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sabato 27 maggio 2017

Dizionario Minimo della Grande Guerra. Nota

ARCHIVIO

IL COLERA IN TRINCEA  1915
Pagine dal diario di guerra del S.Ten Medico Primo Dondero 
Non si era ancora concluso il primo anno di guerra che un nuovo nemico, più terribile degli austro-ungarici si abbattè sulle truppe al fronte: l'epidemia di colera, malattia endemica in molte regioni, specialmente al sud dell'Italia, che le disumane condizioni di vita e le precarie condizioni igieniche della trincea rinfocolarono inevitabilmente.
Dapprima si presentò con pochi casi sporadici, ma poi esplose con virulenza incontenibile. La situazione di guerra rendeva impossibile trasportare via i colpiti che pativano e morivano in mezzo ai compagni ancora immuni.
Non si potevano neppure seppellire i morti. Alcune fonti orali hanno raccontato che i soldati si limitavano a trascinare fuori i cadaveri dei soldati morti per colera, perchè venissero disintegrati dalle granate. E ad ogni colpo di artiglieria un fetore nauseabondo si spandeva per la trincea, ammorbando l'aria stessa che i soldati respiravano.
Questo avveniva sia nelle trincee italiane sia in quelle austriache, poichè nessuno fu immune dall'epidemia. Un reduce del 93° Fanteria ha raccontato: "Mi trovavo col mio Reggimento nell'alto Isonzo a Santa Lucia di Tolmino. Fui colpito da colera e, divorato dalla febbre e dalla sete, marcai visita. Il tenente medico mi firmò la "bassa di passaggio" (termine militare che indicava l'autorizzazione a lasciare il posto di combattimento) per raggiungere la più vicina infermeria nelle retrovie.
Però dovevo recarmici da solo e con le mie sole forze e per di più dovevo transitare per una passerella sull'Isonzo che di giorno era sempre sotto il tiro dei cecchini. Indebolito dalla dissenteria e dalla febbre mi avviai, malfermo sulle gambe, avvolto così male che non mi importava neppure di essere colpito. Ricordo una strofetta di soldati che cantavamo talvolta per scaramanzia:

A destra dell'Isonzo ci sta una passerella
se vuoi la morte certa devi passar per quella

Sentii lo schiocco di qualche sparo, ma non fui colpito. Appena dall'altra parte mi fermarono i carabinieri per controllare la mia bassa di passaggio. La mostrai, ma loro non mi credevano; pensavano che fosse falsa  e non credevano neppure che io stessi così male. Sospettavano che io fossi un disertore. Col telefono da campo chiamarono il mio comando di compagnia ed ebbero la conferma. Giuro che se non mi avessero lasciato passare, mi sarei messo a sparare a costo di essere fucilato sul posto.
Stavo così tanto male ed ero così disperato da ritenere di non aver più niente da perdere. Mentre telefonavano avevo già imbracciato il fucile e non avrei esitato a sparare se non mi lasciavano passare. Mi lasciarono passare. Raggiunsi l'infermeria stremato. Mi abbattei su un mucchio di paglia sotto una tenda. Vidi lì accanto un secchio pieno di acqua. Non ricordo se era sporca o pulita, ma ricordo che la bevvi tutta. Tutto il secchio fino in fondo, come fanno i buoi nel pieno dell'estate. Passò un ufficiale medico e mi diede delle compresse: forse era chinino. Dormii sulla paglia per un tempo interminabile. Quando mi svegliai stavo già meglio."
(Fonte orale Rinaldo F., classe 1894 – 93° Fanteria Brigata "Messina").

Ma ecco dei brani significativi dal diario di guerra del tenente medico Primo Dondero della Sezione di Sanità aggregata al 33° Fanteria in linea tra Oslavia e il Sabotino:

"8 agosto 1915 – Ho saputo che in un ospedaletto di Quisca è morto di colera un soldato.
 9 agosto 1915 – Mi hanno segnalato due casi di colera a Fleana.
 16 agosto 1915 – Dall'Ufficio sanità arrivano notizie allarmanti di colera. Presso la Brigata "Re"               si sono verificati casi gravi con decessi. Scendo a Dobra per disinfettare gli accantonamenti del nostro Reggimento.
5 settembre 1915 – Ho visitato due colerosi e li ho isolati a Dobra. Chiedo insistentemente mezzi per arginare il male che va dilagando.
 8 settembre 1915 – A Dobra ho 16 colerosi del 34° che faccio isolare al Lazzaretto. Scende un camion dal Podgora pieno di colerosi. I soldati sono in atteggiamento scomposto. Si lamentano. Vomitano. Chiedono acqua.
 9 settembre 1915 – Finalmente arriva calce e qualche cassa di limoni. E intanto gli shrapnells non ci danno tregua. Ho praticato 14 iniezioni anticoleriche ai soldati del Quartier Generale.
 8 ottobre 1915 – L'acqua viene potabilizzata con sostanze chimiche, ma a Dobra il colera aumenta.
 4 novembre 1915 – Si combatte sul Podgora e si resiste ad un contrattacco nemico ad Oslavia. È un rovescio continuo di acqua che scroscia e turbina col vento. La truppa è lacera, scalza e nuda nel fango: è macerata dal freddo e dall'umidità. Il colera aumenta in modo spaventoso. I colerosi scendono barcollando dalla Sella di Doll e dal Sabotino, povere ombre grondanti acqua e fango, qualcuno coperto con un telo da tenda; sono trascinati dai compagni. Appena giunti cadono come fulminati. I soldati divorati dalla sete bevono acqua terribile, quasi del fango. Le trincee sono colme d'acqua che arriva spesso al ginocchio. Un'acqua che raccoglie tutte le immondizie ed anche le feci dei colerosi".

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