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Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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martedì 31 dicembre 2024
lunedì 30 dicembre 2024
domenica 29 dicembre 2024
sabato 28 dicembre 2024
La Guerra di Liberazione. Una guerra su cinque fronti. Il Nemico
APPROFONDIMENTI
Per la Repubblica
Sociale Italiana il 1944 fu un anno che all’inizio dava grandi speranze e
grandi aspettative; nel prosieguo dei mesi si passò via via sempre più verso la
rassegnazione e il velleitarismo, con la sensazione di essere sempre più isolati
e lontani dalla popolazione, con un consenso che quasi giornalmente era sempre
più labile. Tutte le offensive lanciate contro le forze ribellistiche non
avevano dato i risultati sperati; il movimento partigiano anziché scomparire,
ad ogni offensiva portata a termine, convinti di aver raggiunto una vittoria,
si ripresentava ancora più forte e non minimamente indebolito. Vi erano zone
praticamente perse e sotto il controllo dei ribelli. Nelle città la sicurezza
era labile e qui si dimostrava tutto il carattere di questo avversario
imprendibile. Con i mesi il rapporto con i tedeschi, anche sul campo militare,
si logorò. E questo era la conseguenza di un aspetto della Repubblica Sociale
che ormai era sotto gli occhi di tutti. Non vi era concordia, con vi era unità
di comando, non vi era una linearità di intenti. Vi era L’Esercito di Graziani,
l’esercito apolitico, le Brigate Nere di Pavolini, l’esercito del partito in
armi, la Guardia Nazionale Repubblicana di Ricci, una miriade di altre reparti
ed unità semi dipendenti; mentre praticamente inesistente per mancanza di mezzi
la Marina Militare, l’Aeronautica si immolava con i pochi aerei rimati. In più
erano sorte ad opera di capi improvvisati, le varie polizie speciali, vere
bande di delinquenti, ladri, torturatori sadici che terrorizzavano la
popolazione. Tutto questo, era evidente, per mancanza di un potere centrale che
doveva essere nelle mani del Duce, capo carismatico; ma Mussolini come già nel
Regime, voleva i suoi collaboratori l’uno contro l’altro, in lotta fra di loro,
e questa scelta era la fonte primaria del suo potere personale. Potere molto
limitato, peraltro, perché quello vero era in mano ai tedeschi, cioè ai
rappresentanti di Hitler ed Himmler in Italia. Il vero smacco per la Repubblica
Sociale fu il perenne diniego dei tedeschi di inviare reparti della Repubblica
al fronte. Le quattro divisioni che rientrarono dalla Germania furono impiegate
in funzione antipartigiana, scavando ancora di più il fossato tra la Repubblica
Sociale e gli Italiani, mentre la vera destinazione sarebbe stato il fronte di
Cassino. Su questo fronte, altro smacco per la Repubblica Sociale, vi erano
presenti solo un reparto di Valerio Borghese, che aveva stipulato un patto privato
tra lui ed i tedeschi, e soprattutto vi erano dei soldati italiani; come gli ex
paracadutisti della divisione “Ciclone”, o i volontari nelle Waffen-SS italiane
che si erano arruolati nelle fila della Whermacht con uniforme tedesca e
giuramento ad Hitler, per non aderire alla Repubblica Sociale, di cui avevano
perso ogni stima. Anche se non a conoscenza dei dirigenti della Repubblica, in
primis Mussolini, a ottobre del 1944 i tedeschi iniziano contatti segreti con
gli Alleati in Svizzera per arrivare ad una pace separata, (operazione Sunrise),
contatti che continueranno fino all’aprile successivo e che porterà alla firma
della resa a Caserta del 29 aprile 1945 dei tedeschi In Italia, senza alcun
rappresentante della RSI presente. L’ultimo oltraggio tedesco, espressione
della disistima sempre coltivata dai nazisti, per alleato fascista italiano.
venerdì 27 dicembre 2024
Campagna di Russia 1942 -1943 Divisione Ravenna
ARCHIVIO
COMANDO FANTERIA DIVISIONALE “RAVENNA”
N. 2/Op. di prot.
P.M. 53 li 1° febbraio 1943 - XXI
OGGETTO: Relazione sulle operazioni cui ha partecipato un’aliquota della
divisione “Ravenna” nella zona Pereschepnj - Radtscheneskoje - Popowka -
Garbusowskj - Cercowo - Strelzowka - dal 17 dicembre 1942 al 17 gennaio 1943.
AL COMANDO DIVISIONE FANTERIA “RAVENNA” - P.M. 53
Il
mattino del 17 dicembre 1942 alle ore 9,30, le unità delle divisione “Ravenna”
avevano defluito dalle zone di
Gadjutschje e Filonowo, ripiegando per Bogutscharski e Pereschepnj. Il generale
Capizzi - rimasto ancora a Gadjutschje con un gruppo corazzato tedesco
comandato dal maggiore Auffmann è incaricato della protezione del ripiegamento
- raccolti gli elementi residui, alle ore 10,30 muove su Pereschepnj dove si
era raccolta una frazione della divisione, costituita: da una aliquota del 37°
rgt. fanteria col comando del reggimento, da elementi di unità divisionale e
dal comando del 38° rgt. fanteria che, ritiratosi dopo i propri reparti, aveva
trovato preclusa la via per Bogutscharskj seguita dai reparti stessi ad aveva
perciò dovuto pur raggiungere la località di Pereschepnj. Forza complessiva di
tutte le unità predette: circa 1200 uomini; comandante: il colonnello Naldoni
del 37° regt. fanteria.
A
Pereschepnj, il generale Capizzi prende contatto col comando della 298^ div. tedesca
e aderisce alla richiesta del comando stesso di concorrere alla organizzazione
di una linea di difesa a copertura della zona di Pereschepnj contro provenienza
da nord: tratto orientale (fino alla strada Filonowo - Pereschepnj) affidato a
truppe della divisione tedesca; rimanente tratto della colonna Naldoni.
La
sera del giorno 17 dicembre la 298^ divisione tedesca inizia il ripiegamento sulla linea (a sud di
Bogutschar) Radtschenskoje – Diatschenkowa. Nella notte sul 18 il movimento
viene seguito dalla colonna Naldoni. Durante il
movimento giunge al generale Capizzi dal comando del XXXV C.A., l'ordine
di porsi con la colonna Naldoni, agli ordini del comandante della 298^ div.
tedesca, a sua volta dipendente dal predetto comando di C.A.. A ripiegamento
effettuato la colonna è dislocata a presidio Radtschenskoje (alla sinistra
dello schieramento della divisione tedesca) dove pure vengono schierati alcuni
alcuni pezzi controcarro tedeschi. Il III btg. del del 37° rgt. fanteria viene
distaccato sull'ala destra della divisione tedesca e nel settore della divisione “Pasubio”.
Il
mattino del giorno 18 dicembre, avendo il comandante della div. tedesca fatto
presente al generale Capizzi che, data la situazione e la dislocazione, non era
in grado di fargli avere tempestivamente gli ordini per eventuali movimenti
riguardanti la truppe della divisione “Ravenna” dislocata a Radtschenskoje, il
generale Capizzi si assume l’incarico di provvedere a ciò prendendo ordini
direttamente al comando del XXXV C.A., al quale, perciò. riferisce su quanto
precede.
L’Ecc.
il generale Zingales, comandante del XXXV C.A., tiene ai propri diretti ordini
il generale Capizzi, confermandogli intanto l’incarico di continuare a
provvedere a ciò che riguardava la difesa di Radtschenskoje con le truppe della
divisione “Ravenna” ivi schierate.
Alle
ore 9,30 del giorno 19 dicembre il comando del XXXV C.A. da ordine al generale
Capizzi di recarsi subito a Krimizza (sud-est di Radtschenskoje), località
verso la quale risultava che si dirigevano elementi nemici con carri armati,
con l’incarico di organizzare la difesa della località con elementi della
divisione “Torino” ivi dislocato. Giunto a Krimizza alle ore 10, il generale
Capizzi trova che il presidio della “Torino” era partito per ordine ricevuto
sin dalla prime ore del mattino, e apprende dagli abitanti che, poco prima, 10
carri armati nemici, fatta una puntata fino all’abitato di Krimizza e trovata
la località sgombera di nostri elementi, aveva ripiegato. In tal senso viene
riferito al comando di C.A..
Alle
ore 14 del 19 dicembre il comando del XXXV C.A. ordina al generale Capizzi che
le truppe della divisione “Ravenna” schierate a Radtschenskoje ripieghino su
Medowa. Le truppe predette, - che nei giorni 18 e 19 avevano fronteggiato
elementi esploranti nemici provenienti da ovest e da sud e che erano state
bombardate e mitragliate, con perdite, da aerei, - effettuano il ripiegamento
ordinato dopo che analogo movimento era stato effettuato, sulla loro destra,
dalle truppe della 298^ div. tedesca, in modo da assicurare sempre a queste la
protezione del loro fianco sinistro. A loro volta le truppe della divisione
“Ravenna” hanno la protezione di pezzi c.c. tedeschi schierati lungo
l’itinerario Radtschenskoje - Medowa. Il III btg. del 37° ftr., col suo
comandante, maggiore Sena, distaccato come già accennato, nel settore della
divisione “Pasubio”, non rientra: dalle notizie raccolte risulta che il nemico
gli ha precluso la ritirata dal suo posto di combattimento
La
sera dello stesso giorno 19 dicembre il comando del XXXV C.A. ordina al
generale Capizzi di incolonnare le truppe della “Ravenna” sull’itinerario
Medowa - Karassiew - Popowa - Werchnjakowskj, immediatamente dopo la divisione
“Pasubio” e prima della divisione “Torino”. Ma prima che sia raggiunta la
località di Werchnjakowskj si ha notizia che il nemico vi si è già schierato e
preclude i movimenti delle nostre unità. Analoga occupazione nemica vi è
sull’itinerario passante per Meskoff. Le truppe italiane e tedesche che dovevano
defluire verso sud risultano, in sostanza, chiuse in una sacca dalla quale si
dovrà uscire dopo avere organizzato il combattimento per aprirsi una via. Avuta
notizia che il comando del XXXV C.A. era già passato oltre le località ormai
bloccate dal nemico, il generale Capizzi si presenta al generale di divisione
Lerici, comandante della divisione “Torino” e più elevato in grado degli
ufficiali presenti, e dal quel momento si pone ai suoi ordini assieme alla
colonna Naldoni, ridotta alla forza di circa 900 uomini.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Il
combattimento per la rottura della sacca viene organizzato nel mattino del
giorno 20 dicembre: effettuazione prevista pel pomeriggio dello stesso giorno,
partendo dalla zona di Popowa con direzione generale sud - ovest.
Il
gruppo corazzate del maggiore Auffmann, che già aveva cooperato con le truppe
della divisione “Ravenna” nella zona Gadjutschja – Filonowo, ha l’incarico
dell’azione iniziale di rottura e della successiva protezione del movimento
disponendo i suoi elementi sulla testa, sui fianchi e sul tergo delle fanterie,
con accentramento di mezzi verso il lato che sarebbe risultato man mano più
minacciato. Il generale Capizzi ha l’assenso del generale Lerici per
partecipare all’azione col gruppo di protezione del maggiore Auffaman: tale sua
partecipazione ha avuto luogo fino all’arrivo nella località di Cercowo
(25 dicembre) ove il gruppo Auffman è giunto stremato di forze e con gravi
perdite di personale e di materiali tanto da non essere più in grado di
assolvere il suo compito.
La
sortita dalla sacca di Popowka ha inizio, come previsto, alle ore 14 del 20
dicembre ed è coronata da successo. Vengono eliminate le resistenze in posto
del nemico e le offese da lui successivamente lanciate contro le nostre truppe
in movimento. Dopo la sortita, un primo combattimento ha luogo fra Popowka e
Posniakoff. Al mattino del giorno 21 viene raggiunta quest’ultima località.
Nello stesso giorno ha luogo la prosecuzione del movimento su Garbusoswki. Fra Posniakoff
e Garbusowski si svolgono altri tre combattimenti. Agli ultimi due partecipano
in modo particolare, con altre truppe, reparti agli ordini del Colonnello
Nardoni, sempre bravamente comportatosi e che alla fine risulta disperso
assieme al colonnello Bianchi del 38° rgt. ftr. che, non avendo comando di
truppe, seguiva il comando del 37° rgt. f.. Il comando della colonna, ridottasi
per le perdite a circa 600 uomini, viene assunto dal ten. col. Berbarulli.
aiutante in campo della fanteria divisionale.
A
Garbusowski il nemico aveva prevenuto le nostre truppe schierandosi in forze
sulle alture circostanti il villaggio. Un attacco condotto dal gruppo Auffmann
e da fanterie vale a ottenere il possesso dell’abitato ma non ad avere via
libera per la prosecuzione del movimento. In attesa di rinforzi preannunciati a
mezzo radio, l’abitato di Garbusowski viene organizzato a caposaldo col
concorso delle truppe tedesche e italiane: queste ultime in parte vengono
inserite in linea in parte, e prevalentemente, costituiscono riserve pel
contrassalto. Tali riserve sono divise in due blocchi, corrispondenti ai due
settori (sud e nord) del caposaldo, rispettivamente alle dipendenze del
generale Capizzi e del generale Rossi (comandante della fanteria della
divisione “Torino”). Il nemico attacca con larghi mezzi nei giorni 22 e 23
dicembre. Le truppe della divisione “Ravenna” hanno occasione di distinguersi
per tenacia nella resistenza e per slancio nel contrassalto. Il tratto di
fronte tenuto da tali truppe, nonostante le perdite da essi subite, non è mai
violato dal nemico al quale sono anzi catturati prigionieri, armi e munizioni.
Il
giorno 23 dicembre, avuta notizia che la situazione non consentiva l’arrivo di
rinforzi, viene decisa la sortita delle truppe alleate dal caposaldo di
Garbusowski e la prosecuzione del movimento verso ovest. La sortita ha luogo la
sera dello stesso giorno 23 dicembre: effettuazione iniziale del movimento
verso nord, per piegare poi verso ovest; contemporaneo attacco da parte di
aliquote di forze lasciate in posto per trarre in inganno il nemico, aliquote
di forze delle quali fecero parte elementi della “Ravenna” votati al
sacrificio. Da Garbusowski si punta per Mankowo nei cui pressi si giunge al
mattino del giorno 24 dicembre. Trovata Mankowo fortemente occupata dal nemico,
il movimento viene dirottato verso sud su Scheptukowka pure occupata da unità
di fanteria e controcarri dal nemico: queste unità vengono attaccate dal gruppo
Auffmann e rapidamente eliminate. Si
prosegue, quindi, per la stazione di Scheptukowka, su Cercowo dove si giunge
alla sera del giorno 25 dicembre. Nei pressi della stazione di Cercowo il
maggiore Auffmann, comandante del gruppo di protezione che ha a svolto opera
altamente meritoria per capacità tecnica e per le continue prove date di
sprezzo del pericolo e di serena audacia, rimane gravemente ferito al ventre da
un colpo di fucile nemico. A Cercowo le nostre forze giungono stremate per le
perdite inflitte dal nemico e per quelle provocate dalla estrema rigidità del clima.
Le forze della “Ravenna” sono ormai ridotte a circa 300 uomini solo in parte
idonei.
La località
di Cercowo era già presidiata da truppe tedesche e italiane e organizzata a
caposaldo. Le truppe affluitevi da
Garbusowski vi rimangono per rinforzare il presidio. La sosta di
Cercowo va dalla sera del 25
dicembre 1942 alla sera del 15 gennaio
1943. In tale periodo, mentre il nemico rinforza l'assedio del caposaldo e ne
tenta ripetutamente la conquista, le truppe alleate perfezionano sempre più il
dispositivo di difesa e di contrattacco. Tutte le truppe italiane di Cercowo
costituiscono un raggruppamento comandante il generale Lerici: e vice
comandante il generale Capizzi (in sostituzione del generale Rossi, comandante
della fanteria della divisione “Torino” che subito dopo l'arrivo in Cercowo
viene trasportato a mezzo aereo a Charkow per congelamento). Gli elementi della
divisione “Ravenna” concorrono, inoltre alla organizzazione della difesa; formando il comando di un reggimento di
formazione facente parte della riserva del caposaldo (comandante il ten. Col.
Tromba del 37° reg. ftr.) e mettendo a disposizione, per per impiego in prima
linea, i militari validi: nella quasi totalità volontari.
Il
nemico fra il 26 dicembre e il 9 gennaio sferra sette attacchi con impeto
crescente e con largo impiego di mezzi corazzati di “katjusca”, di mortai e di
artiglieria, ma è sempre ributtato con gravi perdite. Nell’attacco del giorno
9, dieci carri armati nemici riescono a penetrare nell’abitato: di essi otto
vengono distrutti. Dal 9 in poi il nemico, visti vani i suoi sforzi, si limita
ad azioni di metodico bombardamento. La difesa di Cercowo è gloria di tutte le
truppe alleate che vi parteciparono: i superstiti della divisione “Ravenna”
sempre tra i primi nel dare il loro eroico contributo per la difesa del
caposaldo.
La
difesa di Cercowo viene protratta in attesa che unità corazzate tedesche,
preannunciate in movimento, giungano a liberare il caposaldo. Mancato anche qui
la possibilità di arrivo di rinforzi, le truppe di Cercowo ricevono ordine di
tentare di rompere l’assedio con i propri mezzi e di raggiungere Belowodsk
attraverso Strelzowka presidiata da truppe corazzate tedesche. Le disposizioni
per la sortita vengono concretate il giorno 15 gennaio: esse prevedono la
costituzione di un dispositivo di combattimento costituito da elementi tedeschi
e italiani, a protezione dei rimanenti elementi non atti al combattimento o
delle impedimenta trasportanti
soprattutto i feriti e congelati di Cercowo. Il generale Lerici e il generale
Capizzi col dispositivo di combattimento. La sortita ha inizio alle ore 20 del
15 gennaio. Il movimento si svolge prima in direzione di Lofiskaja (sud-ovest)
poi in direzione di Strelzowka (nord-ovest) e infine su Belowodsk (ovest)., Nel
lungo percorso, il nemico, accortosi del movimento cerca di reagire e di
interdire il movimento stesso con tutti i mezzi a sua disposizione. Si combatte
essenzialmente poco dopo la sortita, a Lofiskaja o a sud di Strelzowka.
L’ultimo combattimento è il più aspro e porta alla momentanea rottura della
nostra colonna per parte di unità corazzate nemiche. La crisi viene, però,
prontamente risolta anche per l’efficace intervento degli Stukas. Alle ore 15
le nostre truppe raggiungono Strelzowka e, nonostante l’intenso tiro di
sbarramento effettuato dal nemico sulla strada immediatamente a ovest
dell’abitato, oltrepassando l'abitato stesso e si portano al coperto sulla
strada di Belowodsk. La prosecuzione della marcia fino a quest’ultima località
rimane successivamente indisturbata. I superstiti della “Ravenna” giunti a
Belowodsk ammontano a 21 ufficiali e 184 uomini di truppa, compresi elementi
meno validi e feriti che, con l’aiuto di slitte
avevano seguito il movimento.
Con
l’arrivo a Belowodsk si chiude il ciclo operativo al quale si riferisce la
presente relazione.
Le
truppe che vi hanno partecipato hanno dovuto affrontare difficoltà, fatiche e
traversie straordinarie. All’accanimento col quale il nemico attaccava e
martellava le truppe in movimento ed in sosta si aggiungevano:
•
l’asprezza del clima: le
truppe sono state all’addiaccio e in marcia con una temperatura abbasatasi fin
verso i 40° sotto zero;
•
la necessità di effettuare
lunghe marce sfruttando la notte e marciando, per evitare le strade, attraverso
campi coperti di neve: nel movimento da Garbusowki a Cercowo si marciò per 36
ore consecutive e per altrettante ore, all’incirca, nel movimento da Cerkowo
a Belowodsk, con le sole soste imposte
dai combattimenti;
•
il difetto dei viveri, fino
all’arrivo a Cercowo ( dove si trovarono magazzini abbondatemente forniti): e
ciò in conseguenza della mancanza di mezzi di trasporto derivata dalla
indisponibilità di carburante che impose l’abbandono dell’autocarreggio;
•
il difetto di munizioni pure
dipendente dalla stessa circostanza predetta; a Garbusowski nostre truppe andarono all’attacco quasi
senza munizioni e vinsero con l’impiego e l’uso dell’arma bianca; a Cerkowo si
combattè con munizioni tolte nei contrassalti al nemico che già si serviva di
armi e munizioni italiane;
•
il difetto di materiale
sanitario, che rese impossibile che si dessero cure adeguate al grande numero
di congelati e di feriti;
•
le difficoltà derivate dal
sistematico accaparramento rudamente, egoisticamente e talvolta cinicamente
praticato dalle truppe tedesche anche a danno delle truppe italiane, di tutto
ciò che potesse comunque servire per vivere e per combattere: difficoltà che a
malapena e non sempre i comandi tedeschi, sollecitati da quelli italiani, sono
riusciti ad eliminare.
Le
truppe della “Ravenna” hanno affrontato la sopraccennata straordinaria
situazione con animo virile e con grande spirito di sacrificio e di
abnegazione, aggiungendo nuovi titoli di merito a quelli da esse raccolti nelle
dure giornate di lotte sul Don.
I
comandanti di ogni grado hanno svolto opera assidua per dare alla truppa
assistenza materiale e morale, potenziarne e valorizzarne lo spirito
combattivo: primo fra tutti il Generale Lerici, alla cui instancabile attività
organizzativa ed animatrice, molto si deve se il complesso di truppe ripieganti
dalla zona di Popowka fino a Belowodsk potè scrivere pagine che onorano
altamente l’Esercito Italiano.
IL GENERALE DI BRIGATA COMANDANTE
F.to M. Capizzi
mercoledì 25 dicembre 2024
La Guerra di Liberazione. Una guerra su Cinque Fronti. Il V Fronte: I prigionieri. Rimanere fedeli o collaborare?
Il 1944 fu un anno terribile per i prigionieri
italiani in mano alleata. La crisi armistiziale aveva fatto sperare a tutti un
rapido ritorno a casa. In realtà un armistizio, dal punto di vista giuridico,
non prevede la restituzione dei prigionieri. Nelle clausole firmate dal Governo
Badoglio, peraltro, questi sì “era dimenticato” di chiedere la restituzione dei
prigioneri italiani in mano alleata, suscitando negli Alleati sospetti pesanti
sulla sua credibilità e sulla sua lealtà. Badoglio si era ricordato di loro nel
momento in cui si pose mano alla ricostruzione delle forze armate predisponendo
piani per l’approntamento di Armate con personale da tratte dai campi di
prigionia alleati. Il progetto fu ovviamente osteggiato dagli Alleati che
vedevano i prigionieri italiani in loro mano solo come forza da impiegare nel
settore logistico: in pratica, con condizioni più umane, quello che facevano i
tedeschi con gli Internati Militari in loro potere. Anche per i prigioneri in
mano alleata si poneva il dilemma se aderire o non aderire, se rimanere fedeli
al giuramento prestato a quel Re, il cui governo non dava alcuna indicazione su
come comportarsi fuggendo ancora una volta dalle sue responsabilità, lasciando
ancor più il singolo abbandonato a sé stesso. In tutti l’alto senso della
disciplina e dell’onore militare era un freno a prendere decisioni, soprattutto
per il fatto che al rientro in Italia sapevano tutti che il loro comportamento
in prigionia sarebbe stato oggetto di attento giudizio. Anche questo fronte si
divise in collaboratori e non collaboratori, con le conseguenze nel lungo
periodo che questa scelta a posteriori fu etichettata ideologicamente.
Addirittura per
quelli in mano alla URSS furono gettate le premesse per quelle violentissime
polemiche sui prigionieri in mano sovietica che caratterizzò i primi anni del
secondo dopoguerra. Anche per i prigionieri il 1944 fu un anno di speranze,
delusioni, di difficoltà, senza prospettive di vedere realizzato quello che
tutti aspettavano: rientrare in Italia.
martedì 24 dicembre 2024
lunedì 23 dicembre 2024
La guerra di Liberazione. Una guerra su Cinque fronti. Il Iv Fronte I Combattenti all'estero: come sopravvivere
APPROFONDIMENTI
Per i militari
italiani all’estero, che avevano scelto di andare in montagna e dare guerra al
tedesco, il 1944 fu un anno di difficili prove. Venuto meno il vincolo
disciplinare che, bene o male, era stato un elemento di riferimento
all’indomani della proclamazione dell’armistizio, nel 1944 i militari italiani
erano stati nella maggior parte assorbiti nelle formazioni locali partigiani.
Tattiche di guerriglia, gerarchia, disciplina, logistica erano completamente
diverse e spesso in contrasto anche con il proprio pensiero sia politico che
nazionale. In ottobre un altro dramma: il conflitto interno greco, al momento
della ritirata tedesca, coinvolge i militari italiani che rappresentano,
spesso, l’unico motivo di concordia per i Greci che si combattono: gli italiani
erano e sono solo dei fascisti invasori. In Albania e in Jugoslavia, pur
cercando di mantenere la propria identità, i soldati italiani, accettati e
rispettati come combattenti, vengono via via assorbiti dalle scelte ideologiche
di questi movimenti, soprattutto quella comunista che al momento è accettata ma
che in prospettiva sarà di grande peso al termine della guerra, senza che il
singolo soldato italiano se ne rendesse conto. Per i soldati italiani
combattenti all’estero è imperativo sopravvivere, cercare di abbreviare il più
possibile la guerra, nella speranza di ritornare cercando di barcamenarsi al
meglio tra tedeschi e partigiani locali, anche per loro in un contesto di
solitudine ed abbandono da parte delle Autorità in Italia.
domenica 22 dicembre 2024
Gli eccidi fascisti e nazisti in Campania Settembre - ottobre 1943 Ragioni e motivazioni
La dichiarazione di armistizio non sorprese i Comandi
tedeschi in Italia. Il Piano “Asche” era stato predisposto da tempo e prevedeva
le adeguate contromisure tedesche in caso di fuoriuscita dell’Italia dalla
guerra. A dimostrazione che la violenza verso la popolazione civile era una
scelta operativa dei Comandi tedeschi fu il loro comportamento previsto come
mezzo per garantirsi sicurezza e soddisfare per le esigenze logistiche, ovvero
vivere sulle risorse locali. Liberatesi dai vincoli di essere alleate le truppe
tedesche passarono ogni limite e nell’area campana prima retrovia del fronte,
si comportarono come già si erano comportati in Polonia ed in Russia. Violenze
anche gratuite, saccheggi, razzie di animali, requisizioni forzate, mancanza di
rispetto per tutto quello che era italiano in nome di un “tradimento” che era
più che altro nella loro fantasia, ma che giustificava ai loro occhi ogni comportamento,
sono il substrato in cui fioriscono gli eccidi e le stragi, che si mescolano
con scontri con antifascisti e soldati del Regio Esercito che ancora non si può
chiamare resistenza vera e propria. Soprattutto quello che fu il filo
conduttore, e lo sarà per tutta la durata della guerra, le razzie
indiscriminate di manodopera da impegare per esigenze militari, prima, per
inviarla in Germania, poi. La popolazione a questo stato di cose reagisce, in
varie forme e modi, ma con il loro comportamento i tedeschi coinvolgono i civili
nella guerra. La ribellione è anche sostenuta dalla speranza dell’arrivo
prossimo degli Alleati, che fin da questi primi giorni sono visti come
“liberatori”, ovvero coloro che pongono fine al costante pericolo tedesco, che
“liberano” ognuno da questa costante pericolo di vita. Nelle grandi città
questo è vero, ma nelle campagne e nei piccoli centri l’attesa dell’arrivo dei
“liberatori” è anche l’occasione per eliminare ogni autorità espressione del
passato regime, del fascismo, che si attuava attraverso possidenti e signorotti
locali, che interpretavano a tutto loro vantaggio.[1]
In tutta la campagna si assiste a rivolte municipali in cui non vi è presenza
se non sullo sfondo del CNL ne tantomeno di esponenti della Repubblica Sociale
Italiana, come solo sarà nei mesi a venire. E’ quasi una insorgenza di stampo
settecentesco, di contadini che si vogliono liberare dei loro pesi, che si
innesta nel problema delle epurazioni e della nascita dei nuovi partiti che al
momento sono poco conosciuti ma che si definiscono “antifascisti” per
definire nuovi equilibri di potere e di lotta ai privilegi. Un fenomeno che si
svilupperà ulteriormente nei mesi successivi, che investirà via via le regioni
investite dal passaggio del fronte, e che rimarrà in evidenza anche dopo la
fine dei combattimenti e della guerra
come lotta per il possesso della terra, lotta al latifondo e che sarà uno dei grandi temi dell’Italia Repubblica con la soluzione della annosa questione agraria, di origine
risorgimentale.
sabato 21 dicembre 2024
Testimonianze tedesche. Luglio 1944. Battaglia di Ancona . Fasi iniziali.
APPROFONDIMENTI
“Già prima che si sia fatto
completamente giorno avvertiamo un incessante frastuono prodotto da carri
armati. Presto vediamo il regalo: da Loreto scendono senza sosta carri armati
di tutti i tipi più diversi, per lo più Sherman, e nel settore e nel settore del
nostro battaglione ne contiamo 50-60. Per quanto la nostra artiglieria sia
intervenuta diligentemente, l’avanzata non può venire disturbata in modo
decisivo. Verso mezzogiorno il nemico si trova a circa due chilometri dalle
nostre linee, pronto ad attaccare, e si spinge lentamente vinco alle nostre
posizioni, protetto da un fuoco di sbarramento sempre più intenso delle armi
pesanti. Purtroppo a noi mancano armi controcarri pesanti a lunga gittata. Come
avevamo previsto, l’attacco principale è diretto contro la nostra 5a compagnia.
In questo settore, verso le 16 (del 1 luglio 1944 n.d.a) il nemico riesce in un primo tempo a superare il Musone con tre carri
armati e poi a conseguire una penetrazione di poca importanza. Allo scopo di
alleggerire il suo plotone, che era fortemente minacciato, il sottotenente
Landmann attacca un carro armato con un lanciarazzi controcarro che, però,
manca il bersaglio. Così rimasto allo scoperto davanti al carro, viene
gravemente ferito. Poco dopo anche il comandante della compagnia, sottotenente
Scholl, rimane gravemente ferito da un colpo in pieno abbattutosi sul posto
comando di compagnia. I carri armati tentato poi di travolgere la nostra linea
accerchiandola su due lati e la manovra riesce però soltanto sul lato sinistro
dove il plotone, che rappresenta appunto il lato sinistro dello schieramento
della 5a compagnia, viene completamente annientato, mentre sulla destra, sul
terrapieno della ferrovia, possiamo tenere la posizione. Ma ben presto la
situazione si fa critica, Mel frastuono del combattimento deduco che ai carri
armati nemici doveva essere riuscito a raggiungere la quota 45, che domina la
zona. I reparti della 8a compagnia, impegnati in quel settore, si difendono
valorosamente al comando del sottotenente Kuhn, ma vengono annientati e lo
stesso comandante, ferito, viene fatto prigioniero. In queste condizioni, dal
battaglione mi giunge l’ordine di dare personalmente il punto di situazione, di
raccogliere gli uomini dei reparti sbandati ed eventualmente, con l’impiego
delle mie riserve, di eliminare l’infiltrazione o per lo meno di bloccarla,
Sotto un pesante fuoco di artiglieria inframezzato ripetutamente dal bagliore
dei colpi sparati dai mezzi corazzati, ci affanniamo a raggiungere il
terrapieno della ferrovia, ma non riusciamo a superarlo. Se solleviamo la
testa, veniamo subito fatti segno al fuoco nemico, Distinguo due Sherman a
quota 45 che, illusoriamente, effettuano un controattacco allo scoperto. Non
appena incomincia ad imbrunire chiamo vicino a me un altro gruppo di uomini.
Con due gruppi e due squadre armate di lanciarazzi controcarro, appartenenti
alla 14a compagnia, al comando del sottotenente Jaensch spingiamo avanti,
rastrelliamo uomini della 5a compagnia che erano sparsi per i campi e chiudiamo
alla meno peggio la falla che si era prodotta nelle nostre linee. Purtroppo il
tentativo di distruggere con una squadra di assalto i due carri armati a quota
45 fallisce per la prontezza degli equipaggi. Il sergente Lange della 14a
compagnia, che per la distruzione di parecchi mezzi corazzati verrà
successivamente citato nel Bollettino dell’Onore dell’Esercito, cadde colpito
al petto e due altri uomini rimangono feriti.
Dopo
aver ceduto al sottotenente Jaensch il comando del settore tenuto dalla 5a
compagnia, dal mio posto di comando faccio rapporto sulla situazione al comando
di battaglione. Apprendo con sollievo che già nel corso una compagnia del
reggimento di difesa costiera rinforzerà i resti della 5a compagnia e così le
mie squadre saranno di nuovo disponibili. Effettivamente, prima dell’alba (del
2 luglio 1944 n.d.a.) torna Jaensch con
le nostre squadre.
“Nella
notte tra il 2 ed il 3 luglio (1944 N.d..A.) i polacchi attaccano con limitare
forze corazzate e di fanteria il settore tenuto dalla seconda compagnia del
nostro 992.mo reggimento granatieri proprio sulla linea di contatto con il
settore del 993° reggimento granatieri (esattamente con il I Battaglione del
993° reggimento, riuscendo a spingersi sino alla periferia su di Castelfidardo
e facendo anche dei prigionieri. E’ chiaro che si è trattato di una puntata
ricognitiva dato che il nemico ha impegnato forze relativamente esigue. Forse i
polacchi hanno anche avuto l’intenzione di occupare la città con un colpo di mano”.
Immediatamente il I Battaglione del 992°
Reggimento ha preso gli opportuni provvedimenti e così alla 2° compagnia del 992° Reggimento rinforzata da un gruppo
di assalto guidato dal sottotenente Tiedmann e da un plotone della compagnia mitragliatrici,
condotto dal maresciallo Schwetzhe, riesce a rintracciare il nemico oltre la
primitiva linea di combattimento. Però da quel momento, il fronte resta in
continuo movimento
venerdì 20 dicembre 2024
La Guerra di Liberazione. Una guerra su Cinque Fronti. Il III Fronte Gli Internati combattenti sfruttati e traditi
APPROFONDIMENTI
La scelta di non
aderire alle proposte di collaborazione al nazifascismo da parte degli
Internati Militari Italiani fu una sorpresa sia per i tedeschi che per
Mussolini. Sia i tedeschi, come mano
d’opera volontaria, sia Mussolini, come soldati delle forze Armate
repubblicane, molto avevano contato su questa massa di giovani che nella
sostanza era stata educata dal fascismo, nelle fila della Gioventù Italiana del
Littorio. Il loro massiccio rifiuto fu la certificazione del fallimento del
fascismo come regime, e per la Repubblica Sociale, una ennesima dimostrazione
di debolezza agli occhi dei tedeschi. A tutto questo si cercò di porre rimedio
con una operazione di vertice, ovvero trasformando lo status di Internato
Militare in quello di “lavoratore civile”, accordo tra Hitler e Mussolini del
20 luglio 1944, firmato in circostanze drammatiche proprio nel giorno
dell’attentato di von Stauffenberg alla Tana del Lupo. Nella sostanza poco
cambiava: gli Internati, a prescindere da come era il loro status continuarono
ad essere trattati dai tedeschi come schiavi, mentre quelli che avevano aderito
avevano condizioni poco migliori dei non aderenti, ma sempre lavoratori coatti.
Questo ennesimo tentativo di mascherare la non adesione sottolinea il
significato di una decisione che rappresenta una delle scelte più difficili
della Guerra di Liberazione. Cercare di minimizzare, o mascherare questa scelta
è stata la caratteristica di questo fronte nel 1944, a cui si risposte da parte
degli Internati Militari, in un contesto di disperata solitudine, con coerenza
e determinazione a continuare nelle scelte iniziali.
giovedì 19 dicembre 2024
Difesa della Propria identità
DIBATTITI
Nel 2025 il CESVAM - Centro Studi sul Valore Militare si deve impegnare a difesa della identità dell'Istituto del Nastro Azzurro. Il Valore Militare è di tutti gli Italiani, nessuno può utilizzarlo per i propri fini di parte, di qualsiasi colore sia, ricordando a tutti che l'Italia, ha una Costituzione e che il 2 giugno 1946 il Popolo Italiano, dopo una guerra in cui eserciti stranieri hanno messo a ferro e fuoco ogni lembo del nostro territorio, per scelte non certo del popolo stesso, ha scelto la sua forma Istituzionale.
Le infiltrazioni che stiamo vedendo nelle Federazioni e negli atteggiamenti di soci che esaltano una parte portano solo discredito all'Istituto e ne intaccano il prestigio.
Che poi la nostra Repubblica rispetti tutte le idee, e dia a tutti la libertà di esprime il proprio pensiero, è un ulteriore ragione che dimostra che questa forma di Stato non esclude nessuno, ma va difesa contro chi lo vuole negare.
IL CESVAM nel 2025 si impegnerà nelle forme previste dallo Statuto affinchè chiarezza e lealtà si possano affermare.
1.
mercoledì 18 dicembre 2024
SAVE THE DATE. 16 gennaio 2025 ore 15.- Recanati. Consegna dell'Emblema Araldico
La Federazione Regionale delle Marche dell’Istituto del Nastro Azzurro promuove il conferimento dell'Emblema Araldico, su proposta della Federazione Provinciale di Macerata, alla Sig.ra Giovanna Ceccaroni, figlia della MOVM Mario Alessandro Ceccaroni caduto sul fronte greco-albanese il 16 gennaio 1941. con la collaborazione del Municipio di Recanati. e della Federazione Provinciale di Ancona, su una idea progettuale del CESVAM- Centro Studi sul Valore Militare.
Info:
federazione.marche@istitutonastroazzurro.org
martedì 17 dicembre 2024
La Guerra di Liberazione una Guerra su Cinque Fronti. II Fronte I Ribelli L'Unita come regola base
APPROFONDIMENTI
Il 1944 per il II
fronte, il movimento ribellistico nasceva dalle ceneri dei disastri dei mesi
precedenti. Si era compreso che la rivolta armata non poteva essere condotta
con i criteri della guerra classica. Occorreva adottare nuove tattiche, per
evitare di essere sempre soccombenti di fronte ad un nemico agguerrito e più
forte, con un armamento più potente ed adeguato. Inoltre occorreva provvedere ad una logistica
partigiana più accorta, meno labile, dipendente dal caso e dalla
improvvisazione. Basilare la ristrutturazione del settore informativo, con
contrasto efficace alle spie, ai delatori, agli opportunisti e ai
doppiogiochisti. Dal punto di vista
militare le bande si organizzarono in modo tale da evitare lo scontro diretto,
la difesa ancorata e soprattutto di attaccare in massa il nemico. Inizia una
progressione di qualità militare che porterà le formazioni ribellistiche ad
essere sempre più agguerrite. Oggi si direbbe la strategia del debole verso il
forte, in cui non solo la guerriglia ma anche gli atti singoli, detti di
terrorismo, furono adottati. Sulle montagne prese quindi sempre più forme
dirette di guerriglia, mentre nelle città, i GAP e le SAP adottarono le
tecniche terroristiche, con attentati e colpi di mano diretti a personalità e
simboli della Repubblica Sociale italiana e dei tedeschi. Fu una progressione
di miglioramento costante, mese dopo mese. La reazione delle forze avversarie fu
sostanzialmente inefficace e improduttiva, tutto basato sulla rappresaglia e
sulla violenza incontrollata verso la popolazione, che sostanzialmente
conquistare la quale era il vero obiettivo del movimento ribellistico che fu
realizzato sul finire del 1944.
Per i responsabili della Resistenza, risolto
il problema militare, rimaneva quello principale, ovvero mantenere unite le
forze che avevano deciso di ribellarsi.
I tedeschi fecero ogni sforzo per dividere le varie componenti del
movimento ribellistico, soprattutto quelle di democrazia liberale, monarchica,
cattolica e in genere, centrista. Ogni sforzo fu sventato e l’unità del fronte
ribellistico fu mantenuta integra. Paradossalmente il vero colpo mortale al
movimento fu portato, a metà novembre, da chi meno lo si aspettava: gli
Alleati. Il proclama di Alexander del 20 novembre che invitava i ribelli a
smobilitare e a tornarsene a casa per l’inverno fu in sostanza interpretato da
amici e nemici come un invito ad abbandonare la lotta armata. Fu un momento
molto difficile, che diede vigore agli avversari e metteva in discussione tutta
l’architettura della Resistenza. Il 1944 fu un anno di crescita, di successi,
di speranza che tutto si concludesse entro l’inverno ma che si concluse con una
momentanea botta d’arresto, soprattutto politica e morale.
lunedì 16 dicembre 2024
lA RICOSTRUZIONE E LO STUDIO DI UN AVVENIMENTO STORICO
DIBATTITI
LA RICOSTRUZIONE E LO STUDIO DI UN AVVENIMENTO MILITARE
Note del “Massimo” storico
Il volume si prefigge di fornire a
studenti e ricercatori, uno strumento utile al fine di ricostruire e studiare,
il più correttamente possibile, un evento storico-militare (del passato)
proponendo un metodo di analisi consequenziale. Un volume che vuole essere uno
strumento, più da consultare che da leggere.
F.to 17x24, Pagg, 320, Cartine,
Illustrazioni, Casa Editrice Nuova Cultura, Roma, Gennaio 2009, Settembre 2015
ISBN 78886134267511, Euro 18,50
domenica 15 dicembre 2024
Eccidio di Fiesole 12 agosto 1944.
DIBATTITI
Progetto 2024/2
a Cura di Manuel Vignola
La storia dei Tre Carabinieri attraverso i verbali di interrogatorio dei protagonisti a cura di Jonathan K. Nelson e Camilla Torracchi.
1 1. Amico Giuseppe, vicebrigadiere e comandante della caserma dei Carabinieri di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Tenenza Suburbana dei Carabinieri di Firenze il 22 marzo 1945, ore 15.
2. Bartolini Domenico, fabbro a Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 10.
3. Benincasa Mannucci Giulio, maggiore comandante interinale, rapporto sui Tre Carabinieri e proposta per il conferimento agli stessi della medaglia d’oro, e al carabiniere Naclerio Francesco della medaglia d’argento, 21 marzo 1945.
4. Naclerio Francesco, carabiniere a piedi, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 13.30.
5. Naclerio Francesco, carabiniere a piedi, dichiarazione tenuta presso l’ufficio della Tenenza Suburbana dei Carabinieri di Firenze il 25 ottobre 1944.
6. Naclerio Francesco, carabiniere a piedi, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 18 febbraio 1945, ore 11.
7. Naclerio Francesco, carabiniere a piedi, dichiarazione verbale, Napoli, 1° luglio 1976.
8. Nieri Raffaello, ragioniere del Comune di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 16.
9. Oretti Luigi, segretario del Comune di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 16.
10. Torrini Edilia, domestica presso la caserma dei Carabinieri di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 17.
11. Turini Luigi, Monsignore e Cancelliere del Vescovo di Fiesole, processo verbale di interrogatorio tenuto presso l’ufficio della Stazione dei Carabinieri di Fiesole il 27 settembre 1944, ore 9
I documenti sono stati reperiti e fotografati da Jonathan K. Nelson e trascritti da Camilla Torracchi. Tutti i documenti citati- eccetto il n. 5- sono disponibili a Roma, presso l’Ufficio Storico del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Siamo estremamente grati al Col. Alessandro Della Nebbia, Capo Ufficio Storico, e al Ten. Col. Flavio Carbone per la loro fondamentale assistenza
sabato 14 dicembre 2024
La Guerra di Liberazione . Una guerra su Cinque fronti Il I Fronte Una lunga lotta per esistere
APPROFONDIMENTI
Il primo fronte
deve combattere una sua propria battaglia per esistere. Dopo il ritiro dalle
posizioni di Montelungo, sconfitti e con il morale bassissimo, la possibilità
di avere truppe combattenti italiane stava per scemare. I Britannici
insistevano per non concederle ed impiegare i soldati italiani solo nelle
Divisioni Logistiche dette “Ausiliare”, mentre il solo sostegno statunitense poteva
non bastare se le truppe ed i quadri mostravano le carenze disciplinari
mostrate fino ad allora. Le diserzioni, ovvero l’assenza arbitraria e momentanea
alle bandiere come si usava dire allora avevano caratterizzato la compagine
combattente italiana. La rivolta di oltre 190 Allievi Ufficiali dei bersaglieri
rimase significativa. Ci volle tutta la abilità del gen. Utili, e la
sensibilità del gen. Messe per riuscire a controllare la situazione che stava
degenerando in modo incontrollabile. La situazione migliorò nel mese di marzo
con l’arrivo di unità integre dalla Sardegna. La felice azione di Monte Marrone
fu la svolta che salvò la situazione: gli americani e quindi tutti gli altri
alleati si convinsero che gli Italiani potevano ritornare utili nel prosieguo
della guerra. Assegnati al settore adriatico, come divisone del Corpo d’Armata
polacco, la bella prova di Filottrano a luglio, fece sì che gli Alleanti,
compresi i britannici, anche per le esigenze ormai pressanti di “Anvil”,
decisero non solo di accettare truppe combattenti italiane, ma anche di
elevarne il numero da 25.000, e portarle a 40. /50.000 giugno luglio, e a
settembre, a 250.000 con la creazione dei Gruppi di Combattimento. Intanto il
numero delle unità logistiche, dette “Ausiliare” avevano raggiunto i 200.000
uomini.
La battaglia per
l’esistenza come combattenti era stata vinta. Il Regio Esercito, e le altre Forze
Armate partecipavano alla guerra, combattendo non solo come contributo alle
esigenze logistiche. Per l’Italia si poteva sperare in un futuro migliore.
venerdì 13 dicembre 2024
Eccidi Nazisti e Fascisti in Toscana 1944
DIBATTITI
Progetto 2024/2
PROGETTO
I MARTIRI DI FIESOLE DEL 12 AGOSTO 1944 LA RESISTENZA. GLI ECCIDI IN TOSCANA E
LA MEMORIA NELL’80° ANNIVERSARIO
1. Oggetto del progetto
Ricostruire gli avvenimenti di un episodio
significativo ( I Martiri di Fiesole) a premessa della ricostruzione
didascalica, nel quadro della guerra di liberazione, degli eccidi che si sono
avuti in Toscana nel corso della Guerra di liberazione ( settembre 1943 –
agosto 1944 per la Toscana). Ricostruire la Memoria nell’80° degli avvenimenti.
2. Scopo:
Pubblicare un volume in cui tutte le ricerche
effettuate trovino collocazione.
3. Criteri della ricerca e quindi della
pubblicazione.
I Criteri che si
possono adottare per svolgere la ricerca sono molteplici: si sono scelti i
seguenti
a. Criterio territoriale.
- ripartizione
geografica per province di quanto rilevato
b. Criterio
Quantitativo
- individuare quanti
eccidi si sono commessi e che entità in termini di Vittime e Danni Materiali
c. Criterio
temporale
- individuare e
calendarizzare gli eccidi in base al tempo in cui sono avvenuti
d. Criterio
rievocativo e di memoria
-individuare il
livello di memoria attuale in essere
e. Criterio
motivazionale
- individuare i
perché l’eccidio è stato commesso e le motivazioni che l’Occupatore adotta per
il suo comportamento ed azione
In base a questi
criteri, in cui si raccolgono tutte le notizie relative
all’eccidio.
giovedì 12 dicembre 2024
La Carte degli Eccidi Nazisti e Fasciti in Italia. La Campania
DIBATTIT
Progetto 2024/1
ATLANTE STORICO DELLA RESISTENZA ITALIANA,
Bruno Mondadori Editore, 2018
Situazione tra settembre ed ottobre 1943. in Campania
(continua)
mercoledì 11 dicembre 2024
la guerra di liberazione. Una guerra sui cinque fronti. il 1944 Le scelte di campo sono terminate
APPROFONDIMENTI
Gli
Italiani: La Guerra di Liberazione
Esiste
una profonda differenza tra la Campagna d’Italia e la Guerra di Liberazione. La
prima è combattuta da alleati contro i tedeschi nel quadro della seconda guerra
mondiale. La seconda è il risultato della sconfitta del Regno d’Italia e del
fascismo nella seconda guerra mondiale; gli Italiani, senza più nulla si
trovarono di fronte a loro stessi con eserciti stranieri che si combattevano
sul loro territorio. Ognuno fu chiamato ad una scelta, che diede vita ai fronti
di quella che poi fu chiamata “guerra di liberazione”, liberazione da chi aveva
combinato tanto sfacelo e tanto disastro. Nel 1944 i fronti della guerra ebbero
loro caratteristiche ed evoluzioni, frutto delle scelte dell’anno precedente.
2a. Le scelte di campo sono terminate
Il
trauma della crisi armistiziale del settembre 1943 produsse i suoi effetti per
anche nel mese di ottobre, di novembre e di dicembre. Con la fine dell’anno era
ormai chiaro a tutti che l’Italia era divisa in due, che eserciti stranieri si
combattevano sul suolo nazionale e che vi era una parte di italiani che
operavano a favore di una coalizione ed una parte che operava per l’altra. Nel
mezzo la massa di coloro che cercavano solo di sopravvivere. Molti di loro
adottarono una forma di attesa, per vedere chi avesse prevalso, altri si
adattavano alle circostanze e cercavano di approfittarne per migliore la
propria posizione, altri sopravvivevano e basta, nelle tantissime difficoltà
che la situazione presentava. Erano giorni tristi, difficili e in qualcuno si
fece strada che il peggio doveva ancora avvenire. Le popolazioni meridionali
erano leggermente avvantaggiate, in quanto il regime alleato era più
tollerante. Il mercato nero fioriva, i vincoli sociali si stavano allentando, e
l’autorità statale era molto labile, ma nella sostanza si sopravviveva senza
patemi d’animo e apprensioni. Nel centro e nel nord Italia la popolazione era
presa tra l’azione tedesca di occupazione e repressione e l’azione dei
repubblichini di Salò animati da una grande voglia di ricostruire un fascismo
che tutti, in un modo o nell’altro, anche inconsciamente, ritenevano che avesse
fallito. Era iniziata la caccia ai “traditori”, a qualcuno a cui dare la colpa
di tanti disastri e punirlo; nel contempo cercare di agire in modo tale che
l’idea fascista, pura e scintillante, potesse essere finalmente realizzata.
Tutti erano chiamati a vivere “pericolosamente”, ma nella realtà erano
estremisti più velleitari che reali, in quanto tutto dipendeva dai tedeschi e
dall’andamento della guerra, che peraltro non si sarebbe decisa in Italia.
martedì 10 dicembre 2024
Il Quadro di Battaglia del Regio Esercito il 10 giugno 1940
DIBATTITI
I
IL QUADRO DI BATTAGLIA DELL’ESERCITO ITALIANO – 10 GIUGNO
1940
Istituti, Armi, Corpi, Servizi
Elenca le unità ed i
Corpi, con didascaliche indicazioni della loro storia dall’Unità al 1940, che componevano
il Quadro di Battaglia del Regio Esercito al momento della dichiarazione di
guerra attraverso la quale entrammo nella Seconda Guerra Mondiale. In modo
indiretto il volume dimostra che era uno strumento degno di nota e consistente.
F.to 17x24, Pagg, 255, Illustrazioni,
Casa Editrice Archeoares – Viterbo, Settembre 2022
ISBN 78889982269, Euro 10, (Progetto
2020/2)