Cerca nel blog

giovedì 14 marzo 2024

Sergio Benedetto Sabetta. To apeiron, ovvero l'essere "indefinito". Riflessi sull'identità nazionale

 DIBATTITI

ESSERE  NAZIONE

 Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio  Benedetto  Sabetta

 

“Il termine ellenico 'to apeiron' non significa solo infinitamente lungo/grande, ma anche indefinibile, complesso al di là di ogni ragionevolezza, ciò-che-non-può-essere-gestito” (David Foster Wallace – 39- Tutto di più, Codice ed.)

 

          Osserva Cardini che nella cultura vi è un trend con una “concentrazione qualitativa ma forte diminuzione qualitativa di chi detiene una preparazione medio – alta, proletarizzazione culturale in fortissimo aumento, crescita dell’analfabetismo di ritorno e della demobilitazione intellettuale” (109), che si accompagna ad una “generale tendenza alla sparizione dei ceti medi e alla proletarizzazione delle “moltitudini”.

         In questa mancanza di un’idea di Occidente vi è il disperdersi senza indirizzo, privi di una “cultura del limite” che ne costituisca il contenitore, se, come sottolinea Edward O. Wilson, “all’interno dei gruppi gli individui egoisti vincono sugli altruisti”, ma gruppi quelli che contengono altruisti vincono su quelli formati da egoisti” ( 79).

         Vi è pertanto la necessità di un equilibrio fondato su un’idea riconosciuta di Occidente con i suoi valori identitari.

         Bauman parla di una “decostruzione della morte” e di una parallela “decostruzione dell’immortalità”, in cui ad uno spostare l’attenzione sulle cause della morte, che diventano comunque evitabili e razionalmente aggredibili, si contrappone un annullamento dell’idea di eternità, in un presente fatto di momenti, dove non vi è più distinzione fra transitorio e duraturo, dove la storia e l’eterno, il prima e il dopo vengono a volatilizzarsi.

         Viene annullata la distinzione tra il presente dell’uomo e l’infinito di Dio, nella confusione che si crea cessa il concetto di futuro, il ponte tra presente e infinito luogo d’incontro tra la finitezza umana e la sua coscienza della divinità, nel volere ridurre tutto al presente, al futuro prossimo, si vuole negare la probabilità di un infinito immanente e causale sui destini umani, trasformandosi l’insieme in un “indefinito” privo di freccia temporale.

         La scissione che è avvenuta tra mente e corpo a partire da Descartes ha favorito le “decostruzioni” indicate da Bauman, la distinzione fra proprietà attribuite ai soli eventi mentali e quelle proprie degli eventi fisici ha fatto sì che il corpo, privo e staccato dalle manifestazioni di intenzionalità mentali, è stato visto come una macchina da riparare i cui guasti sono razionalmente aggredibili, fino a giungere ad un “naturalismo eliminazionalista” che superando la stessa “teoria dell’identità” ha negato l’esistenza dei fenomeni mentali autonomi dai concetti fisici ( Feigl – Place – Feyerabend), invertendo l’antico prevalere della mente sul corpo.

         Il rapporto tra mente e corpo è stato, altresì, visto in termini esterni al sistema, nei quali impulsi provenienti da differenti ambienti danno luogo a interpretazioni differenti del sistema stesso, il tutto, quindi, manovrabile completamente dal e mediante il contesto ambientale ( Putnam).

         L’intrinseca capacità della natura di elaborare informazioni comporta una complessità del sistema con una conseguente ridotta capacità di prevedibilità delle future informazioni, lo stesso vuoto tra un’informazione e l’altra  modifica e interpreta l’informazione trasmessa, ma nell’uomo vi è l’ulteriore complessità determinata dalla moltitudine di linguaggi come mezzi di trasmissione dell’informazione.

         Osserva  Lloyd che è più semplice quantificare l’informazione, come energia o denaro, che qualificarla e definirla correttamente, d’altronde l’ambiguità del linguaggio umano da elemento di disturbo del sistema diventa di per sé stesso un ulteriore mezzo espressivo, che arricchisce le possibilità di trasmissione a fronte della non conoscenza dei modi di elaborazione delle informazioni da parte della mente umana.

         Molta informazione  è invisibile senza la necessità di alcun intervento umano, se a questo aggiungiamo la logica e una certa autoreferenzialità si ottiene l’imprevedibilità delle azioni umane.

Il sogno della certezza, della prevedibilità solo presente e quindi del tutto controllabile delle nostre vite ci fornisce la certezza economica per una totalità dei consumi, in cui l’accumulo mediante risparmio per un arco di tempo incerto perde le caratteristiche della virtù invertendo i valori, d’altronde la stessa finanza ha provveduto a sbriciolare le certezze future.

         Il nostro finito costeggia senza posa l’infinito, l’unità uomo è inscatolata in infinite strutture sommariamente identiche che tuttavia variano la “risoluzione” dell’immagine su scale differenti in una proiezione indefinita del tempo, quello che può anche definirsi un “ideale a infinito interno” (Luminet - Lachiéze - Rey), in questa lotta perenne tra finito e intuizione dobbiamo occuparci non solo e tanto dell’esistenza quanto di quello che Russell definisce una “possibilità di esistenza”, frutto di una composizione infinita di trasformazioni infinitesimali.

         Il tempo risultato del continuo cambiamento della configurazione del sistema viene da noi percepito in funzione della nostra posizione nel sistema che ci comprende, la somma dei nostri diverso “Adesso” in cui la nostra esperienza è immersa crea le varie probabilità che possiamo percepire (Barbour), ma noi tendiamo a vivere nel qui ed ora quale risultato di una causalità orizzontale della totalità delle cose, così che per noi le cose non diventano ma sono.

         Viene, pertanto, negata la probabilità degli eventi per un immanentismo totale senza futuro, ma anche senza la possibilità del rischio della morte e dell’impotenza che diventa antieconomica e quindi da negare, ogni azione umana viene così imperniata nella negazione della possibilità del cessare, nell’ esistere di un continuo presente che rinasce quale idea ad ogni costruzione dell’uomo, da quella economica a quella giuridico – sociale e quindi politica.

         Vi è pertanto uno scollamento sul sentimento di identità nazionale, la Nazione quale società degli antenati legata ad un territorio tra passato e futuro, questa viene a sciogliersi in una globalità indefinita, nell’interstatualità di un internazionalismo obliquo e indeterminato, nella cui generale incertezza rientra anche il problema demografico, ridotto anch’esso in gran parte ad un puro aspetto economico individuale, non come investimento collettivo.

         In questo sciogliersi dell’identità dell’individuo nell’indefinito, utile ad un determinato modello economico, nasce inaspettatamente lo scontro, il conflitto con le diverse realtà culturali esistenti e il loro riaffermarsi anche in termini bellici.

 

Bibliografia

 

·        AA.VV., Popolazione e potere, Aspenia, 2023;

·        Z. Bauman, Mortalità, immortalità e altre strategie di vita, Il Mulino, 1995;

·        J. Barbour, La fine del tempo, Einaudi, 2003;

·        F. Cardini, La deriva dell’Occidente, Laterza, 2023;

·        L. Geymonat, storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti,1996;

·        S. Lloyd, Il programma dell’universo, Einaudi, 2006;

·        J.P. Luminet, M. Lachiéze-Rey, Finito o infinito?, Cortina ed., 2006;

·        Edward O. Wilson, Le origini profonde delle società umane, Raffaello Cortina Ed., 2020.

        


Nessun commento:

Posta un commento