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giovedì 30 gennaio 2025

Editoriale Gennaio 2025 Lineamenti per il prossimo decennio

 


Il Mese di Gennaio ha visto il CESVAM iniziare il secondo decennio di attività. I dieci anni passati sono stati intensi e molto particolari, che hanno visto la massima apertura  "erga omnes"  di tutte le attività del CESVAM. Anche la partecipazione è stata aperta a tutti con la massima disponibilità e comprensione. Questa tendenza ha raggiunto il suo culmine con il compimento del decennale; con l'inizio del secondo decennio, sulla base della esperienza acquisita si dovrà avviare una tendenza diversa, mettendo l'accento sui valori su cui si basa il CESVAM. Come le norme adottate suggeriscono al termine di ogni anno solare termina il rapporto con il CESVAM: questo per dare la possibilità ai giovani che sono tra noi di spiccare il volo verso esperienze del mondo del lavoro e della ricerca di maggiore  spessore. Noi abbiamo sempre detto che forniamo  gli strumenti per affrontare queste sfide, e quindi le  si deve affrontate.  La ricerche devono avere un termine e  l'obbiettivo dell'anno che è iniziato deve tendere a chiudere tutti i cerchi aperti fino ad oggi con l'avvertenza di fare la massima attenzione ad aprirne altri. Molte ricerche in essere devono essere chiuse, mentre si deve essere più ferrei nell'applicare il principio che il CESVAM non fa ricerche per conto terzi.

Tutte le risorse che cosi si vengono a risparmiare devono essere impiegate per la nuova iniziativa che è partita a Gennaio 2025: l'avventura sul Canale You Tube. Si è constatato che tutte le pubblicazioni che il CESVAM ha messo in essere hanno raggiunto il loro scopo: si spera che anche questa possa raggiungere quanto si propone. Il Canale  You Tube CESVAM è dedicato, almeno in questo inizio, alla Storia del Nastro Azzurro dal 1923 al 2023. Semplice testimonianza di cosa è, cosa è stato, consa fa e cosa farà l'Istituto del Nastro Azzurro. Informazione che non vuole raggiugere le masse, le moltitudini e le folle, ma semplicemente mettere in rete  documenti per chi vuole essere informato. Quindi ci si indirizza ad una elite, tra i componenti della quale  scegliere, se possibile, invitare elementi che possano entrare nell'orbita dell'Istituto del Nastro Azzurro e partecipare alle sue attività, soprattutto quelle culturali. Avere quindi un numero sempre più ampio di persone che si ispirano  a quello che si chiamava e si chiama il "Codice Cavalleresco"

Si scrive nel Regolamento  delle Corti d'Onore Edizione 1967, pag. 2 " E' bene ricordare che il Codice Cavalleresco è la raccolta delle norme delle regole che nelle vertenze d'onore tra gentiluomini disciplinano i loro atti, onde rimangano sempre nell'ambito del vero, dell'onesto e del giusto".

         Il CESVAM si ispira a questo Codice e quindi deve fare ogni sforzo per avere nel suo ambito ancora più persone che si ispirano a questo Codice Cavalleresco. Il secondo decennio del CESVAM sarà caratterizzato da questo spirito.

          Massimo Coltrinari

PS. Il titolo del canale You Tube è: ISTITUTO NASTRO AZZURRO - CESVAM 

mercoledì 29 gennaio 2025

Copertina Gennaio 2025

 



QUADERNI ON LINE



 Traslazione della Salma di Nazario Sauro  






                                                  Anno LXXXVI, Supplemento on line, I, 2025, n. 107

                                                                               Gennaio  2025

valoremilitare.blogspot.com 
www.cesvam.org 
canale you tube: istituto nastro azzurro - cesvam


martedì 28 gennaio 2025

Carte referenti la preparazione del Centenario Renato Hartmann

 ARCHIVIO

Convegno di Studi e Ricerca “Ad un anno dal Centenario”

Cosa facciamo

Roma, 26 marzo 2022

 

L’identità in seno al Nastro Azzurro è passata, per quanto mi riguarda, dall’essere Consigliere di una Federazione, soprattutto con l’impegno come alfiere in molte manifestazioni pubbliche.

Il Nastro Azzurro è stato scelto come ente morale al quale associarmi per il mio retaggio familiare che mi vede nipote di un ufficiale decorato al Valore della prima guerra mondiale, avendo respirato dal nonno valori di patria, di appartenenza, di difesa della propria identità.

Valori che ho ritrovato nelle carte del Nastro Azzurro, ma che alla prova dei fatti si sono rivelati spiccioli modi di mettersi in mostra dopo tempo, anche molti anni, dall’uscita dal servizio militare, spesso di leva. Ho trovato tanta voglia di sfilare sotto il sole o sotto la pioggia, con labari e labarini in mano, per dimostrare la propria differenza dagli altri, condividere un buffet mattutino e a volte un buon pranzo, all’ora di pranzo.

Dopo alcuni anni di impegno, mi sembrava tutto vuoto e abbastanza inutile.

Sono stato un alpino assaltatore che ha vissuto il servizio militare per quindici mesi, di cui in ordine pubblico per 91 giorni consecutivi al confine italiano, oltre i duemila metri di quota. Ero del Battaglione “Edolo”, dislocato a Glorenza durante il forte momento di rivendicazione degli indipendentisti tedeschi che minavano i tralicci dell’alta tensione o le caserme dei Carabinieri, con atti terroristici di estrema gravità. Ricordo il servizio militare come un periodo di forti addestramenti, di impegno, di coesione con i commilitoni con i quali sono ancora in contatto, così come lo siamo con il nostro tenente, l’attuale generale di Corpo d’Armata Ferruccio Borriero.

Non mi sento nella necessità di tornare in una specie di divisa per qualche ora domenicale per aumentare la mia autostima, anche se sono sempre pronto a pormi in prima linea se c’è bisogno.

Sono convinto, per esperienza sul campo, che non serva appartenere ad un’Associazione per manifestare in pubblico al “comando” del sergente di turno, quando molto c’è da fare per sostenere la formazione del valore, e del Valore Militare, nella quotidianità, nelle lezioni ai giovani, nella formazione agli enti pubblici spesso digiuni di quanto riguarda questo aspetto della Storia. Manifestare per strada o in piazza con i labari e i medaglieri come corollario di un impegno vero e profondo non a incensare se stessi, ma a trasmettere quei sentimenti, in fondo, che hanno condotto molti uomini a sacrificare la propria vita per la nostra.

Lo stesso vorrei per i luoghi d’incontro: sedi a disposizione per trovare materiali, libri, riviste del Nastro Azzurro che tolgano l’idea che sia il marchio di una birra soltanto. Spiegare davvero il significato di quella fascia azzurra che mio nonno portava con orgoglio in tutte le manifestazioni pubbliche. E trasformare il museo che non è quello che avrei voluto quando ne ho seguito la creazione, pur senza essere ascoltato, proprio in nome di interessi diversi da quelli della vera trasmissione del sapere e della Storia.

Grazie per l’opportunità.

Renato Hagman  ( Federazione Provinciale di Ancona)

 


lunedì 27 gennaio 2025

Prigionia di Guerra

 NOTIZIE CESVAM


LA GEOGRAFIA DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO

IN AUSTRIA-UNGHERIA

Iconografia della Prigionia Italiana nella Duplice Monarchia

 

Riporta le foto, una nota storica ed una geografica dei campi in cui furono rinchiusi i prigionieri italiani dal 1915 al 1918

Volume II – I Libri del Nastro Azzurro

Info: www.prigioniadiguerra.blogspot.com


domenica 26 gennaio 2025

Carte referenti la preparazione del Centenario. Stefano Bernini

 ARCHIVIO

CONVEGNO STUDI E RICERCA   CESVAM  26 marzo 2022

Mi chiamo Stefano Bernini,sono iscritto all’Istituto dal 2011  e  dal 2017 sono Presidente della Federazione di Pistoia (nata come Gruppo Pistoia il 24 febbraio 1925)

1)      Chi siamo

2)      Cosa facciamo

Il mio percorso all’interno del Sodalizio e’ sempre stato improntato ,oltre che alla diffusione di Amor  Patrio ed alla difesa di quei Valori fondanti e fondativi della nostra Nazione.La costante ricerca di nuove modalita’ di approccio verso i giovani ,il variare l’attivita’ su diverse piattaforme divulgative mi ha permesso  di entrare in contatto con nuove realta’  rivelatosi preziose fonti di accrescimento per l’Istituto.Proprio in questo periodo credo sia sempre piu’ importante dare un ‘impronta culturale multimediatica all’attivita’ federale che possa servire per servire da solida base per innalzare la reputazione della Federazione .

3)      Cosa Vogliamo

Ed e’ seguendo questo solco che stiamo organizzando sempre piu’ conferenze storiche ,pubblichiamo libri di  storia locale il tutto per fare quella Memori Storica Territoriale atta  alla creazione un punto di contatto tra la macrostoria e la microstoria .seguendo i dettami Statutari cerchiamo di dare risalto agli Eroi ed alle loro gesta affinche’ non vengano dimenticati .Abbiamo contribuito a ripulire Monumenti  ,organzzato cerimonie ,prodotto attraverso ricerche archivistiche liste di Caduti ( non ultima la lista di cittadini pistoiesi Caduti nelle Foibe);tutto questo affinche’ l’oblio del tempo non offuscasse il Loro Ricordo.Ovviamente cerchiamo ,per ora con successo,a produrre iniziative a costo zero,cosa che in questi periodi riteniamo basilare.

4)      Dove Andiamo

Continuando cosi’ la Federazione Pistoia cerchera’ in futuro non solo di proseguire nel solco intrappreso ma di migliorare ulteriormente la propria offerta culturale cercando di divenire un punto fermo dell’associazionismo nella provincia di Pistoia.Questo cercando sempre di intrattenere ottimi rapporti co le Autorita’ politiche e Militari della zona ma anche lanciandosi in collaborazioni con altri Sodalizi affinche’ si possa creare una forte sinergia propositiva in ambito locale.

W il Nastro Azzurro. W l’Italia

 

STEFANO BERNINI (Presidente Federazione Provinciale Pistoia)


sabato 25 gennaio 2025

Prigionia di Guerra - Ricerca

 ARCHIVIO

Si riceve la seguente missiva e la si pone alla attenzione generale. CHi ha aventuali notizie può inviarle a:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org


Alla attenzione del Signor Massimo Coltrinari.


Sono De Pasqual Gianfranco di Ponte nelle Alpi Belluno, sto ricostruendo
il percorso nella Prima Guerra Mondiale dei caduti ricordati sui
monumenti dei vari paesi del nostro Comune. Ho acquistato il libro "La
geografia dei Campi di Concentramento in Austria e Ungheria". Dal foglio
matricolare del caduto De Pra Domenico di Gio Batta classe 1890
matricola n° 18323 non sono riuscito a decifrare il nome e il luogo del
Campo di Concentramento o dell'ospedale dove è morto.

 Le allego il Foglio Matricolare e il necrologio scritto dal nostro Comune in cui sono
riportati due nomi diversi del luogo della morte. Le chiedo se lei può
aiutarmi nell'identificare il nome del Campo, perchè non sono stato
capace di trovarlo neanche nel libro.

Ringraziandola le invio i miei più cordiali saluti.


La base di ricerca è: Indidivuduare ove si trova L'Ospedale da Campo  di Riserva MUSEUAN In Ungheria.
 Mentre dall'altro documento si evince che occorre individuare la località di Bralghida in Ungheria. 


cfr. www.prigioniadi guerra.blogspot.com

venerdì 24 gennaio 2025

STUDI SULLA RICONFIGURAZIONE DELLE FORZA ARMATE ALLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO 1990 – 91

 APPROFONDIMENTI


Te. Cpl. Art. Pe. Sergio  Benedetto  Sabetta

 

         Con la fine della Guerra Fredda, la guerra del Golfo del 1991 riportò l’attenzione sulla strategia militare e sulla geostrategia, quale applicazione alla gestione politico-militare delle crisi internazionali.

         Il progressivo passaggio dai conflitti “convenzionali” verso conflitti ad “alta intensità” ripropose il problema strategico della operatività in sede interforze, in contrapposizione alla precedente valutazione degli interventi di mantenimento della pace (peacekeeping) in aree fuori dall’Europa a livelli di “bassa intensità”, in cui a suggello dell’impegno politico tra le parti erano sufficienti forze militari poco più che simboliche.

         In questi interventi “fuori area” la presenza militare poteva limitarsi alla sola Forza Armata terrestre, in quanto l’impegno militare non avrebbe dovuto trasformarsi in scontro armato ossia in guerra.

         La geostrategia, che coniuga geografia e strategia, va integrata dal ruolo della “minaccia”,  fondamentale per un Paese come l’Italia in cui l’assetto geografico peninsulare nel centro del Mediterraneo lo pone quale asse strategico tra tre Continenti e sulla rotta del canale di Suez, circostanza che lo pone al centro di interessi contrastanti.

         La “minaccia” va quindi considerata in rapporto al quadro geopolitico circostante e al ruolo che l’Italia vuole assolvere nel quadro di una dimensione geostrategica.

         Il Paese a causa della sua configurazione geografica e per motivi storici, politici ed economici risulta per la parte settentrionale inserita al centro dell’Europa, anche se separata in chiave militare nella dimensione tattico-operativa, mentre nella parte peninsulare risulta proiettata verso l’Africa e il Medio Oriente.

         Questo comportò, al venir meno della minaccia del Patto di Varsavia, una ridefinizione del suo ruolo e pertanto della sua dimensione tattico operativa con la conseguente ridefinizione del modello di Forze Armate.

         Nell’impossibilità di privilegiare delle posizioni neutralistiche che la stessa condizione geostrategica dell’Italia non consente, occorreva quindi l’individuazione di precisi obiettivi nazionali da perseguire quali direttrici di azione da seguire. La politica estera come nel passato era stata impostata sulla scelta atlantica ed europea e nello sviluppare e consolidare i rapporti con i Paesi mediterranei, anche nel dopo Guerra Fredda, vi è stata la necessità di riconfermare tale filosofia di sicurezza nazionale, integrando nel dialogo Est-Ovest anche quello Nord-Sud.

         A queste direttrici si devono aggiungere gli intendimenti in termini di strategia economico-finanziaria, anche in relazione alle aspettative degli Stati emergenti e dei principi sostenuti dall’Italia sul piano internazionale, dal rispetto di tali parametri si definisce l’equazione sicurezza-stabilità in contrapposizione al binomio in sicurezza-vulnerabilità.

         Durante il periodo della Guerra Fredda per un insieme di fattori politici, culturali e storici vi è stato un progressivo disinteresse per tutto quanto quello che riguardava la politica di sicurezza, anche in chiave esclusivamente pragmatica, la contrapposizione tra blocchi della Guerra Fredda ha indotto ad impostare una politica della sicurezza e quindi della gestione delle crisi in termini prevalentemente episodici ed emozionali.

         Con il venir meno della contrapposizione tra blocchi sono  emersi chiaramente problemi di sicurezza affrontati    in un’ottica contingente, secondo il modello del nostro Paese.

         Durante tutto il periodo della seconda metà del Novecento, dalla fondazione della Repubblica, “la politica di sicurezza” suddivisa tra il Consiglio dei Ministri, il Consiglio Supremo di difesa e la Commissioni parlamentari ha risentito, nelle sue scelte attuative, della necessità di ottenere il più ampio consenso sulle scelte operative da adottare, accogliendo il complesso quadro socio-politico non omogeneo della Nazione.

         Il Consiglio dei Ministri nella sua composizione collegiale plenaria risultò essere meno adatto per decisioni rapide in tema di politica di sicurezza, né si poté istituire un Gabinetto ristretto più adatto ad ovviare alla lentezza delle decisioni a seguito di trattative.

         A sua volta il Consiglio Supremo di Difesa, sorto sulle ceneri del Comitato di Difesa (1945-50), non si dimostrò adatto alle esigenze per il quale era stato creato a seguito di condizionamenti di vario tipo, diventando, di fatto, un organo a matrice consultiva, questo a differenza di altri Paesi occidentali in cui il Consiglio di Sicurezza, retto dal Capo dei singoli Esecutivi risultarono avere una capacità gestionale e programmatica maggiore.

         Dalla pubblicazione del “Libro Bianco” del 1985 la politica di difesa italiana si articolò su due direttrici, la prima fino al 1989 impostata su uno schema strategico-operativo definito “modello di difesa”, formulato in presenza di una minaccia “classica” chiaramente predeterminata, questo, oltre stabilire le priorità difensive e gli schieramenti delle forze nei vari settori operativi, ne codificava le precise missioni operative fondamentali.

         Ne conseguiva uno strumento rigorosamente tridimensionale, equilibrato in funzione delle varie tipologie di missioni ed alimentato prevalentemente da personale di leva relativamente alle forze armate terrestri e agli elementi di base in generale.

         La seconda direttrice iniziò a definirsi dal 1989 a seguito delle profondamente mutate condizioni geopolitiche e geostrategiche a seguito del venir meno della suddivisione del Vecchio Continente in due blocchi contrapposti.

         Il modello del 1985 aveva avuto il merito di fornire ai centri decisionali politici dei modelli contabili concreti per la previsione e ripartizioni delle risorse assegnate alla difesa, sganciando da criteri distributivi legati ai programmi e dando valenza alle missioni operative.

         Con il 1989, il venir meno di una precisa e definita minaccia derivante dal Patto di Varsavia pose in evidenza l’incertezza del ruolo che avrebbe dovuto svolgere l’Italia e del peso ad essa attribuito sia nell’ambito della NATO che nel contesto internazionale.

         In assenza di precisi parametri geopolitici e geostrategici non si poteva che concentrarsi su specifici mandati operativi  atti a contrastare le singole minacce che si manifestavano progressivamente nel tempo, ossia sulle missioni interforze.

         La configurazione per missioni operative avrebbe dovuto essere accompagnata da indispensabili strutture di comando unificato, circostanza non realizzatasi, in quanto in contrasto con la compartimentazione di fatto in tre Forze Armate che non risultavano nei fatti coordinate nello Stato Maggiore della Difesa.

         Il venir meno dei due blocchi contrapposti richiamarono la necessità del concetto di sicurezza inteso in senso globale e non più settoriale, con connotazione prevalentemente militare, un parametro, quello della sicurezza, molto più pregnante di quello tutto sommato meno verificabile della minaccia. Dobbiamo infatti considerare la triplice natura continentale, mediterranea ed internazionale che l’Italia deve acquisire nelle sue valutazioni.

         Con gli aspetti più prettamente militari il concetto di sicurezza nazionale doveva essere ricondotto a tre enunciati principali:

 

·        Controllo e difesa integrati nel territorio, delle acque territoriali e del relativo spazio aereo;

·        Salvaguardia degli interessi vitali del Paese, ovunque, nonché partecipazione ad iniziative tendenti a garantire pace e stabilità internazionale;

·        Concorso nel campo della protezione civile e nell’eventuale salvaguardia delle libere istituzioni.

 

Nella necessità di aumentare le forze “volontarie” e nella conseguente necessità di un tempo di preparazione si ricorse ai coscritti, in questo si fece presente che la durata di 12 mesi costituiva lo strumento di minima credibilità della leva.

Si definì la struttura e le forze necessarie per una valida operatività, in particolare:

- un nucleo di forze ad elevata prontezza operativa, in grado di intervenire in tempo reale;

- un complesso di forze definite in senso lato “di copertura”, pronte per la difesa dello scacchiere Nord-Est a saldatura con lo scenario politico-strategico del centro Europa e in particolare  con la Germania;

-  un blocco di forze “dell’interno”in grado di proteggere e controllare il territorio peninsulare ed insulare;

- un’area territoriale e logistica proporzionale con il complesso di forze operative con un’organizzazione scolastico - addestrativa adeguata alla professionalizzazione dell’apparato militare.

Nella configurazione delle nuove Forze Armate  prevalsero tre considerazioni:

 

-         L’identificazione della Brigata quale unità di riferimento, in quanto fornita di una maggiore omogeneità e polifunzionalità che ne permetteva sia una immediata percezione dei costi che una sua operatività.

-         Un riferimento metodologico principalmente alle missioni operative.

-         Un preciso riferimento al concetto di mobilitazione quali procedure complesse atte ad alimentare le unità,  in questo tenendo conto dell’alto costo organizzativo, dell’esigenza di puntuali verifiche e della necessità di un costante aggiornamento.

 

Si considerò quindi la necessità di disporre di 19 Brigate di varia tipologia di cui n. 7, quali “forze di copertura”, n. 7, quali “forza di difesa e controllo del territorio”, e n. 5, quali forze di “pronto impiego”.

Le “forze di copertura” avrebbero dovuto costituire la credibile saldatura tra lo scenario dello scacchiere Nord-Est dell’Italia con quello politico-strategico del centro Europa, con particolare riguardo alla Germania, per le possibili minacce provenienti da Est, questo in situazioni di scarso preavviso e con la necessità di un arresto a ridosso della frontiera.

Costituito prevalentemente da personale di leva operante in territorio nazionale, secondo il dettame costituzionale, esso avrebbe dovuto essere costituito da n. 3 Brigate alpine destinate a fronteggiare la minaccia proveniente dal settore Brennero, da quello di cerniera Carnico e da quello Giulio montano.

A queste si sarebbero dovute affiancare n. 4 Brigate, di cui n. 3 meccanizzate ed una corazzata, al fine di fronteggiare la minaccia proveniente da Est relativa alla penetrazione nella pianura veneto-friulana, il settore di pianura di un’ampiezza di circa 60 Km. necessitava di una elevata capacità di manovra e potenza di fuoco da svilupparsi in profondità, inoltre avrebbero dovuto fornire eventuali unità per il restante comparto orientale nell’eventualità di possibili sbocchi in pianura di forze nemiche in corrispondenza dei settori assegnati alle brigate alpine.

Le brigate sopra menzionate avrebbero dovuto ricoprire il duplice ruolo nazionale di guardia alla storica porta di accesso all’Italia da Est, a cui si affiancava la funzione continentale di protezione del lato Sud del sistema difensivo terrestre europeo, costituito dal fronte germanico e di accesso alla Manica.

Le “forze di difesa e controllo dell’interno” avrebbero dovuto essere costituite da n. 7 Brigate, di cui n. 1 motorizzata, destinata al controllo delle fasce di comunicazione che legano il triangolo industriale via terra alla Francia e via mare al sistema portuale ligure per le grandi rotte oceaniche di alimentazione, n. 1 motorizzata, per il controllo delle vie di comunicazione tra l’Italia settentrionale e quella peninsulare attraverso i passi dell’Appennino Tosco-Emiliano e la Stretta di Cattolica, n. 1 meccanizzata per il controllo e l’eventuale difesa dell’area Centro - Italia dove vie è la presenza della capitale e delle basi aereonavali proiettate sull’Alto Tirreno.

Altre n. 2 Brigate, di cui una motorizzata e l’altra meccanizzata con compiti di presidio del complesso Campania - Puglia, e n. 2 entrambe motorizzate per il presidio rispettivamente della Sicilia e della Sardegna, questo al fine di mantenere il controllo del Mediterraneo centrale e del Tirreno quali vie di comunicazione e rifornimento.

Le Brigate poste a difesa e controllo dell’interno avrebbero dovuto essere costituite prevalentemente da militari di leva, con una percentuale minima dell’80% di personale adeguatamente addestrato.

Relativamente alle forze di “pronto intervento”, che venivano a completare gli altri due settori operativi costituite da n. 5 Brigate, queste avrebbero dovuto essere in grado di intervenire sia in ambito nazionale al fine di integrare le forze di copertura e quelle di controllo e difesa dell’interno, che in ambito sovranazionale per l’assolvimento di missioni legate ad interventi “fuori aria” e per l’inserimento in complessi multinazionali.  

Al fine di mantenere un elevato livello operativo si ritenne necessario di ricorrere ad un ampio volontariato, di qualità ben superiore a quello esistente precedentemente, considerando la necessità di poter iniziare un combattimento immediato e muovendosi su ampie distanze in relazione al mandato ricevuto.

Queste brigate dovevano articolarsi in n. 1, paracadutista , di ampia flessibilità e rapidità d’azione, n. 1, alpina adatta a particolare condizioni ambientali sia nel territorio nazionale che all’estero, n. 2, di cui una corazzata ed una meccanizzata, braccio “pesante” della forza, necessaria per conferire credibilità alle azioni di difesa e necessaria a sostenere eventuali scontri armati, n. 1, blindata, per la rapidità di movimento sulle grandi distanze e la potenza necessaria a sostegno della fanteria leggera.   

Ipotizzando che la Brigata di “copertura” e di “difesa-controllo del territorio nazionale” potessero assorbire 4.000 unità ciascuna e quelle di “pronto intervento”, circa 5.000 uomini le forze necessarie avrebbero dovuto essere di circa 80.000 uomini, di cui le metà rappresentata da volontari, concentrati per la maggior parte sulle forze di pronto intervento.

A queste forze devono aggiungersi 10.000 uomini necessari per alimentare il funzionamento dell’artiglieria contraerea e dell’aviazione leggera dell’esercito, a questi vanno inoltre aggiunte le unità di personale  necessarie nell’organizzazione di Comando e Controllo, nonché di supporto tattico e logistico, l’ammontare reale delle forze operative in questa configurazione prevista avrebbe dovuto essere in totale di circa 130.000 unità, di cui 40/50.000 volontari.

Gli avvenimenti che si sono succeduti al dissolvimento del Patto di Varsavia a cavallo del Nuovo Millennio hanno condotto all’assoluta prevalenza USA degli anni Novanta di fine secolo, per ribaltarsi nell’attuale incertezza a seguito dei conflitti in atto per ridefinire le nuove aree di influenza.

E’ venuta meno la certezza di essere comunque affiancati dagli USA in tutti i teatri operativi, richiamando quindi la necessità di un maggiore impegno finanziario nel riarmare le Forze Armate.

La stessa leva, sospesa dal 2005 in tempo di pace, è stata richiamata come possibilità per aumentare l’operatività delle Forze Armate, una decisione tuttavia politicamente non premiante oltre che complessa organizzativamente, considerando tutti i teatri operativi attualmente in crescita, compresi i conflitti nell’Est Europa e nel Mediterraneo.

Se per ottenere i nuovi sistemi di arma e i materiali ci vorranno tra i 5 e i 15 anni, per “cambiare la mentalità di un sistema e la cultura politico-strategica del nostro Paese, infine, sarà un processo ancora più lungo, complesso e incerto, a meno che non si verifiche un grosso shock. Specialmente per noi italiani, tra i quali è già affiorata la tentazione di trasferire  al più presto la delega a proteggerci esercitata dagli Stati Uniti, che non vogliono più assumersi questa responsabilità, a un’Europa nella quale sarà difficile trovare interlocutori più sensibili di noi alla salvaguardia dei nostri interessi nazionali” (189, Germano Dottori, L’Italia riarma lentamente, in Limes, Una certa idea di Italia, 2/2024).

 

Nota

 

Scuola di Guerra – Ipotesi di riconfigurazione dell’Esercito nel quadro delle nuove esigenze della sicurezza nazionale - Bollettino di informazione, maggio 1991

 


giovedì 23 gennaio 2025

Carte Referenti la preparazione del Centenario. Giovanni Riccardo Baldelli

 ARCHIVIO

“Ad un anno dal centenario.

Chi siamo, Cosa facciamo, Cosa vogliamo, Dove andiamo”

  Giovanni Riccardo Baldelli*

1.    Chi siamo

Oltre a quanto previsto dallo Statuto, l’Istituto rappresenta ciò che siamo stati, quello che siamo e quello che dovremmo essere. Senza ombra di dubbio, ritengo che il Nastro Azzurro sia l’unica Istituzione che rappresenti idealmente il valore e il sacrificio offerto in passato dal soldato italiano di ogni grado. Le associazioni d’Arma non riescono a trasmettere tali valori: non si fa associazione solo con una cena, un brindisi e le foto di rito.

 

2.    Cosa facciamo

Testimoniamo ciò che siamo stati. Basta questo.

 

3.    Cosa vogliamo

Essere parte di un’Istituzione che sappia trasmettere determinati valori ricordando il passato, non solo con cerimonie, ma anche effettuando studi su avvenimenti/argomenti storici particolari.

Dal mio punto di vista, ho conosciuto il Nastro Azzurro solo attraverso la lettura del bollettino appena arrivai al reparto di assegnazione dopo la Scuola di Applicazione. Ritengo necessario che il Nastro Azzurro si faccia conoscere presso le Scuole/reparti di formazione di base effettuando un incontro con i giovani allievi, magari il giorno prima del giuramento collettivo. Essendo i giuramenti dedicati a una medaglia d’Oro al Valor Militare, perché non spiegare ai giovani cosa sia l’Istituto e che cosa rappresentino le decorazioni al valor militare? Non parliamo di una giornata di studi, ma al massimo 60/90 minuti di lezione/presentazione, da effettuare a cura delle sedi locali con personale che abbia seguito/partecipato a corsi di comunicazione (saper “interessare” e “rendere curiosi” la platea in uno specifico argomento, è ciò che dovrebbe essere perseguito dal relatore).

 

4.    Dove andiamo

Riassumibile in quattro concetti:

-     Razionalizzare la presenza delle sezioni sul territorio invitando i rappresentanti locali dell’Istituto ad una maggiore presenza culturale (oltre al labaro c’è di più);

-     rafforzare la presenza in ambito scientifico-culturale, per il tramite del CESVAM, con il mondo accademico e a chiunque voglia approcciarsi allo studio della storia militare.

-     perseguire la conoscenza della storia militare per poter comprendere il presente;

-     utilizzare le nuove tecnologie di diffusione multimediale, senza però diventarne schiavi, per espandere la visibilità dell’Istituto verso l’esterno (utilizzo oculato di internet, dei social media, ecc.),.

 

 *Ten.Col. dott. Giovanni Riccardo Baldelli

 Federazione Provinciale di Ancona

martedì 21 gennaio 2025

MEDAGLIA D'ORO AL VALORE MILITARE

 ARCHIVIO

 Albo d'Oro

MEDAGLIA AL VALOR MILITARE (MODELLO CARLO EMANUELE IV)

 

DENOMINAZIONE: Carlo Emanuele IV, Re di Sardegna

 

DECORAZIONE:

¾      DENOMINAZIONE: Medaglia al Valore

¾      GRADI:                          1. Medaglia d’oro

          2. medaglia d’argento

¾      INSEGNA:                    medaglia circolare metallica (diametro mm.38), con attaccaglio ad anello fisso.

- RECTO:                     nel campo il busto del Re, in uniforme militare, rivolto a destra; circolarmente

                                         la leggenda: ”CARLO EMANUELE IV”; in essergo: “C. Lavy”.

- VERSO:                     nella parte superiore del campo il motto: “AL VALORE” sormontato da una

                                        piccola corona ovale di alloro; nella parte inferiore un trofeo composto da

                                        cinque bandiere, un tamburo ed un cannone senza affusto con alcune palle.              - CONIAZIONE:         R. Zecca di Torino (Carlo Lavy)

¾      NASTRO:                   nastro di seta (larghezza: probabilmente mm.32 ca.)

- COLORE:                   turchino-celeste (azzurro)

- FASCETTE:               nessuna

¾      NASTRINO:              non previsto

LEGISLAZIONE:

¾      Non è conosciuta una documentazione dalla quale risulti l’istituzione di questa decorazione. Dopo la morte di Vittorio Amedeo III, avvenuta il 16 ottobre 1796, la decorazione continuò ad essere conferita sino alla rinuncia agli Stati di terraferma da parte di Carlo Emanuele IV, avvenuta il 9 dicembre 1798, sostituendo sul recto della medaglia l’effigie del vecchio Sovrano con quella del nuovo.

CONCESSIONE:

¾      Regolamento 21 maggio 1793: Medaglia d’oro e medaglia d’argento, a seconda del maggiore o minore merito, ai sottufficiali e soldati delle Regie truppe che abbiano compiute azioni di segnalato valore di guerra, tra le quali:

- la particolare cooperazione al buon esito dell’impresa;

- il salvataggio di un corpo di truppa o di militari isolati, delle bandiere, della cassa, degli equipaggiamenti o delle artiglierie.

Allo stesso militare possono essere concesse solo una medaglia d’oro e una d’argento; il militare già decorato di medaglia d’argento deve però restituirla nel caso dovesse essere successivamente decorato di medaglia d’oro e, conseguentemente, il militare già decorato di medaglia d’oro non potrà essere ulteriormente decorato di medaglia d’argento.

La concessione è individuale e quindi la decorazione non viene concessa, a titolo collettivo, ad intieri reparti di truppa.


lunedì 20 gennaio 2025

Collaborazione CESVAM - FEDERAZIONI. Recanati 16 Gennaio 2025

NOTIZIE CESVAM


Si è tenuto il giorno 16 Gennaio 2025 nell’Aula Magna  del Municipio della Città di Recanati, a cura della  Federazione Regionale delle Marche dell’Istituto del Nastro Azzurro il conferimento dell'Emblema Araldico, su proposta della Federazione Provinciale di Macerata, alla Sig.ra Giovanna Ceccaroni, figlia della MOVM Mario Alessandro Ceccaroni caduto sul fronte greco-albanese il 16 gennaio 1941. 


Secondo la prassi introdotta dal CESVAM in merito alla consegna dell’Emblema Araldico  si è dato spazio anche ad un momento di cultura militare con la presentazione del volume  di Monica Apostoli dedicato  alla nascita delle prime compagnie trasmissioni, volume edito da CESVAM. Relatori Marco Maria Contardi e Giovanni Riccardo Baldelli



La lettura della Motivazione della Medaglia d'Oro al Valore Militare  al 
Magg Mario Ceccaroni
è stato il momento fondamentale del conferimento dell'Emblema Araldico



Tale conferimento è stato preceduto da una semplice ma significativa cerimonia in Via Roma, a Recanati,  con la deposizione di una corona di fiori  alla lapide che ricorda la MOVM Mario Ceccaroni.




Il CESVAM continua cosi, dopo l'iniziativa della bella realizzazione del "Piroscafo Conte Rosso" con la Federazione di Asti, e le varie iniziative  in essere con la Federazione della Toscana, che a breve vedrà anche la collaborazione con la comunità ebraica di Firenze in merito ai militari italiani di razza ebraica decorati  al Valor Militare, la collaborazione con le Federazioni nel solco delle realizzazioni discendenti dai  Progetti in essere avviati dal CESVAM stesso.


domenica 19 gennaio 2025

Carte referenti la preparazione del Centenario. Monica Apostoli

 ARCHIVIO

 Contributo  "Alumni" del 

Master di 1° Liv. di StorIa Militare Contemporanea

“….Non mi potrei lamentare, sapete bene che l'aria francese è una cosa che mi piace poco e combatterei molto più volentieri se fossi magari nelle prime trincee del Piave, e se una volta ero animato da entusiasmo, perché il desiderio di essere il primo ad entrare a Trieste mi rendeva invulnerabile, ora, quello di poter entrare a Udine tra il primo dei primi mi stuzzica in tal modo che quasi quasi, vado in qualche battaglione di arditi, vado in uno di quei battaglioni che anche la morte ostenta quando li vede avanzare, prende paura, però state tranquilli…”

 Da una delle ultime lettere del C.le Guido Marzuttini, Medaglia d'Argento al Valor Militare, 148 ͣ   compagnia telegrafisti,

7° reggimento genio telegrafisti,

 

1° luglio 1918, Francia

 MONICA APOSTOLI

La Tesi di Master di I Livello in Storia Militare Contemporanea dal titolo Evoluzione Del Servizio Telegrafico nel Primo Conflitto Mondiale e l’istituzione del 7° Reggimento Genio Telegrafisti, nasce dalla volontà di onorare il prezioso contributo e sacrificio dato dagli uomini del 3° e del 7° Reggimento Genio Telegrafisti durante la Grande Guerra. Con questo elaborato cercherò di ripercorrere nel miglior modo possibile l’evoluzione della specialità, evidenziandone l’importanza e ricordando, inoltre, alcuni episodi di valore che contribuirono a portare il nostro esercito alla Vittoria, così come ricordato nelle parole della Medaglia d’Oro al Valor militare che venne concessa il 5 giugno 1920:“Tenace, infaticabile, e modesta, scavando la dura trincea, o gittando per ogni ponte una superba sfida al nemico, riannodando sotto l'uragano del ferro e del fuoco i tenui fili onde passa l'intelligenza regolatrice della battaglia, lanciandosi all'assalto in epica gara coi Fanti, prodigò sacrifici ed eroismi per la grandezza della Patria (Campagna di Guerra 1915 - 1918)”.

Il primo conflitto mondiale vide una rapida evoluzione del servizio telegrafico. Nella mobilitazione dell’Esercito Italiano nel 1915, il 3° Reggimento Genio Telegrafisti (Unico Reggimento dedicato al servizio telegrafico) poteva contare 24 compagnie assegnate come segue:  

-               una compagnia telegrafisti (7 ͣ) alle dirette dipendenze del Comando Supremo;

-               quattro compagnie telegrafisti (16 ͣ, 21 ͣ, 22 ͣ e 24 ͣ), una per ogni Armata;

-               sedici compagnie telegrafisti, una per ogni comando di Corpo d'Armata;

-               tre compagnie telegrafisti (1 ͣ, 2 ͣ e 3 ͣ) avevano invece i propri plotoni dislocati nelle diverse fortezze di frontiera e nella piazzaforte di Venezia ed erano definite compagnie di Piazza.

A queste compagnie si aggiungevano 4 sezioni telegrafisti associate alle Divisioni di Cavalleria, 9 sezioni radiotelegrafisti (R.T.), di cui una al Comando Supremo, 4 di Armata e 4 per Divisioni di Cavalleria.

Il servizio telefonico era in stretta relazione con quello svolto dalle compagnie telegrafisti, pertanto, a ciascuna delle 35 divisioni di Fanteria venne assegnata una sezione telefonica che faceva parte integrante della compagnia zappatori della divisione stessa per un totale di 35 sezioni telefoniche.

I compiti delle compagnie telegrafisti continuarono a crescere e mutare nel corso delle operazioni, tant’è che si rese necessario già nel 1916 dotare ogni Corpo d’Armata di una seconda compagnia telegrafisti.  Si susseguirono quindi diversi incrementi di compagnie fino al mese di gennaio 1918, quando, con un ordinamento definitivo, vennero tramutate le sezioni telefoniche divisionali in vere e proprie compagnie telegrafisti con parco ridotto.

L’estensione assunta dal servizio telegrafico che comprendeva 133 compagnie a giugno 1918 divenne però insostenibile per il solo 3° Reggimento Genio Telegrafisti, quindi, l’11 giugno del 1918 il Ministro della Guerra ZUPPELLI con la Circolare n. 11820 per oggetto “Riparti e servizi telegrafisti e radiotelegrafisti, dispose la costituzione di un ulteriore reggimento a far data dal 1° di luglio 1918, il 7° Reggimento Genio Telegrafisti.

Il Comando Generale del Genio del Comando Supremo dispose che il 7° reggimento genio telegrafisti dal 1° luglio 1918 avrebbe avuto il Comando di Deposito a Piacenza e centri di mobilitazione in Verona e Mantova, in precedenza sotto la giurisdizione del 3° reggimento genio telegrafisti.

Lo stesso Comando Supremo, inoltre, disposte il passaggio di 59 compagnie telegrafisti con una numerazione da 100 in poi[1] per non confonderle con quelle dipendenti dal 3° Reggimento genio Telegrafisti.

Il periodo compreso tra il 24 maggio 1915 e il 4 novembre 1918 vide passare il numero delle compagnie telegrafisti da 24 a 134, ognuna di esse con una propria storia a seconda della fronte in cui operarono. Il Maresciallo Giardino parlando della Battaglia del Piave nel II Volume della sua opera “Rievocazioni e riflessioni di guerra” scrisse che dopo la fine delle ostilità, i Comandi segnalarono i grandissimi sforzi fatti dai telegrafisti delle compagnie per assicurare i collegamenti, spesso sotto il fuoco nemico in zone molto battute. L’Ispettore Capo del Servizio Telegrafico dispose subito dopo l’Armistizio che tutte le compagnie telegrafisti dei due reggimenti compilassero una relazione particolareggiata degli avvenimenti più salienti durante la campagna indicando le perdite subite e le ricompense eventualmente concesse, ma a causa di un graduale scioglimento delle compagnie e con il progressivo congedamento del personale, non tutte le relazioni furono completate.[2]

Oggi, grazie in particolar modo al prezioso progetto di digitalizzazione nell’Archivio Informatico dell’Istituto del Nastro Azzurro ed attraverso l’analisi di molti Diari di Guerra delle compagnie telegrafisti custoditi presso l’Istituto di Cultura dell’Arma del Genio e presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, potrò, nell’elaborato della Tesi di Laurea, onorare il ricordo di molti telegrafisti e delle loro gesta eroiche.

Ricorderò alcune compagnie come ad esempio la 122 ͣ compagnia telegrafisti che affiancò i fanti della 1 ͣ Divisione d'Assalto alle dipendenze dell'VIII Corpo d'Armata nella Battaglia della Vittoria, dimostrandosi “attivi, fedeli e sereni, sia con le punte estreme di arditi che sui ponti traballanti e tempestati dall’artiglieria nemica[3]. E tra tutte ricorderò anche la 148° compagnia telegrafisti impiegata nelle Truppe ausiliarie in Francia alle dipendenze del II Corpo d'Armata in cui durante l'atteso attacco nemico che si pronunciò dopo un forte bombardamento nel settore difeso dalle divisioni italiane ed in cui si opposero con eroica resistenza perse la vita il Caporale Guido Marzuttini decorato della Medaglia d’Argento al Valor Militare.

Proverò a ricordare ed onorare il servizio ed in particolare il sacrificio reso dai telegrafisti nella Grande Guerra.



[1] Ad eccezione della 71^ compagnia

[2] Vezio Angelotti, I Telegrafisti nella Guerra 1915-1918, Istituto Storico di Cultura dell’Arma del    Genio, Roma, 1963, p 71-72.

[3]    Parole tratte dal saluto del Maggiore Generale Comandante della 1^ Divisione d’Assalto O. ZOPPI all’atto dello scioglimento del Comando della Divisione, Gradisca, 10 gennaio 1920.