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Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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venerdì 31 gennaio 2025
giovedì 30 gennaio 2025
Editoriale Gennaio 2025 Lineamenti per il prossimo decennio
Il Mese di Gennaio ha visto il CESVAM iniziare il secondo decennio di attività. I dieci anni passati sono stati intensi e molto particolari, che hanno visto la massima apertura "erga omnes" di tutte le attività del CESVAM. Anche la partecipazione è stata aperta a tutti con la massima disponibilità e comprensione. Questa tendenza ha raggiunto il suo culmine con il compimento del decennale; con l'inizio del secondo decennio, sulla base della esperienza acquisita si dovrà avviare una tendenza diversa, mettendo l'accento sui valori su cui si basa il CESVAM. Come le norme adottate suggeriscono al termine di ogni anno solare termina il rapporto con il CESVAM: questo per dare la possibilità ai giovani che sono tra noi di spiccare il volo verso esperienze del mondo del lavoro e della ricerca di maggiore spessore. Noi abbiamo sempre detto che forniamo gli strumenti per affrontare queste sfide, e quindi le si deve affrontate. La ricerche devono avere un termine e l'obbiettivo dell'anno che è iniziato deve tendere a chiudere tutti i cerchi aperti fino ad oggi con l'avvertenza di fare la massima attenzione ad aprirne altri. Molte ricerche in essere devono essere chiuse, mentre si deve essere più ferrei nell'applicare il principio che il CESVAM non fa ricerche per conto terzi.
Tutte le risorse che cosi si vengono a risparmiare devono essere impiegate per la nuova iniziativa che è partita a Gennaio 2025: l'avventura sul Canale You Tube. Si è constatato che tutte le pubblicazioni che il CESVAM ha messo in essere hanno raggiunto il loro scopo: si spera che anche questa possa raggiungere quanto si propone. Il Canale You Tube CESVAM è dedicato, almeno in questo inizio, alla Storia del Nastro Azzurro dal 1923 al 2023. Semplice testimonianza di cosa è, cosa è stato, consa fa e cosa farà l'Istituto del Nastro Azzurro. Informazione che non vuole raggiugere le masse, le moltitudini e le folle, ma semplicemente mettere in rete documenti per chi vuole essere informato. Quindi ci si indirizza ad una elite, tra i componenti della quale scegliere, se possibile, invitare elementi che possano entrare nell'orbita dell'Istituto del Nastro Azzurro e partecipare alle sue attività, soprattutto quelle culturali. Avere quindi un numero sempre più ampio di persone che si ispirano a quello che si chiamava e si chiama il "Codice Cavalleresco"
Si scrive nel Regolamento delle Corti d'Onore Edizione 1967, pag. 2 " E' bene ricordare che il Codice Cavalleresco è la raccolta delle norme delle regole che nelle vertenze d'onore tra gentiluomini disciplinano i loro atti, onde rimangano sempre nell'ambito del vero, dell'onesto e del giusto".
Il CESVAM si ispira a questo Codice e quindi deve fare ogni sforzo per avere nel suo ambito ancora più persone che si ispirano a questo Codice Cavalleresco. Il secondo decennio del CESVAM sarà caratterizzato da questo spirito.
Massimo Coltrinari
PS. Il titolo del canale You Tube è: ISTITUTO NASTRO AZZURRO - CESVAM
mercoledì 29 gennaio 2025
Copertina Gennaio 2025
Anno LXXXVI, Supplemento on line, I, 2025, n. 107
Gennaio 2025
martedì 28 gennaio 2025
Carte referenti la preparazione del Centenario Renato Hartmann
ARCHIVIO
Convegno di Studi e Ricerca “Ad un anno
dal Centenario”
Cosa facciamo
Roma, 26 marzo 2022
L’identità in
seno al Nastro Azzurro è passata, per quanto mi riguarda, dall’essere
Consigliere di una Federazione, soprattutto con l’impegno come alfiere in molte
manifestazioni pubbliche.
Il Nastro
Azzurro è stato scelto come ente morale al quale associarmi per il mio retaggio
familiare che mi vede nipote di un ufficiale decorato al Valore della prima guerra
mondiale, avendo respirato dal nonno valori di patria, di appartenenza, di
difesa della propria identità.
Valori che ho
ritrovato nelle carte del Nastro Azzurro, ma che alla prova dei fatti si sono
rivelati spiccioli modi di mettersi in mostra dopo tempo, anche molti anni,
dall’uscita dal servizio militare, spesso di leva. Ho trovato tanta voglia di
sfilare sotto il sole o sotto la pioggia, con labari e labarini in mano, per
dimostrare la propria differenza dagli altri, condividere un buffet mattutino e
a volte un buon pranzo, all’ora di pranzo.
Dopo alcuni anni
di impegno, mi sembrava tutto vuoto e abbastanza inutile.
Sono stato un
alpino assaltatore che ha vissuto il servizio militare per quindici mesi, di
cui in ordine pubblico per 91 giorni consecutivi al confine italiano, oltre i
duemila metri di quota. Ero del Battaglione “Edolo”, dislocato a Glorenza
durante il forte momento di rivendicazione degli indipendentisti tedeschi che
minavano i tralicci dell’alta tensione o le caserme dei Carabinieri, con atti
terroristici di estrema gravità. Ricordo il servizio militare come un periodo
di forti addestramenti, di impegno, di coesione con i commilitoni con i quali
sono ancora in contatto, così come lo siamo con il nostro tenente, l’attuale
generale di Corpo d’Armata Ferruccio Borriero.
Non mi sento
nella necessità di tornare in una specie di divisa per qualche ora domenicale
per aumentare la mia autostima, anche se sono sempre pronto a pormi in prima
linea se c’è bisogno.
Sono convinto,
per esperienza sul campo, che non serva appartenere ad un’Associazione per
manifestare in pubblico al “comando” del sergente di turno, quando molto c’è da
fare per sostenere la formazione del valore, e del Valore Militare, nella
quotidianità, nelle lezioni ai giovani, nella formazione agli enti pubblici
spesso digiuni di quanto riguarda questo aspetto della Storia. Manifestare per
strada o in piazza con i labari e i medaglieri come corollario di un impegno
vero e profondo non a incensare se stessi, ma a trasmettere quei sentimenti, in
fondo, che hanno condotto molti uomini a sacrificare la propria vita per la
nostra.
Lo stesso vorrei
per i luoghi d’incontro: sedi a disposizione per trovare materiali, libri,
riviste del Nastro Azzurro che tolgano l’idea che sia il marchio di una birra
soltanto. Spiegare davvero il significato di quella fascia azzurra che mio
nonno portava con orgoglio in tutte le manifestazioni pubbliche. E trasformare
il museo che non è quello che avrei voluto quando ne ho seguito la creazione,
pur senza essere ascoltato, proprio in nome di interessi diversi da quelli
della vera trasmissione del sapere e della Storia.
Grazie per
l’opportunità.
Renato Hagman ( Federazione Provinciale di Ancona)
lunedì 27 gennaio 2025
Prigionia di Guerra
NOTIZIE CESVAM
LA GEOGRAFIA DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
IN AUSTRIA-UNGHERIA
Iconografia della
Prigionia Italiana nella Duplice Monarchia
Riporta le foto, una nota storica ed una geografica dei campi
in cui furono rinchiusi i prigionieri italiani dal 1915 al 1918
Volume II – I Libri del
Nastro Azzurro
Info: www.prigioniadiguerra.blogspot.com
domenica 26 gennaio 2025
Carte referenti la preparazione del Centenario. Stefano Bernini
ARCHIVIO
CONVEGNO
STUDI E RICERCA CESVAM 26 marzo 2022
Mi chiamo
Stefano Bernini,sono iscritto all’Istituto dal 2011 e dal
2017 sono Presidente della Federazione di Pistoia (nata come Gruppo Pistoia il
24 febbraio 1925)
1)
Chi siamo
2)
Cosa facciamo
Il mio percorso all’interno del
Sodalizio e’ sempre stato improntato ,oltre che alla diffusione di Amor Patrio ed alla difesa di quei Valori fondanti
e fondativi della nostra Nazione.La costante ricerca di nuove modalita’ di approccio
verso i giovani ,il variare l’attivita’ su diverse piattaforme divulgative mi
ha permesso di entrare in contatto con nuove
realta’ rivelatosi preziose fonti di accrescimento
per l’Istituto.Proprio in questo periodo credo sia sempre piu’ importante dare
un ‘impronta culturale multimediatica all’attivita’ federale che possa servire
per servire da solida base per innalzare la reputazione della Federazione .
3)
Cosa Vogliamo
Ed e’ seguendo questo solco che stiamo
organizzando sempre piu’ conferenze storiche ,pubblichiamo libri di storia locale il tutto per fare quella Memori
Storica Territoriale atta alla creazione
un punto di contatto tra la macrostoria e la microstoria .seguendo i dettami
Statutari cerchiamo di dare risalto agli Eroi ed alle loro gesta affinche’ non
vengano dimenticati .Abbiamo contribuito a ripulire Monumenti ,organzzato cerimonie ,prodotto attraverso
ricerche archivistiche liste di Caduti ( non ultima la lista di cittadini
pistoiesi Caduti nelle Foibe);tutto questo affinche’ l’oblio del tempo non
offuscasse il Loro Ricordo.Ovviamente cerchiamo ,per ora con successo,a
produrre iniziative a costo zero,cosa che in questi periodi riteniamo basilare.
4)
Dove Andiamo
Continuando cosi’ la Federazione
Pistoia cerchera’ in futuro non solo di proseguire nel solco intrappreso ma di
migliorare ulteriormente la propria offerta culturale cercando di divenire un
punto fermo dell’associazionismo nella provincia di Pistoia.Questo cercando
sempre di intrattenere ottimi rapporti co le Autorita’ politiche e Militari
della zona ma anche lanciandosi in collaborazioni con altri Sodalizi affinche’
si possa creare una forte sinergia propositiva in ambito locale.
W il Nastro Azzurro. W l’Italia
STEFANO BERNINI (Presidente
Federazione Provinciale Pistoia)
sabato 25 gennaio 2025
Prigionia di Guerra - Ricerca
ARCHIVIO
Si riceve la seguente missiva e la si pone alla attenzione generale. CHi ha aventuali notizie può inviarle a:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
Alla attenzione del Signor Massimo Coltrinari.
Sono De Pasqual Gianfranco di Ponte nelle Alpi Belluno, sto ricostruendo
il percorso nella Prima Guerra Mondiale dei caduti ricordati sui
monumenti dei vari paesi del nostro Comune. Ho acquistato il libro "La
geografia dei Campi di Concentramento in Austria e Ungheria". Dal foglio
matricolare del caduto De Pra Domenico di Gio Batta classe 1890
matricola n° 18323 non sono riuscito a decifrare il nome e il luogo del
Campo di Concentramento o dell'ospedale dove è morto.
riportati due nomi diversi del luogo della morte. Le chiedo se lei può
aiutarmi nell'identificare il nome del Campo, perchè non sono stato
capace di trovarlo neanche nel libro.
Ringraziandola le invio i miei più cordiali saluti.
venerdì 24 gennaio 2025
STUDI SULLA RICONFIGURAZIONE DELLE FORZA ARMATE ALLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO 1990 – 91
APPROFONDIMENTI
Te. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto
Sabetta
Con la fine della Guerra Fredda, la
guerra del Golfo del 1991 riportò l’attenzione sulla strategia militare e sulla
geostrategia, quale applicazione alla gestione politico-militare delle crisi
internazionali.
Il progressivo passaggio dai conflitti
“convenzionali” verso conflitti ad “alta intensità” ripropose il problema
strategico della operatività in sede interforze, in contrapposizione alla
precedente valutazione degli interventi di mantenimento della pace (peacekeeping) in aree fuori dall’Europa
a livelli di “bassa intensità”, in cui a suggello dell’impegno politico tra le
parti erano sufficienti forze militari poco più che simboliche.
In questi interventi “fuori area” la
presenza militare poteva limitarsi alla sola Forza Armata terrestre, in quanto
l’impegno militare non avrebbe dovuto trasformarsi in scontro armato ossia in
guerra.
La geostrategia, che coniuga geografia
e strategia, va integrata dal ruolo della “minaccia”, fondamentale per un Paese come l’Italia in
cui l’assetto geografico peninsulare nel centro del Mediterraneo lo pone quale asse
strategico tra tre Continenti e sulla rotta del canale di Suez, circostanza che
lo pone al centro di interessi contrastanti.
La “minaccia” va quindi considerata in
rapporto al quadro geopolitico circostante e al ruolo che l’Italia vuole
assolvere nel quadro di una dimensione geostrategica.
Il Paese a causa della sua
configurazione geografica e per motivi storici, politici ed economici risulta
per la parte settentrionale inserita al centro dell’Europa, anche se separata
in chiave militare nella dimensione tattico-operativa, mentre nella parte
peninsulare risulta proiettata verso l’Africa e il Medio Oriente.
Questo comportò, al venir meno della
minaccia del Patto di Varsavia, una ridefinizione del suo ruolo e pertanto
della sua dimensione tattico operativa con la conseguente ridefinizione del
modello di Forze Armate.
Nell’impossibilità di privilegiare
delle posizioni neutralistiche che la stessa condizione geostrategica
dell’Italia non consente, occorreva quindi l’individuazione di precisi
obiettivi nazionali da perseguire quali direttrici di azione da seguire. La
politica estera come nel passato era stata impostata sulla scelta atlantica ed
europea e nello sviluppare e consolidare i rapporti con i Paesi mediterranei,
anche nel dopo Guerra Fredda, vi è stata la necessità di riconfermare tale
filosofia di sicurezza nazionale, integrando nel dialogo Est-Ovest anche quello
Nord-Sud.
A queste direttrici si devono
aggiungere gli intendimenti in termini di strategia economico-finanziaria,
anche in relazione alle aspettative degli Stati emergenti e dei principi
sostenuti dall’Italia sul piano internazionale, dal rispetto di tali parametri
si definisce l’equazione sicurezza-stabilità in contrapposizione al binomio in
sicurezza-vulnerabilità.
Durante il periodo della Guerra Fredda
per un insieme di fattori politici, culturali e storici vi è stato un
progressivo disinteresse per tutto quanto quello che riguardava la politica di
sicurezza, anche in chiave esclusivamente pragmatica, la contrapposizione tra
blocchi della Guerra Fredda ha indotto ad impostare una politica della
sicurezza e quindi della gestione delle crisi in termini prevalentemente
episodici ed emozionali.
Con il venir meno della
contrapposizione tra blocchi sono emersi
chiaramente problemi di sicurezza affrontati
in un’ottica contingente, secondo il modello del nostro Paese.
Durante tutto il periodo della seconda
metà del Novecento, dalla fondazione della Repubblica, “la politica di
sicurezza” suddivisa tra il Consiglio dei Ministri, il Consiglio Supremo di
difesa e la Commissioni parlamentari ha risentito, nelle sue scelte attuative,
della necessità di ottenere il più ampio consenso sulle scelte operative da
adottare, accogliendo il complesso quadro socio-politico non omogeneo della
Nazione.
Il Consiglio dei Ministri nella sua
composizione collegiale plenaria risultò essere meno adatto per decisioni
rapide in tema di politica di sicurezza, né si poté istituire un Gabinetto
ristretto più adatto ad ovviare alla lentezza delle decisioni a seguito di trattative.
A sua volta il Consiglio Supremo di
Difesa, sorto sulle ceneri del Comitato di Difesa (1945-50), non si dimostrò
adatto alle esigenze per il quale era stato creato a seguito di condizionamenti
di vario tipo, diventando, di fatto, un organo a matrice consultiva, questo a
differenza di altri Paesi occidentali in cui il Consiglio di Sicurezza, retto
dal Capo dei singoli Esecutivi risultarono avere una capacità gestionale e
programmatica maggiore.
Dalla pubblicazione del “Libro Bianco”
del 1985 la politica di difesa italiana si articolò su due direttrici, la prima
fino al 1989 impostata su uno schema strategico-operativo definito “modello di
difesa”, formulato in presenza di una minaccia “classica” chiaramente
predeterminata, questo, oltre stabilire le priorità difensive e gli
schieramenti delle forze nei vari settori operativi, ne codificava le precise
missioni operative fondamentali.
Ne conseguiva uno strumento
rigorosamente tridimensionale, equilibrato in funzione delle varie tipologie di
missioni ed alimentato prevalentemente da personale di leva relativamente alle
forze armate terrestri e agli elementi di base in generale.
La seconda direttrice iniziò a
definirsi dal 1989 a seguito delle profondamente mutate condizioni geopolitiche
e geostrategiche a seguito del venir meno della suddivisione del Vecchio
Continente in due blocchi contrapposti.
Il modello del 1985 aveva avuto il
merito di fornire ai centri decisionali politici dei modelli contabili concreti
per la previsione e ripartizioni delle risorse assegnate alla difesa,
sganciando da criteri distributivi legati ai programmi e dando valenza alle
missioni operative.
Con il 1989, il venir meno di una
precisa e definita minaccia derivante dal Patto di Varsavia pose in evidenza
l’incertezza del ruolo che avrebbe dovuto svolgere l’Italia e del peso ad essa
attribuito sia nell’ambito della NATO che nel contesto internazionale.
In assenza di precisi parametri
geopolitici e geostrategici non si poteva che concentrarsi su specifici mandati
operativi atti a contrastare le singole
minacce che si manifestavano progressivamente nel tempo, ossia sulle missioni
interforze.
La configurazione per missioni
operative avrebbe dovuto essere accompagnata da indispensabili strutture di
comando unificato, circostanza non realizzatasi, in quanto in contrasto con la
compartimentazione di fatto in tre Forze Armate che non risultavano nei fatti
coordinate nello Stato Maggiore della Difesa.
Il venir meno dei due blocchi
contrapposti richiamarono la necessità del concetto di sicurezza inteso in
senso globale e non più settoriale, con connotazione prevalentemente militare,
un parametro, quello della sicurezza, molto più pregnante di quello tutto
sommato meno verificabile della minaccia. Dobbiamo infatti considerare la
triplice natura continentale, mediterranea ed internazionale che l’Italia deve
acquisire nelle sue valutazioni.
Con gli aspetti più prettamente
militari il concetto di sicurezza nazionale doveva essere ricondotto a tre
enunciati principali:
·
Controllo e
difesa integrati nel territorio, delle acque territoriali e del relativo spazio
aereo;
·
Salvaguardia
degli interessi vitali del Paese, ovunque, nonché partecipazione ad iniziative
tendenti a garantire pace e stabilità internazionale;
·
Concorso nel
campo della protezione civile e nell’eventuale salvaguardia delle libere
istituzioni.
Nella necessità di aumentare le forze “volontarie” e
nella conseguente necessità di un tempo di preparazione si ricorse ai
coscritti, in questo si fece presente che la durata di 12 mesi costituiva lo
strumento di minima credibilità della leva.
Si definì la struttura e le forze necessarie per una
valida operatività, in particolare:
- un nucleo di forze ad elevata prontezza operativa,
in grado di intervenire in tempo reale;
- un complesso di forze definite in senso lato “di
copertura”, pronte per la difesa dello scacchiere Nord-Est a saldatura con lo
scenario politico-strategico del centro Europa e in particolare con la Germania;
- un blocco di
forze “dell’interno”in grado di proteggere e controllare il territorio
peninsulare ed insulare;
- un’area territoriale e logistica proporzionale con
il complesso di forze operative con un’organizzazione scolastico - addestrativa
adeguata alla professionalizzazione dell’apparato militare.
Nella configurazione delle nuove Forze Armate prevalsero tre considerazioni:
-
L’identificazione
della Brigata quale unità di riferimento, in quanto fornita di una maggiore
omogeneità e polifunzionalità che ne permetteva sia una immediata percezione
dei costi che una sua operatività.
-
Un riferimento
metodologico principalmente alle missioni operative.
-
Un preciso
riferimento al concetto di mobilitazione quali procedure complesse atte ad
alimentare le unità, in questo tenendo
conto dell’alto costo organizzativo, dell’esigenza di puntuali verifiche e
della necessità di un costante aggiornamento.
Si considerò quindi la necessità di disporre di 19
Brigate di varia tipologia di cui n. 7, quali “forze di copertura”, n. 7, quali
“forza di difesa e controllo del territorio”, e n. 5, quali forze di “pronto
impiego”.
Le “forze di copertura” avrebbero dovuto costituire la
credibile saldatura tra lo scenario dello scacchiere Nord-Est dell’Italia con
quello politico-strategico del centro Europa, con particolare riguardo alla
Germania, per le possibili minacce provenienti da Est, questo in situazioni di
scarso preavviso e con la necessità di un arresto a ridosso della frontiera.
Costituito prevalentemente da personale di leva
operante in territorio nazionale, secondo il dettame costituzionale, esso
avrebbe dovuto essere costituito da n. 3 Brigate alpine destinate a
fronteggiare la minaccia proveniente dal settore Brennero, da quello di
cerniera Carnico e da quello Giulio montano.
A queste si sarebbero dovute affiancare n. 4 Brigate,
di cui n. 3 meccanizzate ed una corazzata, al fine di fronteggiare la minaccia
proveniente da Est relativa alla penetrazione nella pianura veneto-friulana, il
settore di pianura di un’ampiezza di circa 60 Km. necessitava di una elevata
capacità di manovra e potenza di fuoco da svilupparsi in profondità, inoltre
avrebbero dovuto fornire eventuali unità per il restante comparto orientale
nell’eventualità di possibili sbocchi in pianura di forze nemiche in
corrispondenza dei settori assegnati alle brigate alpine.
Le brigate sopra menzionate avrebbero dovuto ricoprire
il duplice ruolo nazionale di guardia alla storica porta di accesso all’Italia
da Est, a cui si affiancava la funzione continentale di protezione del lato Sud
del sistema difensivo terrestre europeo, costituito dal fronte germanico e di
accesso alla Manica.
Le “forze di difesa e controllo dell’interno”
avrebbero dovuto essere costituite da n. 7 Brigate, di cui n. 1 motorizzata,
destinata al controllo delle fasce di comunicazione che legano il triangolo
industriale via terra alla Francia e via mare al sistema portuale ligure per le
grandi rotte oceaniche di alimentazione, n. 1 motorizzata, per il controllo
delle vie di comunicazione tra l’Italia settentrionale e quella peninsulare
attraverso i passi dell’Appennino Tosco-Emiliano e la Stretta di Cattolica, n.
1 meccanizzata per il controllo e l’eventuale difesa dell’area Centro - Italia
dove vie è la presenza della capitale e delle basi aereonavali proiettate
sull’Alto Tirreno.
Altre n. 2 Brigate, di cui una motorizzata e l’altra
meccanizzata con compiti di presidio del complesso Campania - Puglia, e n. 2 entrambe
motorizzate per il presidio rispettivamente della Sicilia e della Sardegna,
questo al fine di mantenere il controllo del Mediterraneo centrale e del
Tirreno quali vie di comunicazione e rifornimento.
Le Brigate poste a difesa e controllo dell’interno
avrebbero dovuto essere costituite prevalentemente da militari di leva, con una
percentuale minima dell’80% di personale adeguatamente addestrato.
Relativamente alle forze di “pronto intervento”, che
venivano a completare gli altri due settori operativi costituite da n. 5
Brigate, queste avrebbero dovuto essere in grado di intervenire sia in ambito
nazionale al fine di integrare le forze di copertura e quelle di controllo e
difesa dell’interno, che in ambito sovranazionale per l’assolvimento di
missioni legate ad interventi “fuori aria” e per l’inserimento in complessi
multinazionali.
Al fine di mantenere un elevato livello operativo si
ritenne necessario di ricorrere ad un ampio volontariato, di qualità ben
superiore a quello esistente precedentemente, considerando la necessità di
poter iniziare un combattimento immediato e muovendosi su ampie distanze in
relazione al mandato ricevuto.
Queste brigate dovevano articolarsi in n. 1,
paracadutista , di ampia flessibilità e rapidità d’azione, n. 1, alpina adatta
a particolare condizioni ambientali sia nel territorio nazionale che
all’estero, n. 2, di cui una corazzata ed una meccanizzata, braccio “pesante”
della forza, necessaria per conferire credibilità alle azioni di difesa e
necessaria a sostenere eventuali scontri armati, n. 1, blindata, per la
rapidità di movimento sulle grandi distanze e la potenza necessaria a sostegno
della fanteria leggera.
Ipotizzando che la Brigata di “copertura” e di “difesa-controllo
del territorio nazionale” potessero assorbire 4.000 unità ciascuna e quelle di
“pronto intervento”, circa 5.000 uomini le forze necessarie avrebbero dovuto
essere di circa 80.000 uomini, di cui le metà rappresentata da volontari,
concentrati per la maggior parte sulle forze di pronto intervento.
A queste forze devono aggiungersi 10.000 uomini
necessari per alimentare il funzionamento dell’artiglieria contraerea e
dell’aviazione leggera dell’esercito, a questi vanno inoltre aggiunte le unità
di personale necessarie nell’organizzazione
di Comando e Controllo, nonché di supporto tattico e logistico, l’ammontare
reale delle forze operative in questa configurazione prevista avrebbe dovuto
essere in totale di circa 130.000 unità, di cui 40/50.000 volontari.
Gli avvenimenti che si sono succeduti al dissolvimento
del Patto di Varsavia a cavallo del Nuovo Millennio hanno condotto all’assoluta
prevalenza USA degli anni Novanta di fine secolo, per ribaltarsi nell’attuale
incertezza a seguito dei conflitti in atto per ridefinire le nuove aree di
influenza.
E’ venuta meno la certezza di essere comunque
affiancati dagli USA in tutti i teatri operativi, richiamando quindi la
necessità di un maggiore impegno finanziario nel riarmare le Forze Armate.
La stessa leva, sospesa dal 2005 in tempo di pace, è
stata richiamata come possibilità per aumentare l’operatività delle Forze
Armate, una decisione tuttavia politicamente non premiante oltre che complessa
organizzativamente, considerando tutti i teatri operativi attualmente in
crescita, compresi i conflitti nell’Est Europa e nel Mediterraneo.
Se per ottenere i nuovi sistemi di arma e i materiali
ci vorranno tra i 5 e i 15 anni, per “cambiare
la mentalità di un sistema e la cultura politico-strategica del nostro Paese,
infine, sarà un processo ancora più lungo, complesso e incerto, a meno che non
si verifiche un grosso shock. Specialmente per noi italiani, tra i quali è già
affiorata la tentazione di
trasferire al più presto la delega a
proteggerci esercitata dagli Stati Uniti, che non vogliono più assumersi questa
responsabilità, a un’Europa nella quale sarà difficile trovare interlocutori
più sensibili di noi alla salvaguardia dei nostri interessi nazionali”
(189, Germano Dottori, L’Italia riarma lentamente, in Limes, Una certa idea di
Italia, 2/2024).
Nota
Scuola di
Guerra – Ipotesi di riconfigurazione
dell’Esercito nel quadro delle nuove esigenze della sicurezza nazionale - Bollettino
di informazione, maggio 1991
giovedì 23 gennaio 2025
Carte Referenti la preparazione del Centenario. Giovanni Riccardo Baldelli
ARCHIVIO
“Ad un anno dal centenario.
Chi siamo, Cosa facciamo, Cosa
vogliamo, Dove andiamo”
Giovanni Riccardo Baldelli*
1. Chi
siamo
Oltre a quanto previsto
dallo Statuto, l’Istituto rappresenta ciò che siamo stati, quello che siamo e
quello che dovremmo essere. Senza ombra di dubbio, ritengo che il Nastro
Azzurro sia l’unica Istituzione che rappresenti idealmente il valore e il
sacrificio offerto in passato dal soldato italiano di ogni grado. Le
associazioni d’Arma non riescono a trasmettere tali valori: non si fa
associazione solo con una cena, un brindisi e le foto di rito.
2. Cosa
facciamo
Testimoniamo ciò che siamo stati. Basta
questo.
3. Cosa
vogliamo
Essere parte di
un’Istituzione che sappia trasmettere determinati valori ricordando il passato,
non solo con cerimonie, ma anche effettuando studi su avvenimenti/argomenti
storici particolari.
Dal mio punto di vista,
ho conosciuto il Nastro Azzurro solo attraverso la lettura del bollettino
appena arrivai al reparto di assegnazione dopo la Scuola di Applicazione. Ritengo
necessario che il Nastro Azzurro si faccia conoscere presso le Scuole/reparti
di formazione di base effettuando un incontro con i giovani allievi, magari il
giorno prima del giuramento collettivo. Essendo i giuramenti dedicati a una
medaglia d’Oro al Valor Militare, perché non spiegare ai giovani cosa sia l’Istituto
e che cosa rappresentino le decorazioni al valor militare? Non parliamo di una
giornata di studi, ma al massimo 60/90 minuti di lezione/presentazione, da effettuare
a cura delle sedi locali con personale che abbia seguito/partecipato a corsi di
comunicazione (saper “interessare” e “rendere curiosi” la platea in uno
specifico argomento, è ciò che dovrebbe essere perseguito dal relatore).
4. Dove
andiamo
Riassumibile in quattro
concetti:
-
Razionalizzare la
presenza delle sezioni sul territorio invitando i rappresentanti locali
dell’Istituto ad una maggiore presenza culturale (oltre al labaro c’è di più);
-
rafforzare la
presenza in ambito scientifico-culturale, per il tramite del CESVAM, con il
mondo accademico e a chiunque voglia approcciarsi allo studio della storia
militare.
-
perseguire la
conoscenza della storia militare per poter comprendere il presente;
-
utilizzare le
nuove tecnologie di diffusione multimediale, senza però diventarne schiavi, per
espandere la visibilità dell’Istituto verso l’esterno (utilizzo oculato di internet,
dei social media, ecc.),.
*Ten.Col. dott. Giovanni Riccardo Baldelli
Federazione Provinciale di Ancona
mercoledì 22 gennaio 2025
martedì 21 gennaio 2025
MEDAGLIA D'ORO AL VALORE MILITARE
ARCHIVIO
Albo d'Oro
MEDAGLIA AL VALOR MILITARE (MODELLO CARLO EMANUELE
IV)
DENOMINAZIONE: Carlo Emanuele IV, Re di Sardegna
DECORAZIONE:
¾ DENOMINAZIONE:
Medaglia al Valore
¾ GRADI: 1. Medaglia d’oro
2. medaglia d’argento
¾ INSEGNA: medaglia circolare metallica
(diametro mm.38), con attaccaglio ad anello fisso.
- RECTO: nel campo il busto del Re,
in uniforme militare, rivolto a destra; circolarmente
la leggenda: ”CARLO EMANUELE IV”; in
essergo: “C. Lavy”.
-
VERSO: nella parte
superiore del campo il motto: “AL VALORE” sormontato da una
piccola corona ovale di alloro; nella
parte inferiore un trofeo composto da
cinque bandiere, un tamburo ed un
cannone senza affusto con alcune palle. - CONIAZIONE: R.
Zecca di Torino (Carlo Lavy)
¾
NASTRO: nastro di seta (larghezza:
probabilmente mm.32 ca.)
-
COLORE: turchino-celeste (azzurro)
-
FASCETTE: nessuna
¾
NASTRINO: non previsto
LEGISLAZIONE:
¾
Non è conosciuta una documentazione
dalla quale risulti l’istituzione di questa decorazione. Dopo la morte di
Vittorio Amedeo III, avvenuta il 16 ottobre 1796, la decorazione continuò ad
essere conferita sino alla rinuncia agli Stati di terraferma da parte di Carlo
Emanuele IV, avvenuta il 9 dicembre 1798, sostituendo sul recto della medaglia
l’effigie del vecchio Sovrano con quella del nuovo.
CONCESSIONE:
¾
Regolamento 21 maggio 1793: Medaglia
d’oro e medaglia d’argento, a seconda del maggiore o minore merito, ai
sottufficiali e soldati delle Regie truppe che abbiano compiute azioni di
segnalato valore di guerra, tra le quali:
-
la particolare cooperazione al buon esito dell’impresa;
-
il salvataggio di un corpo di truppa o di militari isolati, delle bandiere,
della cassa, degli equipaggiamenti o delle artiglierie.
Allo
stesso militare possono essere concesse solo una medaglia d’oro e una
d’argento; il militare già decorato di medaglia d’argento deve però restituirla
nel caso dovesse essere successivamente decorato di medaglia d’oro e,
conseguentemente, il militare già decorato di medaglia d’oro non potrà essere
ulteriormente decorato di medaglia d’argento.
La
concessione è individuale e quindi la decorazione non viene concessa, a titolo
collettivo, ad intieri reparti di truppa.
lunedì 20 gennaio 2025
Collaborazione CESVAM - FEDERAZIONI. Recanati 16 Gennaio 2025
Si è tenuto il giorno 16 Gennaio 2025 nell’Aula Magna del Municipio della Città di Recanati, a cura della Federazione Regionale delle Marche dell’Istituto del Nastro Azzurro il conferimento dell'Emblema Araldico, su proposta della Federazione Provinciale di Macerata, alla Sig.ra Giovanna Ceccaroni, figlia della MOVM Mario Alessandro Ceccaroni caduto sul fronte greco-albanese il 16 gennaio 1941.
La lettura della Motivazione della Medaglia d'Oro al Valore Militare al
Tale conferimento è stato preceduto da una
semplice ma significativa cerimonia in Via Roma, a Recanati, con la deposizione di una
corona di fiori alla lapide che ricorda la MOVM Mario Ceccaroni.
Il CESVAM continua cosi, dopo l'iniziativa della bella realizzazione del "Piroscafo Conte Rosso" con la Federazione di Asti, e le varie iniziative in essere con la Federazione della Toscana, che a breve vedrà anche la collaborazione con la comunità ebraica di Firenze in merito ai militari italiani di razza ebraica decorati al Valor Militare, la collaborazione con le Federazioni nel solco delle realizzazioni discendenti dai Progetti in essere avviati dal CESVAM stesso.
domenica 19 gennaio 2025
Carte referenti la preparazione del Centenario. Monica Apostoli
ARCHIVIO
Contributo "Alumni" del
Master di 1° Liv. di StorIa Militare Contemporanea
“….Non mi potrei lamentare, sapete
bene che l'aria francese è una cosa che mi piace poco e combatterei molto più
volentieri se fossi magari nelle prime trincee del Piave, e se una volta ero
animato da entusiasmo, perché il desiderio di essere il primo ad entrare a
Trieste mi rendeva invulnerabile, ora, quello di poter entrare a Udine tra il
primo dei primi mi stuzzica in tal modo che quasi quasi, vado in qualche
battaglione di arditi, vado in uno di quei battaglioni che anche la morte
ostenta quando li vede avanzare, prende paura, però state tranquilli…”
7° reggimento genio telegrafisti,
1° luglio 1918, Francia
La
Tesi di Master di I Livello in Storia Militare Contemporanea dal titolo Evoluzione
Del Servizio Telegrafico nel Primo Conflitto Mondiale e l’istituzione del 7°
Reggimento Genio Telegrafisti, nasce dalla volontà di onorare il prezioso
contributo e sacrificio dato dagli uomini del 3° e del 7° Reggimento Genio
Telegrafisti durante la Grande Guerra. Con questo elaborato cercherò di
ripercorrere nel miglior modo possibile l’evoluzione della specialità,
evidenziandone l’importanza e ricordando, inoltre, alcuni episodi di valore che
contribuirono a portare il nostro esercito alla Vittoria, così come ricordato
nelle parole della Medaglia d’Oro al Valor militare che venne concessa il 5
giugno 1920:“Tenace, infaticabile, e modesta, scavando la dura trincea, o
gittando per ogni ponte una superba sfida al nemico, riannodando sotto
l'uragano del ferro e del fuoco i tenui fili onde passa l'intelligenza
regolatrice della battaglia, lanciandosi all'assalto in epica gara coi Fanti,
prodigò sacrifici ed eroismi per la grandezza della Patria (Campagna di Guerra
1915 - 1918)”.
Il primo conflitto mondiale vide
una rapida evoluzione del servizio telegrafico. Nella mobilitazione
dell’Esercito Italiano nel 1915, il 3° Reggimento Genio Telegrafisti (Unico
Reggimento dedicato al servizio telegrafico) poteva contare 24 compagnie
assegnate come segue:
-
una
compagnia telegrafisti (7 ͣ) alle dirette dipendenze del Comando Supremo;
-
quattro
compagnie telegrafisti (16 ͣ, 21 ͣ, 22 ͣ e 24 ͣ), una per ogni Armata;
-
sedici
compagnie telegrafisti, una per ogni comando di Corpo d'Armata;
-
tre
compagnie telegrafisti (1 ͣ, 2 ͣ e 3 ͣ) avevano invece i propri plotoni
dislocati nelle diverse fortezze di frontiera e nella piazzaforte di Venezia ed
erano definite compagnie di Piazza.
A queste compagnie si aggiungevano
4 sezioni telegrafisti associate alle Divisioni di Cavalleria, 9 sezioni radiotelegrafisti
(R.T.), di cui una al Comando Supremo, 4 di Armata e 4 per Divisioni di
Cavalleria.
Il servizio telefonico era in
stretta relazione con quello svolto dalle compagnie telegrafisti, pertanto, a
ciascuna delle 35 divisioni di Fanteria venne assegnata una sezione telefonica
che faceva parte integrante della compagnia zappatori della divisione stessa
per un totale di 35 sezioni telefoniche.
I compiti
delle compagnie telegrafisti continuarono a crescere e mutare nel corso delle
operazioni, tant’è che si rese necessario già nel 1916 dotare ogni Corpo d’Armata
di una seconda compagnia telegrafisti.
Si susseguirono quindi diversi incrementi di compagnie fino al mese di
gennaio 1918, quando, con un ordinamento definitivo, vennero tramutate le
sezioni telefoniche divisionali in vere e proprie compagnie telegrafisti con
parco ridotto.
L’estensione assunta dal servizio
telegrafico che comprendeva 133 compagnie a giugno 1918 divenne però
insostenibile per il solo 3° Reggimento Genio Telegrafisti, quindi, l’11 giugno
del 1918 il Ministro della Guerra ZUPPELLI con la Circolare n. 11820 per oggetto “Riparti e servizi
telegrafisti e radiotelegrafisti”,
dispose la costituzione di un ulteriore reggimento a far data dal 1° di luglio
1918, il 7° Reggimento Genio Telegrafisti.
Il Comando Generale del Genio del
Comando Supremo dispose che il 7° reggimento genio telegrafisti dal 1° luglio
1918 avrebbe avuto il Comando di Deposito a Piacenza e centri di mobilitazione
in Verona e Mantova, in precedenza sotto la giurisdizione del 3° reggimento
genio telegrafisti.
Lo stesso Comando Supremo, inoltre,
disposte il passaggio di 59 compagnie telegrafisti con una numerazione da 100
in poi[1] per non confonderle con
quelle dipendenti dal 3° Reggimento genio Telegrafisti.
Il periodo
compreso tra il 24 maggio 1915 e il 4 novembre 1918 vide passare il numero
delle compagnie telegrafisti da 24 a 134, ognuna di esse con una propria storia
a seconda della fronte in cui operarono. Il Maresciallo Giardino parlando della
Battaglia del Piave nel II Volume della sua opera “Rievocazioni e
riflessioni di guerra” scrisse che dopo la fine delle ostilità, i Comandi
segnalarono i grandissimi sforzi fatti dai telegrafisti delle compagnie per
assicurare i collegamenti, spesso sotto il fuoco nemico in zone molto battute.
L’Ispettore Capo del Servizio Telegrafico dispose subito dopo l’Armistizio che
tutte le compagnie telegrafisti dei due reggimenti compilassero una relazione
particolareggiata degli avvenimenti più salienti durante la campagna indicando
le perdite subite e le ricompense eventualmente concesse, ma a causa di un
graduale scioglimento delle compagnie e con il progressivo congedamento del
personale, non tutte le relazioni furono completate.[2]
Oggi,
grazie in particolar modo al prezioso progetto di digitalizzazione nell’Archivio
Informatico dell’Istituto del Nastro Azzurro ed attraverso l’analisi di molti
Diari di Guerra delle compagnie telegrafisti custoditi presso l’Istituto di
Cultura dell’Arma del Genio e presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore
dell’Esercito, potrò, nell’elaborato della Tesi di Laurea, onorare il ricordo
di molti telegrafisti e delle loro gesta eroiche.
Ricorderò alcune compagnie come ad
esempio la 122 ͣ compagnia telegrafisti che affiancò i fanti della 1 ͣ Divisione
d'Assalto alle dipendenze dell'VIII Corpo d'Armata nella Battaglia della
Vittoria, dimostrandosi “attivi, fedeli e sereni, sia con le punte estreme
di arditi che sui ponti traballanti e tempestati dall’artiglieria nemica”[3]. E tra tutte ricorderò anche la 148° compagnia
telegrafisti impiegata nelle Truppe ausiliarie in Francia alle dipendenze del
II Corpo d'Armata in cui durante l'atteso attacco nemico che si pronunciò dopo
un forte bombardamento nel settore difeso dalle divisioni italiane ed in cui si
opposero con eroica resistenza perse la vita il Caporale Guido Marzuttini decorato
della Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Proverò a ricordare ed onorare il
servizio ed in particolare il sacrificio reso dai telegrafisti nella Grande
Guerra.
[1] Ad eccezione della 71^ compagnia
[2] Vezio
Angelotti, I Telegrafisti nella Guerra 1915-1918, Istituto Storico di Cultura
dell’Arma del Genio, Roma, 1963, p 71-72.
[3] Parole tratte dal saluto del Maggiore
Generale Comandante della 1^ Divisione d’Assalto O. ZOPPI all’atto dello
scioglimento del Comando della Divisione, Gradisca, 10 gennaio 1920.