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venerdì 21 marzo 2025

Convegno di Studi e Ricerca "Verso il Congresso Nazionale" Contributo di Renato Hagman, Federazione di Ancona, 3 marzo 2025

 

Considerazioni sull’Istituto del Nastro Azzurro

 

Da quando sono diventato socio dell’Istituto del Nastro Azzurro sono trascorsi alcuni anni che sono stati contrassegnati da grandi cambiamenti.

Ho festeggiato con i miei commilitoni i cinquant’anni di naia, e ci siamo ritrovati e divertiti, ma allo stesso tempo ho ridotto molto la mia vista per motivi congeniti, così come ho subito due interventi d’urgenza in un anno. Tutto questo non ha impattato tanto nella mia vita, per fortuna sto bene, e tutto questo mi ha fatto fare nuove conoscenze e nuove esperienze. Di me e degli altri. Ho perso amici e ne ho trovati, o ritrovati.

Questo non per parlare di me, ma per considerare come è cambiato il Nastro Azzurro, se è cambiato, almeno tanto quanto sono cambiato io. Mi ritrovo a discutere con persone colte, impegnate, che vogliono promuovere la cultura e la conoscenza del passato e del presente, soprattutto se appartenenti al CESVAM. Eppure, oltre a sapere chi si presenta a preparare le salamine, a prenotare i salami nostrani (io sono Alpino, quindi è facile comprendere come si parli di eccellenze gastronomiche) o “cene del colesterolo”, sfilare con i labari e restare per oltre un’ora in posa in prova davanti ad un improbabile sergente che forse non era capace nemmeno quando, tanti decenni fa, era sotto le armi per servizio di leva; oltre a nascondere piccoli interessi dell’amico dell’amico, nella boria tronfia di definirsi “presidente” o “alfiere” o mostrarsi nelle fotografie di un periodico che, a parte guardare le immagini come quando eravamo bambini, non legge quasi nessuno, mi sembra che non sia cambiato niente.

Io ho servito la Patria, le associazioni, il pubblico, le persone fragili, pertanto il servizio e la memoria li considero importanti e fondamentali, ma mi sembra che non si vada da nessuna parte senza un itinerario chiaro e certo, condotto con polso, e il polso di chi non si accontenta di numeri vuoti di significato, ma che pongano le basi per quello che dobbiamo lasciare di noi al futuro.

Dopo che ci siamo spesi per ore ed ore a sfilare e a mangiare sotto i tendoni; dopo che abbiamo esposto in casa le medaglie commemorative e finto di esporsi in un museo che non è più nemmeno del Nastro Azzurro, che cos’è questo Istituto, ente morale di centenario prestigio?

Ho avuto la fortuna di essere comandato da un tenente che è diventato generale di corpo d’armata. Noto che molte Federazioni o Sezioni dell’Istituto sono “comandate” da persone che vogliono soltanto mettersi in mostra, anche tra clientelismi e zizzania, concependo un’operazione centrifuga per chi potrebbe esprimere ad alta voce la verità, mantenendo invece quell’acqua torbida che tanto piaceva denunciare al Manzoni lombardo. Insomma, nell’era dell’intelligenza artificiale bisogna essere in grado di contrapporre un’intelligenza capace di non essere autoreferenziale, ma capace di costruire qualcosa che faccia crescere l’Istituto e le persone che lo compongono, con le persone fruitrici che non imparino soltanto l’apparenza. Siamo influencer forse?

Pongo questa riflessione ai miei colleghi soci perché credo che la nostra esperienza di vita sia irripetibile difronte al mondo attuale che vive di parvenza, ma che non conosce troppo la sostanza.

Se la vita ci porta a cambiare, anche la modalità dell’Istituto penso dovrebbe essere più pregnante, più consona al presente, più vicina alle nuove generazioni con corsi e studi, più fatta di attività organizzate e proposte da noi come Istituto in modo consapevole ed organizzato. I numeri si deve imparare a contarli in termini di costruzione di impegno e non solo di facciata.

Il mio impegno continua, ma non voglio essere una pedina spostata dall’alto quando serve. Voglio vedere un Istituto ancora degno di rappresentare per davvero chi si è speso nel Valore Militare.

Renato Hagman

 

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