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sabato 28 dicembre 2024

La Guerra di Liberazione. Una guerra su cinque fronti. Il Nemico

 APPROFONDIMENTI

 

Per la Repubblica Sociale Italiana il 1944 fu un anno che all’inizio dava grandi speranze e grandi aspettative; nel prosieguo dei mesi si passò via via sempre più verso la rassegnazione e il velleitarismo, con la sensazione di essere sempre più isolati e lontani dalla popolazione, con un consenso che quasi giornalmente era sempre più labile. Tutte le offensive lanciate contro le forze ribellistiche non avevano dato i risultati sperati; il movimento partigiano anziché scomparire, ad ogni offensiva portata a termine, convinti di aver raggiunto una vittoria, si ripresentava ancora più forte e non minimamente indebolito. Vi erano zone praticamente perse e sotto il controllo dei ribelli. Nelle città la sicurezza era labile e qui si dimostrava tutto il carattere di questo avversario imprendibile. Con i mesi il rapporto con i tedeschi, anche sul campo militare, si logorò. E questo era la conseguenza di un aspetto della Repubblica Sociale che ormai era sotto gli occhi di tutti. Non vi era concordia, con vi era unità di comando, non vi era una linearità di intenti. Vi era L’Esercito di Graziani, l’esercito apolitico, le Brigate Nere di Pavolini, l’esercito del partito in armi, la Guardia Nazionale Repubblicana di Ricci, una miriade di altre reparti ed unità semi dipendenti; mentre praticamente inesistente per mancanza di mezzi la Marina Militare, l’Aeronautica si immolava con i pochi aerei rimati. In più erano sorte ad opera di capi improvvisati, le varie polizie speciali, vere bande di delinquenti, ladri, torturatori sadici che terrorizzavano la popolazione. Tutto questo, era evidente, per mancanza di un potere centrale che doveva essere nelle mani del Duce, capo carismatico; ma Mussolini come già nel Regime, voleva i suoi collaboratori l’uno contro l’altro, in lotta fra di loro, e questa scelta era la fonte primaria del suo potere personale. Potere molto limitato, peraltro, perché quello vero era in mano ai tedeschi, cioè ai rappresentanti di Hitler ed Himmler in Italia. Il vero smacco per la Repubblica Sociale fu il perenne diniego dei tedeschi di inviare reparti della Repubblica al fronte. Le quattro divisioni che rientrarono dalla Germania furono impiegate in funzione antipartigiana, scavando ancora di più il fossato tra la Repubblica Sociale e gli Italiani, mentre la vera destinazione sarebbe stato il fronte di Cassino. Su questo fronte, altro smacco per la Repubblica Sociale, vi erano presenti solo un reparto di Valerio Borghese, che aveva stipulato un patto privato tra lui ed i tedeschi, e soprattutto vi erano dei soldati italiani; come gli ex paracadutisti della divisione “Ciclone”, o i volontari nelle Waffen-SS italiane che si erano arruolati nelle fila della Whermacht con uniforme tedesca e giuramento ad Hitler, per non aderire alla Repubblica Sociale, di cui avevano perso ogni stima. Anche se non a conoscenza dei dirigenti della Repubblica, in primis Mussolini, a ottobre del 1944 i tedeschi iniziano contatti segreti con gli Alleati in Svizzera per arrivare ad una pace separata, (operazione Sunrise), contatti che continueranno fino all’aprile successivo e che porterà alla firma della resa a Caserta del 29 aprile 1945 dei tedeschi In Italia, senza alcun rappresentante della RSI presente. L’ultimo oltraggio tedesco, espressione della disistima sempre coltivata dai nazisti, per alleato fascista italiano.


venerdì 27 dicembre 2024

Campagna di Russia 1942 -1943 Divisione Ravenna

 ARCHIVIO

COMANDO FANTERIA DIVISIONALE “RAVENNA”

 

N. 2/Op. di prot.                                                                                           P.M. 53 li 1° febbraio 1943 - XXI

 

OGGETTO: Relazione sulle operazioni cui ha partecipato un’aliquota della divisione “Ravenna” nella zona Pereschepnj - Radtscheneskoje - Popowka - Garbusowskj - Cercowo - Strelzowka - dal 17 dicembre 1942 al 17 gennaio 1943.

 

AL COMANDO DIVISIONE FANTERIA “RAVENNA”        - P.M. 53

 

Il mattino del 17 dicembre 1942 alle ore 9,30, le unità delle divisione “Ravenna” avevano defluito  dalle zone di Gadjutschje e Filonowo, ripiegando per Bogutscharski e Pereschepnj. Il generale Capizzi - rimasto ancora a Gadjutschje con un gruppo corazzato tedesco comandato dal maggiore Auffmann è incaricato della protezione del ripiegamento - raccolti gli elementi residui, alle ore 10,30 muove su Pereschepnj dove si era raccolta una frazione della divisione, costituita: da una aliquota del 37° rgt. fanteria col comando del reggimento, da elementi di unità divisionale e dal comando del 38° rgt. fanteria che, ritiratosi dopo i propri reparti, aveva trovato preclusa la via per Bogutscharskj seguita dai reparti stessi ad aveva perciò dovuto pur raggiungere la località di Pereschepnj. Forza complessiva di tutte le unità predette: circa 1200 uomini; comandante: il colonnello Naldoni del 37° regt. fanteria.

 

A Pereschepnj, il generale Capizzi prende contatto col comando della 298^ div. tedesca e aderisce alla richiesta del comando stesso di concorrere alla organizzazione di una linea di difesa a copertura della zona di Pereschepnj contro provenienza da nord: tratto orientale (fino alla strada Filonowo - Pereschepnj) affidato a truppe della divisione tedesca; rimanente tratto della colonna Naldoni.

 

La sera del giorno 17 dicembre la 298^ divisione tedesca inizia  il ripiegamento sulla linea (a sud di Bogutschar) Radtschenskoje – Diatschenkowa. Nella notte sul 18 il movimento viene seguito dalla colonna Naldoni. Durante il  movimento giunge al generale Capizzi dal comando del XXXV C.A., l'ordine di porsi con la colonna Naldoni, agli ordini del comandante della 298^ div. tedesca, a sua volta dipendente dal predetto comando di C.A.. A ripiegamento effettuato la colonna è dislocata a presidio Radtschenskoje (alla sinistra dello schieramento della divisione tedesca) dove pure vengono schierati alcuni alcuni pezzi controcarro tedeschi. Il III btg. del del 37° rgt. fanteria viene distaccato sull'ala destra della divisione tedesca  e nel settore della divisione “Pasubio”.  

 

Il mattino del giorno 18 dicembre, avendo il comandante della div. tedesca fatto presente al generale Capizzi che, data la situazione e la dislocazione, non era in grado di fargli avere tempestivamente gli ordini per eventuali movimenti riguardanti la truppe della divisione “Ravenna” dislocata a Radtschenskoje, il generale Capizzi si assume l’incarico di provvedere a ciò prendendo ordini direttamente al comando del XXXV C.A., al quale, perciò. riferisce su quanto precede.

 

L’Ecc. il generale Zingales, comandante del XXXV C.A., tiene ai propri diretti ordini il generale Capizzi, confermandogli intanto l’incarico di continuare a provvedere a ciò che riguardava la difesa di Radtschenskoje con le truppe della divisione “Ravenna” ivi schierate.

 

Alle ore 9,30 del giorno 19 dicembre il comando del XXXV C.A. da ordine al generale Capizzi di recarsi subito a Krimizza (sud-est di Radtschenskoje), località verso la quale risultava che si dirigevano elementi nemici con carri armati, con l’incarico di organizzare la difesa della località con elementi della divisione “Torino” ivi dislocato. Giunto a Krimizza alle ore 10, il generale Capizzi trova che il presidio della “Torino” era partito per ordine ricevuto sin dalla prime ore del mattino, e apprende dagli abitanti che, poco prima, 10 carri armati nemici, fatta una puntata fino all’abitato di Krimizza e trovata la località sgombera di nostri elementi, aveva ripiegato. In tal senso viene riferito al comando di C.A..

 

Alle ore 14 del 19 dicembre il comando del XXXV C.A. ordina al generale Capizzi che le truppe della divisione “Ravenna” schierate a Radtschenskoje ripieghino su Medowa. Le truppe predette, - che nei giorni 18 e 19 avevano fronteggiato elementi esploranti nemici provenienti da ovest e da sud e che erano state bombardate e mitragliate, con perdite, da aerei, - effettuano il ripiegamento ordinato dopo che analogo movimento era stato effettuato, sulla loro destra, dalle truppe della 298^ div. tedesca, in modo da assicurare sempre a queste la protezione del loro fianco sinistro. A loro volta le truppe della divisione “Ravenna” hanno la protezione di pezzi c.c. tedeschi schierati lungo l’itinerario Radtschenskoje - Medowa. Il III btg. del 37° ftr., col suo comandante, maggiore Sena, distaccato come già accennato, nel settore della divisione “Pasubio”, non rientra: dalle notizie raccolte risulta che il nemico gli ha precluso la ritirata dal suo posto di combattimento

 

La sera dello stesso giorno 19 dicembre il comando del XXXV C.A. ordina al generale Capizzi di incolonnare le truppe della “Ravenna” sull’itinerario Medowa - Karassiew - Popowa - Werchnjakowskj, immediatamente dopo la divisione “Pasubio” e prima della divisione “Torino”. Ma prima che sia raggiunta la località di Werchnjakowskj si ha notizia che il nemico vi si è già schierato e preclude i movimenti delle nostre unità. Analoga occupazione nemica vi è sull’itinerario passante per Meskoff. Le truppe italiane e tedesche che dovevano defluire verso sud risultano, in sostanza, chiuse in una sacca dalla quale si dovrà uscire dopo avere organizzato il combattimento per aprirsi una via. Avuta notizia che il comando del XXXV C.A. era già passato oltre le località ormai bloccate dal nemico, il generale Capizzi si presenta al generale di divisione Lerici, comandante della divisione “Torino” e più elevato in grado degli ufficiali presenti, e dal quel momento si pone ai suoi ordini assieme alla colonna Naldoni, ridotta alla forza di circa 900 uomini.

 

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Il combattimento per la rottura della sacca viene organizzato nel mattino del giorno 20 dicembre: effettuazione prevista pel pomeriggio dello stesso giorno, partendo dalla zona di Popowa con direzione generale sud - ovest.

 

Il gruppo corazzate del maggiore Auffmann, che già aveva cooperato con le truppe della divisione “Ravenna” nella zona Gadjutschja – Filonowo, ha l’incarico dell’azione iniziale di rottura e della successiva protezione del movimento disponendo i suoi elementi sulla testa, sui fianchi e sul tergo delle fanterie, con accentramento di mezzi verso il lato che sarebbe risultato man mano più minacciato. Il generale Capizzi ha l’assenso del generale Lerici per partecipare all’azione col gruppo di protezione del maggiore Auffaman: tale sua partecipazione ha avuto luogo fino all’arrivo nella località di Cercowo (25 dicembre) ove il gruppo Auffman è giunto stremato di forze e con gravi perdite di personale e di materiali tanto da non essere più in grado di assolvere il suo compito.

 

La sortita dalla sacca di Popowka ha inizio, come previsto, alle ore 14 del 20 dicembre ed è coronata da successo. Vengono eliminate le resistenze in posto del nemico e le offese da lui successivamente lanciate contro le nostre truppe in movimento. Dopo la sortita, un primo combattimento ha luogo fra Popowka e Posniakoff. Al mattino del giorno 21 viene raggiunta quest’ultima località. Nello stesso giorno ha luogo la prosecuzione del movimento su Garbusoswki. Fra Posniakoff e Garbusowski si svolgono altri tre combattimenti. Agli ultimi due partecipano in modo particolare, con altre truppe, reparti agli ordini del Colonnello Nardoni, sempre bravamente comportatosi e che alla fine risulta disperso assieme al colonnello Bianchi del 38° rgt. ftr. che, non avendo comando di truppe, seguiva il comando del 37° rgt. f.. Il comando della colonna, ridottasi per le perdite a circa 600 uomini, viene assunto dal ten. col. Berbarulli. aiutante in campo della fanteria divisionale.

 

A Garbusowski il nemico aveva prevenuto le nostre truppe schierandosi in forze sulle alture circostanti il villaggio. Un attacco condotto dal gruppo Auffmann e da fanterie vale a ottenere il possesso dell’abitato ma non ad avere via libera per la prosecuzione del movimento. In attesa di rinforzi preannunciati a mezzo radio, l’abitato di Garbusowski viene organizzato a caposaldo col concorso delle truppe tedesche e italiane: queste ultime in parte vengono inserite in linea in parte, e prevalentemente, costituiscono riserve pel contrassalto. Tali riserve sono divise in due blocchi, corrispondenti ai due settori (sud e nord) del caposaldo, rispettivamente alle dipendenze del generale Capizzi e del generale Rossi (comandante della fanteria della divisione “Torino”). Il nemico attacca con larghi mezzi nei giorni 22 e 23 dicembre. Le truppe della divisione “Ravenna” hanno occasione di distinguersi per tenacia nella resistenza e per slancio nel contrassalto. Il tratto di fronte tenuto da tali truppe, nonostante le perdite da essi subite, non è mai violato dal nemico al quale sono anzi catturati prigionieri, armi e munizioni.

 

Il giorno 23 dicembre, avuta notizia che la situazione non consentiva l’arrivo di rinforzi, viene decisa la sortita delle truppe alleate dal caposaldo di Garbusowski e la prosecuzione del movimento verso ovest. La sortita ha luogo la sera dello stesso giorno 23 dicembre: effettuazione iniziale del movimento verso nord, per piegare poi verso ovest; contemporaneo attacco da parte di aliquote di forze lasciate in posto per trarre in inganno il nemico, aliquote di forze delle quali fecero parte elementi della “Ravenna” votati al sacrificio. Da Garbusowski si punta per Mankowo nei cui pressi si giunge al mattino del giorno 24 dicembre. Trovata Mankowo fortemente occupata dal nemico, il movimento viene dirottato verso sud su Scheptukowka pure occupata da unità di fanteria e controcarri dal nemico: queste unità vengono attaccate dal gruppo Auffmann e rapidamente eliminate.   Si prosegue, quindi, per la stazione di Scheptukowka, su Cercowo dove si giunge alla sera del giorno 25 dicembre. Nei pressi della stazione di Cercowo il maggiore Auffmann, comandante del gruppo di protezione che ha a svolto opera altamente meritoria per capacità tecnica e per le continue prove date di sprezzo del pericolo e di serena audacia, rimane gravemente ferito al ventre da un colpo di fucile nemico. A Cercowo le nostre forze giungono stremate per le perdite inflitte dal nemico e per quelle provocate dalla estrema rigidità del clima. Le forze della “Ravenna” sono ormai ridotte a circa 300 uomini solo in parte idonei.

 

La località di Cercowo era già presidiata da truppe tedesche e italiane e organizzata a caposaldo. Le truppe affluitevi da  Garbusowski vi rimangono per rinforzare il presidio. La sosta di Cercowo  va dalla sera del 25 dicembre  1942 alla sera del 15 gennaio 1943. In tale periodo, mentre il nemico rinforza l'assedio del caposaldo e ne tenta ripetutamente la conquista, le truppe alleate perfezionano sempre più il dispositivo di difesa e di contrattacco. Tutte le truppe italiane di Cercowo costituiscono un raggruppamento comandante il generale Lerici: e vice comandante il generale Capizzi (in sostituzione del generale Rossi, comandante della fanteria della divisione “Torino” che subito dopo l'arrivo in Cercowo viene trasportato a mezzo aereo a Charkow per congelamento). Gli elementi della divisione “Ravenna” concorrono, inoltre alla organizzazione della difesa;  formando il comando di un reggimento di formazione facente parte della riserva del caposaldo (comandante il ten. Col. Tromba del 37° reg. ftr.) e mettendo a disposizione, per per impiego in prima linea, i militari validi: nella quasi totalità volontari.

 

Il nemico fra il 26 dicembre e il 9 gennaio sferra sette attacchi con impeto crescente e con largo impiego di mezzi corazzati di “katjusca”, di mortai e di artiglieria, ma è sempre ributtato con gravi perdite. Nell’attacco del giorno 9, dieci carri armati nemici riescono a penetrare nell’abitato: di essi otto vengono distrutti. Dal 9 in poi il nemico, visti vani i suoi sforzi, si limita ad azioni di metodico bombardamento. La difesa di Cercowo è gloria di tutte le truppe alleate che vi parteciparono: i superstiti della divisione “Ravenna” sempre tra i primi nel dare il loro eroico contributo per la difesa del caposaldo.

 

La difesa di Cercowo viene protratta in attesa che unità corazzate tedesche, preannunciate in movimento, giungano a liberare il caposaldo. Mancato anche qui la possibilità di arrivo di rinforzi, le truppe di Cercowo ricevono ordine di tentare di rompere l’assedio con i propri mezzi e di raggiungere Belowodsk attraverso Strelzowka presidiata da truppe corazzate tedesche. Le disposizioni per la sortita vengono concretate il giorno 15 gennaio: esse prevedono la costituzione di un dispositivo di combattimento costituito da elementi tedeschi e italiani, a protezione dei rimanenti elementi non atti al combattimento o delle impedimenta trasportanti soprattutto i feriti e congelati di Cercowo. Il generale Lerici e il generale Capizzi col dispositivo di combattimento. La sortita ha inizio alle ore 20 del 15 gennaio. Il movimento si svolge prima in direzione di Lofiskaja (sud-ovest) poi in direzione di Strelzowka (nord-ovest) e infine su Belowodsk (ovest)., Nel lungo percorso, il nemico, accortosi del movimento cerca di reagire e di interdire il movimento stesso con tutti i mezzi a sua disposizione. Si combatte essenzialmente poco dopo la sortita, a Lofiskaja o a sud di Strelzowka. L’ultimo combattimento è il più aspro e porta alla momentanea rottura della nostra colonna per parte di unità corazzate nemiche. La crisi viene, però, prontamente risolta anche per l’efficace intervento degli Stukas. Alle ore 15 le nostre truppe raggiungono Strelzowka e, nonostante l’intenso tiro di sbarramento effettuato dal nemico sulla strada immediatamente a ovest dell’abitato, oltrepassando l'abitato stesso e si portano al coperto sulla strada di Belowodsk. La prosecuzione della marcia fino a quest’ultima località rimane successivamente indisturbata. I superstiti della “Ravenna” giunti a Belowodsk ammontano a 21 ufficiali e 184 uomini di truppa, compresi elementi meno validi e feriti che, con l’aiuto di slitte avevano seguito il movimento.

 

Con l’arrivo a Belowodsk si chiude il ciclo operativo al quale si riferisce la presente relazione.

 

Le truppe che vi hanno partecipato hanno dovuto affrontare difficoltà, fatiche e traversie straordinarie. All’accanimento col quale il nemico attaccava e martellava le truppe in movimento ed in sosta si aggiungevano:

       l’asprezza del clima: le truppe sono state all’addiaccio e in marcia con una temperatura abbasatasi fin verso i 40° sotto zero;

       la necessità di effettuare lunghe marce sfruttando la notte e marciando, per evitare le strade, attraverso campi coperti di neve: nel movimento da Garbusowki a Cercowo si marciò per 36 ore consecutive e per altrettante ore, all’incirca, nel movimento da Cerkowo a  Belowodsk, con le sole soste imposte dai combattimenti;

       il difetto dei viveri, fino all’arrivo a Cercowo ( dove si trovarono magazzini abbondatemente forniti): e ciò in conseguenza della mancanza di mezzi di trasporto derivata dalla indisponibilità di carburante che impose l’abbandono dell’autocarreggio;

       il difetto di munizioni pure dipendente dalla stessa circostanza predetta; a Garbusowski  nostre truppe andarono all’attacco quasi senza munizioni e vinsero con l’impiego e l’uso dell’arma bianca; a Cerkowo si combattè con munizioni tolte nei contrassalti al nemico che già si serviva di armi e munizioni italiane;

       il difetto di materiale sanitario, che rese impossibile che si dessero cure adeguate al grande numero di congelati e di feriti;

       le difficoltà derivate dal sistematico accaparramento rudamente, egoisticamente e talvolta cinicamente praticato dalle truppe tedesche anche a danno delle truppe italiane, di tutto ciò che potesse comunque servire per vivere e per combattere: difficoltà che a malapena e non sempre i comandi tedeschi, sollecitati da quelli italiani, sono riusciti ad eliminare.

 

Le truppe della “Ravenna” hanno affrontato la sopraccennata straordinaria situazione con animo virile e con grande spirito di sacrificio e di abnegazione, aggiungendo nuovi titoli di merito a quelli da esse raccolti nelle dure giornate di lotte sul Don.

 

I comandanti di ogni grado hanno svolto opera assidua per dare alla truppa assistenza materiale e morale, potenziarne e valorizzarne lo spirito combattivo: primo fra tutti il Generale Lerici, alla cui instancabile attività organizzativa ed animatrice, molto si deve se il complesso di truppe ripieganti dalla zona di Popowka fino a Belowodsk potè scrivere pagine che onorano altamente l’Esercito Italiano.

 

IL GENERALE DI BRIGATA COMANDANTE

F.to M. Capizzi





mercoledì 25 dicembre 2024

La Guerra di Liberazione. Una guerra su Cinque Fronti. Il V Fronte: I prigionieri. Rimanere fedeli o collaborare?


 

 Il 1944 fu un anno terribile per i prigionieri italiani in mano alleata. La crisi armistiziale aveva fatto sperare a tutti un rapido ritorno a casa. In realtà un armistizio, dal punto di vista giuridico, non prevede la restituzione dei prigionieri. Nelle clausole firmate dal Governo Badoglio, peraltro, questi sì “era dimenticato” di chiedere la restituzione dei prigioneri italiani in mano alleata, suscitando negli Alleati sospetti pesanti sulla sua credibilità e sulla sua lealtà. Badoglio si era ricordato di loro nel momento in cui si pose mano alla ricostruzione delle forze armate predisponendo piani per l’approntamento di Armate con personale da tratte dai campi di prigionia alleati. Il progetto fu ovviamente osteggiato dagli Alleati che vedevano i prigionieri italiani in loro mano solo come forza da impiegare nel settore logistico: in pratica, con condizioni più umane, quello che facevano i tedeschi con gli Internati Militari in loro potere. Anche per i prigioneri in mano alleata si poneva il dilemma se aderire o non aderire, se rimanere fedeli al giuramento prestato a quel Re, il cui governo non dava alcuna indicazione su come comportarsi fuggendo ancora una volta dalle sue responsabilità, lasciando ancor più il singolo abbandonato a sé stesso. In tutti l’alto senso della disciplina e dell’onore militare era un freno a prendere decisioni, soprattutto per il fatto che al rientro in Italia sapevano tutti che il loro comportamento in prigionia sarebbe stato oggetto di attento giudizio. Anche questo fronte si divise in collaboratori e non collaboratori, con le conseguenze nel lungo periodo che questa scelta a posteriori fu etichettata ideologicamente.

Addirittura per quelli in mano alla URSS furono gettate le premesse per quelle violentissime polemiche sui prigionieri in mano sovietica che caratterizzò i primi anni del secondo dopoguerra. Anche per i prigionieri il 1944 fu un anno di speranze, delusioni, di difficoltà, senza prospettive di vedere realizzato quello che tutti aspettavano: rientrare in Italia.


martedì 24 dicembre 2024

lunedì 23 dicembre 2024

La guerra di Liberazione. Una guerra su Cinque fronti. Il Iv Fronte I Combattenti all'estero: come sopravvivere

 APPROFONDIMENTI


Per i militari italiani all’estero, che avevano scelto di andare in montagna e dare guerra al tedesco, il 1944 fu un anno di difficili prove. Venuto meno il vincolo disciplinare che, bene o male, era stato un elemento di riferimento all’indomani della proclamazione dell’armistizio, nel 1944 i militari italiani erano stati nella maggior parte assorbiti nelle formazioni locali partigiani. Tattiche di guerriglia, gerarchia, disciplina, logistica erano completamente diverse e spesso in contrasto anche con il proprio pensiero sia politico che nazionale. In ottobre un altro dramma: il conflitto interno greco, al momento della ritirata tedesca, coinvolge i militari italiani che rappresentano, spesso, l’unico motivo di concordia per i Greci che si combattono: gli italiani erano e sono solo dei fascisti invasori. In Albania e in Jugoslavia, pur cercando di mantenere la propria identità, i soldati italiani, accettati e rispettati come combattenti, vengono via via assorbiti dalle scelte ideologiche di questi movimenti, soprattutto quella comunista che al momento è accettata ma che in prospettiva sarà di grande peso al termine della guerra, senza che il singolo soldato italiano se ne rendesse conto. Per i soldati italiani combattenti all’estero è imperativo sopravvivere, cercare di abbreviare il più possibile la guerra, nella speranza di ritornare cercando di barcamenarsi al meglio tra tedeschi e partigiani locali, anche per loro in un contesto di solitudine ed abbandono da parte delle Autorità in Italia.

 


domenica 22 dicembre 2024

Gli eccidi fascisti e nazisti in Campania Settembre - ottobre 1943 Ragioni e motivazioni

 




La dichiarazione di armistizio non sorprese i Comandi tedeschi in Italia. Il Piano “Asche” era stato predisposto da tempo e prevedeva le adeguate contromisure tedesche in caso di fuoriuscita dell’Italia dalla guerra. A dimostrazione che la violenza verso la popolazione civile era una scelta operativa dei Comandi tedeschi fu il loro comportamento previsto come mezzo per garantirsi sicurezza e soddisfare per le esigenze logistiche, ovvero vivere sulle risorse locali. Liberatesi dai vincoli di essere alleate le truppe tedesche passarono ogni limite e nell’area campana prima retrovia del fronte, si comportarono come già si erano comportati in Polonia ed in Russia. Violenze anche gratuite, saccheggi, razzie di animali, requisizioni forzate, mancanza di rispetto per tutto quello che era italiano in nome di un “tradimento” che era più che altro nella loro fantasia, ma che giustificava ai loro occhi ogni comportamento, sono il substrato in cui fioriscono gli eccidi e le stragi, che si mescolano con scontri con antifascisti e soldati del Regio Esercito che ancora non si può chiamare resistenza vera e propria. Soprattutto quello che fu il filo conduttore, e lo sarà per tutta la durata della guerra, le razzie indiscriminate di manodopera da impegare per esigenze militari, prima, per inviarla in Germania, poi. La popolazione a questo stato di cose reagisce, in varie forme e modi, ma con il loro comportamento i tedeschi coinvolgono i civili nella guerra. La ribellione è anche sostenuta dalla speranza dell’arrivo prossimo degli Alleati, che fin da questi primi giorni sono visti come “liberatori”, ovvero coloro che pongono fine al costante pericolo tedesco, che “liberano” ognuno da questa costante pericolo di vita. Nelle grandi città questo è vero, ma nelle campagne e nei piccoli centri l’attesa dell’arrivo dei “liberatori” è anche l’occasione per eliminare ogni autorità espressione del passato regime, del fascismo, che si attuava attraverso possidenti e signorotti locali, che interpretavano a tutto loro vantaggio.[1] In tutta la campagna si assiste a rivolte municipali in cui non vi è presenza se non sullo sfondo del CNL ne tantomeno di esponenti della Repubblica Sociale Italiana, come solo sarà nei mesi a venire. E’ quasi una insorgenza di stampo settecentesco, di contadini che si vogliono liberare dei loro pesi, che si innesta nel problema delle epurazioni e della nascita dei nuovi partiti che al momento sono poco conosciuti ma che si definiscono “antifascisti” per definire  nuovi equilibri di potere  e di lotta ai privilegi. Un fenomeno che si svilupperà ulteriormente nei mesi successivi, che investirà via via le regioni investite dal passaggio del fronte, e che rimarrà in evidenza anche dopo la fine  dei combattimenti e della guerra come lotta per il possesso della terra, lotta al latifondo e che  sarà uno dei grandi temi dell’Italia Repubblica con la soluzione della annosa questione agraria, di origine risorgimentale.

Massimo coltrinari

[1] Silone è espressione di questa situazione. Vds.Fntamara ecc.

sabato 21 dicembre 2024

Testimonianze tedesche. Luglio 1944. Battaglia di Ancona . Fasi iniziali.

 APPROFONDIMENTI



Già prima che si sia fatto completamente giorno avvertiamo un incessante frastuono prodotto da carri armati. Presto vediamo il regalo: da Loreto scendono senza sosta carri armati di tutti i tipi più diversi, per lo più Sherman, e nel settore e nel settore del nostro battaglione ne contiamo 50-60. Per quanto la nostra artiglieria sia intervenuta diligentemente, l’avanzata non può venire disturbata in modo decisivo. Verso mezzogiorno il nemico si trova a circa due chilometri dalle nostre linee, pronto ad attaccare, e si spinge lentamente vinco alle nostre posizioni, protetto da un fuoco di sbarramento sempre più intenso delle armi pesanti. Purtroppo a noi mancano armi controcarri pesanti a lunga gittata. Come avevamo previsto, l’attacco principale è diretto contro la nostra 5a compagnia. In questo settore, verso le 16 (del 1 luglio 1944 n.d.a) il nemico riesce in un primo tempo a superare il Musone con tre carri armati e poi a conseguire una penetrazione di poca importanza. Allo scopo di alleggerire il suo plotone, che era fortemente minacciato, il sottotenente Landmann attacca un carro armato con un lanciarazzi controcarro che, però, manca il bersaglio. Così rimasto allo scoperto davanti al carro, viene gravemente ferito. Poco dopo anche il comandante della compagnia, sottotenente Scholl, rimane gravemente ferito da un colpo in pieno abbattutosi sul posto comando di compagnia. I carri armati tentato poi di travolgere la nostra linea accerchiandola su due lati e la manovra riesce però soltanto sul lato sinistro dove il plotone, che rappresenta appunto il lato sinistro dello schieramento della 5a compagnia, viene completamente annientato, mentre sulla destra, sul terrapieno della ferrovia, possiamo tenere la posizione. Ma ben presto la situazione si fa critica, Mel frastuono del combattimento deduco che ai carri armati nemici doveva essere riuscito a raggiungere la quota 45, che domina la zona. I reparti della 8a compagnia, impegnati in quel settore, si difendono valorosamente al comando del sottotenente Kuhn, ma vengono annientati e lo stesso comandante, ferito, viene fatto prigioniero. In queste condizioni, dal battaglione mi giunge l’ordine di dare personalmente il punto di situazione, di raccogliere gli uomini dei reparti sbandati ed eventualmente, con l’impiego delle mie riserve, di eliminare l’infiltrazione o per lo meno di bloccarla, Sotto un pesante fuoco di artiglieria inframezzato ripetutamente dal bagliore dei colpi sparati dai mezzi corazzati, ci affanniamo a raggiungere il terrapieno della ferrovia, ma non riusciamo a superarlo. Se solleviamo la testa, veniamo subito fatti segno al fuoco nemico, Distinguo due Sherman a quota 45 che, illusoriamente, effettuano un controattacco allo scoperto. Non appena incomincia ad imbrunire chiamo vicino a me un altro gruppo di uomini. Con due gruppi e due squadre armate di lanciarazzi controcarro, appartenenti alla 14a compagnia, al comando del sottotenente Jaensch spingiamo avanti, rastrelliamo uomini della 5a compagnia che erano sparsi per i campi e chiudiamo alla meno peggio la falla che si era prodotta nelle nostre linee. Purtroppo il tentativo di distruggere con una squadra di assalto i due carri armati a quota 45 fallisce per la prontezza degli equipaggi. Il sergente Lange della 14a compagnia, che per la distruzione di parecchi mezzi corazzati verrà successivamente citato nel Bollettino dell’Onore dell’Esercito, cadde colpito al petto e due altri uomini rimangono feriti.

Dopo aver ceduto al sottotenente Jaensch il comando del settore tenuto dalla 5a compagnia, dal mio posto di comando faccio rapporto sulla situazione al comando di battaglione. Apprendo con sollievo che già nel corso una compagnia del reggimento di difesa costiera rinforzerà i resti della 5a compagnia e così le mie squadre saranno di nuovo disponibili. Effettivamente, prima dell’alba (del 2 luglio 1944 n.d.a.) torna Jaensch con le nostre squadre.

 

“Nella notte tra il 2 ed il 3 luglio (1944  N.d..A.) i polacchi attaccano con limitare forze corazzate e di fanteria il settore tenuto dalla seconda compagnia del nostro 992.mo reggimento granatieri proprio sulla linea di contatto con il settore del 993° reggimento granatieri (esattamente con il I Battaglione del 993° reggimento, riuscendo a spingersi sino alla periferia su di Castelfidardo e facendo anche dei prigionieri. E’ chiaro che si è trattato di una puntata ricognitiva dato che il nemico ha impegnato forze relativamente esigue. Forse i polacchi hanno anche avuto l’intenzione di occupare la città con un colpo di mano”. Immediatamente il I Battaglione  del 992° Reggimento ha preso gli opportuni provvedimenti e così alla 2° compagnia  del 992° Reggimento rinforzata da un gruppo di assalto guidato dal sottotenente Tiedmann e da un plotone della compagnia mitragliatrici, condotto dal maresciallo Schwetzhe, riesce a rintracciare il nemico oltre la primitiva linea di combattimento. Però da quel momento, il fronte resta in continuo movimento

venerdì 20 dicembre 2024

La Guerra di Liberazione. Una guerra su Cinque Fronti. Il III Fronte Gli Internati combattenti sfruttati e traditi

 APPROFONDIMENTI


La scelta di non aderire alle proposte di collaborazione al nazifascismo da parte degli Internati Militari Italiani fu una sorpresa sia per i tedeschi che per Mussolini.  Sia i tedeschi, come mano d’opera volontaria, sia Mussolini, come soldati delle forze Armate repubblicane, molto avevano contato su questa massa di giovani che nella sostanza era stata educata dal fascismo, nelle fila della Gioventù Italiana del Littorio. Il loro massiccio rifiuto fu la certificazione del fallimento del fascismo come regime, e per la Repubblica Sociale, una ennesima dimostrazione di debolezza agli occhi dei tedeschi. A tutto questo si cercò di porre rimedio con una operazione di vertice, ovvero trasformando lo status di Internato Militare in quello di “lavoratore civile”, accordo tra Hitler e Mussolini del 20 luglio 1944, firmato in circostanze drammatiche proprio nel giorno dell’attentato di von Stauffenberg alla Tana del Lupo. Nella sostanza poco cambiava: gli Internati, a prescindere da come era il loro status continuarono ad essere trattati dai tedeschi come schiavi, mentre quelli che avevano aderito avevano condizioni poco migliori dei non aderenti, ma sempre lavoratori coatti. Questo ennesimo tentativo di mascherare la non adesione sottolinea il significato di una decisione che rappresenta una delle scelte più difficili della Guerra di Liberazione. Cercare di minimizzare, o mascherare questa scelta è stata la caratteristica di questo fronte nel 1944, a cui si risposte da parte degli Internati Militari, in un contesto di disperata solitudine, con coerenza e determinazione a continuare nelle scelte iniziali.


giovedì 19 dicembre 2024

Difesa della Propria identità

 DIBATTITI


 Nel 2025 il CESVAM - Centro Studi sul Valore Militare si deve impegnare a difesa della  identità dell'Istituto del Nastro Azzurro. Il Valore Militare è di tutti gli Italiani, nessuno può utilizzarlo per i propri fini di parte, di qualsiasi colore sia, ricordando a tutti che l'Italia, ha una Costituzione e che il 2 giugno 1946 il Popolo Italiano, dopo una guerra in cui eserciti stranieri hanno messo a ferro e fuoco ogni lembo del nostro territorio, per scelte non certo del popolo stesso, ha scelto la sua forma Istituzionale. 

Le infiltrazioni che stiamo vedendo nelle Federazioni e negli atteggiamenti di soci che esaltano una parte portano solo discredito all'Istituto e ne intaccano il prestigio. 

Che poi la nostra Repubblica rispetti tutte le idee, e dia a tutti la libertà di esprime il proprio pensiero, è un ulteriore ragione che dimostra che questa forma di Stato non esclude nessuno, ma va difesa contro  chi lo  vuole negare.

IL CESVAM nel 2025 si impegnerà nelle forme previste dallo Statuto affinchè chiarezza e lealtà si possano affermare. 



1.      

mercoledì 18 dicembre 2024

SAVE THE DATE. 16 gennaio 2025 ore 15.- Recanati. Consegna dell'Emblema Araldico

 


La Federazione Regionale delle Marche dell’Istituto del Nastro Azzurro promuove il conferimento dell'Emblema Araldico, su proposta della Federazione Provinciale di Macerata, alla Sig.ra Giovanna Ceccaroni, figlia della MOVM Mario Alessandro Ceccaroni caduto sul fronte greco-albanese il 16 gennaio 1941. con la collaborazione del Municipio di Recanati. e della Federazione Provinciale di Ancona, su una idea progettuale del CESVAM- Centro Studi sul Valore Militare.

Info: federazione.marche@istitutonastroazzurro.org

martedì 17 dicembre 2024

La Guerra di Liberazione una Guerra su Cinque Fronti. II Fronte I Ribelli L'Unita come regola base

 APPROFONDIMENTI


Il 1944 per il II fronte, il movimento ribellistico nasceva dalle ceneri dei disastri dei mesi precedenti. Si era compreso che la rivolta armata non poteva essere condotta con i criteri della guerra classica. Occorreva adottare nuove tattiche, per evitare di essere sempre soccombenti di fronte ad un nemico agguerrito e più forte, con un armamento più potente ed adeguato.  Inoltre occorreva provvedere ad una logistica partigiana più accorta, meno labile, dipendente dal caso e dalla improvvisazione. Basilare la ristrutturazione del settore informativo, con contrasto efficace alle spie, ai delatori, agli opportunisti e ai doppiogiochisti.  Dal punto di vista militare le bande si organizzarono in modo tale da evitare lo scontro diretto, la difesa ancorata e soprattutto di attaccare in massa il nemico. Inizia una progressione di qualità militare che porterà le formazioni ribellistiche ad essere sempre più agguerrite. Oggi si direbbe la strategia del debole verso il forte, in cui non solo la guerriglia ma anche gli atti singoli, detti di terrorismo, furono adottati. Sulle montagne prese quindi sempre più forme dirette di guerriglia, mentre nelle città, i GAP e le SAP adottarono le tecniche terroristiche, con attentati e colpi di mano diretti a personalità e simboli della Repubblica Sociale italiana e dei tedeschi. Fu una progressione di miglioramento costante, mese dopo mese.  La reazione delle forze avversarie fu sostanzialmente inefficace e improduttiva, tutto basato sulla rappresaglia e sulla violenza incontrollata verso la popolazione, che sostanzialmente conquistare la quale era il vero obiettivo del movimento ribellistico che fu realizzato sul finire del 1944.

 Per i responsabili della Resistenza, risolto il problema militare, rimaneva quello principale, ovvero mantenere unite le forze che avevano deciso di ribellarsi.  I tedeschi fecero ogni sforzo per dividere le varie componenti del movimento ribellistico, soprattutto quelle di democrazia liberale, monarchica, cattolica e in genere, centrista. Ogni sforzo fu sventato e l’unità del fronte ribellistico fu mantenuta integra. Paradossalmente il vero colpo mortale al movimento fu portato, a metà novembre, da chi meno lo si aspettava: gli Alleati. Il proclama di Alexander del 20 novembre che invitava i ribelli a smobilitare e a tornarsene a casa per l’inverno fu in sostanza interpretato da amici e nemici come un invito ad abbandonare la lotta armata. Fu un momento molto difficile, che diede vigore agli avversari e metteva in discussione tutta l’architettura della Resistenza. Il 1944 fu un anno di crescita, di successi, di speranza che tutto si concludesse entro l’inverno ma che si concluse con una momentanea botta d’arresto, soprattutto politica e morale.

 


lunedì 16 dicembre 2024

lA RICOSTRUZIONE E LO STUDIO DI UN AVVENIMENTO STORICO

 DIBATTITI



 


 

LA RICOSTRUZIONE E LO STUDIO DI UN AVVENIMENTO MILITARE

Note del “Massimo” storico

             

Il volume si prefigge di fornire a studenti e ricercatori, uno strumento utile al fine di ricostruire e studiare, il più correttamente possibile, un evento storico-militare (del passato) proponendo un metodo di analisi consequenziale. Un volume che vuole essere uno strumento, più da consultare che da leggere.

 

F.to 17x24, Pagg, 320, Cartine, Illustrazioni, Casa Editrice Nuova Cultura, Roma, Gennaio 2009, Settembre 2015

ISBN 78886134267511, Euro 18,50

domenica 15 dicembre 2024

Eccidio di Fiesole 12 agosto 1944.

DIBATTITI

Progetto 2024/2 

a Cura di Manuel Vignola

La storia dei Tre Carabinieri attraverso i verbali di interrogatorio dei protagonisti a cura di Jonathan K. Nelson e Camilla Torracchi.

 1 1. Amico Giuseppe, vicebrigadiere e comandante della caserma dei Carabinieri di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Tenenza Suburbana dei Carabinieri di Firenze il 22 marzo 1945, ore 15. 

2. Bartolini Domenico, fabbro a Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 10. 

3. Benincasa Mannucci Giulio, maggiore comandante interinale, rapporto sui Tre Carabinieri e proposta per il conferimento agli stessi della medaglia d’oro, e al carabiniere Naclerio Francesco della medaglia d’argento, 21 marzo 1945. 

4. Naclerio Francesco, carabiniere a piedi, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 13.30. 

5. Naclerio Francesco, carabiniere a piedi, dichiarazione tenuta presso l’ufficio della Tenenza Suburbana dei Carabinieri di Firenze il 25 ottobre 1944. 

6. Naclerio Francesco, carabiniere a piedi, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 18 febbraio 1945, ore 11. 

7. Naclerio Francesco, carabiniere a piedi, dichiarazione verbale, Napoli, 1° luglio 1976.

 8. Nieri Raffaello, ragioniere del Comune di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 16. 

9. Oretti Luigi, segretario del Comune di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 16. 

10. Torrini Edilia, domestica presso la caserma dei Carabinieri di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 17. 

11. Turini Luigi, Monsignore e Cancelliere del Vescovo di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 9


I  documenti sono stati reperiti e fotografati da Jonathan K. Nelson e trascritti da Camilla Torracchi. Tutti i documenti citati- eccetto il n. 5- sono disponibili a Roma, presso l’Ufficio Storico del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Siamo estremamente grati al Col. Alessandro Della Nebbia, Capo Ufficio Storico, e al Ten. Col. Flavio Carbone per la loro fondamentale assistenza

sabato 14 dicembre 2024

La Guerra di Liberazione . Una guerra su Cinque fronti Il I Fronte Una lunga lotta per esistere

 APPROFONDIMENTI


Il primo fronte deve combattere una sua propria battaglia per esistere. Dopo il ritiro dalle posizioni di Montelungo, sconfitti e con il morale bassissimo, la possibilità di avere truppe combattenti italiane stava per scemare. I Britannici insistevano per non concederle ed impiegare i soldati italiani solo nelle Divisioni Logistiche dette “Ausiliare”, mentre il solo sostegno statunitense poteva non bastare se le truppe ed i quadri mostravano le carenze disciplinari mostrate fino ad allora. Le diserzioni, ovvero l’assenza arbitraria e momentanea alle bandiere come si usava dire allora avevano caratterizzato la compagine combattente italiana. La rivolta di oltre 190 Allievi Ufficiali dei bersaglieri rimase significativa. Ci volle tutta la abilità del gen. Utili, e la sensibilità del gen. Messe per riuscire a controllare la situazione che stava degenerando in modo incontrollabile. La situazione migliorò nel mese di marzo con l’arrivo di unità integre dalla Sardegna. La felice azione di Monte Marrone fu la svolta che salvò la situazione: gli americani e quindi tutti gli altri alleati si convinsero che gli Italiani potevano ritornare utili nel prosieguo della guerra. Assegnati al settore adriatico, come divisone del Corpo d’Armata polacco, la bella prova di Filottrano a luglio, fece sì che gli Alleanti, compresi i britannici, anche per le esigenze ormai pressanti di “Anvil”, decisero non solo di accettare truppe combattenti italiane, ma anche di elevarne il numero da 25.000, e portarle a 40. /50.000 giugno luglio, e a settembre, a 250.000 con la creazione dei Gruppi di Combattimento. Intanto il numero delle unità logistiche, dette “Ausiliare” avevano raggiunto i 200.000 uomini.

La battaglia per l’esistenza come combattenti era stata vinta. Il Regio Esercito, e le altre Forze Armate partecipavano alla guerra, combattendo non solo come contributo alle esigenze logistiche. Per l’Italia si poteva sperare in un futuro migliore.


venerdì 13 dicembre 2024

Eccidi Nazisti e Fascisti in Toscana 1944

 DIBATTITI

 Progetto 2024/2

PROGETTO

I MARTIRI DI FIESOLE DEL 12 AGOSTO 1944 LA RESISTENZA. GLI ECCIDI IN TOSCANA E

LA MEMORIA NELL’80° ANNIVERSARIO

 

1. Oggetto del progetto

Ricostruire gli avvenimenti di un episodio significativo ( I Martiri di Fiesole) a premessa della ricostruzione didascalica, nel quadro della guerra di liberazione, degli eccidi che si sono avuti in Toscana nel corso della Guerra di liberazione ( settembre 1943 – agosto 1944 per la Toscana). Ricostruire la Memoria nell’80° degli avvenimenti.

 

2. Scopo:

Pubblicare un volume in cui tutte le ricerche effettuate trovino collocazione.

 

3. Criteri della ricerca e quindi della pubblicazione.

I Criteri che si possono adottare per svolgere la ricerca sono molteplici: si sono scelti i seguenti

a. Criterio territoriale.

- ripartizione geografica per province di quanto rilevato

b. Criterio Quantitativo

- individuare quanti eccidi si sono commessi e che entità in termini di Vittime e Danni Materiali

c. Criterio temporale

- individuare e calendarizzare gli eccidi in base al tempo in cui sono avvenuti

d. Criterio rievocativo e di memoria

-individuare il livello di memoria attuale in essere

e. Criterio motivazionale

- individuare i perché l’eccidio è stato commesso e le motivazioni che l’Occupatore adotta per il suo comportamento ed azione

In base a questi criteri,  in cui si raccolgono tutte le notizie relative all’eccidio.

 


 

giovedì 12 dicembre 2024

La Carte degli Eccidi Nazisti e Fasciti in Italia. La Campania

 DIBATTIT

Progetto 2024/1 







Fonte:. Istituto nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia.

ATLANTE STORICO DELLA  RESISTENZA ITALIANA, 

 Bruno Mondadori Editore, 2018

Situazione tra settembre ed ottobre 1943.   in Campania

(continua)

mercoledì 11 dicembre 2024

la guerra di liberazione. Una guerra sui cinque fronti. il 1944 Le scelte di campo sono terminate

 APPROFONDIMENTI

Gli Italiani: La Guerra di Liberazione

Esiste una profonda differenza tra la Campagna d’Italia e la Guerra di Liberazione. La prima è combattuta da alleati contro i tedeschi nel quadro della seconda guerra mondiale. La seconda è il risultato della sconfitta del Regno d’Italia e del fascismo nella seconda guerra mondiale; gli Italiani, senza più nulla si trovarono di fronte a loro stessi con eserciti stranieri che si combattevano sul loro territorio. Ognuno fu chiamato ad una scelta, che diede vita ai fronti di quella che poi fu chiamata “guerra di liberazione”, liberazione da chi aveva combinato tanto sfacelo e tanto disastro. Nel 1944 i fronti della guerra ebbero loro caratteristiche ed evoluzioni, frutto delle scelte dell’anno precedente.

 

2a. Le scelte di campo sono terminate

Il trauma della crisi armistiziale del settembre 1943 produsse i suoi effetti per anche nel mese di ottobre, di novembre e di dicembre. Con la fine dell’anno era ormai chiaro a tutti che l’Italia era divisa in due, che eserciti stranieri si combattevano sul suolo nazionale e che vi era una parte di italiani che operavano a favore di una coalizione ed una parte che operava per l’altra. Nel mezzo la massa di coloro che cercavano solo di sopravvivere. Molti di loro adottarono una forma di attesa, per vedere chi avesse prevalso, altri si adattavano alle circostanze e cercavano di approfittarne per migliore la propria posizione, altri sopravvivevano e basta, nelle tantissime difficoltà che la situazione presentava. Erano giorni tristi, difficili e in qualcuno si fece strada che il peggio doveva ancora avvenire. Le popolazioni meridionali erano leggermente avvantaggiate, in quanto il regime alleato era più tollerante. Il mercato nero fioriva, i vincoli sociali si stavano allentando, e l’autorità statale era molto labile, ma nella sostanza si sopravviveva senza patemi d’animo e apprensioni. Nel centro e nel nord Italia la popolazione era presa tra l’azione tedesca di occupazione e repressione e l’azione dei repubblichini di Salò animati da una grande voglia di ricostruire un fascismo che tutti, in un modo o nell’altro, anche inconsciamente, ritenevano che avesse fallito. Era iniziata la caccia ai “traditori”, a qualcuno a cui dare la colpa di tanti disastri e punirlo; nel contempo cercare di agire in modo tale che l’idea fascista, pura e scintillante, potesse essere finalmente realizzata. Tutti erano chiamati a vivere “pericolosamente”, ma nella realtà erano estremisti più velleitari che reali, in quanto tutto dipendeva dai tedeschi e dall’andamento della guerra, che peraltro non si sarebbe decisa in Italia.


martedì 10 dicembre 2024

Il Quadro di Battaglia del Regio Esercito il 10 giugno 1940

 DIBATTITI


I

IL QUADRO DI BATTAGLIA DELL’ESERCITO ITALIANO – 10 GIUGNO 1940

Istituti, Armi, Corpi, Servizi

 

Elenca le unità ed i Corpi, con didascaliche indicazioni della loro storia dall’Unità al 1940, che componevano il Quadro di Battaglia del Regio Esercito al momento della dichiarazione di guerra attraverso la quale entrammo nella Seconda Guerra Mondiale. In modo indiretto il volume dimostra che era uno strumento degno di nota e consistente.

 

F.to 17x24, Pagg, 255, Illustrazioni, Casa Editrice Archeoares – Viterbo, Settembre 2022

ISBN 78889982269, Euro 10, (Progetto 2020/2)

 IL volume può essere chiesto a: segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org