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lunedì 14 maggio 2018

La Battaglia di Canne 216 a.c.


APPROFONDIMENTI
La Storia Militare ha preso come riferimento questa battaglia, che è divenuta il modello dei piani di battaglia preparate dallo Stato Maggiore Tedesco  della  Prima e della Seconda Guerra Mondiale. Quindi la conoscenza dei suoi momenti rappresenta la chiave interpretativa e cognitiva delle due guerre mondiali del novecento.




Nel 216 a. C. i Romani quasi soggiogati dalle vittorie di Annibale decisero di fare un grande sforzo militare portando il loro esercito a 9 legioni. Al Comando dell'Armata furono preposti i 2 Consoli Paolo Emilio e Terenzio Varrone. Col consenso del Senato essi si recarono nell'Apulia per dare ad Annibale una battaglia decisiva. Anche in Annibale era altrettanto sentito il desiderio di una battaglia risolutiva poichè in questa guerra di avvisaglie vedeva consumarsi inutilmente le sue forze e cadere a poco a poco il suo prestigio. Perciò, venuta la primavera, con rapida azione si impossessò di Canne sull'Ofanto dove i Romani tenevano i magazzini. Questo atto esasperò i Romani e Varrone, in un giorno in cui aveva il comando dell'esercito, volle venire a battaglia malgrado i prudenti consigli di Paolo Emilio, il quale avrebbe voluto misurarsi col nemico, ma in terreno più accidentato, ove poco valesse la superiorità della cavalleria avversaria.
   Le forze romane salivano a circa 80.000 fanti e 6.000 cavalieri, di fronte a 40.000 fanti e 10.000 cavalli di Cartaginesi.
Varrone lasciò 10.000 uomini di guardia al campo sulla riva sinistra dell'Ofanto, e schierò a battaglia il resto dell'esercito sulla destra di questo fiume. Le legioni furono ordinate su 3 linee, ma con intervalli e distanze ristrette, rinunciando al vantaggio della soverchianza del fronte per avere massa più densa. Pose all'ala sinistra la migliore cavalleria, della quale prese egli stesso il comando, mentre l'ala destra venne posta agli ordini di paolo Emilio.
Annibale prese il suo dispositivo dopo aver veduto lo schieramento del nemico. Il suo piano fu questo: presentando un ordine di battaglia convesso, egli sperava di attirare i Romani su questo centro sporgente che rinforzato in tempo opportuno da un corpo di riserva avrebbe dovuto cedere senza però spezzarsi; allora le sue ali convergendo verso l'interno avrebbero stretto come in una gigantesca tenaglia l'esercito avversario.



Venuti alle prese, Asdrubale si slanciò arditamente sui cavalli di Paolo Emilio, che in breve tempo riuscì a sbaragliare, mentre la cavalleria nemica, opponendo vigorosa resistenza all'attacco della numerosa cavalleria avversaria, impedì che questi guadagnasse terreno e venisse a molestare le fanterie cartaginesi. Subito dopo le legioni si azzuffarono col centro di Annibale, il quale retrocedette lentamente in modo da attirare presso a sè i Romani. Venuto il momento opportuno gli africani di destra e di sinistra effettuarono il prescritto movimento di conversione, verso l'interno, mentre i cavalieri di Asdrubale, sfilando veloci dietro le schiere avversarie, piombarono da tergo sui cavalli di Varrone che stavano combattendo con i numidi e rompevano anche quelli. Allora i fanti romani, premuti sui due fianchi dalle truppe africane e alle spalle dalla cavalleria di Asdrubale, poterono a stento difendersi. Chiusi entro quel cerchio di ferro che veniva sempre più restringendosi, i legionari non ebbero più modo nè di manovrare, nè di valersi delle loro armi. Invano Paolo Emilio tentò di ristabilire le sorti del combattimento, egli stesso cadde sul campo mentre Varrone riuscì a scampare con un centinaio di cavalieri. Le perdite romane furono immense, secondo Polibio salirono a 70.000 uomini.

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