1.
La Campagna d’Italia
1a. Le quattro battaglie per Cassino,
lo sbarco di Anzio
Agli
inizi del 1944 il gen. Eisenhower e il gen. Montgomery fino ad allora assoluti
protagonisti delle operazioni in Italia, vengono chiamati in Gran Bretagna per
occuparsi direttamente della operazione Overlord. E’ un momento strategico
significativo. Ormai il teatro mediterraneo deve lasciare il passo a quello occidentale,
dove ogni risorsa dovrà essere destinata alla apertura del secondo fronte. Gli
uomini che sostituiscono Eisenhower e Montgomery sono uomini di secondo piano,
come di secondo piano diviene il fronte italiano. Si assisterà ad un continuo
ritiro di forze alleate, destinate in Gran Bretagna, ed ad un costante
rimpiazzo di queste con forze provenienti dai quattro angoli dell’impero e dal
resto del mondo: oltre agli indiani, arriveranno i polacchi, i brasiliani, i
neozelandesi, mentre lasciano l’Italia, anche perché il loro comportamento non
è stato irreprensibile, anzi molto discutibile e biasimevole, le unità del
Corpo di spedizione francese, composto per la maggior parte da truppe
coloniali. Questa politica strategica, nella seconda metà del 1944 favorirà
proprio di Italiani, che, mentre nella prima metà dell’anno sono visti ancora
come nemici vinti e, soprattutto da parte britannica, da impiegare solo nel
settore logistico, con l’operazione Anvil - Dragoon e tenendo presente il
favorevole sviluppo delle operazioni in Francia, nella seconda metà dell’anno
saranno chiamati a dare consistenti forze combattenti per tenere il fronte
italiano. Sarà la trasformazione del Corpo Italiano di Liberazione, ritirato
dalla linea nel settembre del 1944, quando aveva raggiunto il Metauro, nei
Gruppi di Combattimento, ovvero unità combattenti a livello divisione che
porterà le forze combattenti italiane a 250.000 mila effettivi.
Gli
Alleati erano convinti che la risalita della penisola italiana fosse
relativamente agevole, ma la battaglia di Ortona nel dicembre 1943 dimostrò che
i tedeschi, con la tattica dell’arresto momentaneo su posizioni prestabilite, reazioni
dinamiche immediate e sganciamento preventivo dopo che l’attacco alleato era
stato montato su posizioni arretrate già organizzate a difesa, potevano
mantenere il loro potenziale di difesa, senza impiegare ulteriori forze. La
speranza alleata di alleggerire il fronte orientale si dimostrò vana, tanto che
il Maresciallo Stalin non considerò mai il fronte italiano come il secondo
fronte in Europa, anche se i tedeschi dovettero impegnare circa 30 divisioni
tra il fronte e le retrovie, che però nel bilancio generale della guerra ebbero
poco peso.
All’inizio
del 1944. Gli Alleati, nella loro progressione verso nord, il due gennaio
diedero inizio a quella che poi fu chiamata la battaglia di Cassino, che
sviluppatesi in quattro fasi, si concluderà il 24 maggio: Cassino era il perno
della difesa, sovrastata dalla maestosa ed imponente abbazia benedettina, che
però dal punto di vista militare non aveva alcun valore e praticamente
insignificante. Il suo valore, più che altro deterrente, era di caratteri
piscologico e morale. Il terreno era quanto mai difficile ed adatta più alla
difesa che all’attaco; non era possibile impegare le forze corazzate a massa,
mentre la artiglieria aveva buon gioco più nella difesa che nell’attacco.
L’aviazione tattica era limitata sia dalle postazioni in caverna o al riparo
della difesa che dalla identificazione degli obiettivi difficilmente
individuabili e perseguibili. Gli alvei
dei fiumi Liri, Rapido e Garignano rappresentavano punti critici per
l’attaccante, e appigli tattici abbastanza buoni per il difensore; i sistemi
montuosi degli Aurunci e di monte Trocchio erano altrettanti pilastri di difesa
che, a posteriori, permettono di dire che la loro difesa bloccò l’avanzata
alleata, data da tutti certa e sicura, fu bloccata per cinque mesi.
Le
forze contrapposte vedevano da una parte i tedeschi, al saldo e preciso comando
del gen. Kesserling, che disponeva di 10 divisioni, non tutte al massimo della
efficienza, ma con personale deciso, di sicuro affidamento e di grande
esperienza. Gran parte di queste forze erano ordinate nella X Armata al comando
del gen. Wietingoff, che aveva la diretta responsabilità del fronte tirrenico.
Di fronte gli alleati schieravano il II C.d.A. del gen. Keyes, inquadrato nella
V Armata al comando del gen. Clark.
Nel
momento in cui furono investite le posizioni tedesche, le zone di protezione e
di frenaggio furono facilmente superate. Il 15 gennaio fu investita la
posizione di resistenza e l’azione, protrattasi per giorni, con attacchi sul
Garigliano e sul Rapido, con la protezione sul fianco del Corpo di Spedizione
Francese, doveva essere aiutata dalla azione concorrente della operazione
“Schingle”. Il 22 gennaio 1944 il VI C.D.A. che comprendeva anche forze
britanniche, sbarcava a sud di Roma, nel litorale laziale con l’obiettivo di
tagliare ogni alimentazione e quindi accerchiare le forze tedesche schierate sulla
linea Gustav. Cassino quindi doveva cadere dalle azioni combinate di attacco da
sud e aggiramento mediante lo sbarco ad Anzio. Entro in azione anche il X
C.d.A. britannico al comando del generale Mc Creery, che superò il Garigliano,
e conquistò la località di Minturno.
Nella
prima metà di febbraio il Comando alleato constatò che lo sbarco ad Anzio era
stato bloccato e le offensive contro la linea Gustav non avevano dato i
risultati sperati. Kesserling, peraltro, fu costretto a chiamare in Italia tre
divisioni, per sostenere il fronte di Cassino, ed altre due, poi tre per
bloccare e cercare di eliminare o bloccare la testa di ponte di Anzio.
Convinti
che l’Abazia di Monte Cassino fosse utilizzata dai tedeschi, in violazione agli
accordi internazionali di neutralità) era considerato territorio del Vaticano,
Stato neutrale) gli alleati decisero di bombardarla. Fu un grave errore tattico
e piscologico. I tedeschi si installarono subito fra le rovine, ed ebbero
ulteriori osservatori sul campo di battaglia. L’attaco lanciato in
contemporanea al bombardamento dai neozelandesi, il cui comandante gen. Freyberg
aveva insistentemente voluto il bombardamento della abbazia, fu respinto.
Un
lungo periodo di maltempo bloccò ogni operazione sul fronte di Cassino per
diverse settimane. Il 15 marzo l’attaco fu di nuovo tentato. Iniziò con un
potente bombardamento aereo (oltre 1000 tonnellate di bombe furono lanciate)
seguito da un fuoco di sbarramento di artiglieria, finito il quale la fanteria
iniziò ad avanzare, appoggiata dai mezzi corazzati. Le unità impiegate erano
sempre neozelandesi, affiancate dalle truppe indiane del generale Turker. Alla
fine della giornata metà della cittadina di Cassino era in mano alleata: il giorno
successivo i paracadutisti tedeschi della 1° Divisione passarono al
contrattacco e ristabilirono le posizioni. Ancona una volta gli alleati erano
stati fermati.
All’inizio di maggio venne messo allo studio
un nuovo piano di attacco per superare le difese tedesche di Cassino. Attacco frontale
che doveva essere sostenuto da azioni concorrenti, come quella di puntare al di
là del Garigliano ed avere come obiettivo Valmontone. Gli alleati schierarono se
divisioni, di cui 12 (inglesi, 4 francesi, 2 americane, e 2 polacche per
l’attaco frontale) e le altre 4 per che dovevano bloccare le divisioni tedesche
per aggiramento ed impedire loro di raggiungere le posizioni arretrate) contro
le sette divisioni tedesche, che comprendevano oltre a quelle della X Armata
anche quelle della XIV Armata. L’11 maggio inizio il fuoco dell’artiglieria con
oltre 2000 pezzi, a cui si sovrappose i bombardamenti della aviazione tattica.
Le sorti della battaglia rimasero incerte per oltre tre giorni. Il 14 maggio le
divisioni francesi conquistarono il monte Faito ed il Monte Maio, raggiungendo
Ausonia. Il 15 gli attacchi americani lungo il litorale tirreno ebbero esito
favorevole, ed il XIII C.d.A. prese Pignataro, che con la sua ala destra potè
dare un valido contributo alla azione del Corpo Polacco, la cui progressione
verso l’area della Abazia si sviluppo nei giorni successivi. Ormai le difese
tedesche erano ovunque attaccate e si cominciarono a sgretolarsi. Dopo un
ulteriore sforzo, il 18 maggio i Polacchi piantarono la loro bandiera sulle
rovine dell’Abazia, e la situazione si sbloccò sull’intero fronte. La battaglia
per Cassino era termina
Sbarco
di Anzio
Nel
momento in cui gli Alleati furono fermati a nord nella loro avanzata verso
Roma, con l’inoltrarsi della stagione invernale, presero coscienza che le
operazioni in Italia non sarebbero state facili. A Tunisi, dove Winston
Churchill era trattenuto per motivi di salute, maturò l’idea di tentare uno
sbarco nel retro delle difese tedesche di Cassino e quindi farle cadere per
manovra. IL piano era sostenuto dai Britannici ma era osteggiato dagli Statunitensi,
che vedevano in questa operazione solo un inutile spreco di uomini e di
risorse, essendo loro entrati ormai nell’ottica strategica che tutto doveva
essere messo a disposizione di Overlord. Nelle discussioni relative questi
dissidi tra gli alleati pesarono molto, in quanto si crearono false aspettative
e tutto sembrava facile. Una volta sbarcati, superate le difese costiere si era
convinti di arrivare ai Colli Albani e addirittura conquistare Roma con un
semplice sforzo. Alla fine prevalse la volontà di Cherchill e l’operazione fu
approvata. Si doveva sbarcare a sud di Roma, in quanto questa era il limite
della aviazione, limite grave in quanto gli aerei alleati potevano rimanere sul
cielo di Anzio solo una decina di minuti, poi dovevano rientrare alla base per
rifornirsi. Pertanto la più retributiva area di Civitavecchia, che prestava
condizioni di sbarco ottimali (oltre alle difese di Cassino anche Roma sarebbe
caduta per manovra) soprattutto per la disponibilità del porto che era
veramente notevole, non fu presa in considerazione. Non conoscendo questo dato
i tedeschi avevano rafforzato le difese a nord di Roma e quindi nell’area di
Civitavecchia, mentre avevano lasciato completamente indifese le zone di sbarco
a sud di Roma, lungo il litorale Laziale. L’unico punto utile era l’area a
ridosso di Anzio, che aveva un porto sufficiente per l’alimentazione logistica
delle truppe sbarcate.
L’operazione
ebbe inizio il 22 gennaio e non trovò nessuna resistenza; la sorpresa fu
totale. Raggiunti nel primo giorno tutti gli obiettivi, anziché proseguire
verso l’interno e puntare su Colle Albani per tagliare le vie di comunicazione
verso sud, il gen. Luca, che comandata la forza sbarcata, memore dei precedenti
della Sicilia e di Salerno, dedicò tutto il tempo disponibile a dotare la testa
di ponte del maggior numero di materiali, anche perché sapeva che i mezzi da
sbarco gli sarebbero stati sottratti dal 5 febbraio per essere messi a
disposizione di Overlord. Passarono così tre giorni importanti in cui la testa
di ponte si allargò verso l’interno ma permisero ai tedeschi, che nell’area non
avevano truppe di far affluire ingenti forze che riuscirono ad attestarsi a difesa
dal quarto giorno in poi. Le difese tedesche divennero sempre più robuste e
quando gli americani tentarono una punta in avanti con formazioni di Rangers,
fu un disastro. Praticamente i due reggimenti impiegati furono distrutti, e
solo sei uomini ritornarono alla base, gli altri o caduti o feriti o nella
maggior parte fatti prigionieri. Ai
primi di febbraio i tedeschi lanciarono una controffensiva che fu fermata a
stento. Ormai la situazione era compromessa: da una parte gli alleati che
facevano affluire mezzi e uomini dall’altra i tedeschi che tentarono in tre
offensive lanciate nel corso del mese di febbraio di rigettare a mare gli
alleati. Ai primi di marzo la situazione entrò in stallo: in pratica sei
divisioni alleate erano sulla testa di ponte con le formazioni tedesche che
presidiavano le posizioni per tenere aperte le vie verso Cassino. In sostanza
lo sbarco fu un fallimento e non raggiunse lo scopo strategico che si era
prefisso. Occorrerà aspettare la caduta del fronte di Cassino affinchè le forze
sbarcate ad Anzio potessero partecipare alle operazioni per la conquista di
Roma e l’avanzata verso nord.
Nessun commento:
Posta un commento