DIBATTITI
ESSERE
NAZIONE
“Il termine ellenico 'to apeiron' non
significa solo infinitamente lungo/grande, ma anche indefinibile, complesso al
di là di ogni ragionevolezza, ciò-che-non-può-essere-gestito” (David Foster Wallace – 39- Tutto di più, Codice ed.)
In questa mancanza di un’idea di
Occidente vi è il disperdersi senza indirizzo, privi di una “cultura del limite” che ne costituisca il contenitore, se, come sottolinea Edward O. Wilson, “all’interno dei gruppi gli individui egoisti vincono sugli altruisti”, ma “gruppi
quelli che contengono altruisti vincono su quelli formati da egoisti” ( 79).
Vi è pertanto la necessità di un equilibrio fondato su
un’idea riconosciuta di Occidente con i suoi valori identitari.
Bauman
parla di una “decostruzione della
morte” e di una parallela “decostruzione
dell’immortalità”, in cui ad uno spostare l’attenzione sulle cause della
morte, che diventano comunque evitabili e razionalmente aggredibili, si
contrappone un annullamento dell’idea di eternità, in un presente fatto di
momenti, dove non vi è più distinzione fra transitorio e duraturo, dove la
storia e l’eterno, il prima e il dopo vengono a volatilizzarsi.
Viene annullata la distinzione tra il
presente dell’uomo e l’infinito di Dio, nella confusione che si crea cessa il
concetto di futuro, il ponte tra presente e infinito luogo d’incontro tra la
finitezza umana e la sua coscienza della divinità, nel volere ridurre tutto al
presente, al futuro prossimo, si vuole negare la probabilità di un infinito
immanente e causale sui destini umani, trasformandosi l’insieme in un “indefinito” privo di freccia temporale.
La scissione che è avvenuta tra mente e
corpo a partire da Descartes ha
favorito le “decostruzioni” indicate
da Bauman, la distinzione fra proprietà
attribuite ai soli eventi mentali e quelle proprie degli eventi fisici ha fatto
sì che il corpo, privo e staccato dalle manifestazioni di intenzionalità
mentali, è stato visto come una macchina da riparare i cui guasti sono
razionalmente aggredibili, fino a giungere ad un “naturalismo eliminazionalista” che superando la stessa “teoria dell’identità” ha negato
l’esistenza dei fenomeni mentali autonomi dai concetti fisici ( Feigl – Place – Feyerabend), invertendo
l’antico prevalere della mente sul corpo.
Il rapporto tra mente e corpo è stato,
altresì, visto in termini esterni al sistema, nei quali impulsi provenienti da
differenti ambienti danno luogo a interpretazioni differenti del sistema
stesso, il tutto, quindi, manovrabile completamente dal e mediante il contesto
ambientale ( Putnam).
L’intrinseca capacità della natura di
elaborare informazioni comporta una complessità del sistema con una conseguente
ridotta capacità di prevedibilità delle future informazioni, lo stesso vuoto
tra un’informazione e l’altra modifica e
interpreta l’informazione trasmessa, ma nell’uomo vi è l’ulteriore complessità
determinata dalla moltitudine di linguaggi come mezzi di trasmissione
dell’informazione.
Osserva Lloyd
che è più semplice quantificare l’informazione, come energia o denaro, che
qualificarla e definirla correttamente, d’altronde l’ambiguità del linguaggio
umano da elemento di disturbo del sistema diventa di per sé stesso un ulteriore
mezzo espressivo, che arricchisce le possibilità di trasmissione a fronte della
non conoscenza dei modi di elaborazione delle informazioni da parte della mente
umana.
Molta informazione è invisibile senza la necessità di alcun
intervento umano, se a questo aggiungiamo la logica e una certa
autoreferenzialità si ottiene l’imprevedibilità delle azioni umane.
Il sogno della certezza, della prevedibilità solo
presente e quindi del tutto controllabile delle nostre vite ci fornisce la
certezza economica per una totalità dei consumi, in cui l’accumulo mediante
risparmio per un arco di tempo incerto perde le caratteristiche della virtù
invertendo i valori, d’altronde la stessa finanza ha provveduto a sbriciolare
le certezze future.
Il nostro finito costeggia senza posa
l’infinito, l’unità uomo è inscatolata in infinite strutture sommariamente
identiche che tuttavia variano la “risoluzione” dell’immagine su scale
differenti in una proiezione indefinita del tempo, quello che può anche
definirsi un “ideale a infinito interno”
(Luminet - Lachiéze - Rey), in questa
lotta perenne tra finito e intuizione dobbiamo occuparci non solo e tanto dell’esistenza
quanto di quello che Russell definisce
una “possibilità di esistenza”, frutto di una composizione infinita di
trasformazioni infinitesimali.
Il tempo risultato del continuo
cambiamento della configurazione del sistema viene da noi percepito in funzione
della nostra posizione nel sistema che ci comprende, la somma dei nostri
diverso “Adesso” in cui la nostra
esperienza è immersa crea le varie probabilità che possiamo percepire (Barbour), ma noi tendiamo a vivere nel
qui ed ora quale risultato di una causalità orizzontale della totalità delle
cose, così che per noi le cose non diventano ma sono.
Viene, pertanto, negata la probabilità
degli eventi per un immanentismo totale senza futuro, ma anche senza la
possibilità del rischio della morte e dell’impotenza che diventa antieconomica
e quindi da negare, ogni azione umana viene così imperniata nella negazione
della possibilità del cessare, nell’ esistere di un continuo presente che
rinasce quale idea ad ogni costruzione dell’uomo, da quella economica a quella
giuridico – sociale e quindi politica.
Vi è pertanto uno scollamento sul
sentimento di identità nazionale, la Nazione quale società degli antenati
legata ad un territorio tra passato e futuro, questa viene a sciogliersi in una
globalità indefinita, nell’interstatualità di un internazionalismo obliquo e
indeterminato, nella cui generale incertezza rientra anche il problema
demografico, ridotto anch’esso in gran parte ad un puro aspetto economico
individuale, non come investimento collettivo.
In questo sciogliersi dell’identità
dell’individuo nell’indefinito, utile ad un determinato modello economico,
nasce inaspettatamente lo scontro, il conflitto con le diverse realtà culturali
esistenti e il loro riaffermarsi anche in termini bellici.
Bibliografia
·
AA.VV.,
Popolazione e potere, Aspenia, 2023;
·
Z. Bauman,
Mortalità, immortalità e altre strategie di vita, Il Mulino, 1995;
·
J. Barbour, La
fine del tempo, Einaudi, 2003;
·
F. Cardini, La
deriva dell’Occidente, Laterza, 2023;
·
L. Geymonat,
storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti,1996;
·
S. Lloyd, Il
programma dell’universo, Einaudi, 2006;
·
J.P. Luminet, M.
Lachiéze-Rey, Finito o infinito?, Cortina ed., 2006;
·
Edward O. Wilson,
Le origini profonde delle società umane, Raffaello Cortina Ed., 2020.
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