implicarci
in una guerra.[11]
Ma noi non potevamo, di fronte ai vitali interessi dell’Austria-Ungheria che
erano in gioco, né consigliare al nostro alleato una remissività incompatibile
con la sua dignità né negargli il nostro appoggio in questo momento. Lo
potevamo tanto meno in quanto che anche interessi nostri erano sensibilmente
minacciati dagli incessanti intrighi. Se ai Serbi fosse stato più oltre
permesso coll’aiuto della Russia e della Francia di minacciare l’integrità
della Monarchia, ciò avrebbe avuto per conseguenza la progressiva rovina
dell’Austria-Ungheria e la sottomissione di tutto lo slavismo sotto l’egemonia
russa; in seguito a che la situazione della razza germanica nell’Europa
centrale sarebbe divenuta insostenibile. Una Austria-Ungheria moralmente
indebolita piegante sotto la invasione del panslavismo russo non sarebbe stata
più per noi un alleato con quale potessimo contare e sul quale potessimo fare
assegnamento come dovevamo farlo di fronte all’attitudine sempre più minacciosa
dei nostri vicini d’Oriente e d’Occidente. Noi lasciammo quindi
all’Austria-Ungheria completamente mani libere nella sua azione contro la
Serbia.
Tutto ciò è talmente chiaro che non
occorre alcun commento per dimostrare che l’azione dell’Austria-Ungheria è
stata preventivamente concordata con la Germania anche in previsione delle
complicazioni guerresche che ne potevano derivare.” [12]
In
questo comportamento vi è tutta la essenza dell’atteggiamento tedesco:
escludere l’Italia dalla questione austro-serba, per paura che qualche cosa
sfuggisse o anche per altre considerazioni, che si possono riassumere nella
dizione che l’Italia era una potenza solo per cortesia diplomatica. Allargato
il conflitto e visto che la situazione si stava compromettendo, con un
possibile attacco italiano all’Austria, azioni volte a richiamare ai doveri di
alleata l’Italia, lì dove la Triplice Alleanza era stata violata nella
questione sia austro-serba, sia nella preparazione della guerra europea.
Al
momento della dichiarazione della neutralità italiana, il ministro degli esteri
tedesco Jagow, che aveva seguito le armate tedesche avanzare vittoriose in
Belgio e considerando ormai la guerra avviata a sicura vittoria, il 31 agosto
1914 in una lettera a Zimmermann scritta dal Lussemburgo ebbe modo di delineare
nei dettagli la posizione tedesca, che è mutata, alla luce del successo che si
stava conseguendo rispetto a quella di luglio che aveva spinto la Germania a
chiedere a Vienna la cessione del Trentino:
“…..L’Italia, moralmente non si è guadagnata il
diritto a compensi, anzi non è più interesse della Germania che venga rafforzata;
infatti la Triplice Alleanza, a causa dell’atteggiamento italiano, à
virtualmente finita, anche se formalmente può vegetare ancora un po'. La stessa
neutralità italiana non si può definire benevola…. Comunque (Jagow,
ministro degli esteri tedesco, n.d.a) ritiene
che i successi militari tedeschi agiranno in senso moderatore in Italia:
l’ottimismo del ministro, esaltato dalla favorevole congiuntura bellica, giunge
al punto di escludere oramai un intervento italiano contro l’Austria. Un
pericolo italiano non esiste più, egli dice, a meno che non si verifichino
gravi rovesci militari, il che egli evidentemente non crede possa accadere. In
conclusione la politica da condursi con gli italiani è semplicemente quella di
temporeggiare, da tenerli a bada con abile gioco diplomatico, mentre le armi
risolvono a favore degli Imperi Centrali la grande contesa. L’Italia non è dunque
più l’alleato necessario: la Germania ha constatato che può farne a meno
persino in una lotta contro nemici numerosi come quella in corso; inutile
l’alleato e finita l’alleanza.[13]
Una
posizione quella tedesca di fine agosto 1914 che è in contrasto con le dichiarazioni
ufficiali ed ufficiose di amicizia per l’Italia, ci comprensione del suo
atteggiamento e infine della perfetta identità di vedute sulla interpretazione
dell’Articolo VII della Triplice alleanza. Un atteggiamento questo della
Germania per lo meno contradditorio. In realtà, avendo sottovalutato il ruolo
dell’Italia al momento della decisione di alterare gli equilibri europei, con
un’Austria non allineata alla sua politica con l’Italia, la Germania non ha
potuto, o non ha voluto, avvalersi dell’apporto italiano. Ora che la guerra
stava andando bene e tutto lasciava credere che si sarebbe risolta in modo
vittorioso, ecco che i tedeschi assumono l’atteggiamento della volpe con l’uva.
Possono a fare a meno dell’Italia, questa non è più un pericolo per l’Austria,
l’alleanza è finita. Tutto sarebbe finito a valle della vittoria militare.
In
due mesi si è deciso da quale parte doveva stare l’Italia. Questo fu deciso
dalla Germania, e subito dall’Austria, che non poteva seguire nei suoi
ragionamenti di potenza l’alleata avendo in conflitti con l’Italia. La
Germania, arrogante e presuntuosa, con un imperatore che gestiva la politica
parallelamente al suo Governo, non tenne in debito conto, nella sua politica di
potenza, il peso dell’Italia. Se così fosse stato avrebbe inizialmente fatto partecipe
l’Italia nella decisione austriache da prendere contro la Serbia, in
contemporanea avrebbe dovuto sollecitare l’Italia all’applicazione della
convenzione militare della Triplice in cui Roma doveva inviare in Francia ben
150.000 soldati. E la richiesta avrebbe trovato il Capo di Stato Maggiore
italiano, Luigi Cadorna, pronto alla esecuzione immediata, non per altro con
movimento verso il confine occidentale già predisposti.
Di
tutto questo da parte della Germania non vi è traccia; vi è il maldestro tentativo
del 31 luglio di Guglielmo II di inviare un tenete colonnello al Re Vittorio
Emanuele III per scendere in campo accanto a Lui in una guerra voluta da lui in
nome di una Alleanza che era strettamente difensiva.
Sembra
un’ipotesi da approfondire quella che l’Italia nel luglio-agosto 1914, abbia
solo subito l’azione della Germania e, conseguentemente dell’Austria, che
peraltro aveva in animo di invaderla alla prima migliore occasione, e quindi
che siano stati gli alleati della Triplice, in particolare la Germania a non
volere l’Italia al proprio fianco convinti che la guerra europea sarebbero
stati in grado di vincerla da soli. Del resto l’Italia era una potenza solo per
convenzione diplomatica, e una Grande potenza come la Germania non la ritenne
degna di stare al suo fianco nell’impresa di conquistare l’Europa. Questo nel
luglio 1914. Nei mesi successivi a Berlino come a Vienna si accorsero
dell’enorme errore commesso.
[1]
Monticone A., La Germania e la neutralità italiana 1914
-1915, Bologna, Società Editrice il Mulino,
1971,
pag. 29
[2]
Aldrovandi Marescotti, che
nell’agosto 1914 era primo segretario d’ambasciata a Vienna, scrive al
riguardo: “…..Anche Albricci tornò
riportando impressioni di disgusto per la oltraggiosa brutalità della Missione
militare straordinaria che l’Imperatore Guglielmo aveva inviato in quei giorni
a Roma, allo scopo di far intervenire l’Italia con gli Imperi Centrali nella guerra.
Aldrovandi Marescotti L., Guerra
diplomatica. Ricordi e frammenti di diario (1914-1919), Verona, Arnaldo
Mondadori Editore, 1942., pag. 42
[3]
Ibidem, pag. 31
[4]
Ibidem
[5] Valiani L., La dissoluzione dell’Austria-Ungheria, Milano, il Saggiatore, 1966
[6]
Monticone A., La Germania e la neutralità italiana 1914
-1915, Bologna, Società Editrice il Mulino, 1971,
pag.35
[7]
Ibidem
[8]
Aldrovandi Marescotti L., Guerra diplomatica. Ricordi e frammenti di
diario (1914-1919), cit., pag. 40
[9]
Ibidem
[10] È questo il passaggio che è
necessario cogliere. Lo stesso atteggiamento doveva essere assunto nei
confronti dell’Italia, senza nascondersi dietro il fatto che queste erano
questioni solamente austro-serbe.
[11]
Gli stessi obblighi dell’Italia,
come alleata nella Triplici. Ma l’Italia non fu minimamente coinvolta nel
processo decisionale che le altre due alleate avevano avviato.
[12]
Aldrovandi Marescotti L., Guerra diplomatica. Ricordi e frammenti di
diario (1914-1919), cit., pag. 23
[13]
Monticone A., La Germania e la neutralità italiana 1914
-1915, cit., pag.39
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