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INTRODUZIONE
Tempo fa durante l'ultima missione in Kosovo un amico militare disse di avermi visto in cattedrale a Pristina insieme al comandante della missione NATO e di avergli ricordato De Gasperi e Andreotti riferendosi alla famosa battuta di Indro Montanelli secondo cui quando i due leader democristiani andavano a messa insieme il primo parlava con Dio, il secondo con i preti. Una frase scherzosa, ma con un fondo di verità. Il generale in questione è uomo di salde convinzioni religiose e stretta osservanza, io sono un cattolico della domenica, come tanti italiani, ma di amici religiosi ne ho sempre avuti molti.Fin da bambino sono andato d'accordo con preti e suore, nessuna imposizione familiare, semplice simpatia reciproca unita a assidua frequentazione dei campi di calcio salesiani (quelli belli a 11). Una formazione su cui ha influito anche il luogo dove sono cresciuto. Sebbene la mia famiglia venga dalla terra dei Peppone e don Camillo, mi sono sempre sentito più vicino a quella della mia giovinezza, una provincia talmente legata e fedele allo Stato pontificio da aver avuto nel suo territorio ben sette diocesi (un record) e il capoluogo proclamato Civitas Mariae. Un'influenza papalina che ha pervaso tanti aspetti della società.In età matura, per via della carriera intrapresa, sono passato dalle frequentazioni con preti di oratorio ai religiosi in prima linea. Negli scenari più estremi hanno spesso fatto la differenza, rappresentando l'ultima speranza, appunto, per tante popolazioni in difficoltà.Due anni fa l'amico presidente della Lega navale di Porto San Giorgio, Giacomo Romani Adami, mi chiese di tenere una serata sulla crisi russo-ucraina. Pur avendo una discreta conoscenza del dossier - alla fine del '21 avrei dovuto essere dispiegato a Kiev come osservatore dell'Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa - preferii starne fuori. Di cose da dire ce ne sarebbero state, a cominciare dalla anomalia dello scomposto impegno negoziale della comunità internazionale, paragonato a quello messo in campo nella ex Jugoslavia, teatro dove ho servito per molti anni. A tal proposito mi avrebbe fatto piacere ricordare un diplomatico lì impiegato, nonché storico socio dello stesso sodalizio piceno, l'ambasciatore Alfredo Matacotta. Proprio nei Balcani era stato vice del plenipotenziario UE Lord David Owen, co-autore dei piani di pace Vance-Owen e Owen-Stoltenberg Sr. per Bosnia e Croazia. Troppe erano state, e sono tuttora, le polemiche sulla crisi tra le due ex repubbliche sovietiche, alto il rischio di venir fraintesi e quindi, come detto, declinai.Il presidente volle comunque fare un evento e chiese un argomento a piacimento. Mi venne in mente un episodio di qualche mese prima, era venuto a casa mia a Roma il politologo Massimo Teodori rimanendo colpito da quadri e fotografie incorniciate - dati gli spazi angusti non poté non vederli tutti. A fine serata da buon radicale assai laico mi chiese: perdona Andrea, perché dipinti e foto raffigurano sempre dei prelati? Per i quadri feci presto a rispondere ... sono quelli di casa lasciati da mia sorella Teresa. Sulle foto ci pensai sopra un attimo, per concludere che nei vari teatri dove ero stato c'erano sempre sacerdoti e suore, anzi loro si trovavano lì prima del mio arrivo in tante zone di crisi (e probabilmente sarebbero rimasti dopo la mia partenza).Fu un osservazione - quella dell'ex parlamentare nonché docente di storia americana - che mi fece riflettere, mai lo avevo realizzato. Caro Giacomo, mi venne da rispondere, perché non parliamo dei tanti religiosi che ho incontrato in zone di crisi? Lo dissi a cuor leggero, pensando che difficilmente sarebbe stato scelto un tema così di nicchia in tempo ferragostano.Sorprendentemente Romani fu entusiasta. Ottimo, così approfittiamo per far benedire i locali del club dall'arcivescovo di Fermo Rocco Pennacchio, rispose.Preso in contrpiede mi affrettai a mettere ordine ai ricordi e ad assicurare come moderatore Vincenzo Varagona di Rai Marche, presidente nazionale della Unione stampa cattolica. Di fronte a una platea numerosa parlammo in tandem un'ora e mezzo e saremmo potuti andare avanti ancora molto. La sera stessa, prima di andare a dormire pensai che forse avrei avuto del buon materiale per un nuovo libro ed eccomi qua.AAPrefazione
Nella sua Introduzione l’Autore di queste pagine si qualifica come “un cattolico della domenica”. Terminata la lettura devo dissentire da questa valutazione. Andrea Angeli, oltre a essere un amico di tantissimi sacerdoti e religiose, è anche un vero cristiano, che ha trascorso i trent’anni della sua vita di addetto stampa dell’ONU cercando di fare del bene e, all’occorrenza, di aiutare i rappresentanti della Chiesa cattolica e di altre chiese e religioni a svolgere la propria missione.
Ho fatto la sua conoscenza in una circostanza che è rimasta ben impressa nella mia memoria. Siamo a Sarajevo il 6 gennaio 1996, mi trovavo là, insieme a non pochi altri rappresentanti della CEI, per una breve visita che aveva lo scopo di sostenere il Cardinale Vinko Puljić e la Chiesa cattolica di Bosnia, attaccati duramente dalle milizie serbe. Sarei dovuto ripartire la sera stessa ma l’aereo su cui avrei dovuto imbarcarmi non atterrò a Sarajevo per timore di spari, in realtà non diretti contro di esso ma volti a festeggiare il Natale della Chiesa ortodossa. Tornai pertanto, con il mio segretario Mons. Mauro Parmeggiani, su un pulmino organizzato da Andrea Angeli e guidato dal medico Fausto Mariani. Per me fu un viaggio avventuroso ma, da come ne scrive Angeli, comprendo che per lui fu normale routine.
Questo libro, come recita il sottotitolo e come spiega più ampiamente l’Introduzione, racconta “storie di religiosi in aree di conflitto” e ripercorre così i trent’anni di servizio dell’Autore come addetto stampa dell’ONU. Le vicende narrate sono spesso avvincenti e danno conto di una vita che ha spaziato nelle più diverse aree del pianeta. Ma anche lo stile di Angeli colpisce favorevolmente. Di professione è un addetto stampa ma è lontano dal linguaggio un po’ freddo di molti rappresentanti di questa categoria. Scrive con brio e incisività, tiene desta l’attenzione del lettore e stimola la sua curiosità.
Cardinale Camillo Ruini-----------questo libro è dedicato:a Giandomenico Picco, luce di speranza nelle notti di Beirut quando l'Onu faceva la differenzaa Franco di Mare e Andrea Purgatori, indimenticabili compagni di viaggioal Generale dei Carabinieri Leonardo Leso, nome in codice DoppioLima, sempre in prima linea a tutte le latitudini
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