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giovedì 17 maggio 2018

L'ISIS si ferma a Misurata

UNA FINESTRA SUL MONDO




di Matteo Bortolani


Sirte, roccaforte nel 2015 degli jihadisti dell’Isis in Libia è il trampolino di lancio per la conquista di Tripoli, gli jihadisti hanno issato le bandiere nere sulla città nel 2015 dopo essere partiti da Derna, storica roccaforte islamista. Consolidata la propria presenza sulla città, a Sirte arrivano armi, uomini e intelligence, la strategia è ripetere Mosul, approfittando del caos politico che regna in Libia e della mancanza di una vera forza di contrasto del terrorismo. L’unico esercito è quello di Haftar che però opera in Cirenaica.
A metà aprile gli jihadisti marciano verso Misurata pronti a farla cadere, arrivano alle porte tanto che l’ambasciata Italiana da l’ordine a tutti i connazionali di abbandonare la città qualora vi si trovassero e possibilmente di lasciare il Paese. L’avanzata avviene con i soliti pick up con mitragliatori tipo KPV, mortai, RPG, qualche pezzo di artiglieria pesante ma soprattutto autobombe e IED, gli ordigni esplosivi.
Niente si frappone ai jihadisti, Misurata sembra destinata a cadere. Poi succede qualcosa. Con la nascita del Governo di accordo nazionale voluto dall’Onu (accordi di Skhirat del dicembre 2015) e l’insediamento di Fayez al Sarraj a Tripoli con il piratesco arrivo su una motovedetta nella basa navale di Abu Sitta, si crea anche una regia militare laddove le forze militari sono più strutturate ovvero Misurata. Nasce Al Bunyan Al Marsus che coordina le katiboe, ovvero le brigate a cui giungono armi e aiuti dai Paesi occidentali. Sul terreno arrivano forze speciali inglesi e americane con il compito di assistere sul campo, ovvero fare i puntatori. Ma soprattutto iniziano i Raid delle forze americane con Africom, regolari e martellanti. Le sorti del conflitto si capovolgono.

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