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domenica 25 febbraio 2018

Uno Stato senza prospettive

SCENARI, REGIONI, QUADRANTI

Somalia

Nel 2018 la Somalia è ancora uno stato tutto da costruire. Da quando è uscita dalla sfera postcoloniale di influenza italiana, la Somalia ha vissuto giorni di conflitto e divisioni, oltre che di miseria e tragedie. Oggi il problema principale è il dilagare del terrorismo e la fortissima ingerenza dei governi stranieri che sono intervenuti con la scusa di aiutare il Paese da uscire dalla crisi.

Il 14 ottobre 2017 un camion carico di esplosivo ha seminato strage in un incrocio del centro di Mogadiscio. Si ebbero 512 morti e 316 feriti, almeno secondo le sfide ufficiali. Questo attentato ha il triste primato di essere il più grave della storia del Paese ed uno dei più sanguinosi nella storia della Somalia. Non vi sono rivendicazioni ufficiali, ma è facile ricondursi al gruppo terroristico Al Shabaab.

Il 28 ottobre 2017 un gruppo di terroristi attacca l’Hotel Nasa Hablod di Mogadiscio dopo che un autobomba è esplosa all’ingresso dell’edificio. 23 le vittime. Le forze di sicurezza somale riprendono il controllo dell’Hotel dopo una notte di assedio. Questa volta l’attentato è rivendicato da Al Shabaab.

Questa situazione grave di instabilità chiama in causa la Missione dell’Unione Africana in Somalia, AMISOM. Iniziata nel febbraio 2017 aveva come missione quella di sostenere l’allora governo di transizione, realizzare in piano di sicurezza nazional ed addestrare le forze di sicurezza statale. AMISOM ha contingenti di Uganda, Etiopia, Gibuti, Kenya e Burundi per un totale di 22 mila uomini. Nel 2017 circa 1000 uomini del contingente sono stati ritirati e entro il 2020 AMISOM termina la sua missione, dopo aver trasferito tutte le sue funzioni alle forze di sicurezza dell’esercito somalo.

Ma sembra un obiettivo non realizzabile. L’Esercito somalo non è equipaggiato ed attrezzato per subentrare ad AMISOM, mentre questa missione è fallita essendo implicata in gravi casi di corruzione e soprattutto nella vendita di armi ad Al Shabaab. I suoi componenti hanno molte critiche a carico.
Il Kenya è accusato di esportare carbone, l’Eritrea è sospettata di avere suoi propri piani; Stati Uniti, Gran Bretagna e Nazioni Unite non condividono le informazioni, ognuno agendo da solo. Non vi è a tutt’oggi un piano generale per combattere il terrorismo.

Secondo Nuruddin  Farah, giornalista somalo che vive negli Stati Uniti e in Sud Africa, “.se l’embargo sulle armi non sarà revocato e non ci sarà coesione nel modo in cui i paesi stranieri collaborano con l’apparato della sicurezza somalo, il mio timore è che assisteremo a un attacco molto peggiore di quello del 14 ottobre 2017.”



Desiderio Giorgini

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