Da Caporetto a Vittorio
Veneto, dalla Libia all’Albania.
Ten cpl. Art. Pe.
Sergio Benedetto Sabetta
“ L’ 11 settembre partimmo a piedi da Cormòs
ed arrivammo a Manzoni la sera.
La Scuola degli Arditi
della seconda armata era comandata del Generale Cappello. Ci assegnarono alla
1^ Compagnia comandata dal Tenente Cava. Incominciammo così a frequentare la
Scuola in cui si facevano lezioni di ginnastica, salti, ecc., ecc..
Il 24 ottobre 1917 il nemico incominciò
l’offensiva.
Gli austriaci
all’improvviso iniziarono un fuoco di batteria. Noi temevamo di essere chiamati
per rintuzzare quell’attacco.
A noi arditi venne
affidato il compito di proteggere la ritirata.
La mattina de 25 con dei camions ci condussero sul
monte Corrado.
Ci fecero scendere
nelle vallate e restammo fermi attendendo ordini.
Ci diedero le bombe a
mano e ci condussero sul monte lasciando due arditi ogni dieci metri.
Non avevamo ancora
raggiunta la cima quando giunse il portaordini che ci additava in nemico
avanzante alla nostra destra.
Ci fecero scendere dal
monte Corrado e ci portarono sul monte Chonina, ivi rimanemmo il giorno 26.
La sera ci diedero una
scatola di salmone e una galletta per ogni due arditi, ci misero di vedetta.
Durante la notte il nemico avanzò alla nostra sinistra, proprio dove lo
aspettavamo.
Pioveva a dirotto. Il
nostro tenente ci fece sganciare la mantellina per innestare la baionetta.
Eravamo tutti all’erta per essere pronti a rintuzzare qualsiasi attacco.
Ci mettemmo in cammino per guadare un piccolo
fiume e vi riuscimmo senza a combattere,
non tutti, però poiché arrivarono le truppe nemiche ed il genio militare fece
saltare il ponte con un deposito di munizioni.
Passato il fiume si
camminava inquadrati per non essere presi a tradimento. Trascorse così la
notte, camminando per tornare a Manzano. Arrivati al ponte di Manzano non si
poteva passare per la folla. Vi erano molti soldati e civili che fuggivano.
Il Capitano Caffaro ci
fece fermare su un prato vicino al ponte. Prelevò qualche ardito ed andò a
prendere qualcosa da mangiare. Rimasti soli ci recammo al paese dove trovammo
vino, liquori ed altra roba poiché i padroni erano fuggiti.
La sera partimmo per
Villanova. La notte dal 27 al 28 ottobre
dormimmo nelle baracche vicino Palmanova, vestiti ed armati e sempre
pronti.
Dopo mezzanotte
dovemmo sloggiare di novo a Manzano le case bruciavano e si sentiva un acre
odore di fumo. I civili erano fuggiti lasciando tra le fiamme tutto il loro
avere.
Prendemmo tanta roba
per non lasciarla bruciare.
Prendemmo la strada
per Udine però fummo preceduti degli Austriaci. Traversammo un campo passando
su un ponte della ferrovia e ci fermammo vicino Codroipo.
La mattina del 29, una pattuglia d’Arditi andò in paese
ma prima di arrivare dovette sostenere un combattimento poiché il nemico
cercava di venire avanti.
Esso fu costretto a
ritirarsi entro Codroipo, ci furono alcuni morti e feriti, e noi rimasti in
pochi dovemmo desistere. Dietro Codroipo c’era un fiumicello che il nemico
pattugliava a cavallo e appena noi vi arrivammo fummo accolti da raffiche di
mitragliatrice.
Noi, in pochi e senza
Comandante, cercammo di arrivare al Tagliamento.
Io saltai alla
sinistra del ponte, le pallottole fischiavano sulla mia testa, camminavo curvo
per non essere colpito. Avevo uno zaino pieno di scatolame e per essere più
svelto tagliai la cinta col pugnale.
Libero, potei passare
il fiume e cercai di raggiungere il Tagliamento. Vi furono altri scontri ma si
trattò sempre di cose lievi. Dopo tanti sacrifici, arrivai al ponte la sera del
30 ottobre; su di esso vi era gran
confusione.
I carabinieri avevano
fatto formare tre colonne per poter mantenere l’ordine. Impiegammo molto tempo
per passare il ponte e dopo passato ci gettammo a terra vinti dalla stanchezza.
La mattina del 1 novembre il Capitano Caffaro venne a
cercarci, ci riunì e ci condusse ad una sussistenza, ci fece rifornir di viveri
poiché eravamo stanchi, affamati, avviliti e ci portò a San Vito sul
Tagliamento dove dormimmo nella casa del Sindaco, rimasta abbandonata.
Dopo i combattimenti
di Codroipo il 2 e il 3 dovemmo
combattere a Cosarsa infliggendo gravi perdite al nemico.
Il 7 ci battemmo sulle colline di Vittorio
Veneto ed il 9 ci battemmo al fiume
di Pieve.
Gli Austriaci aprirono
un nutrito fuoco con autoblinde.
La sera ci fermammo a
Sernaglia formando una linea di resistenza. La mattina del 10 il Tenente Cao andava avanti e indietro in bici dicendo di
tenersi pronti a rintuzzare un eventuale attacco della cavalleria, poiché si
udiva il calpestio dei cavalli.
Dopo pochi minuti
cominciarono ad arrivare le granate e il nemico giungeva con l’Artiglieria da
Campagna. Combattemmo per circa mezz’ora poi fummo costretti a sloggiare.
Arrivati al ponte di
Vidore combattemmo ancora, il nemico vi era già ed era più forte di noi.
Dopo una strenua
battaglia fummo costretti a passare il Piave
a piedi per non essere presi prigionieri.
Il Piave dove fu
guadato era diviso in tanti bracci ed in qualcuno di essi l’acqua era alta
perciò il Tenente Cao ci raccomandava, a ben ragione, di tenerci stretti per
mano perché la corrente non ci portasse via. La forte corrente tentò di
portarmi via e mi distese sull’acqua, ma io mi tenevo sempre stretto ai miei
compagni. La corrente era rapidissima e si doveva camminare nello stesso verso
della corrente; percorremmo così alcuni chilometri nel letto del fiume.
Usciti dall’acqua, i
nostri ci dissero che avevano avuta la brutta notizia: tutti gli italiani al di
là del Piave erano stati fatti prigionieri, se non avessimo alzato i fazzoletti
ci avrebbero sparato addosso.
I pochi borghesi
rimasti ci davano volentieri da mangiare e ci accendevano il fuoco per farci
asciugare. Ci riunimmo poi in un prato vicino al Piave ed ivi rimanemmo fino al
12.
IL 13 ci condussero a Crespignano e il 17 ai Castelli Monfumo dove scavammo
delle trincee.
La sera del 21 novembre sul Monfenera ricacciammo
il nemico che era riuscito ad attraversare il fiume e tentava di venire avanti.
Camminammo di notte
sulla montagna, trovai tanti soldati
italiani per terra; sembravano che dormissero invece erano tutti morti,
donarono così la loro vita alla Patria.
Ciò mi spronò a
battermi con più ardore per vendicare quei ragazzi. Prima di arrivare alla
linea nemica rimanemmo sorpresi poiché il nemico era uscito e veniva all’arma
bianca.
Molti dei nostri
morirono ed altri rimasero feriti, però la vittoria fu nostra. Il nemico
abbandonò la posizione lasciando sul campo centinaia di morti e feriti.
La sera del 22 vennero i bersaglieri ad occupare la
posizione e noi ritornammo ai castelli.
IL 25 ci portarono di rincalzo al Vallone
di Tromba dove il giorno dopo arrivarono delle granate di gas asfissiante, che
per fortuna non scoppiarono tutte, poiché eravamo senza maschere, saremmo morti
tutti.
Gli Ufficiali ci
consigliavano di accendere le sigarette.
Nei giorni che
seguivano non fummo disturbati; solo si sentiva freddo poiché eravamo rimasti
senza coperte e mantelline. Non ci cambiavamo dal 24 ottobre, quindi, eravamo sporchi e pieni di insetti.
La sera del 4 dicembre arrivò una Brigata di
soldati francesi, che occupò il nostro posto. Ci condussero a Castiglione del
Brenta arrivandovi il giorno seguente.
Il 9 ci condussero a Debba. L’11 a Longara ci concessero un breve
riposo e ci fecero dormire in un edificio scolastico.
Il 16 dicembre ci condussero a Vicenza
dove facemmo il bagno. Ci spogliavamo sei alla volta, entravamo in sala da
bagno ed uscivamo dalla parte opposta munendoci di panni nuovi. Anche a Longara
erano stati cambiati i letti al completo.
Siccome noi Arditi per
proteggere la ritirata eravamo rimasti in pochi dovemmo riordinare le
compagnie; io entrai a far parte della seconda che era comandata dal Capitano
Caffaro.
Il 1° Reparto
d’Assalto era stato formato il 29 luglio 1917, si era coperto di gloria sul
monte Fratta, sul Semmer a Belpoggio, a San Marco.
Il 4 settembre sul San
Gabriele aveva conquistato con solo 45 minuti il difficilissimo monte
attaccando alla baionetta anche i mitraglieri accanto alla loro arma.
Il 5 si coperse di gloria
ad Annover ed il 6 a Sella di Doi.
Di battaglia in
battaglia si arrivò al 25 dicembre ed
io trascorsi il S. Natale ospite di una famiglia. Anche per il giorno di
capodanno fui ospite di quella famiglia.
Il 5 gennaio 1918 venne un Ufficiale e
prese una decina di Arditi che occorrevano per togliere due postazioni di
mitraglieri austriache che davano fastidio alla nostra linea.
Io mi trovavo in
camerata e non mi potetti offrire in tempo per l’impresa.
Partirono con degli
autobus cantando allegri per la contentezza di battersi. Spararono in aria
alcuni colpi di pistola.
Il Generale Vaccari
l’ebbe a male ed il 6 venne a
Longara e ci rimproverò dicendoci che gli Arditi non stavano facendo nulla e
per i più si ammutinavano quando si doveva combattere. Minacciò di fare la
decimazione per insegnarci il modo di comportarci.
L’Aiutante Maggiore
però ci rassicurò dicendoci che avrebbe fatto un rapporto al Generale in cui
avrebbe detto che gli Arditi erano partiti volontari ed avevano sparato in aria
per la contentezza.
Gli Arditi partirono
attaccarono le postazioni nemiche prendendo prigionieri i soldati con le armi.
Non vi furono perdite
in battaglia ma nel rientrare un Ardito siciliano non rispondendo alla parola
d’ordine fu ucciso da una sentinella.
Il 7 gennaio 1918 venne un’autocolonna di
camions che ci portò a Vidarolo; colà dormimmo in baracche. Non vi era nulla:
solo neve. Noi scherzavamo con le palle di neve.
La sera del 26 gennaio partimmo a piedi e la
mattina del 27 arrivammo
sull’altipiano di Asiago.
Ci mandarono in
trincea affinché potessimo osservare la posizione che si doveva riconquistare
il 28 , cioè Col del Rosso.
La mattina del 28 gennaio, alle 6 la nostra
Artiglieria incominciò un rapido e intenso bombardamento.
Il tiro, però, non era
stato ben regolato e delle granate causarono diversi morti nelle nostre linee.
L’ora fissata per
l’attacco erano le 8, ma il Capitano vedendoci massacrati dalla nostra
Artiglieria non potendo telefonare, inviò un porta-ordini al Comando di Artiglieria affinché allungasse
il tiro.
Intanto alle sette e
mezza ci fece uscire all’attacco. I nemici martellati dall’Artiglieria e
incalzati da noi che correvamo all’assalto lanciando bombe a mano non oppose
resistenza.
Conquistammo la 1^ e
2^ e 3^ linea uccidendo molti nemici e
facendo molti prigionieri che venivano inviati nelle retrovie.
Alla 3^ linea eravamo
arrivati i primi, io in tutto. Il Tenente Gatta ed il suo Attendente fecero
circa 60 prigionieri che erano nascosti nel burrone.
Ebbi l’ordine di
accompagnarli al campo di concentramento.
Un altro Ardito venne
con me e man mano che si camminava vedevamo il gruppo dei prigionieri
ingrossarsi tanto che appena arrivammo al campo erano 155.
Ritornammo sul monte
ma la battaglia era finita e il Col del Rosso era nostro.
Riprendemmo la nostra
roba e andammo via lasciando la Fanteria di presidio. Il rancio era stato
servito, lo consumammo e ci incamminammo per riunirci a Vitarolo, poiché noi
Arditi facevamo l’adunata al posto dove eravamo partiti.
Ivi arrivammo il 29 verso le 10. All’appello mancavano
102 soldati che si erano immolati per riprendere la posizione.
Il 31 gennaio 1918 ci caricarono sui
camions e ci portarono a Tormento vicino a Vicenza.
Mi fu proposto il
grado di Caporale ma io rifiutai.
Il 22 febbraio, vestito a nuovo mi
mandarono in licenza premio per dieci giorni più il viaggio.
La mattina del 23 partii da Vicenza alle 8.
Il 10 marzo ripartii da casa per
raggiungere il Reparto.
Arrivai a Tormeno e
trovai i miei compagni che facevano istruzione mi fu reso noto che durante il
combattimento al Col di Rosso il Capitano Caffaro era stato ferito e il Tenente
Bertoni risultava disperso.
Era passato a Comandare la Compagnia il Capitano medico
Merco Mario.
Il 7 aprile ci portarono di nuovo a
Longara e vi rimanemmo parecchi giorni.
L’8 maggio partimmo da Longara a piedi diretti a Marsan; percorremmo
48 km ed arrivammo alla sera.
Il 12 maggio partii con la licenza
ordinaria di 20 giorni dovetti andare alla stazione di Padova per prendere il
treno. Dovevo percorrere tutta la strada a piedi; ma una
macchina mi evitò tale fastidio portandomi per molti chilometri.
Ma non era finito:
dovevo continuare a piedi. Giunse però una macchina francese e siccome era
proibito fermare macchine vi montai con un balzo d’ardito.
Arrivai così alla
stazione di Padova. La tradotta era in moto e subito partì per Bologna dove
presi la coincidenza per Isoletta.
Il 1 giugno 1918 partii da casa e tornai
di nuovo a Marzan. Ivi trovai che il I Reparto aveva cambiato nome ed era
diventato il XX Reparto.
Il 7 ci portarono a Veggiano.
L’11 giugno fu formata la 1^ Divisione d’Assalto, di cui assunse il
comando il Generale Zoppi. Quel giorno per noi fu festa, ci diedero il rancio
speciale , doppia razione di vino, viveri di conforto.
La cosa più bella fu la
visita di Sua Maestà il Re.
Il 15 ci portarono alle fornaci del basso
Piave, dove il 16 iniziò la
controffensiva che durò 4 giorni. In questa battaglia morì sotto i nostri occhi
il valoroso Maggiore pilota Francesco Baracca.
Il 17 giugno, proprio quando dovevamo
uscire all’assalto, cominciò a piovere. Noi ci gettammo la mantellina addosso
che poi fu gettata al sibilo di un fischietto, smise di piovere e noi potemmo
portare a termine una brillante azione.
Il nemico era forte e
ci diede filo da torcere, ma noi Arditi lo ricacciammo al di là del Piave
catturando molti prigionieri.
Una postazione di
mitragliatrice oppose una strenua resistenza impedendoci il passaggio. Si era
in pianura e non si poteva girare, quindi io e il Tenente Gatta e due Arditi
facendo un lungo giro sul lato sinistro arrivammo a tiro, allora un Ardito
lanciò una bomba che colpì alla testa un mitragliere e lo freddò sull’arma. Gli
due austriaci alzarono le mani.
Il Tenente mi ordinò
di portare la mitraglia al comando, io la presi sulle spalle ed andando
incoraggiavo i commilitoni. Consegnai l’arma e cercai di raggiungere la mia
Compagnia ma ciò mi fu difficile poiché essa era sempre in movimento
combattendo di qua e di là.
Dovemmo combattere
quattro giorni per abbattere il nemico poiché la sua posizione era difficile.
La sera del 20 ci portarono a San Michele dove
prendemmo il treno per Lonigo. Arrivati ci fecero scendere e ci condussero a
Varbarano a piedi.
La popolazione ci
accolse festosamente e mentre camminavamo per le vie del paese ci lanciavano
fiori e sigarette.
Il 25 il nemico tentò di ripassare il
Piave e per questo ci trasportarono a Selva con i camions dove restammo due
giorni dopo i quali il combattimento terminò.
La sera del 27 prendemmo il treno alla stazione di
Montebelluno e tornammo a Lonigo dove ci accampammo a poca distanza dal paese.
Il 30 giugno ci passò la rivista Sua
Maestà il Re con tutto lo Stato Maggiore; avemmo così l’alto onore di vedere il
Re in uniforme che si trattenne con noi.
Eravamo vestiti di
tela ed avevamo un fiore all’occhiello. Quel giorno all’accampamento ci diedero
rancio speciale e gran quantità di viveri di conforto.
Sua Maestà era
contento degli Arditi e ci voleva bene.
Restammo colà oltre un
mese. Un giorno mentre facevamo i tiri col moschetto al mio si ruppe una molla
dell’elevatore ed il Comandante mi dette tre giorni di prigione di rigore.
Il 3 agosto partimmo con il treno da
Lonigo ed andammo ad Edolo; il 4 a
Cordenedolo.
Il 7 ci condussero sul Tonale, quivi si
doveva fare un combattimento ma il terreno non permetteva e il combattimento fu
sospeso.
La mattina dell’ 8 ci condussero a Ponte di Legno e poi
con i camion ci riportarono a Cordenedolo, il 13 ci condussero di nuovo sul Tonale, ma neanche questa volta si
poté combattere.
Vista l’impossibilità
di poter fare l’azione la mattina del 15
ci condussero a Cordenedolo e il 18 a
Bastia.
Il 21 fu la festa degli Arditi e ci fu la
consegna delle Medaglie al Valore dei Gagliardetti ai Reparti che ne erano
sprovvisti.
Il 23 ci portarono a Lonigo, il 6 settembre a Barbarano. Il 12 a Bastia ci diedero un sacco
tirolese che dovevamo portare sempre. Si camminava di notte per far sì che si
arrivasse di giorno.
Il 13 ci portarono ad Aranchi, il 14 a Borgorgo, il 27 a Vedelago, il 28 a
Selva e da qui si doveva andare in linea ma il combattimento fu sospeso.
Il 30 tornammo a Vedelago e il 22 ottobre ci portarono a Montello. Il 26 ottobre ci condussero sul Piave per
incominciare l’offensiva che fu la definitiva.
La notte dal 26 al 27 passammo il Piave su un ponte
di barche. Ci dirigemmo vero il caposaldo di Collalto ed ivi trovarono il
nemico molto superiore in numero che ci oppose una accanita resistenza ma noi
vincemmo strappandogli anche Molino di Frezze, Fondigo, Sernaglia, Casamura e
Casacampagna, infliggendo al nemico gravi perdite.
Dopo due giorni di
aspro combattimento avevamo deciso le sorti della Patria.
Il nemico con
l’Artiglieria aveva rotto il ponte per togliersi i rinforzi e noi essendo
rimasti in pochi, formammo una linea di difesa a quadrato. Durante la notte fu
ricostruito il ponte ne poterono affluire rinforzi.
La mattina del 29 riprendemmo il combattimento, disperdemmo i “tognitti”.
La sera arrivammo a
Santa Maria e ci mettemmo a dormire all’aria aperta.
La mattina del 30 ottobre ci diedero dell’anice, una
galletta e cinque sigarette e riprendemmo la marcia.
Si camminava a plotoni
affiancati. Il Colonnello veniva con noi a cavallo ma non ci fu possibile
raggiungere il nemico perché camminava più i noi.
La sera arrivammo a Cozzuolo vicino a Vittorio
Veneto, ci riposammo in una villa, entrò in linea, quindi la 2^Divisione
d’Assalto.
A Cozzuolo dovemmo
soffrire la fame poiché non si trovava nulla da mangiare. Le tre razioni del 26 ottobre erano finite e le castagne
costavano 4 lire al chilo.
Il 2 novembre arrivarono le cucine ed
incominciarono a darci da mangiare mezza razione al giorno.
La notte tra il 3 al 4 suonarono le campane a festa si
sentirono colpi di cannone.
La mattina del 4 novembre ci riunirono tutti ed il
Tenente Giudice lesse il Bollettino
della Vittoria, e disse che la guerra era finita.
Sentendo ciò noi non
credevamo a noi stessi. Ci sembrava una cosa strana, come se, la guerra una
volta incominciata non dovesse più finire. Ognuno di noi metteva in dubbio la
notizia.
Il Tenente si inquietò
rimproverandoci e dicendoci che gli Arditi, consci dell’eroismo con cui
combatteva, non dovevano mettere in dubbio una notizia simile.
L’11 novembre ci passarono in rivista a Vittorio Veneto, ci fu la sfilata ed ascoltando la Santa Messa.
Il 12 ci fecero partire assicurandoci che
saremo andati a Roma per una sfilata invece il convoglio prese la via della
Francia che ancora combatteva contro la Germania.
Strada facendo ci fu
comunicato che la Germania era stata costretta a firmare l’armistizio in virtù
del quale potemmo tornare indietro. Tornammo quindi a Cozzuolo dove il 23 facemmo una marcia portando con noi il rancio
fino al Lago Morto.
Il 24 ci portarono a Vittorio Veneto per
la consegna delle Medaglie al Valore.
Il 27 arrivò l’ordine che la 1^ Divisione
d’Assalto doveva andare in Africa e precisamente a Tripoli per fronteggiare la
guerriglia dei ribelli.
Il 7 dicembre venne l’ordine dal Generale
Zoppi Comandante della Divisione d’Assalto di mandare in licenza 57 Arditi per
ogni Compagnia: questi a loro volta si sarebbero impegnati a presentarsi a
Napoli alla Caserma Granili.
Il 9 ci fecero indossare la divisa nuova.
La mattina del 10 partimmo con
l’autocarro ed arrivammo a Treviso dove prendemmo la tradotta alle 10,30 con la
quale arrivammo a casa la sera del 12 alle
18,00.
La mattina del 31 dicembre partii alle ore 8,00 dalla
stazione di Arce ed arrivai a Napoli alle ore 11,30, scesi dal treno ed
incontrai il Comandante della Compagnia, Capitano Alene, che mi disse che la
partenza per Tripoli era sospesa. Mi ritirò la licenza e mi fece salire su una
tradotta che subito dopo partì per Mestre.
Arrivai a Mestre il 2 gennaio 1919 ; da qui andammo a
Mogliano. Il 3 a Zuro Branco. Il 4 a Quinto di Treviso dove si trovava
il Reparto. Ci riunimmo e nei giorni che seguirono facemmo istruzioni.
Il 28 gennaio, 1° anniversario per il XX
Reparto della conquista del Col del Rosso, facemmo festa.
Il 21 febbraio alle 2,00 partimmo da
Quinto di Treviso diretti in Libia. Ci imbarcammo a Venezia sulla Nave “Sofia”
che a causa della nebbia dovette fermarsi a poca distanza dal porto.
La mattina del 24 il cielo era sereno perciò la nave
si rimise in navigazione. Arrivammo a Gallipoli il 26 alle ore 8,00 dove facemmo 5 ore di sosta. Quindi alle 13,00
ripartimmo per compiere la traversata. Il mare era in tempesta. Io mi divertii
tanto a guardare i grossi pesci che filavano al fianco della nave.
Il 28 arrivammo a Tripoli e sbarcammo
dalla nave alle ore 14,00 e subito andammo al confine di Gargaresch. Per
giungervi percorremmo 8 Km. a piedi; quivi giunti facemmo le nostre tende
vicino al mare.
Il 3 marzo incominciammo a fare istruzione
ed il 5 cominciammo tattica di
gruppo nel deserto. Il 12 fui di
servizio come Caporale di giornata.
Il 15 andai a Tripoli con il permesso del
Comandante. Il 18 di nuovo montai di
servizio come Caporale di giornata. Il 19
facemmo i tiri col moschetto, pistola mitragliatrice e lancio di bombe.
Il 26 sera mi recai a teatro con biglietto
gratuito. Il 28 fui di ronda a
Tripoli in compagnia dei Carabinieri. Il
31 facemmo di nuovo i tiri.
Il 4 aprile fummo passati in rivista dal
Generale Carioni, Governatore della Libia, e dal nostro Comandante Generale
Zoppi.
L’ 8 ci
portarono a Fonduca Togas. La notte pattugliavamo i posti avanzati per impedire
ai ribelli di entrare in Tripoli. Il 14 ritornammo
a Gargaresch.
Il 17 dovevamo andare a combattere contro
i ribelli, ma il combattimento fu sospeso perché nelle casse di munizioni
italiane furono trovate cartucce austriache.
Il 18 andai con il permesso a Tripoli. Il 26 mi recai a Zanzuch per far visita ad
un mio compaesano e con lui passai una giornata veramente allegra.
Il 1° maggio andai di nuovo a Tripoli. Il 6 fui di guardia alla porta di
Gargaresch.
Il 27 maggio la Divisione di Assalto
doveva tornare in Italia ma quando eravamo tutti pronti per la partenza essa fu
sospesa. Avevamo avuto spesso delle visite del Generale Zoppi durante le quali
egli si intratteneva affabilmente con noi.
Ci fecero partire il 9 giugno alle ore 14.00, arrivammo a
Tripoli alle ore 18.00 e ci imbarcammo alle ore 22.00 sul Piroscafo “Brasile”
che partì immediatamente da Tripoli.
Il 13 arrivammo a Lusin Piccolo e ci
fermammo per tutta la notte. La mattina del 14 alle ore 4.00 partimmo ed arrivammo a Venezia alle ore 16.00. Il
15 scendemmo dalla nave alle ore
18.00 e alle ore 22.00 partì la tradotta che ci portò a Campagnola Emilia.
Il 26 andai a Novellara di rinforzo alla
sussistenza. Il 10 luglio andai a
Reggio Emilia per acquistare ciò che occorreva al Reparto per la festa dell’anniversario.
Il 18 andammo a Reggio Emilia per servizio
d’ordine pubblico, si prevedeva uno sciopero.
Il 19 partimmo per destinazione ignota: ci
portarono a Postumia da dove andammo fino a Plamina a piedi. Il 26 ripartimmo e sempre a piedi
raggiungemmo Lovandi.
Nello stesso giorno ci
recammo a Sesana, pioveva da tempo e proprio al nostro servizio arrivò,
sembrava che ci stava aspettando per piovere come non era piovuto mai.
Alla stazione di
Divoggia prendemmo il treno ed andammo ad Opicina. Scendemmo dal treno e
andammo a piedi fino a Croce.
Dovemmo attendere la
sera e fu là che dormimmo saporitamente per tutta la notte e senza essere
disturbati. Quello che maggiormente fa sì che possa essere ricordata quella
notte trascorsa a Croce, abbandonati per troppa stanchezza, fu proprio la
pioggia che scrosciava e noi eravamo senza coperte per cui non ci demmo affatto
peso.
Il 30 andammo in distaccamento a Sepuglia.
Fu lì che ci rifocillarono e rimanemmo fino al 9 agosto.
Il 10 agosto partii per casa in licenza
ordinaria i giorni 20.
Il 7 settembre 1919 partii da casa alle
ore 18 per tornare nuovamente a servire la Patria e difenderla.”
Il Diario termina qui, sappiamo che la 1^ Divisione fu
chiamata a combattere in Albania, Eleuterio verrà decorato con Medaglia di
Bronzo al Valore Militare, ma non possiamo saperne di più su queste vicende ….
Nota biografica
Nato
ad Arce il 16 aprile 1898 da Rocco e da Lucia Corsetti. Era il terzo figlio ,
aveva un fratello e due sorelle, passa la giovinezza a Colleone, appena
ventenne parte per la guerra, combatte sul fronte austriaco, dopo l’armistizio
del 4 novembre parte per la Libia e successivamente per l’Albania.
Su
quest’ultimo fronte viene decorato con Medaglia di Bronzo al Valore Militare
con la seguente motivazione: Con audacia,
attaccava, alla testa di pochi uomini, una posizione presidiata dai ribelli, e
l’occupava, dopo avere inseguito il nemico alla baionetta. Valina ( quota 203),
23 luglio 1920.
Decorazioni : Medaglia
Interalleato della Vittoria, di due Croci al merito di Guerra, Medaglia
commemorativa della guerra Italo - Austriaca con nastrino della Campagna
d’Albania.
Rientrato dalla guerra il 13 settembre 1923 sposa Luisa
Polselli, nascono otto figli, cinque maschi e tre femmine.
Il 21 aprile 1970 è nominato Cavaliere dell’ordine di Vittorio Veneto.
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